Gifts Under The Tree.

By ThreeCrazyMinds

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Una città ricoperta di neve, il periodo più bello dell'anno alle porte ed un'infanzia spensierata che ritorna... More

Prologo.
1- Two sides of the world.
2- I get a little stronger, now.
3- A heart that's broke is a heart that's been loved.
4- Keep holdin on.
5- Believe in every dream that you got.
6- Supermarket flowers.
7- I love the way you hate me.
8- Say the word and we'll go.
9- She's the queen of hearts.
10- Girls just wanna have fun.
11- He's out his head, I'm out on my mind.
12- Kiss me like you do.
13- War of hearts.
14- Just for one day.
15- Amortentia.
16 - I see my future in your eyes.
17- The gift I didn't expect.
18 - All I want for christmas is you.
19- It's beginning to look a lot like christmas.
20 - Santa Claus is coming to town.
21- A face on a lover with a fire in his heart.
22- You're all I need, you're everything.
23 - Just one more moment.
24 - Hold me now.
25 - Stop and stare.
26- Comatose.
27- Only you're the one.
28- I'd give up forever to touch you.
29- You'll be coming home with me tonight.
30 - I wanna be so far gone in you.
31- Your love's got me looking so crazy.
32- One touch and I ignite.
33- You're the one that I want.
34- I'm not the same as yesterday.
35- Don't wanna waste another day we're given.
36- I won't let go.
37- Over and over.
38- I don't want this moment to ever end.
39 - You're gonna be the one that saves me.
40- Everything good.
41- Just say the word.
42- Fallen angel
43 - So tell me you'll be right here with me.
44- Ashes of Eden.
45- A part that's holding on.
47- Bleeding out.
48- Judas.
49- I'm ready for the riot to begin.
50- Warriors.
Problemi.
51- Fire and fury.
52- We all have our secrets.
53- I'm trying but I keep falling down.
54- Animal I have become.
55- Fire on fire.
56 - Fighting 'til the wars won.
57 - We're better than alright
58- Fallin' like the stars, we're fallin' in love.
59- Hall of fame.
60- In The End Love Is All We Need.
Epilogo.
RINGRAZIAMENTI.
Annuncio!💙
SPIN-OFF!💙
👀
FINALMENTE... ENDLESSLY!❤️

46- If you could know.

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By ThreeCrazyMinds

Quella mattina Allison non aveva avuto né la forza né il coraggio per uscire di casa; si sentiva tremendamente in colpa verso i suoi doveri, doveva continuare a registrare quei pezzi e sapeva quanto tutti avessero lavorato sodo per lei. In quella buia giornata i pensieri della mora erano ovunque tranne che a Boston, pensava a qualunque posto in cui la sua migliore amica potesse essere finita, o meglio, essere scappata.
Ancora non riusciva a trovare una spiegazione a tutto quello e la cosa la rendeva vagamente irritabile. Il primo a testarne l'effetto fu proprio Ramsey che, non vedendola allo studio, si era preoccupato a tal punto da raggiungerla a casa sua.

«Andate via, non posso uscire, sono malata.» era stata questa l'accoglienza che il giovane produttore aveva ottenuto una volta aver suonato il citofono.

Quasi ci rise su e dopo vari tentativi riuscì magicamente a farsi aprire il portone. Ne aveva approfittato per portarle la colazione dato che a detta sua un po' di zucchero faceva bene a tutti per iniziare bene una giornata. Ci aveva beccato in pieno, sebbene l'umore di Allison non si alzò era comunque più sorridente. Avevano trascorso molto tempo in casa di lei a parlare del disco, delle sue nuove idee e di molto altro inerente al loro mondo, ma in tutto ciò la mente della mora sembrava essere sempre ed unicamente concentrata su altri, si sentiva assente e anche in colpa nei confronti dell'uomo che era stato così gentile a farle compagnia nonostante i suoi precedenti commenti. Venne improvvisamente richiamata dal suono del campanello e l'idea che potesse essere Daphne le balenò subito alla mente, rammentandole il giorno in cui lei e Lily avevano fatto irruzione fuori alla sua porta tra risate e urla di piena sorpresa. Una volta scoperto chi fosse, dovette cercare di non far notare la sua delusione nel non vedere la sua migliore amica e sopratutto perché era Joe.
Quando Ramsey sentì quel nome qua di rabbrividi, ricordando il loro primo incontro, inutile ribadire che quell'uomo lo spaventava, sapeva che lui avrebbe fatto di tutto per la ragazza e che se mai le fosse successo qualcosa non avrebbe aspettato per reagire. Non che le sue intenzioni fossero cattive, ovviamente.

«Joe, non ti aspettavo. Che ci fai qui?» il samoano notò subito Ramsey seduto sul divano con in mano una tazza di caffè. Storse subito il naso, quel ragazzo non gli piaceva affatto.

«Non credevo di disturbarti.» i suoi occhi fermi puntarono l'uomo alle sue spalle, senza timore di riservargli un'occhiataccia.

«Ma di che parli? Non sono uscita questa mattina, non ce l'ho fatta e lui è venuto ad accertarsi della mia salute.» non c'era alcun tipo di inganno nelle sue parole e Joe ci credette ciecamente; era sempre quel Ramsey il problema.

«Volevo vederti e sapere come stavi, ma a quanto pare qualcuno mi ha già preceduto.» la sua mano finì quasi prepotentemente sul suo fianco, ma il suo sguardo era fermo altrove. «Potremmo parlare da soli?» la incitò caldamente a sbattere quel damerino fuori di casa.

«Non pensate a me, me ne stavo giusto andando.» il diretto interessato si alzò velocemente dal divano e li raggiunse vicino alla porta, attirando l'attenzione di lei che si allontanò dal fidanzato.«Ci vediamo in studio.» si avvicinò ad Ally e mantendendo il contatto visivo con il nemico ebbe il coraggio di sfiorarle la guancia con le labbra.

«Certamente.» Ally arrossì sotto il suo tocco e titubante lo accompagnò all'uscita, ritrovandosi al suo ritorno un Joe stranamente silenzioso, immobile davanti a lei e con le braccia conserte al petto.

«Che succede?» non capiva cosa gli stesse succedendo e non perché fosse ingenua, ma perché aveva già spiegato a Joe quello che era successo o meglio, non successo con Ramsey.

«Non mi piace quel ragazzo, lo sai.» si era ripromesso di non screditarlo fin da subito, ma vederlo in casa sua e con una confidenza tale da permettersi di toccarla in quel modo... Era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

«Non capisco perché non ti vada a genio, é solo gentile con me.» espose il suo pensiero con cinismo, non capiva perché manifestare dell'inutile gelosia in quel momento.

«Non mi piace, non mi fido di lui.» nervosamente la sorpassò senza degnarla di un ulteriore sguardo; aveva passato la mattinata a pregare il suo capo di chiudere un occhio sulla prestazione sul ring di un Jon distrutto dal dolore e dall'alcol.

«Lo dici solo perché è gentile con me o cosa? Sei forse geloso?» un sorrisso quasi smielato nacque sulle sue labbra, ma fu costretta a spegnerlo quando lui parlò di nuovo.

«Non é questo il punto, credo solo che sia evidente che lui abbia ben altre intenzioni!» i suoi lineamenti sembravano duri come la pietra e il suo tono di voce aveva perso la sua solita dolcezza.

«Oh mio Dio, Joe! Pensi che io non sappia badare a me stessa?» inizò a sentire la rabbia prendere pieno possesso di sé per quella mancanza di fiducia. «Io credo che tu sia impazzito. Innanzi tutto non sono stata io ad invitarlo e poi anche se fosse, l'essere il mio fidanzato non ti da il diritto di decidere chi possa o meno vedere.» tutta quella situazione, insieme alla perdita della sua migliore amica, aveva fatto abbattere quella sua parte dolce e tranquilla che la contraddistingueva, si sentiva solo presa di mira da quei commenti.

Joe non rispose a quella provocazione, ma i suoi pugni erano così stretti che sentiva i palmi prudere dalla rabbia. La sua mente vagava a possibili scenari che comprendevano Allison in situazioni poco decorose con un uomo che non fosse lui. Il solo pensiero di poterla vedere tra le braccia di qualcun altro gli faceva ribollire il sangue, tanto che i suoi occhi si strinsero in due fessurre sottili e i muscoli s'irriggidirono; non era la gelosia quella a regnare nel suo cuore, ma la paura di perdere anche lei in quel gioco malefico che era l'amore, unico colpevole della voglia che aveva di baciarla in pieno contrasto con quella di urlarle contro la propria irritazione.

«Sei tu quella che non capisce! Persino Daphne e Jon si sono accorti di come ti guarda! E se solo aprissi i tuoi meravigliosi occhi un po' di più ti renderesti conto che sto dicendo la verità!» le si avvicinò di qualche passo, limitandosi a scrutarle il volto pallido. Odiava urlare contro di lei, contro le sue iridi tristi e disperate, ma non riusciva a comprendere come fosse possibile il suo non vedere.

«Sai che c'é? Lasciami sola e vattene via! Non sono una bambina a qui devi insegnare come stare al mondo! Risparmia questi insegnamenti per tua figlia!» indietreggiò d'istinto al suo avanzare, proteggendosi dai suoi attacchi insensati.

«Porca puttana, Ally! Io mi sto sforzando così tanto per te, sto rischiando tutta la mia vita per stare con te! Ed é così che mi ripaghi?» anche lui si ritrovò ad usare un tono mai usato prima con lei, eppure non ci pensò due volte, stufo di quelle chiacchiere.

Passarono secondi di un silenzio tagliente che la ferì a sangue, Allison rimase interdetta da quelle parole che rimbombavano nella sua testa ad una velocità disumana. Lo sguardo di Joe era fisso nel proprio, le sue iridi si rispecchiavano nelle proprie con una profondità tale da stordirla e costringerla a sorreggersi contro la parete. Mai avrebbe pensato di essere un peso per l'uomo dagli occhi sempre gentili, quello che amava con tutta se stessa e dal quale voleva fuggire in quel momento.

«Sono davvero un rischio per te?» una singola frase che risuonò con la potenza di un autoparlante per tutta la casa e Joe non rispose ancora una volta, non sapeva cosa dire, di certo era troppo tardi per rimangiarsi quello che aveva detto. «Avanti, Joe... Parla! Dimmi quanto rischi con me, avanti!» non riusciva a urlare, la sua voce uscì come un debole sussurro dalle sue labbra.

«Non era quello che intendevo, ma sì, la nostra relazione è un rischio e ne sei consapevole.» prese fiato e cerco di non rovinare la situazione ulteriormente, cosa che non lo retribuì alla grande.

«Perché rimani con me, allora? Non pensi che sia meglio tornare con la tua bella mogliettina o magari trovarti un'altra ragazza da trattate come una bambina?» stava superando il limite, ma in quel momento non le fregava di nulla se non del rumore del suo cuore in frantumi.

«Sai cosa penso? Penso che forse hai ragione. Da quando ti ho conosciuta non hai fatto altro che combinare guai nella mia vita. Io e Joelle staremmo sicuramente meglio senza di te.» nell'esatto momento in cui aveva espresso quelle parole, il pentimento lo logorò a tal punto da provare ad avvicinarsi ancora a lei per rimediare.

Il cuore di Allison era appena stato trafitto da un'estremità all'altra, una lacerazione inimmaginabile che le faceva male come mai prima. Sentiva di aver appena calpestato l'unica persona in grado di farle provare emozioni indescrivibile e ne stava subendo tutte le conseguenze, ma non per questo il dolore sembrava passare; non faceva altro che aumentare.

«Vattene. Va via!» gli urlò con voce strozzata, non voleva che la vedesse piangere ancora una volta, non per lui e non dopo quello che le aveva lanciato addosso.

Rimase qualche secondo in più ad osservarla sgretolarsi pezzo dopo pezzo e per la prima volta da quando la conosceva non riusciva a starle accanto; si sentiva inutile e colpevole di quel crimine, ma tutto quello che aveva detto non poteva essere rimangiato. Era iniziato tutto come una sorta di ripicca per non fidarsi del suo parere su quel Ramsey, ma le parole erano andate davvero oltre quella volta, dove nemmeno lui sapeva come riprenderle. Segui la volontà della mora e, continuando a sentirla quasi singhiozzare, girò le spalle dirigendosi verso la porta ed una volta fuori la sbattè così forte da far quasi tremare le pareti. La rabbia prese il sopravvento, sapeva che non poteva rientrare nè tanto meno provare a cancellare ciò che aveva detto; quella gelosia lo aveva fatto impazzire, non era riuscito più a tenerla dentro e quando era uscita era stata come sempre distruttiva.
Una volta nel parcheggio tirò un calcio alla ruota della sua macchina e quando vi salì chiuse gli occhi e strinse il volante tra le dita, il suo cervello gli stava dicendo di non preoccuparsi, aveva messo le cose in chiaro e così la sua Joelle sarebbe stata più al sicuro, ma allo stesso tempo il cuore stava sanguinando, assassino del suo stesso battito.

**

Indiana aveva sempre avuto bisogno di certezze e rassicurazioni nella vita e le sue migliori amiche erano le uniche a donarle quelle sensazioni. Dopo l'incidente aveva perso tutto: il suo futuro, la sua passione e anche suo padre, ma Daphne, Lily e Allison erano sempre state lì accanto a lei, a tenerle la mano in ogni momento. Scoprire che la ninfa se ne era andata, senza dirlo a nessuno, lasciando un misero biglietto pieno di odio aveva distrutto il suo equilibrio. Continuava a chiedersi cosa sarebbe successo se non sarebbero riuscite a trovarla e se sarebbe mai tornata...

Un enorme plaid la copriva sul divano in salotto mentre faceva zapping tra i canali della tv, si era fermata anche a guardare la sua serie tv preferita senza successo.
Aveva chiamato Samantha, la segretaria della sua scuola di ballo, chiedendole di annullare le sue lezioni per un paio di giorni. Non trovava la voglia di alzarsi dal divano, i suoi pensieri erano rilegati ad un'unica persona, ma chissà se anche quelli di Daphne lo erano per lei, per le sue amiche, o per Jon. Com'era possibile che una persona potesse toglierti così tanto solamente andandosene? I suoi pensieri vennero interrotti dal campanello della porta; le venne quasi da tirare un sospiro di sollievo, finalmente era arrivato Finn a tirarle un po' su il morale, ma non erano gli occhi azzurri che si aspettava di vedere; erano gemelli dei propri e ricchi della stessa perfidia.

«Che cosa vuoi?» la sua voce uscì flebile e quasi spezzata; era l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento.

«Non abbiamo finito il nostro discorso, tesoro.» suo padre si presentó di nuovo alla sua porta; la sua figura sempre impeccabile e il suo sguardo serio come non mai misero Ana già in guardia, pronta a tirare fuori l'armatura per bloccare tutte le pugnalate che le avrebbe lanciato. «Non mi fai entrare?»

«Stai bene qui fuori.» mormoró poggiando la testa alla porta, già stufa di quella conversazione.

«Dobbiamo risolvere questa situazione, Indiana.» sbuffó visivamente per poi guardarla dritto negli occhi, più serio di quanto già non fosse stato in passato.

«Non è risolvibile questa situazione, papà. Tu vuoi che io sia qualcuno che non sono e ció ci ha fatto prendere due strade diverse. Fa male? Sì, ma sopravviveró. Non mi sto perdendo niente di grandioso, comunque.» provò ad alzare la voce e dire ciò che pensava veramente, ma tutta la sua forza durò poco perchè Ian era lì per distruggerla, come aveva sempre fatto.

«Dio mio, che cosa ho fatto di sbagliato per avere una figlia stupida come te? Devi imparare a crescere! Sei una donna oramai, hai venticinque anni e ancora non riesci a guardarmi negli occhi e sostenere un discorso! Continui a dire che sono il padre peggiore del mondo, che sono un mostro, che ti ho tolto i tuoi sogni e altre cazzate varie! Ti sei mai guardata allo specchio e hai mai pensato che persona difficile ho dovuto crescere?» alzó la voce in mezzo alla strada, poco gli importava se alcuni passanti o vicini lo sentissero. Lo faceva andare fuori di testa il comportamento della figlia sempre menefreghista e lo faceva arrabbiare il fatto che volesse far passare lui come il cattivo, mentre aveva sempre voluto il meglio per la ragazza.

«Non sono stupida.» mormoró a voce bassa guardandosi i piedi, la sua mano stringeva forte la maniglia della porta e quasi cercava di staccarla per potergliela dare in testa e avere almeno quella soddisfazione, ma non riusciva neanche a trovare il coraggio per sbattergli la porta in faccia.

«Oh, sì che lo sei, dannazione!» alzó di nuovo la voce sbattendo la mano sulla porta, per poi appoggiarcisi e guardarla dall'alto. «Una stupida ragazzina che crede ancora nei sogni delle favole, piuttosto che guardare la realtà e capire che io non ti faccio degli stupidi giochetti mentali, come sei andata a raccontare alle tue amiche o al tuo nuovo passatempo, ma ti dico le cose come stanno. E la questione è solo una, figlia mia, ovvero che per quanto ti suoni strano, io voglio il meglio per te e per quanto possa essere grande ció che hai messo in piedi è solo uno stupido sogno che nel giro di qualche anno sarà solo da prendere e da buttare. E pensare che hai investito tutti i miei soldi, perchè ricordati Indiana che tutto ció che hai costruito è stato reso possibile dai miei soldi, mi fa andare fuori di testa.»

«Che cosa vuoi, mh? Soldi? Li rivuoi indietro? Se è questo il prezzo da pagare per farti stare alla larga da me, vado a prendere il libretto degli assegni!» lacrime amare iniziarono a sgorgare dai suoi occhi; non era giusto. Non se lo meritava. Un cuore così puro frutto di un cuore tanto malvagio.

«Come se avessi tutti quei soldi...» Ian si mise a ridacchiare per prenderla in giro, portó le mani in tasca mentre le lacrime amare di sua figlia non gli facevano nessun effetto. Tantomeno sapere che quelle lacrime erano opera sua.

«Sei venuto qui a risolvere la situazione o a sminuirmi come sempre? Hai ragione, non sono un chirurgo, non guadagno milioni di dollari l'anno, nel mio conto in banca non ci sono tutti i soldi per ripagarti, ma ho un mio lavoro che mi fa vivere dignitosamente e non è solo uno stupido sogno! Forse una volta poteva definirsi tale, ma io l'ho trasformato nel mio lavoro!» trovó il coraggio di alzare la voce per svuotare tutta la sua frustrazione, era stanca di sentirsi sempre sminuita quando si era fatta in quattro per creare un suo impero personale di cui essere fieri. Trovó anche il coraggio di prendere la porta e chiuderla, ma lui la bloccó prima che ció potesse accadere: la spalancó di nuovo e, serio come non mai, le prese il braccio con forza per non permetterle di allontanarsi e costringerla ad ascoltare attentamente le sue parole.

«Non essere più una ragazzina che va a scuola senza i soldi chiesti al proprio paparino non ti permette di trattarmi come una pezza da piedi. Sei sempre stata il mio primo pensiero, nonostante io non avrei mai voluto avere un figlio! Ho sopportato ogni singolo capriccio, ogni singola richiesta, ogni singola stupida cosa che uscisse dalla tua bocca, per poi? Sentirmi dire di essere il padre peggiore del mondo dalla stessa persona che ha rovinato il mio matrimonio.»

La presa stretta sul polso di Ana non era più così tanto fastidiosa tanto quando il ribrezzo lancinante che provava in quel momento; in meno di dieci secondi suo padre le aveva confessato che era stata un regalo indesiderato e che la considerava la causa della fine del suo matrimonio. Non aveva più parole per descrivere cosa provava per quell'uomo, se una volta aveva un minimo di speranza sul loro rapporto, in quel momento lui l'aveva distrutta completamente.
Continuava a chiedersi come fosse possibile che fossero padre e figlia; l'odio e l'amore, il bene e il male, il sole e la luna, la notte e il giorno.
Quelle parole la buttarono giù così tanto che non aveva neanche più la forza di dimenarsi dalla sua presa o di trattenere le lacrime. La speranza era caduta e la realtá si prostrava ai suoi occhi: suo padre era un mostro.

«Io credo che sia meglio per lei lasciarla immediatamente.» Joe era sceso dalla sua macchina, le mani strette in due pugni nel cappotto e la mascella tesa. La rabbia che giá aveva nel petto per colpa della precedente litigata aumentava sempre di più al pensiero che qualcuno potesse toccare in quel modo in primis, una sua amica, ma anche una donna.

«Joe... Che... Che ci fai qui?» alcune lacrime rigavano il volto di Ana, era impossibile provare a nasconderle nonostante ci avesse provato con tutte le forze, ma l'avanzare di Joe verso di lei la indusse a singhiozzare appena e ad nascondersi dietro alle spalle larghe dell'uomo che si era sovrapposto tra i due.

«Io sono il padre di Indiana, lei immagino sia uno di quelli che fanno parte della nuova e bizzarra compagnia di mia figlia.» si sistemó sul posto, senza lasciarsi intimorire dalla stazza del samoano.

«Beh, signor Taylor, mi dispiace fare la sua conoscenza in questo modo, ma...» s'interruppe qualche secondo per voltarsi a guardare Ana, che ricambió lo sguardo così intensamente da fargli comprendere ogni cosa, quasi sembrava pregarlo di mandare via quell'uomo e lui ci provó. «... Penso che dovrebbe andarsene ora.»

«Io penso che invece sia lei a doversene andare dato che stavo parlando con m-...» Ian non era il tipo da farsi mettere i piedi in testa e lo dimostrò, ma Joe non era il tipo da abbandonare gli amici nel momento del bisogno. E Ana ormai faceva parte della sua famiglia.

«Non mi sembrava che stesse parlando, anzi. Ho paura di sapere cosa sarebbe successo se non fossi arrivato io, onestamente.» lo affrontó non curante delle possibili conseguenze, non avrebbe lasciato la ragazza in balia di quell'uomo. Il suo sguardo triste era impresso nella sua mente. «E penso che dovrebbe anche considerarsi fortunato che sia arrivato io e non... Qualcun altro.»

«Joe...» Ana lasció andare un colpo di tosse, guardó suo padre per un secondo, ma riabbassó lo sguardo immediatamente; era troppo per mantenerlo. «Sta' tranquillo, va tutto bene...» poggió una mano sul suo braccio come se avesse paura della sua reazione, gli sembrava strano in quel momento. Doveva essere successo qualcosa oppure era solamente la situazione di Daphne, ma era visibilmente arrabbiato tanto che sembrava volesse prendere a pugni qualunque cosa gli capitasse davanti.

E come se non bastasse, la sua attenzione venne attirata dal rombo tuonante di una moto scura, tanto quanto lo sguardo dell'uomo che si sfilò poco elegantemente il casco e si diresse verso di loro con gli occhi azzurri che furono capaci di farla tremare dentro. Anche Joe notò la sua figura minacciosa avanzare verso di loro e con un ghigno complice di chissà quale malefatta, si rivolse al padre della ragazza con un'insolita sfacciataggine ed un cenno del capo.

«Dillo a lui che va tutto bene.»

Finn odiava quella situazione: uno dei suoi migliori amici era completamente distrutto e lui non poteva fare nulla. Ed anche Indiana... Aveva provato a tranquillizzarla in tutti i modi possibili, aveva provato a portarla fuori a cena, a guardare un film con lei, ma tutto ció che aveva ricevuto era stato il suo sguardo triste e le sue lacrime che le avevano rigato il volto. Risultato? Non sapeva come fare con nessuno dei due. La sera prima non era riuscito a lasciarla da sola, lei gli aveva detto di stare tranquillo e che poteva andare a casa, ma non l'avrebbe mai fatto. Quello sguardo che gli spezzava il cuore non era riuscito neanche a farlo arrivare alla porta, l'aveva stretta a sé tutta la notte, si era persino addormentato tardi per aspettare che lei chiudesse gli occhi e dormisse tranquilla. La mattina era dovuto correre a fare riabilitazione, non aveva potuto annullare la seduta con così poco preavviso. L'aveva lasciata ancora a dormire stretta tra le coperte e si era ritrovato dopo un'ora un suo messaggio dove gli diceva che sarebbe stata a casa tutto il giorno.
Ed era lì che era diretto in quel momento; sarebbe voluto andare anche da Jon, ma sapeva che Lily e Colby l'avevano già raggiunto e che quindi non sarebbe stato solo ad affrontare l'inferno.

Lo stesso che gli si manifestò non appena posteggiò la moto davanti a casa sua e il suo primo e unico pensiero fu rivolto ad Ana: ancora Ian. Sentì la rabbia fare capolinea nel petto, l'ultima cosa di cui aveva bisogno lei in quel momento era quel mostro. Scese dalla moto velocemente e si tolse il casco per vedere tutti gli sguardi dei presenti su di lui; non potè non notare Joe, si chiese cosa ci facesse lì in quel momento, ma non ci fece troppo caso all'amico se non alle lacrime di Ana che sgorgavano ancora dai suoi occhi. Serrò la mascella a vedere di nuovo quell'uomo guardarlo con quell'aria di superiorità che lo mandava in bestia... Se solo fosse arrivato qualche minuto prima forse avrebbe potuto evitare di far star male Indiana ancora. Aveva visto quell'uomo solo una volta e gli era bastato per capire che era un presenza tossica per lei e doveva starle alla larga. Aveva promesso a se stesso di proteggerla ed era stanco di vederla star male per quell'uomo che non si meritava neanche un piccolo pensiero da parte sua. E si diresse serio proprio verso la porta d'entrata, il suo obbiettivo non si era mosso di un millimetro se non per il formarsi di un ghigno sfacciato sul volto.
Ana intercettò la scia del suo sguardo e subito scattò sull'attenti, superando Joe velocemente e correndo per mettersi davanti al suo fidanzato. Gli poggiò le mani sul petto e lo pregò con gli occhi di rimanere fermo e di non fare cose di cui avrebbe potuto pentirsi.

«No, Indiana, stai pure tranquilla, non bloccarlo. Che venga pure qui.» la voce di Ian arrivò diretta a tutti i presenti, ottenendo un'occhiata infuocata di Finn, che non distolse il suo sguardo da quello di lui nemmeno quando raccolse una lacrima dal volto della ragazza.

«Va' in casa, Ana... Questa volta per davvero.» le mormorò, lasciandole un dolce bacio sulla fronte per provare a calmarla. Un gesto che valeva più di mille parole.

«Non scomodatevi. Io me ne vado.» quel momento venne interrotto dal diavolo in questione, iniziò a scendere gli scalini e dirigersi verso la sua macchina, ma Finn fece subito un gesto d'intesa a Joe e imperseverito continuò a parlare.

«Se ne va per sempre, però.» quest'ultima frase costrinse il padre della ragazza a girare i tacchi ancora una volta e mostrare le labbra piegate da un ghigno spietato. Quello che costrinse il moro a stringere forte i pugni per trattenersi dal tirargliene uno e rispedirlo in ospedale. «Deve lasciarla stare. E questa sarà l'ultima avvertimento dal quale ne uscirà indenne.» sentì le dita di lei stringergli la spalla solo qualche secondo, certo che Joe l'avesse tirata indietro per non rischiare di ferirla ulteriormente.

«Io non capisco perchè continui a reagire così per lei, ragazzo.» scosse il capo, era pronto per lanciare un'altra freccia dritta nel cuore di sua figlia. «Non che mi importi di quello che fai nella vita, ma non riesco a capire come uno come te possa rovinarsi la vita stando accanto a una come lei.» la indicò con un dito e a lei quasi le mancò il respiro.

Joe fece un passo avanti con una smorfia dipinta in viso, non riusciva a capire come osava trattare così colei che dovrebbe essere la gioia più grande della sua vita. Non riusciva a capacitarsi di quanto richiamasse le perfidie della stessa madre di Daphne e tutto ciò che bloccò la sua ascesa contro di lui fu lo sguardo perso di Ana che guardava il padre con il vuoto nel cuore; aveva lanciato l'ultima freccia che l'aveva distrutta e lui parve risentire il suo stesso dolore. Quelle ragazze erano entrate nella sua piccola famiglia, quella che mai a nessuno avrebbe permesso di toccare nemmeno con un dito e fu quel pensiero a indurlo ad afferrarle le spalle saldamente per stringerla in un abbraccio in cui lei sprofondò completamente, al sicuro.

«Rovina ogni cosa che tocca. Come ho detto prima, non mi interessa niente di te, ma penso meriti di meglio di una mocciosa, imbranata con i suoi stupidi sogni che l'hanno portata ad essere zoppa a venticinque anni.» sputò con rancore celato dalla vendetta contro una figlia ingrata, quella che tentava in tutti i modi di non ascoltare ancora. «Rovinerà anche la tua vi-..»

La bestia che aveva preso possesso del corpo di Finn lo costrinse a tirargli un pugno così forte da farlo sanguinare all'istante. Poteva sentire la furia indurre il proprio petto ad alzarsi e abbassarsi in modo fin troppo veloce, seguendo il respiro accelerato che aveva accompagnato un ringhio dal tono spaventoso e senza controllo. Ogni parola contro quella ragazza dagli occhi così dolci gli aveva fatto rivoltare lo stomaco, ogni freccia lanciata contro il suo cuore già fin troppo sanguinante aveva ferito anche lui, ma se Indiana non aveva la forza di reagire, l'avrebbe fatto al posto suo e con tutta la forza che aveva in corpo.

«Finn!» fu Joe a reagire per primo, lasciando che la mora indietreggiasse impaurita e tentando immediatamente di afferrare l'amico per le spalle.

L'irlandese aveva afferrato Ian Taylor per il colletto della camicia e l'aveva sbattuto con forza contro l'albero a pochi passi da loro; le iridi azzurre iniettate di sangue, le vene sporgenti sulla fronte e la potenza che stava usando nel bloccarlo, davano la perfetta visuale di un uomo senza più la ragione al comando. Aveva ascoltato fin troppo, aveva visto soffrire la sua amata troppe volte e quel cuore gentile non meritava alcun male. Perdere un genitore di quel genere sarebbe stato superfluo per la vita felice che lui, e solo lui, le avrebbe regalato. Avrebbe potuto vantarsi di avere così tante persone che l'amavano che suo padre sarebbe stato solo un lontano ricordo sbiadito dalla nostalgia.

«Amico, calmati. Vuoi per caso finire nei guai?!» Joe provò a calmarlo, invano. Sapeva che l'amico aveva tutte le ragioni per reagire in quel modo, sapeva che avrebbe probabilmente fatto lo stesso al suo posto, ma non voleva che la situazione precipitasse.

«Come osi solo pensare di poterle parlare in questo modo? Dovrebbe essere la cosa più importante della tua patetica vita! Tu non la meriti! Sei solo uno schifoso, mi dai il voltastomaco ed evita di darmi consigli di vita. Non ti devi preoccupare per me... Io amerò per il resto dei miei giorni la splendida persona che é quella donna, non grazie a te.» subito dopo aver finito di parlare, lo lasciò andare allontanandosi di qualche passo. Poté sentire i passi leggeri di Ana dietro di lui, la sua piccola mano poggiata sulla schiena e i suoi singhiozzi sempre presenti.

«Siete solo una banda di ingrati senza rispetto...» Ian si sistemò l'abito, sfiorandosi con le dita il punto colpito. «Aspetterò il giorno in cui scoprirai che ho ragione con molta ansia.» dopo aver portato lo sguardo sui tre davanti a lui, soffermandosi di più su Ana, non perse altro tempo e salì nella propria auto per sfrecciare a tutta velocità tra le strade di Boston.

Solo quando fu sicuro di vederlo sparire, Finn, si girò verso la sua ragazza e quando lei gli avvinghiò le braccia al collo, lui non fece altro che stringerla più forte. Non riusciva a calmarsi, tutto quello era troppo per lei, tutto quell'odio e quella rabbia erano un incubo da cui non riusciva ad uscire.

«Ana...» Joe si avvicinò alla coppia e, al sentirlo nominarla, si staccò dal petto dell'uomo e guardò il samoano in volto. «Lascia che ti parli da padre di una bambina; per quanto possa fare male saperlo, questo non è il rapporto che dovresti avere con tuo padre. È tossico. Non va bene e non va bene lui, io impazzirei se solo qualcuno riuscisse a dire certe cose a Jojo, figurati se fossi io a dirgliele! Questo non è amore, Ana... E questo odio non ti fa bene! In questo momento una persona del genere è l'ultima cosa che ti serve. Devi lasciarlo perdere perchè la ferita che ti ha lasciato sul cuore non si può risanare, ma non per colpa tua. Tu sei fin troppo buona.» fu naturale per lui dirle ciò che pensava veramente; nonostante facesse male, doveva allontanarlo da lei. Gli si strinse il cuore a vederla così piccola tra le braccia di Finn quando era abituato a vederla sempre sorridente e così piena di vita.

«Grazie, Joe.» mormorò a voce bassa e si staccò da Finn solo per buttarsi tra le sue braccia.

Sapeva che aveva ragione. Doveva lasciarlo andare, doveva riprendersi la sua Daphne, vivere con le sue amiche e i suoi nuovi amici una vita tranquilla, sapeva chi fossero le persone che la amavano nella vita.
E la persona che l'amava più di tutti era proprio dietro di sé. Le aveva promesso un sacco di volte la protezione da ogni male che veniva per nuocerle la felicità ed aveva mantenuto la propria parola. Mai più avrebbe permesso che qualcuno facesse del male ad un animo così puro, quello che si perse ad osservare con gli occhi velati d'amore fin troppo chiaro e limpido. L'amava con tutto se stesso, con ogni fibra del suo corpo che non faceva altro che richiedere lei e nessun'altra. L'avrebbe protetta sempre, avrebbe combattuto mille guerre per assicurarle il sorriso e tutto quello lo avrebbe fatto per il resto dei suoi giorni.

**

Ramsey era tornato subito allo studio di registrazione, non si sarebbe mai immaginato quell'incontro a casa di Allison e non aveva intenzione di rimanere lì a fare il terzo incomodo. Aveva preferito tornare al lavoro, anche se da solo, per provare a non sprecare l'intero pomeriggio a causa dell'assenza della cantante. Si era seduto davanti al computer a riascoltare quelle registrazioni; aveva chiuso gli occhi e cercato di trovare anche solo un difetto da correggere, ma gli sembrò impossibile, adorava la voce di quell'angelo dalle fattezze diafane, era a dir poco perfetta per quello che scriveva e cantava. Avrebbe potuto starsene per sempre lì a sentirla sfoggiare ogni nota ed emozione, ma fu proprio la diretta interessata ad interrompere quel rituale.

«Ehy, che ci fai qui?» il suo cuore perse un battito dallo spavento, non aspettava nessuno, tanto meno la ragazza che l'aveva accompagnato alla porta non molto tempo prima.

«Mi dispiace non essere venuta questa mattina e averti fatto scomodare a tal punto da venire a casa mia.» nel pronunciare quelle parole si sentì ancora di più una bambina. Nonostante tutto, quello non era solo il suo sogno, ma era anche lavoro e la sua vita. E per quanto incentrata in ogni sua canzone, non poteva allontanarla da esso.

Parlare con Joe l'aveva distrutta, non aveva nessuna intenzione di starsene chiusa in casa a rimuginare su tutto, su quella strana cattiveria. Voleva anche scusarsi con Ramsey per averlo quasi cacciato all'arrivo del samoano e dovette ammettere che quel suo pensare continuamente male di lui le faceva male, in un certo senso voleva confermargli che non era così, voleva dimostrare anche a se stessa che il moretto che si ritrovava davanti ormai quasi ogni giorno era un buon amico e un ottimo collega.

«Sei sicura che sia solo questo?» le chiese notando il suo naso rosso come quello di una renna e i suoi occhi segnati dal pianto. Gli dispiaceva vederla in quello stato, non sapeva cosa le era successo, ma era certo che l'aveva fatta soffrire lui, altrimenti non si spiegava quella sua situazione. E la mora non rispose, quella domanda era arrivata nel momento meno adeguato e sentiva le sue lacrime sforzarsi ancora una volta per non scendere, senza successo.

«No, no... Perdonami. Vieni qui.» rifiutandosi di vederla nuovamente piangere la invitò tra le sue braccia per trasmetterle un po' di calore che, probabilmente, non le sarebbe mai bastato viste le sue condizioni, ma se non altro l'avrebbe calmata.

Non se lo fece ripetere due volte, si catapultò tra le sue braccia e lo strinse forte a sé, come fece anche lui. Non capiva in quel momento più che mai la riluttanza di Joe nei confronti di Ramsey, era sempre così buono con lei e se l'essere buoni stava a significare avere un secondo fine lei non si sentiva più parte di quel mondo. Aveva odiato con tutta se stessa le parole che lui le aveva rivolto, e tra tutte anche la sua mancanza di fiducia l'aveva uccisa come poche volte nella vita. Quella tra tante... Il solo pensiero di sentirsi un peso opprimente per lui le aveva tolto ogni tentativo di respirare in modo normale ed il cuore si era fermato per istanti che le erano sembrati a tratti infiniti.

«É che Joe... Lui è stato così strano prima. Non riuscivo a riconoscerlo più. Poi c'è Daphne, Jon e Lily... Oh Lily.» parlò così a raffica che dovette riprendere fiato subito dopo aver parlato. Non voleva trasformare quel pomeriggio in un confessionale e non voleva tanto meno scaricare su di lui i propri problemi, ma era più forte di lei parlare in quel momento.

«Cosa è successo con Joe?» chiese come primaria necessità.

«Credo che... Mi abbia lasciata, non lo so, sono molto confusa a riguardo.» si staccarono entrambi da quell'abbraccio per sedersi sulle due poltrone della sala. «Sembro essere un problema per lui, un problema a cui non c'é soluzione. E inoltre non si fida di me, come può non farlo? Io non mi sognerei mai di fargli del male.» disse scuotendo la testa e tirando su con il naso.

«E Daphne? Le tue amiche?» senza saperlo aveva inserito ancora di più il dito nella piaga. Con tutta quella situazione la ragazza aveva quasi messo da parte la fuga improvvisa della sua migliore amica, che in quel momento la colpì come un fiume in piena.

«Non voglio essere scortese, fai sempre tanto per me e sei sempre così gentile ma di questo non vorrei parlarne, ti prego.» suonò come un implorazione e probabilmente lo era, era davvero arrivata a tanto per soffrire di meno.

«Con me puoi stare tranquilla, Ally.» la rassicurò ulteriormente, allungando una mano sul suo ginocchio che tremò appena a quel contatto. Era così visibilmente debole. Voleva trovare un modo per migliorare la situazione, ma l'unica cosa che gli venne in mente era probabilmente un rischio. «Ho un idea! Perchè non ci invertiamo i ruoli oggi?» le propose, alzandosi in piedi e muovendosi nella direzione della piccola sala incisione.

«Come?» si voltò per seguire i suoi spostamenti.

«Beh, mi hai sempre detto che i cantanti non possono cantare dopo aver pianto e quindi dovrai registrare me.» i suoi occhi si erano illuminati e questo probabilmente influenzò la risposta della mora.

«Vuoi davvero far rompere qualche vetro?» per la prima volta in quella giornata pesante parve ironizzare e lui si finse offeso quando entrò nella cabina, con tanto di smorfia e aria da snob.

«Si prepari a vedere chi ha davvero talento all'opera, mia cara.» con un gesto le fece segno di far partire una delle tracce.

Allison rise, rise per davvero, e assecondò quella sua sceneggiata. Dovette stringere i denti in vari parti del brano, la sua voce non era esattamente quella di un canarino e aveva davvero paura che i vetri insonorizzati si sarebbero spaccati prima o poi. Rise per tutto il resto della giornata e prima di tornare a casa riuscì anche a ritrovare la voce per registrare lei una canzone, momento nel quale il clima si rasserenò decisamente sia fuori che dentro di lei, ma tutto durò così poco. Pensò di nuovo a Joe e poi a Lily, doveva passare da lei, doveva vedere come stava; sopratutto pensò nuovamente a Daphne, non che avesse mai smesso di farlo, ma era un fatto romai certo che la sua assenza si stava facendo sentire più della presenza di chiunque altro, ma quello non volle farlo vedere a Ramsey che si stava impegnando così tanto per lei. Almeno lui.

_Angolo Autrici_

Ci scusiamo tantissimo per il ritardo, ma purtroppo, gli impegni che l'autunno porta con se colpiscono anche noi! Ma questo è un capitolo molto scoppiettante!

Da una parte abbiamo Joe e Ally! La loro prima litigata, e non è finita molto bene... Chi ha ragione secondo voi? Ally si meritava quel trattamento? E di Ramsey?

Ma dall'altra parte Joe è stato molto d'aiuto per la nostra Ana; Ian è tornato, per nuocerla ancora! Il cuore già spezzato di Ana a causa di Daphne viene distrutto completamente dal padre! Ci pensa Finn però a difenderla e diciamocelo... Vogliamo tutte un Finn così nella vita, non dite le bugie, mi raccomando!! XD

Ci rivediamo martedi prossimo per un altro scoppiettante capitolo! Consiglio? Preparate i fazzoletti!

Ps: andate a seguirci sulla nostra pagina Instagram @_FourCrazyMinds_ per rimanere aggiornati su tutta la storia e vedere contenuti... Carini. Se mi capite. :)

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- _BelieveThat_

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