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Indossai la mia tuta nera attillata e infilai le armi al loro posto, nell'imbracatura cucita sulla mia coscia, pronta per la battaglia imminente.

Buttai giù un paio di antidolorifici per la gamba e raccogliendomi i capelli in una crocchia, mi fermai a guardarmi nello specchio. Il mio riflesso mi sembra quasi estraneo, Stark aveva ragione, molte cose possono cambiare in cinque anni.

Mi accigliai, prestando attenzione al riflesso dei mei occhi nello specchio. C'era qualcosa di strano. 

Mi chinai per dare un'occhiata più da vicino e un lampo viola colorò la mia cornea. Chiusi immediatamente gli occhi, facendo un paio di respiri profondi.

I miei occhi si stavano prendendo gioco di me?

Aprii lentamente le palpebre, allontanandomi dallo specchio spaventata.

Non erano più verdi, ma di un viola acceso. Il panico trasalì nel mio petto. Che cosa diavolo mi stava succedendo? Avevo le allucinazioni? Era a causa degli antidolorifici?

Dozzine di domande si fecero spazio nel mio cervello, domande a cui non riuscivo nemmeno a rispondere. Una in particolare non riusciva ad andarsene dalla mia mente, e se fosse stato a causa dello scettro?

Un colpo alla porta della mia camera mi riportò alla realtà, «C-chi è?» Balbettai «Sono io». Riconobbi subito la sua voce.

«Solo un attimo!» urlai riportando la mia attenzione al mio riflesso nello specchio; diedi un'altra occhiata e con mia grande sorpresa potei vedere che i miei occhi erano tornati al loro solito colore.

Scossi la testa, e mi diressi verso la porta.

Mi ricomposi e poi la aprii. Steve era in piedi nel corridoio, già pronto. «Capitano» lo salutai; tutte le mie preoccupazioni svanirono non appena lui ricambiò il sorriso.

«Stai bene?» chiese, assottigliando lo sguardo. «Sembri un po' pallida»; ridacchiò prima di emettere un profondo sospiro non sentite le parole che gli uscirono dalla bocca.

«Nemmeno questa è una cosa carina da dire a una ragazza, giusto?» Annuì, scoppiando a ridere.

«Non imparerò mai». Si appoggiò allo stipite della porta, «posso?» indicò l'interno della mia stanza; alche mi resi conto di non averlo ancora invitato ad entrare.

«Oh, sì. Certo» spalancai la porta. «Entra».

«Che c'è che non va?» chiesi, «È successo qualcosa?»

«No.. no, volevo solo assicurarmi che tu stessi bene» disse.
«Come ti senti?» Giurai di aver visto un leggero rossore tingere le sue guange, cosa che mi fece sorridere.

Sospirai «Beh, è ​​stata davvero una lunga giornata». 

«Si, lo è stata» concordò, facendo un passo verso di me. «Mi dispiace per quello che ti è successo».

«Ormai me ne sono fatta una ragione» risposi, «immagino che in un certo senso sia stato ciò che mi ha plasmato nella persona che sono oggi» Steve sorrise alle mie parole, guardandomi dolcemente.

«Mi piace davvero quella persona» riuscì a dire con disinvoltura, procurandomi un lieve rossore alle estremità delle orecchie;

Come se non bastasse fece un altro passo in avanti, e poi un altro ancora fino a quando lo spazio tra di noi fu inesistente.

Alzò una mano che incontrò subito il mio viso, e con il dito si mise a tracciare delle linee immaginarie sulla mia mascella.

«E se non fosse già chiaro, ti vedo come qualcosa di più di una semplice compagna di squadra» continuò, facendomi palpitare il cuore.

Non mi accorsi nemmeno di aver trattenuto il respiro finché non mi lasciai sfuggire una risatina nervosa «allora, un'amica?». 

Nonostante il mio nervosismo, non riuscii ancora a fare a meno di prenderlo in giro. Ridacchiò, incantandomi con quei suoi occhi azzurri.

«Molto più di un'amica» mormorò contro le mie labbra.

Non ero sicura di chi avesse iniziato, ma sapevo per certo era che in quel momento le sue labbra si erano scontrate con le mie.

Gli avvolsi le braccia attorno al collo, volendo sentirlo ancora più vicino a me. Fu tutto così intenso. Sembrava quasi che il mondo fosse scomparso. 

La sensazione delle sue labbra sulle mie mandò molteplici scosse lungo la mia spina dorsale; in quel momento lui era l'unica cosa che contava davvero.

Mi allontanai per prima sentendo il il bisogno di riprendere fiato. Già mi mancavano sue labbra morbide.

"Non baci niente male per essere un vecchio" scherzai, ancora senza fiato.

"Sai una cosa", disse con una risata, "ti farò conoscere davvero il vecchio che c'è in me"

"Oh, davvero?" sorrisi "Oh sì, solo per sta volta." rispose "Così posso fare questo" Mi prese la mano nella sua, lasciando un bacio casto sul dorso di essa, e facendomi perdere qualche battito. Poi la girò per baciarmi il palmo, e non passò molto tempo prima che le sue labbra ritrovassero le mie, baciandomi con la stessa intensità di prima.

«Cam-Woah» Ci staccammo tutti e due non appena si spalancò la porta.

«Colpa mia, avrei dovuto bussare..» Clint era in piedi sulla porta, con l'aria di un bambino che aveva appena beccato i suoi genitori.

Steve si schiarì la gola, «ti lascio finire di prepararti. Ci vediamo all'hangar tra dieci minuti» disse, uscendo goffamente dalla stanza, ma non prima di salutare Clint con un cenno del capo. «Cosa? C'è qualcosa tra voi adesso?» chiese Clint non appena il Capitano ebbe svoltato l'angolo.

«Clint..» gli lanciai uno sguardo esasperato, «non provocarmi o ti metto fuori gioco un'altra volta» lo abbracciai.

«È una domanda più che consona. Davvero.. sono stato via così a lungo?»disse.

«Non c'è niente. Siamo solo amici» feci spallucce pregando che lasciasse stare l'argomento.

«Io non giudico nessuno, Cam, ma tecnicamente gli amici non si ficcano le lingue in gola» disse guardandomi.

Gli tirai uno schiaffetto con la mia protezione che indossavo quando utilizzavo l'arco e lui alzò le mani in segno di resa.

«D'accordo, me ne starò zitto» rise, «Dovrei probabilmente considerare che sono in debito con te».

«Clint-» Cominciai a parlare ma venni subito interrotta. «Lo so, lo so. Non teniamo i punteggi.»

Posò la sua mano sulla mia, «ma non so davvero cosa mi sarebbe successo se non fosse stato per te. Quindi, grazie». Gliela strinsi, «è bello riaverti, Clint».

«È bello essere tornato. E sono molto contento che sia tornata anche tu. Mi sei mancata piccola», rispose con un sorriso.

«Però ora, dovremmo andare. Non vorrai far aspettare il tuo 'amico', vero?» Disse con un sorrisetto.

Mugugnai, alzando gli occhi al cielo e infilandomi la protezione sull'avambraccio destro poco prima di uscire dalla porta.

Clint mi seguì a ruota, stando appena dietro di me. «Cam! Andiamo, sto scherzando. Giuro che ora non dico più nulla!»

Artemide : il settimo Avenger; Steve Rogers [1]  TRADUZIONEWhere stories live. Discover now