9. I Don't Care

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instagram: lunatiepida

Luke si era svegliato grazie ad uno schiaffo sul sedere da parte di Reggie.
«Buongiorno principessa! Se non si alza adesso, perderà la sua carrozza.»
Aveva detto Bobby riferendosi al fatto che la scuola stava per finire e un'altra punizione, per un ennesimo ritardo, non era affatto una buona idea.
Per nessuno di loro.
Beh a parte per Alex, che al massimo aveva preso due note e una sospensione in tutta la sua carriera scolastica, tutto per colpa dei suoi amici che lo invischiavano sempre nelle loro bravate.
Molte volte quando gli altri tre non si svegliavano, il biondo saliva sul bus per arrivare in tempo a scuola; Alex era una di quelle persone, che riusciva perfettamente ad organizzarsi da solo.
E questo gli giovava.
Quanta ulteriore ansia avrebbe avuto se i suoi voti fossero stati bassi come quelli di Luke o Reggie?
Fin troppa.
Bobby invece era più furbo e riusciva a cavarsela copiando o studiando un paio d'ore prima dei test.
Giusto per prendere dei voti abbastanza alti, per arrivare alla sufficienza.
Quella mattina quindi, Luke si trascinò giù dal divano, ancora esausto dalla notte precedente: non era riuscito a dormire quindi aveva composto una canzone fino a tardi.
L'aveva intitolata: I Don't Care.
Era una canzone di rabbia e menefreghismo.
Il frontman si sentiva agitato per tutto, in quel periodo: per la band, il tour, la scuola, poiché molto probabilmente sarebbe stato bocciato di nuovo in alcune classi e anche per i suoi genitori.
Da quando era andato via di casa, nel dicembre dell'anno passato, non aveva fatto altro che concentrarsi sulla sua band cercando di evitare quella vocina nella sua testa che gli diceva di tornare, di fare la pace con sua madre e rimettere a posto le cose.
Molte volte però, quella vocina aveva vinto e il ragazzo si era trovato sul portico di casa sua, senza riuscire mai a suonare il campanello.
L'orgoglio era uno dei grandi difetti di Luke.
D'altro canto, Emily e Mitch avevano spesso chiamato casa di Bobby per cercare di parlare con il figlio, ma lui si era sempre rifiutato.
«Hai diciassette anni, non puoi andartene in giro per locali a fare la rockstar!»
Le parole di sua madre rimbombavano ancora nelle orecchie.
«Ma è quello che voglio fare!»
Aveva risposto Luke iniziando a preparare un borsone.
«Tu non sai quello che vuoi! Sei un ragazzino e finché vivrai sotto il mio tetto, non voglio più sentir parlare di questa band!»
«Allora è meglio che io non torni più sotto questo tetto. Guardatevi. Tu e papà. Una coppia mediocre che fa cose mediocri. Io non voglio vivere come voi due. Mi fate pena. Tu mi fai pena.»
Buttò fuori Luke prima di sbattere la porta e pedalare più in fretta possibile verso la fermata dei taxi, evitando completamente, la voce di sua madre che lo chiamava.
All'inizio non era stato facile.
Non voleva parlare con nessuno.
Era sempre irascibile e arrabbiato.
Poi un giorno si era semplicemente alzato dal divano, fingendo che non fosse successo nulla.
I suoi amici avevano provato a farlo parlare dell'accaduto, ma Luke si era rifiutato.
Aveva chiuso la faccenda dentro di sé e nessuno avrebbe più dovuto farne menzione.
"Unsaid Emily" la canzone che aveva scritto, sarebbe dovuta rimanere chiusa tra le quattro mura della sala prove.
Mentre la canzone, che aveva composto la sera precedente era più un concentrato di strafottenza, verso tutto quello che non fosse la musica.

I don't care what you think
As long as it's about me
The best of us can find happiness in misery

Recitava il ritornello.
Il ragazzo, intorno a quelle parole aveva fatto scendere un velo di indifferenza, verso tutto quello che fosse lontano dai suoi obbiettivi o da quello che gli andava di fare.
Scrivere canzoni lo aiutava a gettare via tutti i pensieri simili a quello, pensieri di momenti in cui gli prendeva una voglia di spaccare tutto e fregarsene delle conseguenze.
Forse un giorno avrebbe sentito le parole che aveva appena scritto alla radio.
A volte però, a Luke sarebbe piaciuto essere un po' più come Alex che si dava delle regole da solo ed era più che capace, di gestire il suo comportamento.
Il frontman dei Sunset Curve vacillava tra l'eccessivamente tutto e il completamente niente.
In lui c'era una continua lotta tra lo strafare e urlare a squarciagola.
C'era poco di calmo e pacato.
E a Luke Patterson stava bene così.
Quando i ragazzi arrivarono a scuola, la maggior parte degli occhi degli studenti erano puntati su di loro.
Ormai i Sunset Curve ci avevano fatto l'abitudine e con un po' di narcisismo, vivevano quelle situazioni come una sorta di "preparazione" a quello che sarebbe successo dopo il concerto all'Orpheum.
Arrivati agli armadietti con Reggie, che non la smetteva di parlare delle sue canzoni country, delle mani conosciute si piazzarono sulle palpebre del moro.
Luke poteva avvertire Alex alzare gli occhi al cielo.
«Chi sono?»
Chiese innocente la voce di Olivia.
Luke si scostò i palmi dal volto e si girò per poter salutare la sua ragazza.
Lei gli sorrise.
«Buongiorno superstar. Ho una cosa da proporti.»
Gli domandò.
«Dimmi pure.»
Rispose Luke posando le mani sui fianchi di lei.
«Che ne diresti... di suonare ad una festa in piscina, a casa mia? Per la fine della scuola?»
Olivia passò le dita tra i capelli in disordine, del suo ragazzo.
Luke storse il naso e gli sembrò anche di percepire, le risate dei suoi amici in sottofondo.
Ma in fin dei conti cosa si aspettava? Lui e Olivia su alcuni aspetti erano praticamente uguali, quindi capiva perché ogni volta che le diceva qualcosa, lei non la faceva entrare neanche nell'anticamera del suo cervello.
«Liv lo sai come la penso di balli e feste. I Sunset Curve non si esibiscono per sottofondo a niente. Punto.»
Le rispose Luke con tono dolce, ma deciso.
Olivia gli lasciò un debole bacio sulle labbra.
«Non lo faresti neanche per me?»
Chiese ancora lei facendo finta di mettere il broncio.
Luke guardò i suoi amici che gli facevano segno di "no"; Alex gli aveva persino scritto su un foglio: "Se ci fai suonare a quella festa, ti strozzo nel sonno."
«Mi dispiace Liv, ma sono convinto che troverai un'altra band per la tua festa.»
Asserì Luke e lei, si scostò da lui facendo spallucce.
«Probabile. Buona giornata.»
Salutò Olivia con un gesto della mano.
«Mi spieghi come fai ancora a frequentarti con quella
Domandò Bobby quando la ragazza fu abbastanza lontana.
«Vedi? Se lo dice anche Bobby non puoi accusarmi di avere qualcosa contro di lei!»
Esclamò Alex indicando il chitarrista.
«Oh, io so che tu hai qualcosa contro di lei! Non ti è mai stata simpatica.»
Luke accusò il batterista.
«Forse perché ha sempre voluto approfittare di te? E poi a noi altri non ci rivolge la parola! L'hai mai vista salutare o anche solo guardare me o Reggie o Bobby? E' una gran cafona!»
Ammise Alex portandosi le mani in tasca.
«Amico, detta così sembra che Luke abbia ragione sai...»
Disse Reggie nell'orecchio del biondo.
Alex diede un pugno al braccio del bassista.
«Okay come prima cosa, lei non sta approfittando di nessuno e seconda cosa: tra noi non c'è e non ci sarà mai niente di serio, cioè di vero, di consistente... insomma avete capito, no? Quindi smettetela di preoccuparvi.»
Si difese Luke provando ad aprire il suo armadietto.
«Tu dici sempre così. Insomma bro, non stiamo dicendo che Olivia sia una cattiva persona, ma stiamo cercando di capire perché continui a perdere tempo dietro una cosa che non è nulla e dove c'è lei, che approfitta della tua popolarità per sentirsi... non so, più importante forse?»
Spiegò Reggie con una espressione seria, che gli appariva raramente sul volto.
«Soprattutto da quando hai questa specie di cotta per la nuova arrivata.»
Continuò Bobby beccandosi un'occhiataccia da Luke.
Julie.
Non aveva pensato a lei per tutta la notte, ma ecco che adesso tornava nella sua mente ricordandogli che doveva andare a parlarle.
Prima possibile.
Per un po' era riuscito a non tormentarsi, per la faccenda della canzone.
«Non ho nessuna cotta per Julie. Smettetela di dirlo.»
Disse Luke nervoso, chiudendo l'armadietto al suono della campanella.
Gli altri tre, si lanciarono una di quelle occhiate che significava solo: "è un caso disperato"; per poi dirigersi verso le aule.
Luke d'altro canto, pensò che preferiva di gran lunga affrontare ore di pura noia tra quelle mura, che cercare di risolvere quelle emozioni, che lo stavano attanagliando da giorni.

𝐁𝐚𝐜𝐤 𝐭𝐨 𝟏𝟗𝟗𝟓 || 𝐉𝐀𝐓𝐏' 𝐟𝐟Where stories live. Discover now