Il mio adorabile rimpianto

By silvi1096

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Sequel de "Il mio adorabile vicino di casa". Una notte, mille ricordi, un solo rimpianto. Danny Owen, l'unic... More

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Epilogo
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Capitolo 8

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By silvi1096

Savannah's pov

Sono le nove del mattino di un normale venerdì, quando ad un tratto sento bussare alla porta della mia stanza. Leah e Ryan stanno ancora dormendo, così tocca a me alzarmi e andare a controllare. Non rimango sorpresa nel trovare mia madre, con le braccia incrociate e un'espressione triste in volto. 

"Buongiorno, Savannah, hai un momento?" I suoi occhi mi stanno letteralmente supplicando di seguirla. 

Annuisco, e a piedi scalzi la seguo fino in cucina. Una sensazione simile allo stupore mi attraversa il corpo non appena il mio sguardo si posa su una figura interamente vestita di rosa, al centro della stanza. D'istinto, alzo una mano nella sua direzione, in segno di saluto. Liz, invece, si precipita ad abbracciarmi. Quel contatto richiama in me brutti ricordi. A Liz piaceva Cameron, lo stesso Cameron che ha approfittato della mia amicizia per colpire Danny. Non ricambio l'abbraccio, e Liz sembra accorgersene. Si ritrae all'istante, i suoi occhi parlano chiaro. 

"Come stai?" mi chiede, dopo avermi osservato in silenzio per chissà quanto tempo. 

"Sto." Sarebbe inutile mentire, tutti a Sandown sanno di Cameron e di quello che è stato capace di farmi. 

"Sono venuta qui per chiederti una cosa." I suoi occhi passano da me  a mia madre, come se stesse aspettando una qualche conferma da parte sua. 

"Liz è venuta a chiederti se ti andrebbe di passare il fine settimana a casa sua, con lei e le vostre amiche." Fa un passo avanti, la sua mano scivola sulla mia spalla, un gesto materno per nulla indesiderato. "Secondo me, dovresti accettare il suo invito. Potrebbe essere una bella occasione per..."

"Non lo so." la blocco. " Non credo che una festa possa fare al caso mio, non in questo momento perlomeno. "

Gli occhi di mamma diventano lucidi, sta per mettersi a piangere ed è tutta colpa mia. Le sue lacrime sono colme di dolore, lo stesso dolore che speravo di non dover più rivedere nei suoi occhi. Mi sento in trappola. Se rifiuto, mia madre non me lo perdonerà mai. Se invece dovessi accettare, finirei con il non perdonare me stessa. 

"Ti prego, Savannah." continua Liz. "Ci saranno anche Cassidy e Avery, oltre alla nuova ragazza di Danny. Saremo soltanto noi, un pigiama party per ricordare i vecchi tempi." 

Come faccio a spiegarle che il problema sta proprio nella parola passato? I ricordi mi impediscono di accettare, solo il pensiero di dover rivivere il passato mi fa precipitare in un abisso di disperazione. Le parole della dottoressa Jane mi sono state di conforto, ma i miracoli non esistono. Voglio ritornare a vivere, a sorridere, ma per farlo devo prima passare dall'inferno. 

Sto per rifiutare definitivamente, quando un altro pensiero mi attraversa la mente. "La nuova ragazza di Danny... Intendi Mavis?"

Liz annuisce. 

"Perché hai invitato anche lei?" Non voglio sembrare cattiva, Mavis è arrivata nella vita di Danny al momento giusto, eppure non riesco ad essere felice per loro. 

"Perché è nuova qui a Sandown e non conosce nessuno, a parte noi. Inoltre, speravo di farvi incontrare. È una brava ragazza, Savannah, e quello che è successo tra te e Danny non ha nulla a che vedere con lei." 

Tutti si ostinano a collegare il mio dolore alla rottura con Danny, non si soffermano neanche per un minuto a pensare a me e alla ferite psicologiche che una violenza carnale è in grado di infliggere. Eppure sono qui, davanti a lei, con gli occhi colmi di sofferenza e di odio verso me stessa. 

"Pensi davvero che la rottura con Danny c'entri qualcosa con il mio rifiuto?" le domando, non ottenendo però risposta. "Pensavo fossi mia amica, invece mi sbagliavo." Detto ciò, le volto le spalle  e vado via. 

Mia madre prova a chiamarmi, ma inutilmente. Mi sento profondamente offesa. Cassidy e Lawrence, insieme a Leah e Ryan, sono stati gli unici a supportarmi e a capire quello che effettivamente stava succedendo dentro la mia testa. Liz, invece, ha tratto le sue conclusioni, senza pensare a me. È vero, ho allontanato lei e tutti gli altri, per paura, però non merito di essere trattata come una stupida ragazzina che non è in grado di stare nella stessa stanza con la nuova ragazza del suo ex. 

"Savannah, aspetta..." una mano mi afferra il polso, impedendomi di raggiungere camera mia. 

"Cosa vuoi ancora?" rispondo, senza voltarmi a guardarla.

"Voglio chiederti scusa." sussurra a bassa voce. "Sono stata una stupida, sappi che non penso quello che ho detto poco fa. Il tuo dolore non c'entra nulla con Danny e con la vostra relazione, mi dispiace anche soltanto averlo pensato." mi strattona delicatamente, come per supplicarmi di guardarla negli occhi. 

Mi volto, controvoglia, e lei continua con il suo discorso. "Non so cosa si prova ad essere violentate e sinceramente spero di non doverlo mai sapere. Quello che so è che hai bisogno dei tuoi amici, delle persone che ti vogliono bene. Ed io te ne voglio, parecchio. Quindi, per favore, accetta la mia proposta, sono sicura che non te ne pentirai."

È facile scusarsi, quando si ha il cuore libero da ogni sorta di dolore. È facile fingere di aver detto le parole sbagliate, soltanto per ottenere qualcosa. Purtroppo per lei io non sono così, non ho bisogno di fingere. E non ho neanche bisogno di passare il fine settimana in gran compagnia. A me basta rimanere insieme a Leah e Ryan, tutto qui.

"Avresti accettato se a chiedertelo fosse stato Lawrence e non io?" domanda ad un tratto, cambiando improvvisamente tono di voce. 

Non ho bisogno di pensarci per sapere la risposta. "Si, avrei accettato di passare il fine settimana con lui, senza esitazioni o eventuali ripensamenti. Lui mi è sempre rimasto accanto, a differenza di altri." Mi libero dalla sua presa e ritorno in camera. Quando sentono la porta sbattere, i miei amici corrono ad abbracciarmi. 

"Ehi, va tutto bene?" Leah ha la voce impastata dal sonno, e gli occhi leggermente gonfi. Nonostante ciò, non ha esitato a catapultarsi fuori dalle coperte per accorrere in mio soccorso.

"Adesso che sono tra le vostre braccia, si." 

Due ore dopo sto aiutando mia madre a cucinare una torta, la preferita di papà. È passato tanto tempo dall'ultima volta che ne abbiamo preparato una insieme.

"Liz mi ha chiesto di dirti che le dispiace e che l'invito è ancora valido."

La guardo, stanca di ricominciare a parlare di Liz e del pigiama party. "Mamma, per favore, non ricominciare."

"Ma tesoro, almeno promettimi che ci penserai. Sono le tue amiche, non delle estranee." cerca di convincermi, inutilmente.

Ho preso la mia decisione e difficilmente cambierò idea. In più, oggi pomeriggio ho appuntamento con la dottoressa Jane, un'ora fa le ho chiamato per chiederle di anticipare la seduta e lei ha accettato.
Ho bisogno di sfogarmi con una persona del tutto estranea ai fatti. Parlare mi farà bene, ne sono convinta.

"No, mamma. Mi dispiace."

Mia madre non demorde, i suoi occhi si illuminano di una strana luce. "Liz ha detto che l'invito è valido anche per Leah, quindi non saresti da sola, tesoro. Sono sicura che a lei farebbe molto piacere partecipare."

Come se non lo sapessi già. Leah ama i pigiama party e soprattutto ama fare amicizia. Lei non è come me, ero io ad essere come lei tempo fa.
"Le parlerò, mamma." rispondo, con la speranza di poter mettere fine alla conversazione.
Sono stufa di sentirmi dire quello che devo o non devo fare, so decidere con la mia testa.

🔸🔶🔸🔶🔸


Mi accomodo sulla poltrona di fronte la scrivania, in attesa che la dottoressa Jane faccia lo stesso.
Due minuti dopo, i suoi occhi mi incitano silenziosamente a raccontarle i miei pensieri più reconditi.
E così faccio, senza prendere fiato, per circa mezz'ora.
Le racconto delle mie riflessioni su Cameron e dell'amore che, da sempre, provo per Danny. Le racconto dei miei amici e pure di Liz e della sua inaspettata proposta.
La dottoressa rimane in ascolto, non si prende nemmeno la briga di interrompermi.

Una volta finito di raccontare, le pongo la domanda che da stamattina non fa altro che intasare il mio cervello.
"Secondo lei, avrei dovuto accettare la sua proposta?"

"Non lo so, soltanto tu sai la risposta." Sospira, prima di continuare. "Vedi, Savannah, come ti ho già detto, per ricominciare a vivere devi volerlo veramente tanto e rifiutare delle opportunità così importanti non sempre aiuta. Però, se tu ritieni di aver preso la decisione giusta, deve essere sicuramente così."

"Non sono pronta, ho troppa paura di essere giudicata." Ecco, l'ho detto.
La paura non fa altro che divorarmi, da mesi ormai. 

"Perché dovrebbero?" si limita a domandare, le spalle dritte e gli occhi puntati su di me. 

Perché sono un mostro. "Per via di quello che mi è successo." rispondo, invece. Non è un bene tenersi dentro ciò che realmente si pensa di se stessi, eppure mi sembra la soluzione migliore al momento. 

"Non dire stupidaggini, Savannah. Tutti, in un modo o nell'altro siamo portati a giudicare, ad avere pregiudizi. Prendi te, per esempio. Stai giudicando il modo di pensare altrui, finendo col giudicare te stessa. A mio avviso, dovresti smetterla per un momento di guardarti intorno, di pensare al giudizio degli altri. Dovresti imparare a pensare più a te stessa, a fregartene di quello che pensa la gente. "

"E se non ne fossi capace?" sussurro, le mani strette in grembo. " E se la nuova ragazza di Danny..." non completo la frase, non ne ho la forza. 

"Mavis non ti giudicherà." afferma decisa la dottoressa Jane. " E se anche dovesse farlo, basterà non prestare ascolto alle sue parole." 

Facile a dirsi, un po' a meno a metterlo in atto. Non sono capace di non dare peso al giudizio della gente, sono fatta così e non credo di poter cambiare. "No, mi dispiace dottoressa. Mi sta chiedendo l'impossibile."

"Perché il giudizio dei tuoi amici ti spaventa così tanto?"

"Loro non sanno cosa si prova a star male, a star male davvero. Non sanno cosa si prova a dover subire una violenza, a dover rimanere in silenzio. Non sanno cosa significa guardarsi allo specchio e non riconoscersi più, non per via dei lividi, bensì per colpa di quelle ferite invisibili del cuore. Non sanno un bel niente, quello che sanno è che..." Una vergine non lo è più, e un'anima è stata plagiata per sempre.

"Allora prova a spiegarglielo tu, prova a rendere i tuoi amici partecipi del tuo dolore. Non sempre la solitudine è la soluzione ai nostri problemi. A volte, per stare meglio, bisogna lasciarsi andare al dolore, accoglierlo, e non combatterlo come invece ti stai ostinando a fare."

"Non posso raccontare ai miei amici di quella notte, non a tutti almeno. Molti non capirebbero. Dietro a quel gesto meschino si nasconde una mente malata, una vendetta senza senso. Ed io mi sento in colpa, avrei dovuto intuire il pericolo invece non l'ho fatto. Mi sono fidata di Cameron e ho..."

Mi blocco, incapace di pronunciare ad alta voce quelle parole. Lei non deve saperlo, non sopporterei di essere guardata in maniera diversa da parte sua.

"Meritato di ricevere un simile trattamento?" La dottoressa Jane mi stupisce, finendo la frase al posto mio. È stata capace di centrare in pieno il mio stato d'animo, e non so se è un bene o un male.

"Si, ho meritato ogni singolo schiaffo e... Sono stata io a far entrare Cameron nella mia vita, e sono stata sempre io a legarmi a lui a tal punto da non poter fare a meno della sua presenza. Quello è che successo, in parte è anche colpa mia."

Osservo la dottoressa scuotere la testa, mentre sul viso le compare un sorriso dolce, comprensivo. "Non devi sentirti in colpa, Savannah. Niente di tutto quello che è successo è colpa tua. Non si conosce il destino, nessuno avrebbe potuto prevedere una simile reazione da parte loro. Quindi non farlo, per favore, non sentirti in colpa per qualcosa che non eri in grado di controllare."

"Il mio cuore è pieno di rabbia nei suoi confronti, dottoressa, di odio verso me stessa. Non so davvero come fare per smettere di provare simili sensazioni."

La stanza in cui ci troviamo viene invasa da un silenzio assordante, il mio cuore inizia a battere leggermente più veloce mentre aspetto la sua risposta. Temo la sua reazione, anche se so di non doverlo fare. Lei è una psicologa, non giudica le persone come invece fa il resto del mondo. Lei le aiuta.

"Vorrei poterti dire che certe sensazioni passeranno col tempo, ma finirei col dire una bugia. Non si può cancellare il passato, Savannah, una parte di te rimarrà per sempre ancorata a quel giorno, a quelle mani su di te. Quello che puoi fare, tuttavia, è rendere il dolore il tuo punto di forza. Fare in modo che quelle stesse mani non abbiano più lo stesso effetto su di te. " Fa una pausa, durante la quale si alza e viene a sedersi al mio fianco.

Afferra la mia mano, ed io istintivamente gliela stringo. Ho bisogno di quel contatto, così come ho bisogno di sentirmi dire parole di conforto. "Ricordare non sarà più così doloroso?"

"No, ma solo se lascerai che i sensi di colpa abbandonino il tuo corpo e la tua mente."

Stringo la sua mano ancora più forte, mentre lascio che siano le mie parole a fare il resto. "Grazie dottoressa, le sue parole mi sono state di grande aiuto. Adesso so cosa fare."

È così, le sue parole mi hanno aperto gli occhi. Devo essere forte, lasciarmi il passato alle spalle e provare a ricostruire la mia vita pezzo per pezzo. E se per farlo occorre partecipare ad un pigiama party, lo farò. Mi presenterò a casa Mason, con il sorriso sulle labbra e una ferita nel cuore.

"Mi auguro che farai la scelta giusta, Savannah. Sei una brava ragazza e meriti tutto il bene di questo mondo."

Ci congediamo, con la promessa di rivederci presto. Esco dalla stanza, con un peso in meno sul cuore. Adesso, non mi resta altro da fare che chiamare Liz e confermare la mia presenza alla festa di domani.
La dottoressa Jane ha ragione, Mavis non può giudicarmi. Non mi conosce, perché dovrebbe? Circolano tantissime voci sul mio conto, ma la verità la sappiamo soltanto io e i diretti interessati.

🔶🔸🔶🔸🔶

Danny's pov

Sto passeggiando tranquillamente per le strade di Sandown in compagnia della mia dolce metà, quando all'improvviso il mio cellulare inizia a squillare.
Mavis si stacca leggermente da me, per permettermi di afferrarlo.

"Chi sarà mai a quest'ora?" chiede, dubbiosa.

Faccio spallucce, dopodiché premo sul tasto verde.
"Pronto?" rispondo, la voce leggermente cupa.

"Ciao Danny, disturbo?"

"No Liz, cosa te lo fa pensare?" le domando sarcastico.

"Ho chiamato per avvisarti che Savannah e Leah hanno accettato di partecipare al pigiama party di domani sera. Puoi riferirlo anche a Mavis, se ti fa piacere."

Che piacevole notizia... Davvero fantastica.

"Va bene, Liz." commento. "C'è altro o posso ritornare a concentrare la mia attenzione sulla bellissima ragazza al mio fianco?"

Liz scoppia a ridere. "È tutto, capo. Ci vediamo domani."

Interrompo la comunicazione, e subito mi volto per osservare Mavis. Non posso credere che Savannah abbia accettato l'invito di Liz. Ero sicuro che non l'avrebbe fatto, per ovvi motivi.
"Savannah ha accettato l'invito di Liz, domani finalmente farai la sua conoscenza."

I suoi occhi si illuminano come lucine di Natale, le sue mani cercano le mie e il suo sorriso si allarga a dismisura, finendo col contagiare anche me. "Mi fa davvero piacere."

Come faccio a dirle che non sono per niente felice e che solo il pensiero di loro sue insieme mi riempie di brividi? Sono entrambe due bravissime ragazze, che hanno sofferto molto e che, sfortunatamente sono rispettivamente la mia ex e la mia attuale ragazza.
Brutta storia, non c'è che dire.
Quando ho parlato a Savannah di Mavis, ho letto nei suoi occhi lo stupore misto a tradimento. Si è sentita tradita e, a dire il vero, è andata esattamente così. Ho tradito la sua fiducia e mi sono buttato a capofitto in un'altra relazione.

"Parlami un po'di lei." mi chiede, dopo attimi di silenzio.

Ci accomodiamo su una panchina al lato della strada, i miei occhi sono rivolti verso l'asfalto, mentre i suoi stanno osservando il cielo. O almeno credo.
"Conosco Savannah da meno di un anno, all'inizio pensavo che fosse come le altre ragazze. Col tempo, però, ho imparato a conoscerla davvero."

"E com'è realmente Savannah?"

"È speciale. Non credo ci siano parole per descriver..." Mi blocco, dopo essermi reso conto di aver detto le parole sbagliate. Mavis non deve assolutamente scoprire quello che c'è stato tra me e Savannah, di come la nostra relazione si è sgretolata come sabbia al vento. Finirebbe con l'odiarmi per non averle detto subito la verità. 

"Wow, la vostra amicizia deve essere molto importante per te. Non ti ho mai sentito parlare così di una persona." commenta, all'apparenza ignara del vero significato nascosto dietro le mie parole.

"Già, le voglio molto bene e gliene vorrò per sempre." È la verità, il bene che le voglio supera di gran lunga la rabbia e la frustrazione per non aver avuto l'opportunità di rimanerle accanto.

"Sono felice di poterla finalmente conoscere, se è speciale come dici, sono sicura che diventeremo amiche nel giro di qualche ora." Poggia la testa sulla mia spalla, ed io mi lascio andare ad un sospiro profondo, sofferto.

Spero proprio di no, piccola mia.

🔶🔸🔶🔸🔶

Entro nella stanza di Alan come una furia, non mi preoccupo nemmeno di bussare. Ho bisogno di parlare con lui, urgentemente.

"Sono nei guai e non so come uscirne." esordisco, in preda al panico.

Alan è seduto sul letto, le gambe incrociate e il portatile aperto davanti a sé.
"Ciao anche a te, fratello. Come posso esserti utile?"

"Sono rovinato, ho bisogno di un consiglio, o di un piano malefico per sabotare la serata di domani sera."

"Hai messo incinta Mavis e vuoi scappare in Messico?" risponde, invece.

Alzo gli occhi al cielo e mi precipito al suo fianco. Il materasso si abbassa sotto il mio peso, ed Alan è costretto a spostarsi. "No, stupido. Ma mi stai ascoltando? Domani sera Savannah e Mavis si incontreranno e per me sarà la fine."

"Come sei melodrammatico, fratello. Si tratterà di un incontro amichevole, non di wrestling. Cosa potrà mai succedere?"

"Una catastrofe, ecco cosa. Una catastrofe di proporzioni..."

"Ho capito, rilassati." Chiude lo schermo del portatile e lo ripone accanto a sé, molto distante da me e dalla mia ira.

"Non ci riesco. Mavis non è a conoscenza di me e Savannah. Sa che siamo amici, ma nulla di più. Poco fa, poi, mi sono lasciato scappare delle parole alquanto inequivocabili. Fortunatamente per me, Mavis ha pensato che stessi parlando dell'amicizia che ci lega, e non di qualcos'altro."

"Cosa le hai detto, di preciso?" I miei problemi hanno attirato la sua attenzione, adesso è a mia completa disposizione.

"Ho definito Savannah...speciale."

"Oh." sussurra.

"Già, oh." Mi lascio ricadere sul letto, privo di forze e di speranze. "Cosa posso fare, Alan? Mavis non può assolutamente sapere la verità."

"Perché sei così ostinato a mantenere il segreto? È la tua ragazza, dovresti essere sincero al cento per cento con lei. Niente sotterfugi, Danny, non va mai a finire bene."

Alan ha ragione, le bugie sono malsane, avvelenano tutto quello che di buono c'è in una persona. Ma come si fa a rivelare una verità che potrebbe ferire?

"Pensa bene a quello che stai facendo, fratello. Mavis merita di sapere la verità." Si alza e va a chiudere la porta. "Prendi me e Cassidy, per esempio. Se le avessi confessato sin dall'inizio di averla tradita, a quest'ora le cose non starebbero così. Lei mi avrebbe odiato lo stesso, ma almeno ai suoi occhi non sarei stato un bugiardo."

"Quindi secondo te, dovrei dire a Mavis come stanno effettivamente le cose?"

"Secondo me, si. Dovresti farlo, e anche in fretta. Sai come sono Liz e Avery, inavvertitamente potrebbero farsi scappare una parola di troppo, che finirebbe col ferire non soltanto Mavis ma anche Savannah. La verità è sempre la soluzione migliore, ricordatelo. Te lo dice uno che per diciotto anni non ha fatto altro che mentire a se stesso."

"Grazie Alan, davvero." Mi alzo a mia volta e gli vado incontro, pronto ad abbracciarlo.

"Eh no, niente abbracci. Non sopporto queste cose, lo sai." dice, fingendo disgusto.

Alzo gli occhi al cielo e lo abbraccio comunque. E lui, come previsto, ricambia senza obiettare. Alan è fatto così, è gentile e premuroso anche se non fa altro che nascondere quella parte di sé.

"Andrà tutto bene, vedrai. Mavis capirà, è una brava ragazza." mi sussurra all'orecchio mentre siamo ancora stretti l'uno all'altro.

________________

Ehilà, come state?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Non ho molto da dire al riguardo, soltanto che sto cercando in tutti i modi di essere il più realistica possibile. Quando scrivo di certi argomenti, è come se sentissi il dolore di Savannah, come se in qualche modo diventasse anche il mio di dolore.
E fa male, è difficile trovare le parole giuste, anche se dubito di poterle realmente trovare. Non esistono parole giuste o sbagliate per descrivere il dolore, purtroppo.

Lo stesso vale per il pov di Danny. Al contrario di quello di Savannah, a tratti non ho bisogno di immedesimarmi, spesso mi sono state dette delle bugie, che alla fine è toccato a me smantellare. La verità fa male, è vero, fa soffrire, ma è pur sempre la verità. Ci si può sempre basare su di essa, prendere decisioni grazie ad essa.

Spero che le mie parole vi siano state in qualche modo di aiuto.
Fatemi sapere, un bacio grande. E, se avete bisogno, di qualsiasi cosa, non esitate a contattarmi. Ci sono, sempre.

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