nothing has changed //Yaoi//

By YumeNoshi

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- Ecco... Posso farti una domanda? - - Certo che sรฌ, avanti! - - ...Ti saresti innamorato di me anche se foss... More

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conti in sospeso

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By YumeNoshi

- Per me patate, ma anche qualsiasi altra cosa va bene, basta che non sono le carote. - (Kumiko)

- Per me carote. - (Yumiko)

- Anche io carote, ma pure un po' di patate non sarebbero male. - (Hitomi)

- Patate. - (Masashi)

- Tutt'e due. - (Naoto)

- Per me niente. - (Kappei)

- Io le ho già detto che mi va bene qualsiasi tipo di ortaggio. - Disse invece Yukino. - Per te, Koji?
-

- Carote, no? -

- Chissà perché ho come la sensazione che non stiano parlando solo di ortaggi... -

Commentò Miroku.

- Tu dici? -

Rise Sakura.

- Per voi invece? -

Chiese allora il quindicenne voltandosi verso di loro.

- Ma non fate prima a prendere entrambi? - Ribattè il biondo. - Così poi una volta che si è a tavola ognuno prende quello che vuole, no? -

- Patate o carote? -

Insistette il moro con quel suo solito sorriso divertito sulle labbra.

- Fate voi, poi ci penserò una volta che sono a tavola a quale preferisco. -

Borbottò il diciottenne con un'alzata di spalle.

- Per me carote. -

Disse invece Sakura quando Yukino si rivolse a lui.

- Io invece voglio le patate. -

Aggiunse Keisuke.

A quel punto scese il silenzio più assoluto e dieci paia di occhi (undici contando Squiler) si voltarono simultaneamente verso di lui.

- C-Che c'è di strano? - Borbottò il tredicenne, leggermente a disagio nell'essere finito improvvisamente al centro dell'attenzione. - È vero che preferisco le patate. Le carote non mi sono mai piaciute, le vomito tutte le volte e sono troppo dure e... -

- Suke... - Sospirò a quel punto Koji mettendogli una mano sulla spalla con fare grave. - Mamma comprerà il cavolfiore indipendentemente da ciò che le diremo. Adesso noi però non stiamo parlando di verdure. -

- Oh... - Mormorò il moro arrossendo improvvisamente sulle gote. - Allora anche per me carote... -

~

- Quindi fatemi capire bene... - Esordì Yukino portandosi un pezzo di cavolfiore alle labbra, per poi usare le bacchette per indicare prima il biondo e poi il corvino. - Questo secondo voi sarebbe... Un appuntamento? -

- Non un appuntamento, ma un sequestro di persona. -

Precisò Miroku.

- O un'uscita tra amici. -

Borbottò Sakura con lo sguardo chino sul piatto.

A quel punto il quindicenne si voltò verso Keisuke e Koji, intimandoli, sempre utilizzando le bacchette, di dargli una loro versione dei fatti.

- È un appuntamento. -

Dichiararono i due senza un attimo di esitazione.

- Un appuntamento al parco con tanto di picnic, poi un pomeriggio passato in una casa piena di gente e ora ognuno se ne andrà per la sua strada... - Intervenne a quel punto Yumiko aggrottando leggermente la fronte e alzando lo sguardo al cielo, quasi stesse cercando di immaginarsi la scena. - No, non riesco proprio ad pensarci. Insomma, dove sono finiti i romantici appuntamenti in casa nel cuore della notte? Quelli dove siete solo tu, lui e il vostro migliore amico: l'unico ed inimitabile preservati... -

- Ma stà zitta. -

La rimbeccò la gemella tappandole la bocca con un cavolfiore con estrema nonchalance.

- ZittO. - Ribattè Yumiko dopo aver inghiottito il boccone. - Da te non me l'aspettavo. Proprio tu ti confondi così, signorina? O dovrei dire signorino? Magari oggi preferisci l'asterisco? -

- Questo non dovevi dirlo. -

Mormorò Kumiko assottigliando lo sguardo e fissando l'altro con fare minaccioso.

E mentre i ragazzi continuavano a batibeccare tra di loro (perfino con occasionali interventi da parte di Squiler), Miroku osservava invece incredulo i genitori di quella banda di piccoli tornadi ambulanti.
Il signore e la signora Narita stavano infatti mangiando in silenzio, sorridendo divertiti di tanto in tanto e, soprattutto, senza mai dare neanche il minimo accenno di voler sgridare o zittire i figli.
Come se per loro situazioni del genere fossero solo normale amministrazione.

- Allora... - Esordì improvvisamente la donna, seduta esattamente di fronte a Miroku, rivolgendosi a lui e al diciannovenne che stava al suo fianco. - Spero davvero che le mie belve non vi abbiano completamente rovinato l'appuntamento. Ho detto a Koji che non vi avrebbe dovuto portare qui se la vostra era un'uscita di coppia, ma lui mi ha spiegato che l'ha fatto perché voleva assolutamente farmi conoscere il suo fidanzato, dato che le altre volte che è venuto io ero al lavoro, e così... - E a quel punto sospirò alzando brevemente le spalle e osservando con un misto di tenerezza ed esasperazione le sue belve all'opera.

- Ecco signora, noi... -

Mormorò a quel punto Miroku, pronto per l'ennesima volta a tirare fuori la solita solfa del "non stiamo insieme, mi ha sequestrato".

- Sì? -

Domandò la donna volgendo nuovamente lo sguardo verso il suo.
Due bellissimi occhi azzurri, ma più color cielo che ghiaccio, com'erano invece quelli di Koji.
Miroku quasi si ritrovò in soggezione nel vedersi quegli occhi improvvisamente puntati contro e una piccola parte di lui, quella che in qualche modo era riuscita a sfuggire a quello sguardo, si accorse invece del fatto che nel capire ciò che stava per dire, Sakura aveva sospirato leggermente, lo sguardo sconfortato ancora una volta chino sul piatto.

- N-niente... mi scusi... -

Borbottò alla fine prima di puntare lo sguardo sugli yakisoba che aveva davanti.

- Nessun problema, figurati. -

Sorrise la signora Narita prima di tornare a sua volta a concentrarsi sulla cena.

E ancora una volta quella piccola parte di Miroku, quella che al momento non era impegnata come il resto delle sue parti ad autoinveirsi contro, si accorse del fatto che in quel momento, subito dopo aver realizzato cos'avesse detto, Sakura si fosse voltato verso di lui, osservandolo con un misto di sorpresa e gioia.

~

- Ma come, già andate via? -

Si lamentò Yumiko osservandoli con degli occhi che avrebbero fatto invidia a quelli del gatto con gli stivali di Shrek.

- Si è fatto tardi. -

Rispose Sakura sospirando con sincero dispiacere.

- Ma sono solo le 22! - Ribattè Hitomi. - Praticamente la giornata inizia adesso! -

- Dai, andiamo. -

Ribattè invece Miroku, già con la mano pronta sulla maniglia della porta d'ingresso.

- A presto! -

Salutò allora Yukino prima di soffermarsi per alcuni istanti su Miroku corrucciando lo sguardo, come se gli fosse venuto in mente qualcosa.
Poco dopo si voltò e andò in soggiorno senza dire una parola.

- Ciao! -

Salutò allora Keisuke facendosi il giro per salutare tutti e dieci i componenti della famiglia Narita.
Una volta giunto a Koji si fermò davanti a lui per alcuni istanti, come indeciso su come comportarsi.
Alla fine allargò le braccia e si limitò a dargli un abbraccio.

Non fece però in tempo a voltarsi per dirigersi verso l'uscita che il fidanzato, sotto lo sbigottimento di Miroku e le esclamazioni di ammirazione degli altri ragazzi, l'aveva riattirato a sè afferrandolo per le spalle, scoccandogli un rapido bacio sulle labbra.

Non ci fu però tempo nè per Keisuke, nè per Miroku di assimilare appieno l'accaduto, che Yukino tornò all'ingresso. Una grossa gabbia per uccelli tra le mani.

- Vi voleva salutare anche Squiler! - Rise il quindicenne prima di avvicinare il viso al pappagallo. - Su Squiler, dì quello che ti ho insegnato. -

Il pappagallo rimase in silenzio per alcuni istanti, forse interdetto dal fatto che per una volta lo stessero incitando a parlare e non a stare in silenzio. Quindi arruffò il piumaggio, fece un paio di gargarismi e...

- Lo yaoi è come Unieuro: BATTE. FORTE. SEMPRE. -

- Cos- No! Non questo! Questa è una faccenda che doveva rimanere tra noi! - Esclamò il moro arrossendo leggermente sulle gote. - Inetto di un pennuto! -

E a quel punto, un istante prima che Yukino riportasse Squiler in soggiorno, il pappagallo sparò la sua ennesima perla di saggezza.
Gli occhietti neri puntati in direzione della porta d'ingresso.

- Hearts not parts. -

Per un istante Miroku quasi si prese un colpo pensando che si stesse rivolgendo a lui in particolare. Pensiero ovviamente sciocco e che lui si affrettò a scacciare all'istante dalla sua mente.

Ma ad ogni modo, come tutte le volte che Squiler apriva becco, nella casa scese il silenzio e tutti si voltarono verso il pennuto, fissandolo con tanto d'occhi.


- Non ci credo. - Mormorò Kumiko, sinceramente ammirata. - Questa è la prima cosa intelligente che abbia mai detto in ben cinque anni. Che i suoi giorni da disagiato mentale siano finalmente giunti al termi... -

- I'M A BARBIE BIRD! IN A BARBIE WOOOOORLD! -

- Come non detto. -

~

Il viaggio di ritorno in metro fu incredibilmente silenzioso.
Un notevole cambiamento rispetto alla confusione nella quale erano stati immersi per circa cinque ore.
A Miroku quasi sembrava di sentire ancora le loro voci, in particolare quella alta e stridula del pappagallo.

Il vagone nel quale si trovavano era quasi vuoto, c'era solo un uomo sulla quarantina vestito con giacca e cravatta seduto in un angolo, nella parte opposta rispetto a dove si erano messi loro. Non mancava molto all'arrivo, forse cinque o dieci minuti al massimo.

Miroku socchiuse lentamente le palpebre, colto dal sonno, quindi si riebbe di colpo, strizzando gli occhi e imponendosi di rimanere sveglio.
Assolutamente non si sarebbe permesso di addormentarsi di nuovo in metro lasciando solo Sakura sveglio.

Il diciannovenne si trovava infatti alla sua sinistra, così vicino che il biondo poteva sentire la sua gamba in contatto con la propria.
Ma a dirla tutta non avrebbe saputo dire se fosse sveglio o meno, dato che per tutto il viaggio il giapponese non aveva fatto altro che tenere lo sguardo fisso sul piccolo schermo in alto che indicava mano a mano i nomi delle varie stazioni nelle quali passavano.

- Puoi dormire se vuoi, eh. - Sentì a quel punto ridacchiare alla sua sinistra. - Ti sveglio io. -

- Molto spiritoso. -

Ribattè senza distogliere lo sguardo dallo schermo.

- Eddai, uno sbaglia una volta e viene marchiato a vita? -

Contestò il danese prima di lasciarsi sfuggire un sonoro sbadiglio.

- Forse è meglio se te la fai tu una bella dormita, poi ti sveglio io. -

- Ma la fermata alla quale scendi tu viene prima della mia. -

Ribattè il corvino imbronciandosi leggermente.
O almeno, Miroku intuì che l'avesse fatto, dopotutto ancora non si era deciso a volgere lo sguardo verso di lui.

- Kei dorme? -

Solo allora Miroku distolse lo sguardo da quel punto per dirigerlo alla sua destra, dove si era seduto il fratello.

Il ragazzino dormiva profondamente, il capo posato sulla spalla del maggiore.

- Sì, dorme. -

Rispose il biondo prima di tornare a concentrarsi sullo schermo.
In quel momento esatto il treno si fermò, ma non si trattava ancora della loro stazione.

- E va bene... - Sbadigliò il danese mentre l'uomo vestito in giacca e cravatta usciva dal vagone. - Allora penso che dormirò un po' anche io. -

Detto fatto, il ragazzo chiuse gli occhi e si addormentò. Sembrava davvero che fino a quel momento si fosse dovuto impegnare parecchio per rimanere sveglio.

- Io non ti sveglierò, capi... -

Ma Miroku non fece in tempo a finire la frase che sentì qualcosa piombargli sulla spalla sinistra, allo stesso modo in cui giusto cinque minuti prima aveva sentito il capo di Kei posarsi su quella destra.

Si voltò lentamente alla sua sinistra, facendo un sospiro profondo, e nonostante sapesse già ciò che avrebbe visto, non potè fare a meno di sussultare ugualmente.

Sakura si era addormentato sulla sua spalla e lì rimase per i cinque minuti seguenti.

Quando finalmente giunsero alla stazione di Miroku e Keisuke, il treno si fermò lentamente, quasi fosse stanco anch'esso e subito il tredicenne aprì gli occhi, balzando giù dal sedile dando sfoggio della famosa "sveglia interna dei giapponesi" nella quale Sakura credeva fermamente.

Il biondo quasi si dispiacque di doversi alzare e, di conseguenza, svegliare Sakura quando stava dormendo così bene.
Ma nonostante ciò non potè fare altrimenti: perdere un'altra volta la sua fermata era sicuramente l'ultimo dei suoi desideri.

- Siamo arrivati? -

Sbadigliò il corvino riaprendo lentamente gli occhi.

- Io sì, tu non ancora. -

Rispose Miroku.

Nel sentire la sua voce Sakura alzò istintivamente il capo verso di lui e per poco non si prese un infarto nel vedere quanto gli fosse vicino.
A quanto pareva quella di addormentarglisi sulla spalla era stata davvero una casualità e non un'azione premeditata come aveva invece creduto inizialmente il giapponese.

Ma ad ogni modo quel momento non durò ancora molto e venne infatti subito interrotto dal brusco allontanamento di entrambi l'uno dall'altro, i visi rossi dall'imbarazzo.

- Dai Roku! -

Esclamò Keisuke, il quale senza accorgersi di nulla era subito sceso dal treno.

- Eccomi. - Ribattè il maggiore prima di alzarsi dal sedile. - Allora... A domani. -

Borbottò senza neanche voltarsi verso l'altro, prima di incamminarsi a sua volta verso l'uscita del vagone.
Era ormai praticamente davanti alla porta, però, quando sentì dei passi alle sue spalle.


- Ehi Roku. -

Chiamò tutto d'un tratto il corvino prendendo l'altro per la manica della felpa prima che potesse scendere dal treno.

- Che c'è? -

Ribattè il biondo voltandosi verso di lui.

Keisuke intanto aveva iniziato già ad incamminarsi verso l'uscita della stazione, convinto che il fratello lo stesse seguendo.

- Ecco io... Mi dispiace, ma ad aspettare che sia tu a farlo finirei con l'aspettare secoli. Solo... Non mi odiare... -

- Perchè dovrei odiarti? - Ribattè il giapponese sempre più confuso. - Di che stai parlan... -

Le parole però gli morirono in gola nel momento in cui si rese conto del fatto che Sakura gli si fosse improvvisamente fatto molto più vicino.
In particolare, quando si rese conto del fatto che le labbra di Sakura si fossero fatte improvvisamente vicine alle sue.

Il giapponese non ebbe però il tempo di pensare a come reagire ad una cosa del genere, che era già fatta.
Sakura aveva posato per un istante le labbra screpolate sulle sue e poi si era ritirato di scatto.

E Miroku non ebbe neanche questa volta il tempo realizzare cosa fosse successo, perché subito Sakura gli diede una leggera spinta sul petto, giusto quel tanto che bastava per farlo uscire dal vagone.

E così le porte scorrevoli si richiusero su un danese interamente rosso dall'imbarazzo e il treno partì prima che il giapponese avesse avuto il tempo di dire o fare alcunchè.

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