t w e n t y

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Guardai l'enorme edificio bianco di fronte a me. Tende di un verde salvia riempivano quelle finestre classiche e squallide allo stesso tempo delle stanze da ricovero.
Esatto, un ospedale.
L'ospedale in cui era stato ricoverato mio padre.
Guardai con la coda dell'occhio il ragazzo alla mia destra, che mi fissava con quei suoi occhi profondi di una tonalità di marrone unica e meravigliosa. Strinse le nostre mani intrecciate come segno di incoraggiamento, e poi sorrise lievemente.
Quel semplice sorrisino, mi aveva alleggerito il cuore.
Oikawa «Starà bene Akira, non gli è successo nulla»
«Io...posso solo sperarlo».
Sospirai e chiusi gli occhi, raccolsi tutto il coraggio che avevo in corpo e li riaprii, pronta per varcare la soglia.
«Spero solo che non si presenti nessun reporter».
Entrai nella hall trascinando con me il ragazzo, per poi fermarmi alla reception. Anche stavolta, c'era Suzui a rovistare tra i documenti.
«Stanza 147?»
Suzui «Stanza...147» rispose quasi con tono triste.
Come se fosse casa mia, proseguii per il corridoio e salii le scale che portavano al primo piano.
"144, 145, 146, 147. Eccol-".
Mi bloccai all'istante vedendo una donna seduta la porta della stanza, con la testa abbassata contornata dai lunghi capelli corvini che le coprivano il viso.
"Non ci voglio credere".

Oikawa's pov
Mi fermai anch'io dopo che la ragazza si bloccò improvvisamente. Guardò fisso una donna seduta lì di fronte per poi sciogliere le nostri mani ed avvicinarsi ad essa.
Akira «E tu cosa diavolo ci fai qui, mamma?» disse con tono freddo.
Spalancai gli occhi sentendo quel nome.
"Mamma?".
Rivolsi l'attenzione alla donna che alzò il viso e guardo la ragazza.
Capelli corvini come la pallavolista, un viso magro e scolpito, pelle pallida come la neve.
Era una sua esatta copia, solo meno curata e sgualcita. Sembrava quasi che le fosse appena morto qualcuno, occhi rossi e stropicciati, il naso arrossato e un aspetto semplicemente orribile.
Si alzò e si mise di fronte Akira, e anche lei era alta.
Un paio di centimetri in meno alla figlia.
Però solo una cosa era diversa tra le due, il colore degli occhi. Mentre la più alta aveva un vivido verde smeraldo come colore delle iridi, l'altra aveva un nero penetrante e profondo.
??? «Akira, ti vedo bene»
Akira «Cosa puoi saperne tu. Sono passati tre anni da quando sei scomparsa dalla faccia della terra. Per me è come se non ci fossi.
Mi sto pentendo di aver attaccato discorso con te».
Le rivolse un'ultima occhiata colma di rancore per poi girarsi e mettere la mano sulla maniglia.
??? «Akira aspe-».
La più giovane aprì la porta ed entrò comunque, malgrado l'interruzione della madre. La squadrai un'ultima volta, ricevendo in cambio un'occhiata agghiacciante piena di giudizio.
Nemmeno il tempo di richiudere la porta, che Akira cadde in ginocchio di fronte suo padre.

Solo dopo capii.
Nella stanza regnava un silenzio tombale rotto da un rumore assordante e continuato.
Il rumore assordante era il macchinario che controllava il battito cardiaco.
Guardai subito la ragazza inginocchiata a terra, incredulo in prima persona.
Akira «PAPÀ!».
Un urlo disperato, da spezzare il cuore, che mai avrei voluto sentire.
Mi inginocchiai subito vicino a lei e la strinsi tra le mie braccia cercando disperatamente di consolarla, ma si era data alle lacrime e alla disperazione, incapace di smettere o controllarsi.
E non potevo biasimarla.
Akira«NO! Non è possibile che è morto! Non può essere possibile, non può!».
Si aggrappò alla giacca bianca dell'uniforme del Seijoh, stringendola con tutta la forza che possedeva.
Akira «Oikawa dimmi che non è vero!
Dimmi che non è morto proprio ora!».
«Akira...».
La strinsi ancora non volendo risponderle, non avrei mai potuto mentirle, nemmeno in una situazione del genere.
Akira«Perché?! Perché!»
«Non so nemmeno dirtelo...».
Sussurrai con voce spezzata; anch'io, vedendola in quelle condizioni, stavo per disperarmi.
All'improvviso si alzò, si asciugò le lacrime e uscì fuori spalancando la porta.
Akira «Tu...è tutta colpa tua!».
Si fiondò dalla madre e la prese per il colletto della camicia nera che indossava, stringendola quasi strozzandola.
Akira «Se non fosse stato per te, sarebbe ancora vivo!
Se non te ne fossi andata abbandonandoci come dei cani, non si sarebbe ammaltato e avrebbe vissuto una vita felice, come quella che meritava!
Ora dimmi perché stronza, perché ci hai abbandonati senza dirci un cazzo di niente!».
Portò entrambe le mani al colletto e la strattonò con forza, senza un minimo controllo del proprio corpo.
Akira «Avanti parla, parla!».
??? «Lasciami»
Akira «Ho detto che devi dirmi il perché».
La donna la guardò con occhi inespressivi, indecisa se rivelare finalmente la verità o meno.
??? «Debiti.
A quei tempi ero sommersa di debiti da restituire a banche, amici e colleghi di lavoro.
Ero appena stata licenziata dalla compagnia di fiducia per cui lavoravo, quindi mi sono data all'alcol come unica chance.
Lo nascosi a tuo padre per un paio di mesi, finché i soldi non finirono e i debiti aumentarono.
L'unica soluzione era lasciare voi e tutte le spese, crearmi una nuova vita e guadagnarmi i soldi che servivano»
Akira «Quindi noi per te eravamo solo delle spese!
Io stessa ero soltanto una macchina che mangiava soldi, giusto?
Per te non ero nemmeno più una figlia?»
??? «Purtroppo...» abbassò la testa
«...è così»
Akira «Grazie mamma, grazie per la tua sincerità. Forse questa è l'unica qualità che possiedi dopo tutto.
Sai, mi hai delusa. Mi hai veramente delusa.
Non pensavo che ti saresti lasciata condizionare come una sempliciotta, non pensavo che ti saresti portata a questo.
Per tutti questi anni, ero convinta di essere io l'errore. Ero convinta di essere io quella che avesse sbagliato. Per colpa tua, ho passato notti in lacrime.
Non ho dormito per giorni.
E ho dovuto prendermi tutto il carico che tu avevi abbandonato, ho dovuto colmare il vuoto che hai lasciato.
Sei stata un'egoista, solo una grande egoista. Hai pensato solo a te stessa, senza nemmeno dire una parola a me o papà.
Una lettera, una chiamata, un messaggio! Potevi almeno sforzarti.
Anzi no, che cazzo dico.
Se non sapevi essere un'adulta, non mi partorivi nemmeno, non mi mettevi al mondo.
Mi sarei risparmiata un sacco di sofferenze per causa tua».
Guardò la madre con occhi pieni di lacrime, ma la donna non aveva spiccicato parola.
Non sapeva lei stessa cosa dire, era rimasta solo scioccata dalle parole della figlia.
Lasciò andare la presa sui vestiti e indietreggiò di un passo.
Akira «Pretendo solo una cosa da te.
Voglio che organizzi il funerale, e che stavolta, me lo faccia sapere con uno squillo.
Ora me ne vado, non ho altro tempo da perdere con te, Fuyumi».
Timidamente un'infermiera passò tra le due donne, entrò nella stanza e spese quell'affare insopportabile.
Uscì di nuovo, e prima di andarsene del tutto mormorò un flebile "condoglianze".
Forse aveva sentito tutto il discorso, forse aveva visto tutta la ferocia della ragazza che si era scagliata sulla sua stessa madre, che tanto innocente non era.

Angolo autrice
RAGAZZI
VE LO AVEVO DETTO
Grazie ad un commento di una persona,mi sono decisa ad aggiungere la tragica morte del nostro caro padre.
È molto drammatica la cosa,lo so
but we like ✨drama✨.
Ci vediamo cari lettori
Alla prossimaaa

𝑂𝑟𝑎 ℎ𝑎𝑖 𝑚𝑒 𝑎𝑙 𝑡𝑢𝑜 𝑓𝑖𝑎𝑛𝑐𝑜 -Oikawa Toru-Kde žijí příběhy. Začni objevovat