Trilogia con Sergio Ramos

Oleh Corneliahale94

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"Scusa Vic, sei l'unica che non è entusiasta di passare un mese intero con quei figoni!! Al posto tuo la Spag... Lebih Banyak

Capitolo 1.01
Capitolo 1.02
Capitolo 1.03
Capitolo 1.04
Capitolo 1.05
Capitolo 1.06
Capitolo 1.07
Capitolo 1.08
Capitolo 1.09
Capitolo 1.10
Capitolo 1.11
Capitolo 1.12
Capitolo 1.13
Capitolo 1.14
Capitolo 1.15
Capitolo 1.16
Capitolo 1.17
Capitolo 1.18
Capitolo 1.19
Capitolo 1.20
Capitolo 1.21
Capitolo 1.22
Capitolo 1.23
Capitolo 1.24
Capitolo 1.25
Capitolo 1.26
Capitolo 1.27
Capitolo 1.28
Capitolo 1.29
Capitolo 1.30
Capitolo 1.31
Capitolo 1.32
Capitolo 1.33
Capitolo 1.34
Capitolo 1.35
Capitolo 1.36
Capitolo 1.37
Capitolo 1.38
Capitolo 1.39
Capitolo 1.40
Capitolo 2.01
Capitolo 2.02
Capitolo 2.03
Capitolo 2.04
Capitolo 2.05
Capitolo 2.06
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Capitolo 2.29
Capitolo 2.30
Capitolo 2.31
Capitolo 2.32
Capitolo 2.33
Capitolo 3.01
Capitolo 3.02
Capitolo 3.03
Capitolo 3.04
Capitolo 3.05
Capitolo 3.06
Capitolo 3.07
Capitolo 3.08
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Capitolo 3.10
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Capitolo 3.21
Capitolo 3.22
Capitolo 3.23
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Capitolo 3.26
Capitolo 3.27
Capitolo 3.28
Capitolo 3.29
Capitolo 3.30
Capitolo 3.31
Capitolo 3.32
Capitolo 3.33
Capitolo 3.34
Capitolo 3.35
Capitolo 3.36
Capitolo 3.37
Capitolo 3.38
Capitolo 3.39
Capitolo 3.40 - ULTIMO

Capitolo 3.15

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Oleh Corneliahale94

Erano passate due settimane dall'ultimo incontro che Sergio aveva avuto con Victoria, quello in cui lei aveva preso le sue cose e i suoi figli sparendo per sempre. Il suo cuore si era sgretolato nell'esatto momento in cui la porta si era richiusa dietro le sue spalle, e con esso ogni voglia di vivere.

Aveva preso un permesso per evitare gli allenamenti e con essi la gente, le domande, le curiosità, gli occhi, il mondo intero. Quel mondo che faceva schifo e che lo stava facendo soffrire.

Si era finto malato per poter stare a casa, sdraiato su quel letto ormai così gelido, a fissare il muro. Infondo non sarebbe potuta finire altrimenti - lui aveva sbagliato e doveva pagarne le conseguenze. Questa volta però era diverso, Victoria non lo avrebbe perdonato. Mai. Il tradimento era una cosa che non avrebbe mai potuto sopportare specialmente da lui, specialmente dopo averlo sposato e aver avuto con lui due figli.

Il suo telefono era in silenzio da settimane, anche se ogni tanto riceveva qualche sms preoccupato di Iker, o Cesc, o chi per lui. Tutti avevano saputo cos'era successo, la stampa si stava sbizzarrendo dopo aver visto Victoria entrare con i bambini nel suo vecchio appartamento in centro a Madrid, quello lasciato molti anni prima con la convinzione di non doverci più tornare.

Ad un tratto suonarono alla porta.

La madre era tornata a Sevilla subito dopo l'addio di Victoria e Sergio era rimasto solo nel silenzio dei suoi pensieri, per tutti quei giorni. Non si ricordava nemmeno l'ultima volta che aveva mangiato.

Chi poteva essere alla porta? Soprattutto per suonare così insistentemente - pensò tra sé e sé mentre costretto ad alzarsi sbuffava, scendendo le scale e arrivando alla porta.

La aprì, controvoglia, sperando di potersi sbrigare subito richiuderla e tornare a fissare il muro.

Si trovò invece davanti Iker, serio, come sempre.

Sergio lo guardò negli occhi, non disse nulla, gli diede le spalle lasciando la porta aperta.

Risalì in camera, quasi non ci fosse il suo migliore amico lì davanti all'entrata.

"Posso entrare?" domandò Iker inclinando il capo. Non aveva mai visto Sergio così, come se l'avesse preso sotto un treno in corsa.

Sergio era già salito e non aveva risposto alla domanda.

Iker scosse il capo, richiuse la porta e salì in camera.

Notò come la casa sembrava mezza vuota da quando non c'erano più i bambini, né Victoria. Erano tutti abituati al frastuono di una famiglia e invece c'era solo silenzio pesante come piombo.

Si appoggiò allo stipite della porta: la casa era un disastro, il letto disfatto, le tapparelle abbassate, poca luce filtrava dalle finestre ed era tutto sotto sopra.

Iker si guardò intorno.

"Se Sara vedesse questo disastro ti farebbe mettere a posto in dieci secondi!" provò a sdrammatizzare, ma non ci riusciva. Sergio era impassibile, non sembrava nemmeno lui.

Il portiere si avvicinò all'amico, sedendosi sul bordo del letto.

"Deduco che tu non abbia voglia di scherzare."

"Infatti." rispose Sergio con un filo di voce.

"Oh, pensavo che non avessi più la voce!" esclamò sorridendo.

"Non mi serve la voce. Sto fissando il muro e lo fisserò per l'eternità."

"E risolvi così i tuoi problemi?" domandò, solenne.

Sergio a quella domanda voltò gli occhi guardandolo, perplesso.

"Che stai dicendo Iker?! Secondo te c'è qualcosa da risolvere? C'è la minima possibilità di risolvere qualcosa?" protestò, scaldandosi.

Iker lo guardò. - Lo stava facendo di proposito, lo stava provocando per tirare fuori un po' di carattere che sembrava aver dimenticato.

"E così? Ti arrendi?" esclamò di nuovo.

"Non si tratta di arrendersi. Si tratta di....fissare il muro." tornò al tono di voce apatico di prima, tornando a fissare il muro.

"Le palle ti sono rotolate per il campo oppure le hai ancora?!" chiese Iker, corrugando la fronte.

Sergio sbuffò. "E' inutile che continui a provocarmi" per quanto fosse devastato, a Sergio non sfuggiva nulla. Conosceva bene il suo amico e sapeva che lo stava incalzando di proposito.

"Non ti sto provocando. Sto dicendo la verità. Devi reagire Sergio. Fallo per i tuoi figli se non vuoi farlo per te."

A quella frase non rispose, si voltò dall'altra parte dandogli le spalle.

"Chiudi la luce quando esci." disse dopo poco.

Iker rimase lì seduto a guardarlo poi si alzò sospirando. Ogni sforzo era vano, non c'era niente da fare.

"Lotterai Sergio. Un giorno ti alzerai da lì e lotterai." disse prima di chiudere la porta dietro di sé.

Ines aveva appena finito di parlare al telefono con sua cugina. Da quando le aveva raccontato cos'era successo e come si erano evolute le cose, chiamava Victoria ogni giorno per sapere come stesse. Inutile dire quanto fosse devastata e quanto nascondesse tutto dietro un sorriso di pietra per non far pesare la situazione ai bambini che apparentemente sembravano tranquilli mentre si adattavano alla nuova casa.

Alma dormiva nella sua culla, accanto a lei, mentre Victoria e Carlos giocavano silenziosi in camera.

Ines era lì, in silenzio, a fissare la televisione spenta: si domandava come fosse potuto succedere, come aveva potuto Sergio tradirla con la sua ex, come aveva potuto ferirla in questo modo dopo tutto ciò che era successo dopo la loro storia meravigliosa dopo i due bambini perfetti che avevano avuto. Era come se si sentisse in colpa anche lei.

I suoi pensieri vennero interrotti da Cesc che arrivò e le sorrise. Si sedette accanto a lei, lasciando che la moglie si appoggiasse a lui.

"A che pensi?" fece, dandogli un bacio sulla tempia.

"A Vicky." sbuffò.

"L'hai sentita?"

"Sì. Poco fa."

"E come sta?"

"Sotto un treno. Come vuoi che stia.."

Cesc la guardò un momento poi la strinse a sé con un abbraccio.

"Hey, smettila di pensare che sia colpa tua" fece il marito, conoscendola bene.

Ines si strinse nelle spalle. "Non lo so è che..è tutto così strano..perché l'ha fatto? Perché..?"

"Il guaio è che non lo sa nemmeno lui" osservò Cesc. "Ma vedrai che si sistemerà tutto."

"E come?! Victoria è furiosa e fa bene, Sergio non ha diritto di replica, si allontaneranno e.."

"Ci sono i bambini di mezzo. Non può finire così. Sono una famiglia e si amano, Sergio la ama forse più di prima e Victoria..lo amerà di nuovo."

"Tu dici? Conoscendo Vicky gli darà fuoco all'Audi."

"E poi lo amerà di nuovo." disse convinto.

In quel momento prima che Ines potesse aggiungere altro, il telefono che teneva tra le mani squillò.

"Chi è?" fece Cesc perplesso,.

"Iker" disse incredula Ines.

Rispose.

"Pronto? Sì....sì....no...aspetta fammi controllare.." si alzò rapidamente sotto gli occhi di Cesc che non riusciva a capire cosa si stessero dicendo. Controllò la sua agenda poi riprese il telefono.

"Sì va bene. Ma..perché? Ah ah....ah ah...ah ah....ok. Speriamo. A presto, ciao." riappese voltandosi verso il marito.

"Beh?" fece lui, inarcando un sopracciglio.

"Vado a Madrid per qualche giorno. Porto dietro i bambini."

Cesc si guardò intorno. "Tutti e tre?"

"Sì, vado da Victoria devo fare..delle cose."

"Ossia?"

Ines si risedette sul divano e iniziò a spiegare al marito la conversazione con Iker.

Erano ore ormai che Victoria stava seduta di fronte al computer. Tornata da Londra, aveva deciso di dedicarsi solamente al lavoro e ai suoi figli. Portati all'asilo di prima mattina, era arrivata in anticipo al lavoro e si era chiusa nel silenzio del suo ufficio a correggere il reportage prima della presentazione ufficiale.

Leggeva certo, ma non si ricordava nemmeno cosa stesse leggendo. Intere frasi che sembravano righe nere sul foglio bianco, la sua testa era ovviamente altrove. Provava a non pensarci, provava a concentrarsi sul lavoro ma ogni suo sforzo era invano. Tornava a quella mattina in cui aveva letto l'articolo, tornava a quando era andata a Glasgow, tornava a quando aveva portato via i bambini da casa, tornava a quando aveva detto a Sergio di odiarlo.

Gli aveva detto ogni singolo giorno di amarlo con tutta se stessa in ogni azione in ogni momento con ogni respiro e poi, aveva infranto tutto, dicendo di odiarlo. Sospirò prima che la porta si aprisse ed entrasse il postino della redazione.

"Buongiorno signor Jeronimo" sorrise Victoria guardando il vecchio postino ormai una colonna portante dell'ufficio.

"Oh signora Ramos buongiorno" fece lui, gentile come sempre.

Victoria abbassò gli occhi, sospirando. Signora Ramos. Le rimbombò quel nome nelle orecchie: ormai la chiamava così da sempre, la chiamavano tutti così e in quel momento un brivido le aveva percorso la schiena.

"Mi chiami Victoria, la prego" commentò.

Jeronimo sorrise poi appoggiò una busta bianca sul tavolo. Un nome, il suo nome, scritto in nero in fronte alla busta, come unico riferimento.

"Cos'è?" chiese perplessa.

"Ah il postino porta la busta, e basta. Non sa altro!" fece prima di uscire e salutarla sollevandosi il cappellino.

Victoria sospirò, rimasta di nuovo sola, aprì la busta che teneva tra le mani e ne lesse il contenuto.

Al centro di un foglio bianco c'era scritto:

Io aspetto la mia rosa bianca di fronte alla Puerta del Sol alle dieci e venti questa sera..

Rosa bianca? ...Rosa Bianca..... - ci pensò guardando in alto. Poi se ne rese conto. La rosa bianca quella del mazzo di fiori buttato via il giorno dopo il ritorno di Glasgow.

Sergio? Dopo tutto quello che era successo ancora le scriveva biglietti del genere? O forse uno scherzo? Il mazzo di fiori era di Sergio, non poteva essere di nessun altro...

Scostò la sedia, andando alla finestra - dall'altezza dell'edificio si poteva vedere infondo la Puerta del Sol. E se fosse stato davvero Sergio? I due non avevano niente da dirsi. Tanto meno di fronte alla Puerta del Sol che era uno dei luoghi preferiti da Victoria.

"Ma perché lavori così tanto?!" una voce dietro di sé la fece sobbalzare.

Si voltò e si trovò davanti sua cugina Ines. Le sembrò un miraggio l'aveva sentita al telefono solo il giorno prima ed era a Barcellona.

"Ines?!?!?" esclamò sgranando gli occhi. Era da prima della partenza per Londra che non la vedeva di persona.

Le corse incontro, abbracciandola forte: lei era l'unica al mondo che poteva capirla anche in quella situazione.

Fece cadere la busta che aveva tra le mani in borsa e si concentrò sulla cugina.

"Che ci fai qui? Quando sei arrivata?"

"Poche ore fa. Avevo un po' di ferie così...sono venuta a vedere come stai e ti ho portato una sorpresa.." sorrise, tornò fuori dalla porta spingendo il passeggino di Alma all'interno dell'ufficio. Subito dopo, Victoria venne travolta dall'abbraccio dei suoi due splendidi nipotini gemelli.

"Amori miei!!!" esclamò dando un bacio anche alla piccola Alma sorridente. "E come mai con loro?"

"Sono venuta a portare un po' di allegria in questa Madrid sempre più spenta dopo che me ne sono andata a Barcellona.."

"Potete stare da me, non c'è problema. Ho la stanza degli ospiti che è praticamente un'altra casa!!" commentò entusiasta. Infondo stare con la sua famiglia sarebbe stata la cosa migliore e l'avrebbe aiutata a non pensare.

"Oh va bene! Speriamo che questi tre terremoti non facciano troppa confusione."

"Mamma io posso giocare a calcio con zio Sergio?" chiese Carlos avvicinandosi alla madre.

Ines e Victoria si guardarono un momento. Victoria sgranò gli occhi guardandosi le scarpe.

"Amore quando andiamo a casa giocate a calcio tutti assieme..zio Sergio è agli allenamenti come papà.."

Carlos non fece altre domande e si avvicinò alla sorella curiosando nelle scrivanie dell'ufficio.

"Quanto mi sei mancata" fece Victoria abbracciandola di nuovo.

Ines sorrise. "Oh anche tu tesoro! Ci sono io qui non ti devi preoccupare!" disse aprendo gli occhi e guardando verso Madrid dalle vetrate della finestra.

Quello stesso pomeriggio Iker e Ines si incontrarono a Mòstoles, lontano ad occhi indiscreti.

Mentre Nicolàs, e i bambini di Ines giocavano al parco giochi, i due si sedettero su una panchina a parlare.

"Hai detto a Cesc cosa ti ho detto?"

"Sì."

"E che ne pensa?"

"Pensa che sia...un tentativo. Ma niente di più."

"Se Sergio non vuole lottare, almeno proviamo a farlo noi no?"

"Che vuoi fare?" domandò Ines, curiosa.

Iker ci pensò. "Riflettevo con Sara e...pensavo che tu potessi..aiutare Sergio a..trovare il coraggio. Solo una come te può farcela."

Ines corrugò la fronte. "Che dovrei fare di preciso?"

"Dovresti...andare a parlare con lui."

"Se lo vedo lo strangolo però." commentò, scura in volto.

"Tutti vorrebbero strangolarlo ma non è così che si risolve. Non meritano di soffrire, né loro, né Sofia né Andrés."

"Eh lo so, ma Sergio se l'è cercata!! Io come posso parlargli? Per dirgli cosa?"

"Tu..prova a farlo ragionare magari trova la forza di rialzarsi. Sono andato a trovarlo, pochi giorni fa, sembrava prossimo a tagliarli le vene. La sua attività preferita è diventata fissare il muro. Ti dico solo questo."

Ines inarcò le sopracciglia, impressionata. "Mister Flamenco che fissa il muro? No c'è qualcosa che non va."

"Esatto! Anche se ha tutte le colpe del mondo, non può lasciare tutto...non può essere così passivo. Non posso vedere i miei amici soffrire così."

Ines si morse un labbro, pensandoci bene. Poi prese la borsa e si alzò.

"Ok. Ora io vado da lui. E vedo cosa posso fare. Tu intanto...pensa ad un piano B perché mi sa che non farò molto successo."

Iker le appoggiò una mano sulla spalla. "Ce la fai Ines! Tu hai la personalità che ci serve."

Ines sospirò. "Dovrò tirare fuori tutta me stessa. Il lato di me che Cesc odia." soggiunse.

Iker le sorrise. "Aspetto notizie."

"Non ti prometto niente. Ma ci proverò."

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