7. Alex Mercer

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instagram: lunatiepida

Julie continuava a distrarsi durante l'ora di matematica.
Picchiettava con la penna sul banco.
Si spostava continuamente i capelli dietro le orecchie.
Scarabocchiava qualche disegno sul foglio.
Faceva volare la mente altrove pensando alle parole per un nuovo testo, mentre girava lo sguardo in direzione della finestra, che dava sul cortile.
Si era soffermata sui suoi nuovi compagni di classe e la maggior parte erano disattenti, esattamente come lei.
La ragazza di fronte a lei continuava a fare bolle con la gomma da masticare.
Il tizio con i capelli di un arancione zucca, dall'altra arte della classe sembrava essersi perso nel nulla, mentre i gli occhi fissavano la lavagna con l'equazione.
E il ragazzo all'ultimo banco nella fila centrale, si era accasciato sul braccio e nascondeva il suo sonnellino, dietro a degli occhiali da sole a specchio.
Il lunedì mattina era sempre distruttivo per tutti.
L'unico a sembrare perfettamente in forma era il professor DeStefano, che con il suo accento italiano e un sorriso a trentadue denti, cercava di trasmette il suo sapere con entusiasmo.
Ma con scarso risultato.
In fin dei conti a Julie stava simpatico: il professore aveva sempre la battuta pronta, indossava delle polo color pastello e dei mocassini vintage.
Le incuteva una certa familiarità e passione per il suo lavoro.
Pensò che era sempre bello trovare qualcuno che ama quello che fa, poiché in qualche modo, anche implicitamente, la spingevano ad agire per cercare la cosa che più le piaceva e lottare per un obbiettivo.
Nella sua realtà, nel suo presente, oltre sua madre, miss Harrison era stata un vero e proprio punto di riferimento.
L'aveva sempre spronata a dare il massimo, cosciente del suo talento e delle sue potenzialità.
Ora Julie si sentiva un po' persa.
Forse sua madre aveva ragione.
Magari era davvero abbastanza forte da potercela fare da sola e dentro di sé, la mora sapeva che era così.
Eppure non poteva fare a meno di pensare che non le sarebbe dispiaciuto un aiuto in più.
E in quell'istante rise un po' a causa dei suoi pensieri.
Insomma era piombata nel 1995 per aiutare e non per essere aiutata, cosa pretendeva ancora?
Che qualcuno le regalasse i suoi rompicapi, già perfettamente risolti su un piatto d'argento?
Non era così stupida da crederlo.
D'un tratto si era ritrovata ad alzare la mano e il professore la guardò elettrizzato, concedendole la parola.
Julie si sentì un po' in colpa a dover chiedere a mr. DeStefano, che sperava in un intervento riguardante la lezione:
«Posso andare in bagno?»
Delle risatine implosero.
Come si aspettava, l'insegnante alzò gli occhi al cielo e con un semplice: «Vada.» le diede il permesso di uscire.
E così Julie si ritrovò a vagare per i corridoi senza una meta. 
Camminava silenziosa tra gli armadietti, sbadigliando ogni tanto, pensando subito di andare a prendersi un caffè alle macchinette.
Sperava solo che nessun inserviente la beccasse.
Girò l'angolo diretta verso la mensa, quando a circa due metri e mezzo di distanza, riconobbe la figura di Alex, seduta sul pavimento mentre si passava il suo cappellino tra le dita.
Il ragazzo aveva i capelli biondi che gli sfioravano il viso pallido e gli occhi chiari, persi in un pensiero lontano.
Julie gli si avvicinò.
Sospettava fosse accaduto qualcosa.
L'ultima volta che aveva visto Alex con una espressione simile, fu il giorno in cui li incoraggiò ad agire per suonare all'Orpheum, tutti insieme.
Senza speranza.
In quella situazione il biondo si era sentito con le mani legate, pronto ad aspettare l'inevitabile, pensando di non poter fare alcunché.
Che stesse pensando di nuovo le stesse cose?
Forse si sentiva di nuovo impotente riguardo qualcosa in particolare.
Per cui Julie in silenzio, si sedette affianco a lui.
Alex la guardò confuso, non si aspettava assolutamente che qualcuno sarebbe venuto a fargli compagnia, specialmente una ragazza appena conosciuta.
«Ero diretta a prendere un caffè. La lezione di matematica mi stava uccidendo.»
Gli spiegò Julie, cordialmente.
«Qualcosa non va?»
Aggiunse.
Alex sospirò e poi si rimise il cappellino, al contrario sulla testa chiara.
«Nulla che possa interessarti.»
Pronunciò lui, non con cattiveria, ma con un'amara rassegnazione di chi era convinto che a nessuno potesse importare delle sue parole.
«Mettimi alla prova.»
Disse Julie rivolgendogli un dolce sorriso sincero.
E Alex le sorrise a sua volta.
Il ragazzo pensò che la nuova arrivata, avesse un'aura gentile quasi capace di ispirargli tranquillità e comprensione.
La conosceva appena eppure già gli piaceva.
«Ho un problemino con l'ansia. Adesso penserai "e chi non ce l'ha", però davvero, io ho un problema con l'ansia.» si fermò un istante per poi riprendere: «E' che non riesco a godermi niente senza agitarmi o andare in paranoia. Finisco sempre per non affrontare le mie paure perché il mio corpo mi odia e mi ritrovo a vomitare in un cesso che non viene pulito dall'età Napoleonica.»
Julie rise un pochino, per poi rialzare lo sguardo verso il ragazzo.
Alex si passò una mano sul viso emettendo un suono tra l'esasperato e il divertito.
«Non voglio annoiarti con questa storia, ma davvero! Mi sembra quasi come se dentro di me avessi un punto di arrivo che non posso superare. Chiamiamolo un limite.»
Concluse.
Julie lo capiva benissimo.
Ovviamente già sapeva dei problemi di ansia di Alex, ma un conto era l'ansia "ultraterrena" da fantasma e un altro era il terrore di un adolescente, verso la vita quotidiana.
La paura di vivere davvero.
Un blocco nell'affrontare i suoi "punti d'arrivo".
Ecco, le due cose avevano un peso ben diverso.
La mora si alzò in piedi e tese la mano al ragazzo.
«Andiamo.»
Pronunciò mentre lo guardava negli occhi. Il ragazzo era confuso.
«Andiamo? Andiamo dove?»
Le chiese e Julie, non poté credere alle parole che uscirono in quell'istante, dalla sua bocca:
«Fuori. Saltiamo la scuola. Tanto non penso che tu voglia tornare in classe e neanche io. Mi accompagni a prendere un caffè in un posto dove il caffè non faccia schifo.»
Ed ecco che ad Alex salì di nuovo l'ansia.
Saltare la scuola?
E se poi li avessero beccati?
Avrebbe fatto curriculum?
Li avrebbero puniti?
Cosa avrebbero detto i suoi genitori?
E queste erano solo alcune delle domande che il biondo si stava ponendo nella sua testa.
Non era proprio portato per infrangere le regole.
«Io... io non lo so.»
Ammise lui con un'espressione di terrore disegnata sul volto.
La ragazza sapeva bene che sarebbe stato titubante quindi si chinò verso di lui e sussurrò:
«Ti prometto che sarà l'effrazione alla regola, meno ribelle che potrai mai fare in vita tua.»
Spero non sia l'ultima.
Pensò Julie, ma subito cancellò quelle parole dalla sua mente.
Alex rise un po' e con la mano tremante e sudaticcia, afferrò quella di lei per farsi aiutare ad alzarsi.
E a lui sembrò un po' come essere tornato all'asilo, quando si incontrava un bambino a caso, ci si prendeva per mano e all'improvviso lui o lei, diventava il migliore amico di sempre; Julie gli aveva regalato quella sensazione.
Una volta in piedi, i due presero a camminare verso le scale anti incendio per uscire da scuola.
Aperta la porta antipanico, Alex domandò:
«Allora? Dove si va?»
«Speravo mi consigliassi tu un posto tranquillo.»
Rispose Julie divertita.

𝐁𝐚𝐜𝐤 𝐭𝐨 𝟏𝟗𝟗𝟓 || 𝐉𝐀𝐓𝐏' 𝐟𝐟Where stories live. Discover now