Capitolo quinto

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- Tre secondi - esclamò Jane furiosa una volta raggiunti i compagni - me ne sono andata per tre  secondi ed è scoppiata una catastrofe.

Il Soldato d’Inverno era seduto inconscio, il braccio metallico bloccato dalla morsa di un vecchio macchinario del magazzino in cui i quattro si erano prontamente nascosti.

L’uomo alzò la testa, risvegliandosi.

- Steve.. - pronunciò frastornato.

- Con quale Bucky sto parlando? - chiese l’altro.

- Tua madre si chiamava Sarah e tu ti riempivi le scarpe di fogli di giornali - sorrise dolorante.

- Questo non si legge nei musei.

- All’improvviso adesso è tutto a posto? - contestò Sam tra il confuso e l’arrabbiato.

- Che cosa ho fatto?

- Abbastanza - intervenne Jane.

- Oh - sospirò distrutto - me l’ero immaginato. Tutto quello che l’HYDRA mi ha messo dentro è ancora lì, è bastato che lui pronunciasse quelle parole..

- Chi era? - domandò il Capitano serio.

- Non lo so - rispose Bucky - voleva sapere della Siberia, dove ero confinato..

- Perché voleva questa informazione? - Jane incrociò le braccia e aggrottò la fronte.

- Perchè io non sono l’unico Soldato d’Inverno - dichiarò guardandola fisso negli occhi.

Bucky raccontò brevemente di quegli uomini, letali e così ingestibili che l’HYDRA dovette congelarli.

- Se chiamassimo Tony? - sussurrò Steve all’amica.

- No, non ci crederebbe - mormorò lei - e gli accordi non gli permetterebbero di aiutarci.

- Allora siamo soli.

- Forse no - si intromise Sam - conosco un tipo.

Mentre The Falcon andò alla ricerca del suo misterioso uomo, Steve si allontanò per cercare qualcosa da mangiare, lasciando Jane con Buck.

La ragazza si sedette di fronte a lui, gli posò delicatamente una mano sulla guancia e iniziò a pulirgli le ferite con l’altra.

- Non dovresti avvicinarti così..

- Sono più forte di quanto sembri - disse lei in un sorriso rassicurante - e mi fido di te, Bucky.

- Sei cresciuta - cominciò piano - l’ultima volta che ti ho vista avevi più o meno dieci anni.

- Già - commentò Jane abbassando lentamente la testa - non pensavo ti ricordassi di me.

- Non dimentico nessuno. In realtà pensavo saresti stata tu a non ricordarti di me, dicevano di averti resettato il cervello, come a me.

- É così, ma dopo Sokovia ricordo tutto, ogni singolo dettaglio. La squadra non lo sa e, sia chiaro, non lo deve assolutamente sapere.

Il Soldato si allontanò di qualche centimetro dalle mani della ragazza, il battito a mille.

- Tutto?

- Si - rispose triste - non te ne faccio una colpa. Non eri in te, non eri l’uomo che sei davvero.

- Non sai quanto mi dispiaccia, io..

- Bucky lo so, lo so. L’HYDRA è il colpevole.

Una volta finito Jane si alzò e gli liberò il braccio, permettendogli di sgranchirsi la schiena.

- Steve ti ha portato qualche vestito - accennò lei.

- State bene insieme.

- Chi?

- Te e Steve.

- Oh - ridacchiò Jane - non stiamo insieme. Il Capitano è come un fratello per me. Sono stata la prima che ha visto dopo settant’anni di sonno.

Era simpatica quella storia, ma le tornò in mente di quando l'aveva raccontata a Pietro e il suo volto tornò leggermente cupo.

- Sicura di stare bene?

La ragazza prese un lungo respiro, pronta a raccontare quello che non era mai riuscita ad ammettere neanche a se stessa.

- Dopo Sokovia, oltre ai miei poteri si sono sbloccati i miei ricordi, come ti ho detto prima. Ogni notte provo sulla mia pelle il dolore di quelle torture. Gli incubi sembrano non avere fine..

- É lo stesso per me - la rassicurò lui, inclinando la testa per incontrare di nuovo il suo sguardo - ti sembra di essere là. Ancora e ancora.

- Ho allontanato diverse persone - contestò secca - ed è una cosa da cui non posso tornare indietro.

- Situazioni irreparabili?

- Ho paura di sì.

- Non ti credo, nessuno potrebbe starti lontano, neanche se lo volesse con tutto sé stesso.

- No, Bucky non capisci..

- Jane - ribatté lui - chiunque sia e qualunque cosa tu gli abbia fatto puoi risolverla, non c’è niente che tu non possa affrontare.

- No! - gridò la ragazza - Io non..

La sua voce si fece tremolante, i pugni serrati e gli occhi lucidi. Una bomba pronta ad esplodere.

- Ogni secondo della mia vita sento il dolore di quelle torture, le voci di quegli scienziati. Mi riecheggiano nella mente, non riesco a farli smettere - il respiro si fece difficile da controllare.

Il panico si faceva strada nella sua mente.

- Lui, lui.. - respirò - Pietro ha già sofferto tanto. Non posso, non voglio che debba sopportare anche me. Non riesco a fare a meno di pensarlo, è come una malattia, una droga. Ne sono totalmente dipendente ma non posso. Non se lo merita.

- Non gli dai la possibilità di scegliere - contestò il Soldato d’Inverno cercando di non alzare troppo la voce per non perdere il controllo.

- É troppo tardi e non merito il suo perdono.

You didn't see that coming? | Pietro MaximoffWhere stories live. Discover now