WATERS - l'ultima goccia di te

By writingscintille

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Quando Olivia si ritrova ad essere da sola per colpa di Emma, tutta la rabbia la scaglia contro di lei e il s... More

La Storia
Prologo
Olivia
Olivia
Olivia
Olivia
Olivia
Emma
Olivia
[Ben]
Olivia
[Matt]
Olivia
[Sara]
Olivia
[Jen]
[Eddie]
Olivia
[Olivia]
Olivia
[Emma]
Olivia

Olivia

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By writingscintille

«Hai mai ascoltato Bach?», chiese rompendo il silenzio.

«Certo», risposi, spostando leggermente la testa verso di lui, «Ho studiato il '700 al secondo anno».

Lui restò con lo sguardo fisso al cielo, e non si voltò verso di me in nessun momento quando parlò ancora.

«L'hai studiato a scuola?», disse, quasi con un tono di indignazione, «Non hai capito la domanda allora. Hai mai ascoltato Bach? Ascoltato per bene?»

«No», sussurrai con vergogna, dubitando dell'importanza che potesse avere.

Ben restò con lo sguardo verso le stelle, verso l'infinità del cielo, e notai come gli si rilassavano i muscoli delle braccia non appena iniziò a parlare di musica.

«Bach ebbe una vita di merda: un'infanzia di merda, un'adolescenza di merda, e una vita da adulto di merda». Voltai lo sguardo verso di lui con la fronte aggrottata, ma restai zitta. «Nonostante tutto però, riuscì ad andare avanti. Non lo fece da solo. La musica lo salvò; la musica e Barbara».

«Sua moglie?», chiesi con un filo di voce, e lui fece cenno di sì con la testa, ma restò immobile ancora per qualche secondo prima di aprire bocca di nuovo, lì, disteso con le gambe tese e le mani sotto la testa, occhi fissi in alto.

«L'Amore della sua vita», affermò in un sussurro. E io mi voltai, attenta alla luce di quella luna di aprile.

«Com'era lei?», chiesi nascondendo la mia curiosità.

«Lei era la cosa che amava di più al mondo; bella e gentile, ma anche forte e determinata», proseguì: «un giorno, però, lei morì.»

«Tutti quanti moriamo», riflettei a voce alta.

«Sì. Ma lei era l'amore della sua vita», ribatté lui. «E il vuoto che gli lasciò dentro fu inimmaginabile».

«Come fai a sapere come si sentisse?», gli chiesi allora.

«Come fai tu a non saperlo?», rispose, e mi rivolse uno sguardo prima di voltarsi di nuovo, «La Ciaccona».

«Che cosa?»

«Mi hai chiesto come faccio a sapere come si sentisse», disse, «La Ciaccona».

«Lo scrisse per lei», affermai; e lui chiuse gli occhi.

«Verrai con me?», domandai piano, e nel vedere che non rispondeva, mi spiegai: «Al lago».

Iniziò a canticchiare la melodia, e anch'io chiusi gli occhi, lasciandomi trascinare nel mondo che Sebastian Bach aveva creato, privo di indifferenza e pieno di sentimiento.

«Ben, Ollie, no riesco a dormire», si udì dal portico della casa dei Waters.

Allora il ragazzo che avevo accanto si alzò di botto e si diresse verso il fratello.

«Hai fatto un brutto sogno?», chiese. «Ancora?»

Il bambino annuì, e lo riaccompagnammo dentro; ma questa volta Ben lo prese in braccio e lo portò nella stanza davanti a quella di Em.

Quando entrai, mi sorprese vedere che non fosse cambiato nulla: stessi poster dei Nirvana e Oasis; stessa chitarra sul piedistallo; stesso stereo; stessa collezione di vinili e di libri: tutto come prima. L'unico cambiamento che riuscii a notare fu la mancanza della foto che avevamo noi due con Emma sulla sua scrivania; ci misi un po' a scoprire dove l'avesse nascosta, ma la ritrovai sulla tavoletta da notte, facendo così sparire la paura che l'avesse tolta, come le foto della "pianta" principale di quella casa, che erano state rimosse per il dolore che infliggevano a queste persone.

Speedy si mise sotto le coperte, in mezzo al grande letto matrimoniale ancora fatto, e il fratello maggiore si avvicinò alla sua collezione musicale. Tolse un disco mentre io mi sfilavo le scarpe e mi stendevo accanto a lui, al di sopra delle lenzuola; e mi girai verso la giovane faccia di quell'adorabile bambino. Il suo volto però, sembrava quasi spento del tutto, e non seppi come reagire; così lo strinsi forte tra le braccia e lo baciai in fronte.

In quel momento iniziò a mancarmi da morire, e anche se ce l'avevo accanto, mi mancò come mai prima. Sembrava fosse lontano chilometri da me; sembrava non sarebbe tornato come prima.

«Gli piace mettermi una partita per violino, quando non riesco a dormire», mi sussurrò il piccolo senza farsi sentire: «crede di farlo solo per me, ma anche lui ne ha bisogno a volte».

Mi venne la pelle d'oca nel sentire quelle tristi parole uscire dalla bocca di qualcuno talmente giovane, talmente innocente. Non potevo neanche immaginare quello che gli passava per la testa allora, e quantomeno ciò che gli era passato per la testa nelle ultime settimane.

Era un bambino così allegro, così dolce, che nessuno avrebbe potuto immaginarlo rotto dentro, spezzato dal dolore.

Ma in quel momento ne fui capace: vidi attraverso quei piccoli occhi verdi il terrore che avevo visto ogni giorno da quell'inverno nel mio riflesso; vidi le sue silenziose lacrime alla cerimonia; vidi i suoi singhiozzi nella notte in cui mi ero presa cura di lui; e vidi tutto ciò che aveva tenuto nascosto dietro a quel mezzo sorriso che aveva ereditato dal padre e dal fratello.

Lo strinsi ancora più forte e, nel sentire la melodia di Bach suonare nella stanza, chiuse gli occhi. Io feci altrettanto e,  pochi secondi dopo, sentii il peso di Ben dall'altra parte del materasso.

Mi concentrai sulla musica; sulla musica e sulla respirazione affannosa di entrambi i miei ragazzi, con i quali mi sentivo al sicuro da tutto; e mi addormentai immaginando il corpo di Em dormendo ai piedi del letto, con noi, come prima.

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