Tutto quello di cui ho bisogno

By AlessiaSanti94

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Quando Nadia ha lasciato Roma per tornare al paese natale, si è portata dietro un cuore spezzato e tanta frag... More

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2 Anni dopo.
Capitolo 1.
Capitolo 2.
Capitolo 3.
Capitolo 4.
Capitolo 5.
Capitolo 6.
Capitolo 7.
Capitolo 8.
Capitolo 9.
E se vi dicessi... Nuova storia?
Capitolo 10.
La Nuova Storia è stata pubblicata!
Capitolo 11.
Capitolo 12.
Capitolo 13.
Capitolo 14.
Capitolo 15.
Capitolo 16.
Capitolo 17.
Capitolo 18.
Capitolo 19.
Capitolo 20.
Capitolo 21.
#AskAle
Capitolo 22.
Capitolo 23.
Capitolo 24.
Capitolo 25.
Capitolo 26.
Capitolo 27.
Capitolo 28.
Capitolo 29.
Capitolo 30.
Capitolo 31.
Capitolo 32.
Capitolo 33.
Capitolo 34.
Capitolo 35.
Capitolo 36.
Capitolo 37.
IMPORTANTE!
Capitolo 38.
Capitolo 39.
Capitolo 40.
#AskYourCharacter.
Capitolo 41.
Capitolo 42.
Capitolo 43.
Capitolo 44.
Capitolo 45.
Capitolo 46.
Capitolo 47.
Capitolo 48.
Capitolo 50.
Capitolo 51.
Capitolo 52.
Capitolo 53.
Capitolo 54.
Capitolo 55.
Capitolo 56.
Capitolo 57.
Capitolo 58.
Capitolo 59.
Epilogo.
Capitolo extra + anticipazioni
Ringraziamenti
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Capitolo 49.

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By AlessiaSanti94



La settimana successiva all'incidente a casa di Diego, Nadia tornò a vivere le sue giornate in piena tranquillità: l'episodio del bacio era stato solo un evento isolato e archiviato, e le cose tra lei e Mattia erano tornate a funzionare senza battibecchi. Entrambi avevano superato il fastidio iniziale, perché Diego era fatto così. Non poteva essere piegato di fronte alla volontà altrui, ma non poteva nemmeno spezzarsi. Era un pezzo di ferro arrugginito: pieno di ammaccature, ma ancora molto, molto resistente. Purtroppo la sua tenacia di mente la utilizzava perlopiù per idee stupide e comportamenti da vero idiota. Ma era fatto così e non sarebbe cambiato, quindi, tanto valeva metterci una pietra sopra.

Ovviamente Mattia aveva evitato di incontrarsi con lui per i corridoi della L.U.S.I durante tutta la settimana. L'aveva presa con saggezza, ma non così tanto. La voglia di spaccargli qualche dente, in realtà, era ancora presente come all'inizio, annidata nella sua testa come un rampicante ben radicato. Soltanto che aveva evitato di rendere il loro litigio più lungo e stressante. Era consapevole che discutere con Diego non lo avrebbe mai portato da nessuna parte. Nadia gliene era stata grata, e adesso tra loro le cose andavano alla grande: si vedevano più spesso e in pubblico, uscivano insieme tra una pausa studio e l'altra ed erano felici. Erano felici come non lo erano stati da parecchio tempo. Senza preoccupazioni, né ansie. Erano convinti che i problemi li avrebbero abbattuti, loro, e che niente li avrebbe più potuti fermare, specie dopo la prova di resistenza con la quale Diego li aveva messi alla prova. Andava tutto bene e loro erano felici.

Questo, ovviamente, aveva avuto dei riscontri positivi anche sull'università: quella mattina, Nadia aveva appena terminato un'intensa sessione d'esame di Storia della Letteratura. Aveva studiato per ore e ore, durante il mese scorso, e aveva anche pensato di non potercela fare. Ma Mattia e Ada l'avevano convinta a tentare. Per questo motivo adesso saltellava allegramente fuori dalla stanza in cui si erano tenuti gli orali. Il suo esame era andato benissimo, a parte alcune incertezze inziali e la continua sensazione di avere la gola secca e il cuore in procinto di scoppiare. Il professore le aveva fatto diverse domande, ma lei aveva risposto a tutte, argomentandole come più poteva. Lui le aveva sorriso con fare soddisfatto e anche un po' fiero e le aveva verbalizzato con orgoglio il voto sul libretto universitario.

Adesso, quindi, voleva festeggiare. Avrebbe chiamato Mattia e mandato un messaggio ad Ada, sicuramente impegnata nella clinica. Magari sarebbero usciti insieme a Bruno per prendersi un gelato, quella sera. Ma prima doveva fare una cosa molto più importante: si portò una mano sullo stomaco e cercò di placare i gorgoglii e i rumori della fame. Non metteva qualcosa sotto i denti dalla colazione e ora, alle tredici e dieci di una giornata piuttosto nuvolosa, sentiva di poter svenire se non lo avesse fatto.

Quando arrivò all'edifico della mensa varcò le porte scorrevoli senza guardarsi troppo attorno: puntò dritta al self service di carne e verdura e mise nel vassoio una mela verde e una bottiglietta di acqua naturale. Si fece riempire il più possibile i piatti dalla signora dietro al bancone e in più aggiunse anche un dolcetto al cocco. Il buco di stomaco che aveva, alla vista del cibo, si stava trasformando in un'immensa voragine nera.

Con lo sguardo puntò ai tavoli, cercando di captarne qualcuno libero in una zona tranquilla. Sospirò, quando vide l'afflusso di studenti entrare e uscire dalla mensa in continuazione. Quella era l'ora di punta e cercare un posto in tranquillità sarebbe stata un'impresa titanica. A meno che...

Nadia si voltò di scatto, cambiando di punto in bianco le sue mire: spostò gli occhi sull'angolo della mensa semivuoto, lasciato appositamente libero per i ragazzi della L.U.S.I più facoltosi. Adocchiò rapidamente la zona dove era solita sedersi con Mattia e si avviò in fondo alla grande stanza: anche laggiù diversi tavoli erano stati già occupati, ma il confronto non reggeva in alcun modo il paragone. Con la coda dell'occhio scelse un tavolino vicino all'uscita, un punto tattico per passare il tempo mentre mangiava e si mise seduta, poggiando il vassoio sulla superficie traslucida. Gettò la borsa a terra e concentrò tutte le sue attenzioni sul pasto.

Mentre mangiava si rilassava guardando gli studenti che le passavano accanto. Lasciò vagare la mente, infilzando con la forchetta il petto di pollo, e si chiese dove fosse in quel momento Mattia. Da come le aveva detto, quella mattina era impegnato a sbrigare le ultime pratiche bancarie per riscuotere i fondi destinati al suo corso, quindi non era venuto al campus.

Per sbaglio Nadia urtò la bottiglietta d'acqua, che cadde fuori dal vassoio e piombò a terra, sul linoleum della mensa. L'attimo dopo, tirò indietro la sedia per sporsi a raccoglierla. Quando si chinò con la schiena, notò proprio dietro di lei un paio di tacchi rosso fuoco, fermi a pochi centimetri dal suo volto. La ragazza era ferma, alle sue spalle, così raccolse la sua bottiglietta da terra e mormorò uno "Scusa" impacciato, prima di tornare a sedersi in maniera composta.

«Posso?» La tipa dai tacchi rosso fuoco le scivolò sinuosamente al fianco e indicò la sedia libera dall'altro lato del tavolino.

Nadia sussultò e alzò meccanicamente gli occhi. «Anita... Vuoi discutere ancora sulla legittimità del sedermo qui pur non avendo il sangue blu come il vostro?»

«Non ti ho detto di andartene. Ho chiesto se posso sedermi con te.»

A quel punto Nadia si voltò istintivamente verso il resto dell'ala riservata della mensa. Se Anita De Longhi era arrivata al punto di chiederle se potesse sedersi accanto a lei, voleva dire che non c'era più nemmeno un posto libero. Ma rimase stupita nel vedere che nella mensa ci fossero ancora parecchie sedie vuote. Si voltò di nuovo verso la ragazza bionda e corrucciò le sopracciglia. «Ci sono un sacco di tavoli liberi.»

«Lo so. Ma volevo parlarti, e... be', ti ho incontrata qui. Allora, posso sedermi o devo aspettare ancora per molto?»

Nadia annuì e scansò il vassoio da davanti. Improvvisamente le era passato l'appetito. Poggiò i gomiti sul tavolo e fissò Anita con fare critico: c'era qualcosa in lei di diverso. Non sembrava più avere la solita espressione da strafottente viziata, ma dava l'idea di essere turbata da qualcosa. Anche il suo aspetto fisico rifletteva un po' quel suo stato fuori da canoni: i capelli erano sciolti e tirati da un lato, senza pettinature eccessive, e il volto era quasi del tutto struccato, a eccezione di un filo di mascara sulle ciglia e un ombretto chiaro sulle palpebre. Aveva dei solchi violacei sotto agli occhi. Non erano marcati, ma si vedevano, e rendevano il quadro complessivo diverso da quello dell'impeccabile Anita De Longhi.

«Di cosa mi volevi parlare?» domandò infine, rivolgendole completamente l'attenzione. Non si sentiva a suo agio con lei, non dopo gli ultimi avvenimenti con Mattia. Alla fine era pur sempre la sua ex ragazza, e avevano troncato il loro rapporto a causa del suo ritorno a Roma. Se avesse provato dell'astio nei suoi confronti sarebbe stata in parte giustificata.

Anita si mosse sulla sedia e poggiò la pochette con il cellulare sulle cosce. Sembrava a disagio e si guardò più volte intorno a sé. Poi tornò a fissare Nadia, accennando un sorriso così flebile da apparire quasi inconsistente. «Come vanno le cose tra te e Mattia? Ecco... io e lui non parliamo molto, adesso che non stiamo più insieme. In realtà sono io a non volerlo fare, perché, insomma, mi sento a disagio... Ho come l'impressione che provi pietà per me.»

Nadia squadrò le sue parole da tutte le angolazioni possibili. Anita le stava davvero parlando amichevolmente? Dopo tutto quello che avevano passato? Strinse gli occhi, scettica, e tornò a spiluccare con la forchetta il piatto di spinaci. «A gonfie vele, direi. Credo che adesso nessuno ci metterà più i bastoni tra le ruote», vangò il territorio, per mettere in chiaro fin da subito quale fosse la sua posizione adesso.

Ma Anita sorrise ancora, stavolta con più enfasi. «Sono contenta che Mattia abbia trovato un po' di pace. Se la merita davvero.»

«È vero, se la merita. Ma la merito anche io, dopotutto, non trovi?» Nadia continuò a indagare, con delle domande poco specifiche ma mirate a captare qualsiasi nota stonasse nel suo discorsetto preimpostato.

«Immagino di sì. Ma credo di aver capito che nessuno meriti di passare una vita d'inferno.»

«Voi mi avete fatto passare una vita d'inferno in quei mesi al Machiavelli, Anita. Cos'hai da dire al riguardo?»

«Che mi dispiace. So che quel che è fatto è fatto, ma non farei più niente del genere a nessuno... se non per giuste cause. Credimi.» Anita la fissò e strinse tra le mani il cellulare. Sembrava nervosa e anche Nadia si sentiva allo stesso modo.

«Credi davvero che ci siano giuste cause che giustifichino dei comportamenti sbagliati?»

«Non sto cercando delle giustificazioni per come mi sono comportata in passato, Nadia. Non avrebbe più senso farlo ora, non trovi?»

«E allora qual è il punto del discorso? Perché faccio fatica a seguirti.»

«Che tutti possono sbagliare, nella vita. Lo avrai fatto anche tu.»

«Sì, ma dagli errori si deve anche imparare. Altrimenti non cambierà mai niente», rettificò Nadia, replicando al botta e risposta.

Anita tentennò e arricciò le labbra, torturandole tra i denti. «Alcuni sbagli non dipendono da noi. A volte... a volte sono le circostanze a indurci nell'errore. Non possiamo farci niente.»

«Oh, io credo che possiamo farci sempre qualcosa, invece. Dipende tutto da noi.» Nadia indurì lo sguardo e lasciò cadere la forchetta nel piatto. L'acciaio cozzò con il vassoio di plastica e produsse un suono sgradevole. «Sono passati due anni, Anita. Non puoi svegliarti improvvisamente una mattina e pentirti di tutto quello che hai fatto. Alcune conseguenze sono destinate a restare, proprio come le cicatrici sulla pelle. Non le fai mai volontariamente ma il segno resterà per sempre, che tu lo voglia o meno.»

Anita annuì, con il respiro tremante, e accennò un sorriso incerto. «Lo so. Spero che un giorno tu capirai e riuscirai a metterci una pietra sopra. >

«Ci rifletterò su.» Nadia sospirò e rimase con le difese alte. Non doveva mostrare più il suo lato umano ad Anita. L'ultima volta che l'aveva fatto ci aveva rimesso la faccia, le speranze e la dignità «C'è altro che devi dirmi?»

Lei alzò gli occhi fino a farli incrociare per un breve secondo con quelli di Nadia. Li riabbassò subito verso il tavolo, come se si sentisse profondamente turbata dal mantenere un contatto visivo. Come se avesse paura che in quel momento potesse leggerla dentro. Così tornò a fissare la superficie unta del vassoio, incrociando in modo convulso i piedi e mordendosi l'interno delle guance. Rimase in silenzio per una manciata di secondi, con lo sguardo fisso nel vuoto e completamente spento. Alla fine si schiarì la voce e si mise a controllare la manicure, per assicurarsi che fosse ancora perfetta. «In realtà qualcosa ci sarebbe...» mormorò, quasi in un sussurro confidenziale.

Nadia rimase impassibile e si portò le braccia sul petto. Il pranzo ormai si era freddato, così come anche la sua voglia di mangiare in pace. Continuava a non comprendere appieno l'atteggiamento suscettibile e restio della compagna, al punto da sentirsi disorientata... sotto attacco, sotto certi punti di vista. Fece un gesto della mano eloquente per invitarla a proseguire il discorso.

«Ecco... Ho saputo quello che è successo a casa di Diego. Sai, le voci corrono in un attimo, qui.»

Nadia aguzzò la vista. «Lo so, Anita. Scrivo per il giornale della L.U.S.I, quindi vengo spesso a contatto con gossip di tutti i tipi. Cosa c'entra questo?»

«È stato davvero un colpo basso. Quello di Diego, intendo», continuò lei, sempre con gli occhi bassi e turbati. «Lo sa tutto il Campus che adesso stai con Mattia, e non gliene è importato niente. Davvero privo di tatto.»

Nadia si mosse sulla sedia, tesa. «Sai cosa è davvero privo di tatto? Che io parli con te di questa storia. Ho già avuto modo di chiarire quel che è successo con Diego e con Mattia, e adesso è una faccenda archiviata.»

«Anche se sono passati gli anni resta sempre il solito idiota, eh?» Anita rise, ma nei suoi occhi rimase incastonato un barlume di oscurità, sufficiente a incupire l'intero volto. Tutto, in lei, emanava vibrazioni negative a pelle. «Però, quello che mi stavo chiedendo è come mai tu abbia accettato di lavorare per lui. Insomma, il mondo è pieno di occasioni, ma rimettersi nelle mani di Diego Neri... non lo so, lo definirei azzardato

«Ho avuto i miei validi motivi per accettare la sua richiesta.»

«Ma perché proprio lui?»

Nadia esalò un sospiro spazientito e decise di cedere. Non aveva idea del motivo per cui la compagna stesse indagando così a fondo, ma continuare con quella politica di ostruzionismo non l'avrebbe portata da nessuna parte. Alcuni devono faticare, per tornare con il sorriso a casa.»

Anita resse lo sguardo e indugiò per qualche breve secondo. «Quindi dopo quello che è successo con Diego, non hai lasciato il posto di lavoro? Sul serio?»

«No. No, non l'ho lasciato!» esclamò Nadia, sempre più infastidita dal suo terzo grado. «Avevo bisogno di quei soldi. Continuo ad avere bisogno di quei soldi. Lo so, non è la scelta giusta, avrei potuto comportarmi diversamente... ma non l'ho fatto.»

Anita si portò di nuovo le mani sulle cosce e le congiunse nervosamente. Si passò i palmi sulla stoffa, come se le avesse sudate. «Perciò, sei interessata solo ai soldi.»

«Non è del tutto così», replicò Nadia. «Mi piace lavorare in quella casa. È gratificante, a parte le intromissioni sconsiderate di Diego.»

«Diego, Diego, Diego... Sei sicura che non ci sia altro, tra voi due? A volte ho come l'idea che tu abbia accettato quel lavoro solo per potergli stare tutto il giorno alle calcagna», ammise Anita, abbozzando un sorriso incerto.

Nadia sgranò gli occhi. «Ma che diavolo stai dicendo? Sai benissimo che non è vero!»

«Lo so davvero? Allora, c'è qualcosa che non torna nella tua versione. Lo fai per i soldi o lo fai per Diego?»

«Perché ci tieni tanto a saperlo, Anita? Perché vuoi farmi sembrare più materialista e cattiva di quanto non lo sia realmente?»

«Curiosità. Sfamala, e me ne andrò. Hai accettato il lavoro per i soldi o per Diego?»

Nadia strinse i bordi del tavolo con foga e sbuffò, paonazza in volto. «L'ho fatto per i soldi, okay? Mi servivano, e l'ho fatto per quello. Ma non mi sento in colpa... non ho rimorsi. Ne avevo bisogno davvero, quindi l'ho fatto. Sei contenta, adesso?» esclamò, a voce alta.

«Wow... Non mi aspettavo questo genere di confessione da una come te. Mattia è a conoscenza di questo tuo lato... materialista? Credo che rimarrebbe profondamente deluso dalla tua perdita di purezza morale.»

«Non è necessario che Mattia lo sappia, come non è necessario che lo sappiano altri, Anita», replicò Nadia, stizzita. «Cosa farai, ora che hai scavato a fondo come una talpa e hai ottenuto il tuo bel trofeo scintillante? Lo andrai a rivelare a tutto il campus? Mi getterai altro fango addosso? Sentiamo

Anita scosse la testa e chiuse gli occhi, ritraendosi sullo schienale della sedia. La sua espressione era compiaciuta e combattuta allo stesso tempo, come se dentro di sé si stesse svolgendo una sanguinosa lotta intestina. Alla fine sospirò e si morse il labbro inferiore. «Niente», ammise, in tono convinto ma vagamente preoccupato. «Era solo... Volevo solo sapere la verità.»

«Bene, adesso che l'hai saputa puoi anche andartene, vero? O vuoi tirarmi fuori altre mezze verità?»

Anita si alzò in piedi meccanicamente e strinse il cellulare in una mano e la borsa nell'altra. Aveva le nocche bianche, quasi quanto il colorito del suo volto in quel momento. Dall'esterno, avrebbe dato l'impressione di essere in procinto di svenire per un calo di pressione. «No, certo. Me ne vado», farfugliò. «Mi dispiace di averti disturbato»

«Ti dispiace per avermi disturbata, certo...» Nadia rise tra sé e sé con freddezza. «Come se non lo avessi già premeditato di parlarmi. Lo sai qual è il problema serio, Anita? È che tu sei perfettamente consapevole di fare del male alle persone. Ogni tuo atteggiamento, ogni tuo pensiero... è volto a ferire chi ti sta attorno. Vuoi fare la cattiva e ti riesce alla grande. Ma non provare a interpretare la parte della vittima... è una maschera che non ti calza affatto bene.»

Anita sussultò al tono freddo e distaccato della compagna. Rimase zitta, a subire il suo attacco, assorbendo uno alla volta il significato di quelle parole. Accusò il colpo e ne rimase profondamente lesa. «Una maschera...» ripeté, ondeggiando leggermente la testa. «Non ho più maschere da indossare ormai. Credo di averle rotte tutte. E alla fine vuoi sapere cosa ci ho trovato sotto?» Fece una breve pausa e sorrise in un modo mostruosamente piatto e triste. «Niente. Sotto le mie maschere, non c'è mai stato niente, Nadia.» Scosse la testa e si allontanò dal tavolino senza dire altro. Senza dare un senso a quelle parole.

Nadia rimase a fissarla, spiazzata, mentre raggiungeva l'uscita della mensa. Forse restò in apnea per qualche secondo, scordandosi persino di saper respirare, e attuò ogni strategia possibile per capire cosa diamine fosse passato per la testa di Anita in quegli ultimi momenti. Provò a decriptare le sue frasi, le sue espressioni tirate e fin troppo impostate, ma non arrivò ad alcuna conclusione: capì solo che qualcosa in lei si era incrinato. Non aveva la minima idea di cosa fosse, né di quando fosse accaduto, ma c'era. C'era sempre una falla nel sistema, e alcune volte non era nemmeno così difficile scovarla. Forse Nadia ci sarebbe potuta riuscire, se solo avesse grattato via lo strato superficiale delle parole di Anita, anziché prenderle con leggerezza. Ma non lo fece. Non in quel momento. Spostò lo sguardo sulla ragazza, ormai di fronte alle porte scorrevoli della mensa, e la vide passarsi una mano sotto agli occhi, mentre con l'altra tenere sempre stretto il cellulare. Per un attimo le sembrò che avesse scosso la testa, con lo sguardo basso volto a evitare ogni contatto personale, ma poi era scivolata via, racchiusa in un alone di anonimato che non era affatto da lei.

Nadia sbatté le palpebre e si rese conto di avere il respiro concitato. Così bevve un sorso d'acqua dalla bottiglietta e spostò meccanicamente lo sguardo sul corridoio della mensa. Aveva bisogno di lasciar vagare la mente e non pensare più alla discussione avuta con Anita. Ma non fece nemmeno questo, perché la sua attenzione venne attirata per un breve attimo dal passaggio di due persone a pochi metri da lei: Leonardo le sfilò accanto, mano nella mano della stessa ragazza con la quale si era presentato durante la partita delle Aquile, con un'espressione rilassata e allegra. Stava ridendo, come se la presunta fiamma le avesse appena raccontato qualcosa di divertente, e quando i loro sguardi s'incrociarono, il suo sorriso si allargò. Leonardo la salutò con un cenno del mento appena visibile e uscì dalla mensa proprio come aveva fatto Anita qualche minuto prima.

C'era sempre una falla nel sistema. 


Angolo dell'autrice. 

Capitolo strano, lo so. Confuso, enigmatico, simbolico. Ma è tutto calcolato, fidatevi. Questa "discussione" tra Nadia e Anita sarà uno dei punti chiave che ci ritroveremo alla fine della storia, in un modo o nell'altro. In un modo o nell'altro... Le parole sono importanti, sapete? 

Cosa ne pensate di quello che si sono dette? Avete già delle teorie? Cosa nasconde Anita?

P.S. Preparate i vostri animi per il prossimo  capitolo. Preparatevi forte. Preparatevi psicologicamente. E sapete che quando dico così, o sta per accadere una cosa molto bella, o sta per iniziare un disastro colossale. O magari, entrambi

Bacibaci, -Ale :]

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