Fuori da queste pagine

By neraladradossa

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Ed è un giovane come tanti, che divide il suo tempo tra il lavoro in libreria, gli amici e la famiglia. Ci so... More

PROLOGO
1 ~ ED
2 ~ SOFIA
3 ~ ED
I
4 ~ SOFIA
5 ~ ED
II
6 ~ SOFIA
7 ~ ED
8 ~ SOFIA
9 ~ ED
10 ~ SOFIA
III
11 ~ ED
12 ~ SOFIA
13 ~ ED
IV
14 ~ SOFIA
15 ~ ED
16 ~ SOFIA
17 ~ ED
V
18 ~ SOFIA
20 ~ SOFIA
21 ~ ED
22 ~ SOFIA
23 ~ ED
24 ~ SOFIA
25 ~ ED
26 ~ SOFIA
27 ~ ED
28 ~ SOFIA (prima parte)
28 ~ SOFIA (seconda parte)
29 ~ ED
30 ~ SOFIA
31 ~ ED
VI
32 ~ SOFIA
33 ~ ED
34 ~ SOFIA
35 ~ ED
36 ~ SOFIA
37 ~ ED
38 ~ SOFIA
39 ~ ED
40 ~ SOFIA
VII
41 ~ ED
42 ~ SOFIA
VIII
43 ~ ED
44 ~ SOFIA
IX
45 ~ ED
46 ~ SOFIA
X
47 ~ ED
48 ~ SOFIA
XI
49 ~ ED
50 ~ SOFIA
51 ~ ED
52 ~ SOFIA
53 ~ ED
XII
54 ~ SOFIA
55 ~ ED
56 ~ ED (sei mesi dopo)
Bollini

19 ~ ED

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By neraladradossa


Silenziosamente ci avviciniamo alla biblioteca. Siamo una squadra un po' sgangherata, armati di una padella, un mestolo e un ombrello. Scavalchiamo il cancello e giungiamo davanti alla porta d'ingresso che, ovviamente, è chiusa.

«Al mio tre ci lanciamo contro tutti insieme.»

«Cosa?» mi chiede Lex scioccato. «Non vorrai davvero sfondare le porta?»

«Ovvio, sennò come facciamo ad entrare?»

«E se aspettassimo domani quando la biblioteca riaprirà, per esempio? Mi sembra un tantino meno illegale.»

«In quale altro modo pensavi di entrare a quest'ora?» gli chiedo esasperato.

«Magari aveva la chiave, come potevo sapere che avremmo dovuto compiere un'effrazione?»

«Be', se adesso la smetti di cagarti addosso possiamo anche procedere.»

«Ed, forse ha ragione, non pensi? E se tornassimo davvero domani, non è meglio?» intervenne Michi con un tono più gentile.

Sospiro. Non ho tempo da perdere, così mi guardo intorno e il mio sguardo cade su un ciottolo. Sarà perfetto per il mio scopo. Lo afferro e, prima che possano fermarmi, lo scaglio contro il vetro della porta frantumandolo. Infilo un braccio dentro al varco e raggiungo la maniglia per aprire.

«Cazzo!» impreca Lex usando un termine che non esce praticamente mai dalla sua bocca, preferendo parole come accipicchia o mannaggia. «Ma che hai fatto?» mi chiede con voce strozzata.

Anche Michi è rimasta allibita a fissarmi e poi dice: «Almeno facciamo veloce adesso, non voglio essere beccata e finire in prigione».

Entro e le schegge mi scricchiolano sotto la suola delle scarpe. Michi mi segue a ruota e alla fine anche Lex varca la soglia, sebbene sia molto riluttante e continui a guardarsi intorno, come se ci fossero appostati i poliziotti nell'ombra, pronti ad arrestarlo. Non proviamo neanche a impegnarci troppo a non far rumore, tanto ormai ci hanno sentito tutti con il baccano che ho fatto. Se non fosse per i nostri passi il posto sarebbe immerso in un silenzio tombale. Saliamo le scale cigolanti per raggiungere il secondo piano e poi ci avviamo verso la sala dove sono conservati i volumi. L'intero edificio è deserto. Seguiamo le istruzioni di Zorro e troviamo facilmente il tomo. I libri che vivono qua dentro non immaginano di certo che noi siamo a conoscenza della loro esistenza e per questo non si fanno vedere. Ripercorriamo la strada a ritroso senza complicazioni e sbuchiamo nella via da cui siamo arrivati.

Al punto di incontro, Zorro non c'è. Lex e Michi se ne stanno già andando, ma io li blocco afferrandoli per un braccio.

«Che fate? Dove state andando?»

«A casa, finalmente» risponde Lex.

«Ma dobbiamo aspettare che torni con Sofia.»

«Sbagliato, adesso ti riportiamo a casa dove farai una bella dormita e magari domani avrai le idee più chiare.»

«No, dobbiamo aspettare.»

«Senti, Ed, io sono stanca e anche tu faresti meglio a riposare. Vedrai che se la caveranno» dice Michi mettendomi un braccio intorno alle spalle.

«Ma...» provo inutilmente a ribattere.

«Dimenticala!» esclama il mio amico. «Non ti basta essere diventato un criminale per colpa sua?»

Dalla sua espressione capisco che non vuole essere cattivo, che è solo spaventato e vuole semplicemente che prenda le distanze dai due per il mio bene. Ma io ci rimango male, non mi ha mai urlato contro, non ha praticamente mai alzato la voce in generale.

«Dai, Ed, ricordi? È stato lui, comunque si chiami, a dirci di tornare a casa tua se non l'avessimo trovato qui» interviene Michi con tono rassicurante.

Così mi lascio trasportare e ci avviamo verso casa mia benché so che non è ancora passata un'ora come stabilito. Giriamo a destra all'angolo e non molto più avanti vedo due ombre scure, una chinata sopra l'altra, a terra. Il cuore comincia a battermi all'impazzata e mi avvicino correndo, con un brutto presentimento addosso. Quelle due figure sono esattamente quelle che speravo che non fossero.

Poco distante da loro c'è un'altra figura a terra: non si muove, come se fosse morto. E dal tanfo presumo proprio che sia morto, altrimenti sarebbe meglio per lui morire che avere un odore così sgradevole. Mi siedo al fianco di Zorro che sta cercando di fare la respirazione bocca a bocca a Sofia. In qualsiasi altra occasione mi avrebbe dato fastidio sapere che le loro labbra si sono toccate, solo che questa volta è diverso perché non c'è altro modo di salvarle la vita.

"Non lasciarmi, ti prego. Non può finire così."

«Ha ripreso a respirare» ci informa Zorro dopo un po', quando l'ansia mi ha ormai sopraffatto. «Presto, portiamola a casa tua» dice rivolto a me.

La solleva tra le sue braccia possenti e si incammina verso il mio appartamento. Vista così Sofia sembra ancora più piccola e indifesa: la sua pelle ha il colore grigiastro di chi ha appena combattuto con la morte. Il suo esile corpicino ha ricominciato a intromettere aria e il petto si alza e si abbassa velocemente. Gli occhi, che tiene chiusi, fremono e dalle labbra socchiuse esce un gemito.

«Cosa le è successo?» chiedo rivolto a Zorro.

«È stata aggredita, mi pare evidente. Ma forse non lo è abbastanza per te.»

Come potevo aspettarmi da lui una risposta diversa?

«Riformulo: chi l'ha attaccata?»

«Il Mutaforma.»

Non sembra volermi dare nessun'altra spiegazione.

«Ovvero?»

«È soltanto uno dei libri più spietati che esistano. Fa parte dei libri della Fenice: sono libri particolari che hanno la capacità di rinascere dopo due giorni dalle proprie ceneri, come le fenici. Nessuno sa quale sia il suo vero nome perché lui è conosciuto per la sua capacità di trasformarsi in qualsiasi cosa in qualsiasi momento, cosa che non è possibile per tutti gli altri libri del mondo. Tornerà di nuovo a cercarci. A meno che...»

«A meno che?» lo incalzo dato che non voglio che si fermi proprio ora che è diventato così socievole.

«A meno che io non trovi Magistra, una spada mitologica che si dice sconfigga ogni tipo di magia e, nel mio caso, ucciderà per sempre il Mutaforma.»

«E dove si trova?»

«Ho detto che è una spada mitologica, idiota, nessuno sa dove sia e soprattutto se esiste davvero.»

«Quindi, dimmi se ho capito bene, ti sei appena messo contro un cattivo cattivissimo come quello dei cartoni che può essere ucciso solo con qualcosa che probabilmente nemmeno esiste?» chiede Michi, usando quel tu che mi infastidisce molto perché vuol dire che se ne sta togliendo fuori o per lo meno che non ha intenzione di comprendere me in questa faccenda.

«Che facciamo adesso?» gli domando.

«Noi? Fermi un attimo, non esiste nessun noi. Nessuno ha chiesto il vostro aiuto.»

«Non puoi più escluderci» esclamo. «Ormai facciamo parte di una squadra e non ho intenzione di tornare indietro a casa mia facendo finta che non sia successo niente.»

«Per la verità è proprio quello che dovremmo fare» si fa avanti timidamente Lex, intimorito dalla presenza del massiccio Zorro.

«Lex!» urliamo in coro io e Michi.

«Non vorrai mica abbandonarlo ora?» gli chiede la brunetta sfidandolo a contraddirla.

«Dovrebbe lasciar perdere anche lui.»

«Lex.» Che nel suo linguaggio vuol dire "assecondami per il momento, dei dettagli ne discutiamo dopo". Nessuno di noi due ha mai saputo opporsi a questo suo tono di voce gentile e autoritario al tempo stesso. Per questa volta la cosa mi fa anche piacere dato che sembra stare dalla mia parte, almeno un po'.

«Va bene, va bene. Era solo uno scherzo» si difende Lex alzando le mani come per dire di non aggredirlo, che è innocente.

Zorro non dice più nulla per il resto della strada per arrivare a casa mia. Entriamo, sdraiamo Sofia sul divano e ci diamo da fare per cercare di mettere un po' di ordine (con quel "ci diamo da fare" intendo io, Michi e Lex, ovviamente). Ci prepariamo una camomilla per calmarci un attimo, in attesa che Sofia si svegli. Poi però l'adrenalina che abbiamo nel sangue si esaurisce lasciandoci stremati. Lex continua a sospirare sconsolato e ci ripete più volte che dovremmo lasciar perdere, ma in risposta io gli lancio occhiate di fuoco e Michi mi sostiene, sebbene non sia d'accordo con me, perché sa che non riuscirà mai a farmi cambiare idea e preferisce starmi vicino in questa mia impresa folle. Alla fine anche Lex si arrende.

Si è fatto molto tardi e la situazione sembra rimanere sempre la stessa, così i miei due migliori amici decidono di tornarsene a casa loro per riposare un po' prima di una nuova giornata di lavoro.

«Fammi sapere quando si risveglia la tua amica Sara» dice Michi prima di darmi un bacio sulla guancia e sparire giù per le scale. Lex sembra un po' riluttante a lasciarmi lì da solo con Zorro e Sofia e temo mi proponga di andare a casa sua, che io odio perché tutto quell'ordine e pulito mi fa impazzire, ma alla fine la segue senza obbligarmi ad andare con lui nel suo mondo perfetto, anche se dalla sua espressione sono sicuro che mi ci vorrebbe portare e chiudere dentro a doppia mandata. Prima di andarsene però mi dice che passerà domani a vedere come sto. Sorrido: sono degli amici proprio speciali.

Dopo che Michi e Lex se ne sono andati rimaniamo in casa soltanto io e Zorro. Siamo talmente stanchi che crolliamo addormentati sul pavimento della sala, anche perché siamo restii ad allontanarci da Sofia. Non è un sonno particolarmente ristoratore e quando mi sveglio il giorno dopo sono tutto incriccato. Mi alzo in piedi e mi stiracchio, poi mi accorgo che Zorro è già sveglio e se ne sta immobile a gambe incrociate a scrutarmi, come un avvoltoio che fissa un animale moribondo, pronto a cibarsi della sua carcassa. Un brivido mi fa accapponare la pelle. Perché deve essere così maledettamente inquietante?

Mi ricordo di non avergli ancora dato il lui-libro, così lo vado a prendere in camera mia, nel cassetto in cui l'ho riposto per sicurezza ieri sera, e glielo porgo. Lo prende senza dire una parola, quasi strappandomelo dalle mani. Probabilmente per lui il fatto che siamo riusciti a recuperarlo non è degno di lode, perché non fa nessun cenno che mi faccia capire che si complimenta con noi per la buona riuscita della missione, né mi ringrazia per averlo portato in salvo.

Si rigira il volume tra le mani e si alza, dirigendosi verso la porta. Sta già girando la maniglia per aprirla quando si gira a guardarmi. È la prima volta che lo vedo esitare.

«Dove stai andando?»

Sembra non sentirmi nemmeno o forse mi ignora e basta.

«Se scopro che le è successo qualcosa mentre non ci sono giuro che ti ammazzo.»

«Non c'è bisogno di essere così scontroso. Starà bene, vedrai, mi prenderò cura io di lei.»

«Appunto, guarda che non scherzo.»

«Non sono così imbranato come credi.»

«Questo lo vedremo.»

Alla fine si convince ad uscire, silenzioso come una pantera. Mi chiedo in base a cosa abbia deciso, dal primo momento che mi ha visto, che non sono una persona affidabile. È chiaro che non vorrebbe lasciarmi solo con lei, ma non ha altre possibilità al momento. Quando se n'è andato mi sento subito meglio e spero vivamente che non torni. Prendo una sedia dalla cucina e guardo l'orologio appeso al muro: sono già le due e mezza del pomeriggio. Poi mi accomodo di fianco al divano su cui Sofia è ancora sdraiata. Ieri notte siamo tornati a casa molto tardi e, se lo si somma a una buona dose di stanchezza, sembra normale essersi svegliati a quest'ora. Prendo il libro che ho cominciato a leggere il giorno prima e riprendo da dove ho abbandonato.

Amy principalmente sogna. O forse sono solo ricordi lontani, che sono diventati inconsistenti come i sogni, eppure così reali. A volte capita anche il contrario e la vita pare un sogno, o un incubo, s'intende. Mi è successo di svegliarmi la mattina e non riuscire a distinguere il sonno dalla veglia, di confonderli, perché spesso era meglio quello che vivevo quando avevo gli occhi chiusi, dove Anna era ancora viva.

Le sembra di sentire la brezza sulla pelle, vedere una distesa di fiori, percepire l'odore della terra umida, bagnata dalla pioggia. Nella sua testa si susseguono immagini relative alla sua vita sulla Terra, quell'esistenza a cui era tanto legata e che non avrebbe voluto lasciare. Immagini di una vita passata fatta di gioia. Se anche c'è stato qualcosa di brutto, delle incomprensioni, nella vita vera, nei pensieri tutto si presenta perfetto. Capita sempre così con i ricordi, più si allontanano e più il tempo lì addolcisce, facendomi provare una forte nostalgia.

Sente un sapore amaro in bocca che sa di rimpianto per la Terra che ha tanto amato, per i suoi amici, per Jason, per la tenerezza dei loro baci e che ormai sono distanti secoli, per la loro esistenza insieme che mai sarà possibile.

Forse sono già tutti morti.

Morti. Su quella parola mi fermo un attimo. Mi suona così odiata eppure familiare. Morti.

Una vita interrotta.

Sono sempre più convinto che non si dovrebbe trovare sotto terra, ma di fianco a me, a leggere questo bel libro insieme.

Sente di nuovo la pioggia che le picchietta sulle braccia, anche se il sole splende alto nel cielo di un azzurro intenso. Tutto nei sogni può cambiare all'improvviso, ci possono essere delle incoerenze che svelano che non si tratta altro che di un'illusione, per questo vorrebbe che si fermassero, perché, per quanto possano essere piacevoli, non sono mai reali.

All'improvviso il citofono trilla e mi fa fare un balzo sulla sedia. Sono così preso da quello che sto leggendo da non essermi accorto dello scorrere del tempo. Zorro è già tornato, purtroppo.

«Chi è?»

«Chi vuoi che sia, Idiota!» mi prende in giro la voce di Zorro.

Sospiro, ma gli apro lo stesso e sale in casa. Lo sopporto solo per Sofia, però ce ne vuole di pazienza. È tutto infangato e già mi vedo tutto il mio bel pavimento pulito pieno di sporco e macchie, insomma, da lavare da capo. Non provo nemmeno a chiedergli dove sia stato perché tanto non me lo direbbe nemmeno se lo pregassi in ginocchio, baciando la terra su cui cammina. Dopo aver poggiato la spada alla parete, rimane in piedi. Una pozza marrone sta iniziando ad allargarsi intorno alle sue scarpe e temo che mi venga un attacco isterico: non è di certo un ospite desiderato, potrebbe almeno impegnarsi per non essere insopportabile e dannoso?

«Voglio fare una doccia. Dammi un'asciugamano.»

Gentile e raffinato come sempre.

«'Per favore' non esiste nel tuo vocabolario?»

«Me la dai sì o no?»

Vorrei tanto rispondergli no per ripicca, tuttavia preferisco dargli una delle mie salviette piuttosto che lasciargli spargere quello schifo per tutto l'appartamento. Vado rassegnato a cercare nell'armadio in camera e quando torno prende senza tanti complimenti quello che gli sto porgendo. In modo brusco, ovviamente. Non si smentisce mai, rimane il solito arrogante e non fa nessuno sforzo per comportarsi in modo civile. Che ingrato!

Dopo aver lanciato uno sguardo a Sofia, si volta e va a chiudersi in bagno. Pulisco la scia di fango che si è lasciato dietro e torno a sedermi accanto a Sofia riprendendo a leggere.

Ad un certo punto sento un gemito provenire dal divano e alzo lo sguardo dal libro.

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