4. ANYONE!

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instagram: lunatiepida

Luke si svegliò alle prime luci dell'alba.
Il garage era ancora sotto quel velo del sonno che cercava di spingere il moro, a tornare sotto le coperte del suo divano.
Si girò e si rigirò tra i cuscini, ma dopo vari mugugni di dissenso, decise di alzarsi per preparare la scaletta che i Sunset Curve avrebbero dovuto eseguire il giorno seguente, al Blue Punk Club. Si tirò giù dal divano di pelle nera, superò con cautela Reggie che dormiva nel suo sacco a pelo e si avviò in mutande nel piccolo bagno, per farsi una doccia. Mentre l'acqua calda gli inondava la schiena e rilassava le articolazioni indolenzite, Luke pensò a quante altre notti avrebbe dovuto dormire su una superficie che non fosse un VERO letto.
Questo non significava che non amasse il suo divano, anzi tutto l'opposto.
Lo avevano trovato lui e Alex, quando avevano quattordici anni, accanto ad un cassonetto poco lontano da casa di Bobby e subito, lo avevano portato da quest'ultimo.
Il divano, a quel punto era stato oggetto di pulizie approfondite da parte della madre di Bobby e una volta posizionato all'interno dello studio, Luke se ne era appropriato per farlo diventare il suo luogo di riposo preferito.
E successivamente, il suo unico luogo di riposo.
L'intera stanza era stata arredata dai ragazzi nel tempo: c'era la vecchia poltrona della nonna di Reggie, il tappeto macchiato di succo d'arancia (o almeno credevano fosse succo d'arancia) che il proprietario di un negozio di antiquariato, non riusciva a vendere, un segnale di divieto di sosta, una scatola piena di plettri rubati ad altri artisti nei club, muri tappezzati di volantini e articoli di giornale dove loro venivano menzionati, anche solo in un rigo.
I Sunset Curve risuonavano in quelle quattro pareti anche quando erano assenti.
Erano nati lì.
Si erano formati lì, su quel pavimento quando avevo solo tredici anni e volevano somigliare ai Mötley Crüe o ai The Cure.
Quando la loro band si chiamava Troublemakers perché così continuava a chiamarli la loro insegnante di educazione fisica alle medie, dato che Bobby e Luke finivano sempre con lo scazzottarsi con qualche ragazzino più grande e purtroppo venivano coinvolti anche Reggie ed Alex.
Erano passati dal lanciarsi patatine fritte e far finta di suonare gli strumenti, a cominciare a suonarli sul serio e scambiarsi idee per ingaggi, in qualche nuovo locale.
La prima volta che avevano suonato di fronte alle persone fu per strada, all'incrocio tra la Sunset Boulevard ed Sunset Strip, quando avevano quasi quindici anni.
Inutile dire che stavano per essere arrestati, dato che non avevano alcun permesso di suonare sul suolo pubblico.
Una volta scampati alla polizia e ordinata una pizza, decisero di cambiare il loro nome in Sunset Curve, poiché avevano suonato o meglio, stonato, in una curva tra le due strade.
I loro ruoli erano ben definiti, insomma Luke era il frontman e il compositore.
Alex, il batterista e la mente del gruppo.
Reggie, il bassista e colui che armonizzava le canzoni.
Bobby, chitarrista e manipolatore: era riuscito, molte volte, a far avere ingaggi alla band solo con la sua parlantina.
Alex diceva sempre che se quest'ultimo si fosse applicato anche solo un minimo in più a scuola, sarebbe diventato Presidente in soli due giorni.
Neanche più si ricordavano come erano diventati amici, l'unica cosa certa è che arrivati in prima media vennero subito etichettati come: Luke "l'iperattivo", Reggie "lo strambo", Bobby "il logorroico" e Alex "maglietta" poiché sudava così tanto dall'ansia, che aveva sempre la maglietta bagnata.
Gli emarginati si unirono e diedero il via alle serate passate a copiare gli esercizi di matematica di Alex, mentre mangiavano caramelle gommose e bevevano soda, fino a tardi.
Ciò che erano diventati, lo dovevano solo a loro stessi e la salita sarebbe stata ancora lunga, dato che quell'estate sarebbe iniziato il loro primo tour.
Luke uscì dalla doccia.
Si mise dei vestiti puliti e poi una volta seduto di nuovo sul divano, non poté fare a meno di pensare agli strani sogni che lo stavano attanagliando.
Erano insensati, confusionari, composti da luci viola e paura, ma anche novità, cambiamento e positività.
E poi c'era un'altra cosa...
Sì, una cosa che non riusciva mai ad afferrare, ma era una cosa bella, pura, impossibile.
Qualcosa che gli scaldava i sensi, che lo portava a crogiolarsi più del dovuto, qualcosa che gli sembrava tangibile, ma il problema era che, non sapeva cosa fosse.
Non ricordava questi sogni appena sveglio.
Aveva la sensazione che fossero sempre diversi, ma non vedeva precisamente le immagini, ma solo le emozioni che sentiva e il modo in cui le sentiva, come se il suo baricentro non fosse legato all'energia del tutto, come se ci fosse e allo stesso tempo non fosse nulla, come se il tempo fosse semplicemente...
E i suoi pensieri furono interrotti da Reggie che aveva scorreggiato nel sonno.
Prese un cuscino e glielo tirò in testa.
Quello nel sacco a pelo, alzò improvvisamente la testa ancora mezzo addormentato, chiedendo:
«Che succede?»
«La stanza sta andando a fuoco.»
Ironizzò Luke.
«Sì, dico a mamma di spegnere il forno.»
Rispose Reggie per poi crollare di nuovo sull'orsetto di peluche di uno strano verde scambiato, improvvisato a cuscino.
Calato di nuovo il silenzio, Luke decise di appuntare i suoi pensieri nella speranza che ne sarebbe venuto a capo.
Molto probabilmente era solo agitato per l'ingaggio all'Orpheum; okay mancava più di un mese, ma voleva a tutti i costi che la band fosse perfetta.
Spese all'incirca un'oretta a scrivere sul suo quaderno, dei versi che sperava di far diventare delle canzoni, poi passò alla scaletta e quando la terminò, osservò l'orologio con il vetro scheggiato appeso al muro e si rese conto che erano in ritardo per scuola.
Afferrò le bacchette di Alex e iniziò a colpire la batteria come se non ci fosse un domani.
Il biondo, svegliatosi di scatto, sbatté la testa contro il tavolino di legno, Bobby invece cercò di nascondersi sotto la coperta di pile.
Reggie d'altro canto aveva spalancato gli occhi lasciando che lo sconforto e i pensieri di doversi alzare, si manifestassero disperatamente sul suo viso, mostrando la speranza, che il risveglio fosse soltanto un incubo.
«Fai altro rumore e giuro che infilerò quelle bacchette dove non ti piacerebbe che fossero infilate.»
Lo minacciò Alex, alzandosi dal pavimento, mentre si trascinava verso il bagno con i capelli sconvolti.
«Bro, credo che tu abbia rotto Reginald.»
Confutò Bobby dirigendosi verso il termos con dentro un caffè ormai freddo.
«Almeno così evita di infilare canzoni country nel mio quaderno.»
Disse Luke facendo ridacchiare Bobby, che si stava strofinando gli occhi stanchi.
«Guarda che ti sento, solo che non so se ho la forza per reagire.»
Rispose Reggie, che fissava il soffitto come perso negli infiniti dilemmi dei suoi pensieri.
«Se ti alzi, prometto che in tour ti farò guidare il furgone.»
Urlò Bobby dall'altra parte della stanza, mentre si metteva una maglietta pulita.
Ed ecco che il diretto interessato, si mise in piedi in un lampo e andò verso l'accumulo di vestiti, lasciato in un angolo della stanza.
«Diamine Luke! Hai allagato di nuovo tutto il bagno.»
Lo rimproverò Alex quasi trascinando, la porta con sé.
«Ma non è vero!»
Esclamò il moro tentando di difendersi.
Ad un certo punto tre di loro si guardarono complici, come se riuscissero a leggersi nel pensiero: stavano pensando esattamente la stessa cosa.
«Alex perché hai chiuso la porta?»
Domandò Reggie incrociando le braccia.
Alex non rispose.
Bobby fece un passo in avanti e il biondo si piazzò di fronte il bagno, sbarrando la strada.
«Forse adesso è meglio non entrare.»
Consigliò con la solita voce stridula, che manifestava la sua colpevolezza.
«Mercer, hai di nuovo otturato il gabinetto!»
Esclamò Luke.
«Lo sapete che ho l'intestino sensibile, non potete lasciare ogni volta, che io vada in bagno per primo!»
Si giustificò Alex riuscendo ad ottenere dei versi di dissenso dagli amici.
«Prima di andarcene dirò ai miei di chiamare l'idraulico, per l'ennesima volta.»
Spiegò Bobby, lanciando occhiatacce nella direzione del biondo.
Una volta pronti e avvertito chi di dovuto riguardo il gabinetto otturato, i quattro saltarono, sul furgoncino di un nero scambiato.
Dentro c'era di tutto: vecchi vinili, coperte, cuscini, poster di band degli anni '70 e cartacce di hamburger ed hot dog.
Ovviamente erano parecchio in ritardo.
E ovviamente la cosa non li agitava per niente.
A parte Alex, che andava in ansia anche se pensava di non avere ansia.
Arrivati davanti scuola, Bobby spense la radio che stava dando Higher Gound dei Red Hot Chili Peppers e scese dal furgone.
Tutti e quattro entrarono a scuola alle nove e mezza passate, quasi tutti abbastanza rilassati. Il biondo già stava pensando agli occhi della classe puntati su di sé, una volta entrato in ritardo. Lo mandava in iper ventilazione quando tutti lo fissavano, nonostante dovesse essere abituato a stare al centro dell'attenzione.
Ma la batteria lo aiutava a sentirsi protetto.
Davanti alla classe ci sarebbe stato solo il solito ragazzo ansioso e imbarazzato, che se avesse fatto qualcosa di stupido non avrebbe saputo come cavarsela.
I quattro si divisero per andare a seguire lezioni diverse.
Luke si diresse verso il corso di aritmetica, con la sua solita camminata tronfia e l'aria di chi non gliene importava niente di stare lì.
Tra i suoi compagni percepiva ammirazione, invidia e anche astio nei suoi confronti, ma non stava a pensarci più del dovuto: l'unica cosa, davvero indispensabile come respirare, nella sua vita era la musica.
Il resto era solo il sottofondo di un'esistenza obbligatoria.
Luke si ripeteva in continuazione "tutto o niente", che era praticamente il suo motto, proprio per dirsi che non doveva mai accontentarsi.
Lui era un eccesso estremo, un concentrato di energia e determinazione che gli altri faticavano a comprendere.
Anche solo stargli dietro era sfiancante, persino per Luke stesso: alcune volte la sua mente viaggiava così veloce che il corpo si sforzava a stargli dietro.
Entrò nell'aula con indifferenza e menefreghismo, chiedendo:
«Che state facendo di bello?»
La classe scoppiò a ridacchiare, mentre lui rimaneva appollaiato allo stipite della porta.
L'unico che ovviamente non rideva era il professor Ryan, che a detta di Luke, somigliava a un barboncino a cui non avevano dato da mangiare, con al collo degli improponibili papillon colorati.
«Vuole farci l'onore di unirsi a noi per questa volta, signor Patterson?»
Gli chiese il professore, che ormai aveva perso tutte le speranze.
Il diretto interessato fece spallucce prima di rispondere:
«No, sto bene così grazie.»
Ed uscire dalla classe accompagnato dalle risate degli studenti e le urla dell'uomo che affermava:
«Questo pomeriggio lei è in punizione!»
E fu in quel momento che il ragazzo maledì con tutte le sue forze, la sua strafottenza.

𝐁𝐚𝐜𝐤 𝐭𝐨 𝟏𝟗𝟗𝟓 || 𝐉𝐀𝐓𝐏' 𝐟𝐟Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon