1. Arrivi e partenze

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Jess.

La campanella della terza ora era suonata già da un pò, il professor Gray stava spiegando per l'ennesima volta le stesse pagine di letteratura per far si che anche gli assenti potessero capirci qualcosa, gli studiosi dei primi banchi ascoltavano tutto attentamente con la loro solita aria da sapientoni, mentre i bulli degli ultimi si lanciavano palline di carta e ridevano tra loro come idioti. Io che invece ero nel mezzo osservavo scocciata il sole arancione alto nel cielo al di fuori della finestra tra uno sbadiglio e l'altro. Il mio riflesso si notava sul vetro trasparente, gli ero così vicina che ogni mio respiro lo appannava un pò. Non ero una brutta ragazza, almeno non credevo di esserlo; ero magra nella norma, abbastanza alta ed avevo la carnagione insolitamente chiara per una ragazza che vive a San Francisco, le labbra carnose e la gente spesso mi faceva complimenti dicendo che avevo uno sguardo molto penetrante. Chissá se era vero, ma sinceramente, ne avevo visti di migliori. Insomma, quella mattina mi perdevo nel riflesso della mia figura mista al panorama. Amavo la vista che c'era dalla finestra della mia classe di letteratura, sarebbe stata l'unica cosa a mancarmi dopo il diploma che fortunatamente era vicino. Si udirono due tonfi alla porta ed una figura fece capolineo nella classe salutando tutti con aria innocente e socchiudendo gli occhi in un sorriso enorme.
《Ragazzi lui è Derek Cox, un vostro nuovo compagno. Siate gentili con lui. Derek prendi pure posto dove vuoi》disse il professore sfilandosi gli occhiali da vista e salutando il nuovo arrivato con una stretta di mano.
Il ragazzo si avvicinò passo dopo passo al mio banco e si accomodò sulla sedia accanto a me.
Questo ad esempio, è uno sguardo penetrante! Pensai fissando gli azzuri occhioni dalla forma allungata. Dei folti capelli castani tirati all'indietro gli ricoprivano la testa, ed un piercing gli spuntava a lato del suo sopracciglio destro. Sembrava qualche anno più grande, e anche se non lo avrei mai ammesso a nessun altro fuorché mestessa, avevo pensato fin da subito che avesse un certo fascino. Dai su, di ragazzi me ne intendevo e lui di certo era figo.
《Piacere, sono Derek》,disse mostrandomi un sorriso abbagliante e porgendomi la mano.《Jessica, piacere mio》gliela afferrai senza un grande interesse.
《Allora, com'è questo posto?》
《Noioso.》
《Sono qui da poco, vengo da Philadelphia.》
《Buona fortuna allora》,risposi scocciata con lo sguardo ancora perso fuori dalla finestra. Speravo capisse che non ero in vena di chiacchierare e che non lo sarei stata mai. Non era introversione, ero solo perennemente incazzata con l'universo ed anche lui ne sarebbe dovuto venire a conoscenza.
《Raccontami un pò di te, Jessica》continuò a chiedermi il ragazzo, spingendo i miei nervi al limite.
《Ascolta so che sei appena arrivato, super curioso, euforico... e non vorrei rovinarti l'arrivo qui, ma non amo chi parla troppo》alzai la voce spazientita. Il ragazzo chinò verso il basso la testa apparentemente dispiaciuto.
《Signorina Books abbassi la voce per favore!》mi riprese il professor Gray.
《Mi scusi》risposi respirando profondamente per cercare di rilassarmi.
Il ragazzo accanto a me sollevò lo sguardo con aria maliziosa.《Hai dei bellissimi occhi, Jessica》disse sfiorandomi una guancia con la mano, al che risposi con una faccia inorridita.《Verdi come degli smeraldi》continuò con un sorrisetto dispettoso.
Mi avvicinai al suo orecchio sbuffando e sussurrai: 《Sei un rompi palle!》stando ben attenta a scandire le parole.
《Posso fare di peggio se mi ci metto, non sfidarmi》rispose il ragazzo sollevando un sopracciglio. Lo guardai stupita.
《Allora non sei il novellino che vuoi far sembrare》sorrisi, poi continuai.《Io e te andremo molto d'accordo.》

Maya.

Mio padre era sempre al telefono in quel periodo. Si vedeva da lontano un miglio che era nervoso e stressato, ed aveva ricominciato a bere dopo il funerale, mentre io in alternativa avevo ricominciato a piangere. Lo faceva sempre quando qualcosa non andava, lo faceva ogni qual volta qualcosa stava per cambiare, quindi sapevo di dovermi aspettare novità.
Stavo sorseggiando come tutte le mattine il mio caffè bollente quando lo vidi frettolosamente scendere dalla scalinata principale della nostra casa, quella che portava al secondo piano dove c'erano le stanze da letto. Spesso pensavo che quella casa era ormai decisamente troppo grande per due persone sole. Provavo malinconia nel non vedere più la mamma gironzolare con qualche nuovo aggeggio per le pulizie, ne Daniele, mio fratello maggiore, sprofondare nel divano della sala da pranzo con un pacchetto di noccioline.
《Maya, dobbiamo parlare》mi disse serio mio padre e sospirai consapevole che quel momento fosse arrivato.
《Lo sapevo!》bisbigliai,
《cosa c'è papà?》
《Piccola, non possiamo più restare qui.》
Lo guardai dubbiosa scuotendo vertiginosamente la testa,《spiegati meglio.》
《Ho trovato lavoro ben pagato fuori, grazie a dei vecchi amici d'infanzia. Abbiamo tre settimane per salutare tutti e partire.》
Sbuffai. Papà era deciso a rifarsi una vita dopo la morte della mamma. Era un medico di un certo livello, aveva studiato in America, viaggiato molto, conosceva alla perfezione almeno quattro lingue e questo gli permetteva di poter trovare lavoro facilmente.
《E dov'è che andremo? Non voglio lasciare questo posto. Come faccio ad abbandonare i miei amici?》mi portai le mani sui fianchi boccheggiando.
《È un bel posto e vedrai che ti farai dei nuovi amici in fretta, hai solo diciannove anni infondo. Ci trasferiamo in California!》
Strabuzzai gli occhi.
Ma cosa aveva fumato?! Era serio?
《Ma sei pazzo papà?! Vuoi lasciare l'Italia? E l'Europa? Come farò ad adattarmi ad una vita così diversa? E poi non conosco perfettamente la lingua!》
Lui abbassò lo sguardo abbattuto e disse:《Maya, puoi restare qui se proprio vuoi, infondo sei maggiorenne, ma io ho bisogno di andar via.》
Lo guardai con compassione e frustrazione allo stesso tempo. Cercava di nasconderlo, ma io ero sua figlia e sapevo quanto mio padre fosse distrutto, quindi sapevo anche di non poterlo lasciare da solo. Alcune volte io stessa mi sorprendevo dell'empatia che provavo, ma sapevo che un'altra cosa che mi spingeva a farlo era la paura di perdere un altra genitore. Corsi svogliatamente ad abbracciarlo, poi non troppo sicura di ciò che stessi per dire, pronunciai:《Non ti lascerei mai partire da solo papà, sei la mia famiglia.》
Mio padre mi strinse a se senza rispondere, mi stampò un bacio sulla fronte ed andò via.

Sei fregata, Maya!

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