Ti voglio bene papà! || Niall...

By littletteokbokki

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Il ciclone degli one direction é durato per sei anni e le loro carriere non possono che migliorare, però qual... More

Capitolo 2. Giochi di ruolo!
Capitolo 3. Geloso di Ashton!
Capitolo 4. Segliere L'opzione Perfetta!
Capitolo 5. Perché sei l'unica per me!
Capitolo 6. L'amore dai mille significati
Capitolo 7. Il Truly Madly Deeply tour!
Capitolo 8. La cotta per Liam!
Capitolo 9. L'aiuto del dottor White!
Capitolo 10. Le Malefatte di Lux!
Capitolo 11 . Dimmi di sì!
Capitolo 12. Theo Ashton e Zora!
Capitolo 13. Caro Babbo Natale!
Capitolo 14. Let It Snow!
Capitolo 15. Rimango per sempre!
Capitolo Extra: Papà come nascono i bambini?
AVVISO SEQUEL!

Capitolo 1.La scoperta!

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By littletteokbokki

Disclaimer del 2023: Salve, torno dopo sette anni a scrivere su questa storia per avvertire i futuri lettori.

Questa storia scritta nel 2016, non è mai stata riletta, rivisitata, sistemata o simili, tutto ciò che leggete è stato scritto dalla mano di una ragazza ingenua con tanta voglia di scrivere qualcosa che reputava importante.

A distanza di anni, ho deciso che non cambierò la storia, nonostante a quasi trent'anni stravolgerei la scrittura, perché questo è il retaggio di un mio lontano inizio.

Nel tempo cercherò di correggere almeno gli errori grammaticali e sintattici, non so quanto ci metterò o con quale frequenza, ma con i miei tempi cercherò di rendere la lettura un po' più fluida e meno faticosa.

Grazie a chi ha continuato a leggere e rileggere nonostante l'evidente lavoro grezzo, siete un amore e non vi ringrazierò mai abbastanza come nel 2016, anche oggi vi devo molto, ho avuto l'onore di scrivere qualcosa che voi avete deciso di leggere.

Grazie di cuore!

Capitolo 1.

La scoperta!

I due camminavano affiancati lungo il freddo corridoio dell'ospedale psichiatrico. Quel luogo metteva i brividi al solo nominarlo, eppure lui si era ritrovato a percorrere quel corridoio per la prima volta, da solo, confuso e ancora incerto su ciò che stesse per fare.

Era stato chiamato in quell'ospedale per prelevare una persona di cui inizialmente non sapeva nemmeno dell'esistenza, ma che in qualche modo gli apparteneva. Era una parte di lui.

La notizia dello scandalo non era ancora trapelata al pubblico, poche persone erano a conoscenza del fatto che si trovasse lì, e nessuno gli aveva detto nulla. Una voce registrata gli aveva comunicato una notizia sconcertante:

"Buongiorno signor Horan, la chiamo dall'ospedale St.Nicolas. È giunta da noi una persona di cui potrebbe essere legalmente responsabile. Dovrà recarsi da noi alle 17:30 del 30 agosto 2016. La preghiamo di essere puntuale!"

La comunicazione si interruppe poco dopo, lasciando tutti sconcertati: sua madre, suo padre e persino i suoi amici che si erano riuniti per una piccola cena.

I rumori delle scarpe eleganti dello psicologo al suo fianco lo mettevano a disagio. Il corridoio sembrava tiepido, ma il suo passaggio faceva sembrare tutto ancora più freddo. Le luci soffuse e tremolanti si riflettevano sulle piastrelle opache e leggermente sporche, anche se sicuramente non era la cosa più interessante in quel momento.

Un'infermiera ventenne si trovava di fronte a una porta grigia e fredda, cercando di sorridere nel miglior modo possibile, anche se era un po' difficile. Aveva accolto la persona che il nostro protagonista doveva prelevare ed era affezionata a lei. Savana si affezionava velocemente alle persone, specialmente ai bambini, e in particolare a quella bambina che aveva passato molte brutte esperienze nella sua breve vita. Sistemò un po' nervosamente la divisa e quando il giovane ragazzo, non molto più grande di lei, si fermò, aprì la porta per far passare i due uomini. Di solito il suo compito non consisteva nell'aprire porte, ma in quel caso dovevano prendere precauzioni di sicurezza maggiori.

Quando la porta si richiuse, Savana se ne era già andata per recarsi nella stanza di fronte, dove l'attendeva il suo vero lavoro: prendersi cura dei pazienti. In quel caso, però, le era stata affidata una bambina che aveva la priorità. Lo psicologo offrì una sedia al nostro protagonista, che preferì rimanere in piedi. Era troppo nervoso per star fermo.

La stanza si presentava fredda, cupa e spoglia. Dopo aver chiuso la porta, solo una lampadina mal messa illuminava tutto. A destra c'era un enorme vetro oscurato, sotto il quale si trovava un tavolo in metallo segnato dal tempo e da qualche graffio.

La stanza si presentava fredda, cupa e spoglia. Con la porta chiusa, solo una lampadina mal messa illuminava il tutto. Alla loro destra c'era un enorme vetro oscurato, sotto di esso un tavolo in metallo segnato dal tempo e da qualche graffio. Vicino al tavolo c'erano due sedie e nel muro opposto una piccola mensola con dei fazzoletti e due barattoli scuri con su scritto "sali". Immediatamente sotto la mensola c'era un distributore di acqua semi pieno. Lo psicologo aprì la cartella nera che teneva in mano, appoggiandosi al bordo del tavolo, passò una mano fra i capelli biondo cenere e si sistemò gli occhiali rettangolari sul naso per leggere.

«Lei è a conoscenza della disgrazia avvenuta poco più di una settimana fa?» chiese tranquillo e calmo Brad, il nostro psicologo, mentre sfogliava i documenti. Il nostro protagonista scosse la testa in segno negativo. Aveva ben altro a cui pensare che leggere la pagina dei necrologi.

«La signorina Marika O'Kelly è deceduta in un tragico incidente» annunciò, e al nominare quel nome il povero ragazzo quasi cadde. Non aveva sentito parlare di Marika O'Kelly da anni e non pensava che fosse deceduta. Se ne dispiaceva molto, ma ancora non capiva cosa c'entrasse lui con Marika.

«Ha perso la vita per mano di due rapinatori inesperti armati» continuò Brad, posando dei frammenti di giornale che riportavano la notizia, senza notare quanto il nostro protagonista fosse arrabbiato.

Brad si alzò dal tavolo e si mise all'estremo dello specchio, armeggiando con dei collegamenti a un pulsante, mentre le parole sul ritaglio di giornale gli risuonavano nella testa: "tragico incidente". Non capiva come la gente potesse chiamarlo incidente quando i due assassini non erano pentiti, né si sarebbero fermati se la polizia non fosse intervenuta nella casa della donna che viveva sola.

«Cosa c'entro io? Con Marika non c'erano più rapporti da anni», intervenne il ragazzo, incrociando le braccia a petto nervoso. Se una sua vecchia fiamma ed amica era morta, sicuramente non poteva essere colpa sua, quindi non si spiegava quella convocazione.

«Di questo ne siamo consapevoli, ma c'era qualcosa che vi legava ancora. Quando il corpo della donna è stato rinvenuto, i poliziotti ci hanno dato il carico di Elisea Marie O'Kelly», una specie di luce si accese nello specchio, mostrando una bambina e l'infermiera di prima. «Che è biologicamente sua figlia, signor Horan», concluse Brad guardando la bambina attraverso il vetro.

Niall spalancò la bocca, il cuore non gli batteva più nel petto, si sentiva quasi svuotato. Quella era sua figlia? Marika era incinta e non aveva detto nulla? Perché farsi quelle domande se tanto non avrebbero avuto risposta?

A quel punto Niall capì che forse era meglio sedersi. Lo psicologo lo aiutò a trovare l'orlo della sedia e a tirarla indietro per far sì che potesse essere comodo. La piccola Elisea non si muoveva, l'avevano fatta sedere su un piccolo sgabello viola, indossava un vestito a fiori, che personalmente era orribile, e non piaceva neanche alla bambina.

La bambina non parlava con nessuno, non sorrideva, né emanava alcuna emozione. A soli cinque anni si mostrava completamente apatica. Sembrava una bambola di porcellana, più Niall la guardava, più gli sembrava di rivedere se stesso e Marika in quella bambina. Sicuramente aveva preso i pregi di entrambi, gli occhi azzurri del padre, i capelli scuri e ricci della madre, la pelle bianca e delicata e le labbra carnose e rosee. Portava sulla guancia destra un brutto livido nero e sul sopracciglio sinistro un grosso cerotto che nascondeva una ferita da taglio.

«Le hanno fatto del male?» chiese il biondo sopraffatto dalle emozioni, senza accorgersene aveva iniziato a piangere, al pensiero di Marika morta e del fatto che stesse crescendo una figlia da sola, quando lui non si sarebbe sicuramente tirato indietro nel prendersi le sue responsabilità di padre, nonostante fosse famoso.

«I referti medici indicano che non ci sono stati atti di stupro. Ha varie lesioni ed un braccio ingessato, solo Dio sa cosa abbia visto quella povera bambina. Sono qui per parlarle dello stato psicologico della piccola e per sapere quali siano le sue intenzioni», disse anche Brad, che si era affezionato a quella bambina. La sua storia avrebbe incantato chiunque e il fatto che fosse così bella la rendeva ancora più interessante.

«Sicuramente prenderò le mie responsabilità, non abbandonerò mia figlia, specialmente dopo questa disgrazia», sottolineò il biondo analizzando sua figlia. Non sapeva come l'avrebbe presa la sua famiglia, né come l'avrebbe pensata Luz, la sua attuale fidanzata che si trovava dai suoi parenti a Madrid.

«Bene, signor Horan! Sua figlia, come può vedere anche lei, è molto traumatizzata. Sicuramente è il minimo dopo ciò che è successo. La teniamo, inoltre, isolata dagli altri bambini e controllata costantemente», iniziò a parlare Brad, uscendo dei fogli dalla cartella. Con l'indice sistemò gli occhiali sul naso, mentre dall'altra parte del vetro Elisea e Savana non sapevano che Niall e Brad le stessero già osservando. La bambina era stata portata lì apposta per suo padre.

«Perché isolata?», chiese curioso Niall. Non voleva irritarsi né dare colpe inesistenti allo psicologo se sua figlia si trovava divisa dagli altri, doveva esserci un motivo ben preciso. Il nostro biondino non era un medico, quindi cercava di non saltare a conclusioni affrettate.

«Sua figlia presenta una forma di Demofobia, comunemente detta agorafobia, anche se non è il termine corretto. Da bambini, di solito, non si individua, ma crediamo che sia nata a causa del trauma post-aggressione. I ladri erano tre, più la madre, quattro persone, un numero elevato per una bambina. Inoltre, dopo sono arrivati i poliziotti e questo numero si è elevato, creando confusione nella psiche della bambina. Ha sviluppato questa forma di agorafobia che potrebbe anche scomparire col passare degli anni», spiegò lo psicologo cercando di essere il più chiaro possibile per non creare confusione nel biondo che si sforzava di capire ogni parola.

«Quindi ha paura della folla?», chiese per non sbagliare. Brad annuì e gli mostrò altri documenti che riportavano i suoi appuntamenti avuti con la bambina. Niall non ci capiva nulla, ma non ci fu bisogno di rispolverare le vecchie lezioni di psicologia perché Brad gli spiegò tutto nei dettagli.

«Elisea inoltre presenta un mutismo non di tipo genetico, ma di tipo traumatico. Da quando è qui, non ha detto una sola parola, ma sappiamo che comprende ciò che le viene detto. Capisce anche le parole più difficili. In questo momento, non si fa toccare facilmente da nessuno. Ci fidiamo solo in tre: io, l'infermiera Savana Mars e un nostro paziente del settore C-7». Di solito, ai bagni privati dell'ospedale non era permesso l'accesso a meno che non fosse un'emergenza. Tuttavia, chiunque provenisse dal settore C-7 non rispettava le regole. Quindi, alcuni giorni prima dell'arrivo di Niall, un paziente di nome Michael Clifford si stava dirigendo verso il bagno privato del settore e vi ha trovato la piccola Elisea. Ma questa è un'altra storia.

«Chi risiede nel C-7 e perché Elisea Marie si fida di lui?» il nome Elisea sembrava strano per Niall, non l'aveva mai sentito prima, mentre Marie rappresentava la monotonia dei nomi e gli dava un senso di sicurezza rispetto a quel nome sconosciuto con cui il dottore la chiamava.

«Nel settore C-7 risiedono coloro che presentano disturbo antisociale di personalità, comunemente chiamati sociopatici. Il nome di questa persona è Michael Clifford, un ragazzo di ventidue anni. Posso assicurarle che non è pericoloso, ha una forma lieve di tale disturbo. Non posso fornirle ulteriori informazioni poiché sono riservate» rispose Niall con comprensione, ma aveva ancora alcune domande da fare.

«Perché viene costantemente controllata?»

«È molto semplice. Dobbiamo pregarla perché mangi, beva o cammini. Al momento, è una bambina apatica. Grazie all'analisi e alle testimonianze degli aggressori, abbiamo potuto ricostruire gli eventi che Elisea ha vissuto nella sua dimora... Si sente bene?» chiese l'uomo, allarmato. Niall sembrava ancora più pallido di prima, guardando intensamente sua figlia e chiedendosi come avrebbe affrontato tutto quel carico di problemi creato da tre persone meschine e senza cuore.

«Non voglio altri segreti» dichiarò Niall, fermo e risoluto. Lo psicologo si sedette di fronte a lui e gli mostrò la ricostruzione della serata fatta da un'equipe di agenti incaricati di tale compito. Brad fremeva ricordando il contenuto delle pagine.

«Non si tratta di informazioni precise. Anche con le testimonianze degli assassini, nulla può essere completamente certo al cento percento» annuì comprensivo Niall.

«Bene! Supponiamo che fossero le otto di sera quando Marika ed Elisea si trovavano nel salotto della loro abitazione, stavano preparandosi per qualcosa di speciale» la voce di Brad tremò

. Non voleva lasciarsi sopraffare dalle emozioni. Svolgeva quella professione da molti anni, ma la storia di quella bambina lo aveva colpito nel profondo, nel cuore.

«C'è qualcosa che non va, signor White?» chiese, appoggiando la mano sulla sua spalla per confortarlo. Niall aveva sicuramente bisogno di molto più conforto di quanto lui potesse offrire.

«La cosa speciale... Era il quinto compleanno di Elisea» mormorò, dispiaciuto per la bambina. Niall strinse i pugni, cercò di mantenere la calma. Non agiva mai in modo impulsivo, specialmente perché la sua fama non glielo permetteva. Si trovava costantemente sotto i riflettori e non poteva permettersi di sbagliare.

«La prego, continui» disse il ragazzo, mentre Brad cercava di riacquistare la compostezza.

«Mi scuso, di solito sono molto più professionale, ma Elisea è una bambina forte, molto forte», disse, alzandosi dalla sedia e guardando la bambina.

«Nel giorno del suo compleanno, mentre spegneva le candeline, tre uomini entrarono per derubarla... Sono stato sul luogo per avere una panoramica visiva: vivevano in un monolocale molto semplice, senza nulla di valore o degno di una rapina. Si capiva benissimo dall'esterno della casa», affermò il psicologo. Niall capì che ciò che voleva far intendere era che chiunque avesse ucciso Marika non l'aveva fatto per rapinarla.

«Si spieghi meglio», disse Niall, osservando anche lui la piccola Elisea Marie. Il vestito coi fiori che indossava era proprio orrendo, ma sulla bambina non stava male. Il viso segnato della creatura rendeva tutto più bello, nonostante in lei si nascondesse il dolore.

«Non c'erano carte di credito né conto in banca. Lavorava per un bar che forse non rendeva nemmeno abbastanza per sfamare lei stessa. L'hanno uccisa per un regolamento di conti: si era indebitata per Elisea, crediamo che la persona a cui si era rivolta per chiedere aiuto avesse intenzioni losche. Ma non ha fatto in tempo», chiarì rammaricato Brad, posando una mano sul vetro. Ogni volta che doveva rileggere o raccontare quella ricostruzione, gli doleva il cuore.

Nel frattempo, la bambina continuava a non fare niente. La povera Savana tentava di farla giocare, ridere o anche solo muovere, ma niente: la bambina aspettava. La madre le aveva detto che poteva fidarsi di una sola persona e di non dover dare confidenza agli sconosciuti se non ad uno che ancora non gli si era mostrato.

«La bambina ha assistito all'omicidio della madre. Crediamo che le lesioni sul viso siano dovute al fatto che la bambina abbia cercato di opporsi agli aggressori e salvare la madre. Una bambina molto coraggiosa, signor Horan... Ha chiamato la polizia, che è arrivata solo mezz'ora dopo. Ovviamente, già la bambina non parlava e si è limitata a portarsi dietro la cornetta del telefono mentre gli aggressori la minacciavano. Quindi, da lì hanno fatto partire le pattuglie». Sembrava quasi un film poliziesco di quelli che si vedevano alla televisione quando la sera non ti andava di uscire, ma quella era la realtà. Sua figlia aveva vissuto quelle esperienze e ne stava pagando le conseguenze. Sicuramente non l'avrebbe abbandonata: quella era sua figlia, avrebbe avuto il cognome Horan e avrebbe vissuto da principessa con suo padre e la sua famiglia.

«Quando potrei portarla via da questo posto?», domandò impaziente, controllando il cellulare. Sua madre l'aveva chiamato ben tre volte, mentre i suoi amici una volta a testa, per un totale di sette chiamate perse in meno di mezz'ora.

«L'abbiamo chiamato per questo. Crediamo che la terapia migliore sia quella che potrebbe fare con lei. In più, crediamo che la bambina sappia che lei è suo padre. Continua a camminare con un foglietto in mano con su scritto il suo nome. Pensavamo fosse solo una piccola fan della vostra band, che trovasse forza in una figura estranea. Poi abbiamo fatto delle ricerche e abbiamo scoperto che lei era il padre».

«Questo non risponde alla mia domanda», fece notare Niall, spazientito. La sua gamba tremava freneticamente, preda di una crisi emotiva molto più ampia della precedente. Sarebbe crollato tra poco: già sentiva le lacrime ostruirgli la vista e la mente farsi troppo offuscata per poter ragionare pacificamente.

«Se ha venti minuti, le facciamo firmare i documenti necessari, fornendo tutta la documentazione e i vari farmaci. La bambina dovrà fare una seduta a settimana per un'ora, con o senza di lei, la scelta sta alla bambina», recuperò tutti i documenti e li ripose meticolosamente nella cartella. Brad non lasciava mai nulla in disordine; anche lui presentava dei disturbi, sapeva di essere maniaco-compulsivo su molti aspetti, ma grazie al suo lavoro riusciva a controllarsi.

Mentre i nostri due uomini parlavano delle faccende burocratiche, Savana, povera disgraziata, era seduta a gambe incrociate accanto a Elisea, costruendo una piccola casetta con i Lego per passare il tempo e, forse, attirare l'attenzione della piccola apatica che sembrava fare apposta a non guardare Savana. Il viso dell'infermiera le ricordava quello della signora anziana che, ogni mese, si presentava davanti a casa sua per prendere dei soldi dalla madre che pagava l'affitto senza ritardi. Invece, Michael le stava più simpatico; con quel buffo colore di capelli, le ricordava il vestito della domenica della mamma, che la portava a messa insieme a una ragazza giovane di nome Marika, di nome Scarlet.

Al pensiero della domenica, si rattristò ancora di più. Aveva saltato la messa di quella domenica, e quasi le venne da piangere, ma non poteva farlo. Se avesse fiato, gli uomini cattivi sarebbero tornati per punirla per il suo rumore. Cacciò indietro le lacrime e sobbalzò sul piccolo sgabello viola quando la porta di metallo si aprì di colpo, facendo un rumore fastidioso.

Savana si alzò in piedi, mentre Elisea si limitò a girare la testa curiosa, stringendo nella piccola mano destra il foglietto con su scritto il nome del padre. Custodiva di nascosto molte foto di lui che la madre le aveva dato. Le prendeva dai giornali che trovava nei negozi o in qualche rivista che la donna portava a casa. Marika non odiava Niall, gli voleva molto bene e lo diceva spesso a sua figlia, ma il sentimento della ex ragazza non era minimamente pensabile come amore. Quando qualche volta Elisea pregava la mamma di parlargli di suo padre, lo faceva molto volentieri. Le diceva che era un uomo forte, simpatico e dolce, ma che si erano lasciati pacificamente senza litigare, perché si volevano bene, bene come amici, non come fidanzati. Nonostante i suoi cinque anni, comprendeva quelle parole. Sua madre l'aveva istruita su molte cose perché alla bambina piaceva apprendere e approfondire le sue conoscenze.

Brad si avvicinò al corpicino martoriato della bambina, facendo attenzione a non stare troppo vicino o toccarla troppo. Il suo limite era la mano con lopsicologo, solo Michael aveva il privilegio di poterla prendere in braccio.

«Ciao Elisea, devo presentarti una persona che spero ti faccia piacere conoscere», disse Niall timidamente mentre entrava nella stanza, tenendo le mani allacciate dietro la schiena, e guardava i punti in cui la bambina era coperta da bendature o cerotti.

Nessuno parlò, e quando qualcuno cercò di farlo, per la prima volta in tutta la settimana Elisea si alzò senza che qualcuno la pregasse di farlo. Zoppicò timidamente verso il biondo in estasi. Era ancora più bello di quanto apparisse nelle foto. Era molto alto, quasi sembrava un adolescente, mentre nelle foto che conservava nel suo album suo padre sembrava molto più adulto.

Sentiva il cuore scoppiare nel petto. Lo aveva davanti a sé, veramente. Non ci credeva. Anche se ci stava provando con tutta se stessa, non riusciva a parlare né ad esprimere la sua felicità. Semplicemente rimaneva davanti a lui, senza riuscire neanche a sorridere. Porse il foglietto che portava con sé, tenendolo tra l'indice e il pollice per essere sicura che Niall non lo toccasse. Voleva abbracciare suo padre, ma in quel momento aveva troppa paura per toccare chiunque.

Il biondo si chinò leggermente, offrendo uno dei suoi migliori sorrisi alla bambina che si sentì tranquilla vedendolo. Prese curiosa il foglietto e lo guardò. C'era il suo nome, come le aveva detto lo psicologo. La scrittura, anche se curata, si vedeva che era infantile. "Deve averlo scritto Elisea Marie", pensò Niall, sentendosi fiero che sua figlia sapesse scrivere il suo nome.

Rigirò il foglio tra le mani, curioso. Vide che era piegato in due parti. Oltre al suo nome, c'era quello della bambina. Aprendolo, poteva vedere quello di Marika e accanto il nome di un certo Ashton. Mise il foglio in tasca e si concentrò sulla bambina, mostrando tutta la dolcezza che poteva.

«Ciao Elisea Marie, vorresti tornare a casa con tuo papà?» chiese speranzoso di una risposta, che mai arrivò, né un sorriso né un cenno. Tuttavia, il biondo poteva intuire dall'eccitazione negli occhi della piccola, i suoi occhi brillavano ed era quasi sicuro che stesse provando a sorridere.

Nel frattempo, alle spalle della bambina Brad e Savana guardavano la scena preoccupati e con le palpitazioni. I due lavoravano insieme da due anni, si conoscevano per via del tempo trascorso a stretto contatto, ma non c'era mai stato un vero rapporto oltre quello professionale. Con l'arrivo di Elisea Marie, però, anche le loro vite sembravano prendere una piega diversa. In quella settimana si videro ogni giorno, avendo la possibilità di parlare a lungo, e Brad iniziava a pensare seriamente di invitarla a uscire. La bambina mosse un piede e l'infermiera strinse l'avambraccio dello psicologo speranzosa che toccasse il padre, ma questo non accadde.

«Ho un'idea!» mormorò Niall, rovistando nelle tasche dei pantaloni. Stava cercando una cosa che portava sempre con sé e che non scordava mai:

Le sue cuffie!

Quando le estrasse dalla tasca, la bambina si lasciò sfuggire uno sguardo interrogativo, ma Niall non riuscì a vederlo, perché quando alzò gli occhi il suo viso era tornato come prima, apatico e spento, senza emozioni, anche se i suoi occhi raccontavano più dei suoi gesti. Il biondo prese tra le sue mani calde e un po' sudate gli auricolari e l'attacco, lasciando così pendere il filo bianco. La bambina intuì ciò che voleva fare. Forse non era una delle soluzioni migliori, ma il nostro neo padre si stava impegnando come poteva per sua figlia. Prese il filo tra le dita. L'istinto le urlava di tenere la mano all'estremità, ma la sua forza di volontà si fece tenace e fece in modo di tenere la mano a pochi millimetri da quella del padre, senza toccarla né sfiorarla.

Tuttavia, poteva sentire il suo calore e la cosa era piacevole!

Brad e Savana rimasero senza parole, anzi stavano per esultare di gioia. Non si era mai avvicinata così tanto a un estraneo, specialmente al primo incontro. Elisea si teneva a debita distanza, il che fece intuire a tutti che forse la teoria dello psicologo non era sbagliata. Con Niall, la terapia sarebbe stata più efficace in breve tempo.

«Saluta il dottore e l'infermiera, Elisea Marie», la incitò Niall alzandosi in piedi e mettendosi al suo fianco. Estrasse il cellulare dalla tasca sinistra dei pantaloni e digitò un veloce messaggio alla madre, nel quale le chiedeva di aggiungere due piatti per la cena. Non si sentiva di tornare a casa da solo con Elisea Marie, aveva bisogno di un consiglio da parte sua!

Intanto, la bambina si girò verso i due. Non le stavano veramente antipatici, anzi, conoscendoli, le sembravano delle persone buone e gentili. Tuttavia, la sua paura non le permetteva di fare nulla, nemmeno di dire un insignificante "ciao". Tenne lo sguardo su di loro in segno di saluto, mentre i due risposero con un cenno della mano per darle l'arrivederci. Padre e figlia si incamminarono nel lungo e freddo corridoio "mano nella mano". Nessuno dei due disse nulla, sembrava che i loro passi fossero l'unica cosa che potesse fare rumore, finché una voce maschile e bassa interruppe la loro camminata.

«Eli, te ne vai senza salutare il tuo Michy!?» La bambina si girò di scatto, si sentiva così contenta di vedere Michael, l'unica persona che la capiva anche se non parlava. Teneva le mani dietro la schiena mentre sorrideva dolcemente. Anche Niall si girò e sicuramente il ragazzo non gli fece una buona impressione. Indossava vestiti strappati di proposito e i capelli erano tinti di un blu molto acceso. Sicuramente non dava l'impressione di un bravo ragazzo, anche se sembrava dolce. Michael si precipitò vicino alla bambina, mettendosi in ginocchio davanti a lei e la prese tra le braccia, stringendola in un dolce abbraccio. In quel momento, il nostro Horan si sentì geloso.

Quello sconosciuto poteva abbracciare sua figlia e lui no!

Non era una bella sensazione.

«Ti ho portato un regalo, Eli. So che dovevamo finirlo insieme, ma tu stai andando via e capisco che forse non ci vedremo più. Sono sicuro che starai bene con tuo papà», disse Niall mentre porgeva alla bambina un libro che riconobbe immediatamente: lo vedeva ovunque, persino Harry stava provando a leggerlo, anche se a malapena riusciva a leggere un capitolo al mese... Non era un grande lettore!

«Possa la fortuna essere sempre a tuo favore, Eli», sussurrò Michael mentre le metteva in mano il primo libro della saga "Hunger Games" e le diede un bacio sulla fronte. Poi si alzò in piedi dedicando finalmente attenzioni a Niall. Michy non poteva definirsi un fan degli One Direction, conosceva a malapena due canzoni, ma non poteva lasciarsi sfuggire l'occasione di parlare con qualcuno di famoso a livello mondiale.

«Piacere, sono Michael Clifford, un amico di Elisea. È una bambina molto buona e forte, ma anche tanto fragile. La tratti bene», si raccomandò, osservando il modo insolito in cui tenevano le mani l'uno dell'altro. Un padre disinteressato non avrebbe mai pensato a quella soluzione, quindi Michael tirò un sospiro di sollievo sapendo che la sua amica era in mani amorevoli.

«Piacere, Niall! La tratterò come una principessa... Comunque, se vorrai vederla, verrà qui una volta a settimana. Vorrei che fosse a contatto con più persone per aiutarla», disse Niall, nonostante la sua gelosia sapesse che doveva fare ciò che era meglio per sua figlia, e Michael era una buona persona. Il ragazzo dai capelli blu annuì, poi salutò la bambina e il padre.

Finalmente uscirono dal St. Nicolas. Fuori, il tempo irlandese prospettava una serata fredda ma piena di stelle. Il cielo sgombro dalle nuvole sembrava sorridere ai nostri due protagonisti. Per fortuna, non sembravano esserci paparazzi; non avrebbe potuto spiegare perché teneva una bambina per il filo di un auricolare. Inoltre, voleva riflettere su come presentare sua figlia alla società. Sarebbe stato uno scandalo, la cosa sarebbe rimasta sulla bocca di tutti per mesi. Ma non era quello a tormentare Niall, bensì il fatto di non essere abbastanza per sua figlia e di starla portando incontro a molti più problemi di quanti ne potesse sopportare.

Arrivarono davanti a una Range Rover nera, che si aprì non appena Niall prese tra le mani il piccolo telecomando nero. Fece accomodare la bambina sul lato del passeggero, allacciandole cautamente la cintura, quindi chiuse la portiera lasciandole gli auricolari tra le mani. Ovviamente, i bambini piccoli non si facevano sedere davanti senza l'apposito seggiolino, ma Niall non ne era a conoscenza, mentre la piccola Elisea sì.

Prima di salire, Niall slacciò la cintura e passò dietro, facendo attenzione a non sporcare. Si mise nuovamente la cintura e si massaggiò il braccio ingessato che gli faceva un po' male. Quando salì in macchina e inserì la chiave nell'accensione, notò che c'era qualcuno dietro.

«Perché sei passata dietro?» chiese, sapendo che non avrebbe ricevuto risposta, anche se avrebbe voluto. Avviò l'auto, e la radio si accese automaticamente, mentre una sua vecchia canzone passava alla radio.

La bambina la riconobbe subito, conosceva a memoria ogni melodia e testo, riconosceva la voce di ogni membro. Ma quella che amava di più, ovviamente, era quella di suo padre, così particolare e dolce che la faceva addormentare tutte le notti. Chiuse gli occhi estasiata. Quando Niall alzò gli occhi per controllarla, vide che sul suo viso si era formato un mezzo sorriso, e dedusse che la canzone le piaceva. Gli sembrò un grosso passo avanti.

Arrivarono davanti alla casa di sua madre in meno di mezz'ora. Vide l'auto di suo fratello Greg parcheggiata accanto a quella di suo padre. Spense il motore e scese dalla macchina nervoso. Fece scendere anche Elisea Marie, che era tornata nel suo stato apatico. Prese il filo bianco in mano e incitò la bambina a seguirlo sul portico di casa, dove suonò il campanello.

«Arrivo subito!» urlò la voce di sua madre dall'altra parte. Sentiva dei mormorii e delle risate.

«Deve essere quello svampito di Niall», disse la voce di suo fratello Greg. Ma il biondo era troppo nervoso per pensare a un insulto verso il fratello maggiore, quindi si limitò a sistemarsi la maglia e i capelli, mentre la porta si apriva rivelando sua madre intenta a pulirsi le mani sul grembiule. Aprì la bocca pronta a parlare, ma quando vide la bambina, rimase senza parole. Anche suo padre, non sentendo rumori, accorse alla porta, guardando confuso il figlio e la bambina.

I suoi genitori non dissero una parola. Fu Niall a rompere quel silenzio esasperante.

«Mamma e papà, lei è Elisea Marie, vostra nipote... mia figlia!»

Hola Girls!

Nuova storia, nuovi personaggi e nuovi intrighi, come sempre nelle mie storie ci sono morti :') giuro che non lo faccio apposta, mi vengono spontanee, questa idea nasce da una fantasia che ricorre da molto tempo nella mia testa.

Come spiegato nel l'introduzione qui si parla di amore vero fra figlia e padre, ma ci sarà spazio anche per quello fra ragazzo e ragazza... Ma in primis girerà tutto intorno a loro due!

Detto questo spero vi piaccia, lo so non é un idea originalissima, però qualcosa di inedito c'è, lo assicuro fermamente... Parola di tributo! (Riferimento ad Hunger games) non credo ci sia altro, spero lascerete un voto e un vostro parere nei commenti, un bacione vi voglio taaaanto bene e al prossimo capitolo!!!

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