WATERS - l'ultima goccia di te

By writingscintille

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Quando Olivia si ritrova ad essere da sola per colpa di Emma, tutta la rabbia la scaglia contro di lei e il s... More

La Storia
Prologo
Olivia
Olivia
Olivia
Olivia
Emma
Olivia
[Ben]
Olivia
[Matt]
Olivia
[Sara]
Olivia
[Jen]
Olivia
[Eddie]
Olivia
[Olivia]
Olivia
[Emma]
Olivia

Olivia

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By writingscintille

Anche dopo tutto quello che era successo, dopo tutto quello che minacciava di spegnere la vecchia Olivia che c'era ancora in me, decisi di alzarmi e di andare avanti; come mia madre diceva, le cose buone accadono solo sulla base del fatto che le cose brutte accadano. Grazie per i preziosi consigli, mamma. Terrò conto delle tue parole, e molto.


Così spensi l'allarme del cellulare e mi alzai dal letto. Andai in cucina in pigiama e a piedi nudi, aprii il frigo, e afferrai la bottiglia di plastica di succo d'arancia, bevendone un po' direttamente dal contenitore.

«Olivia Wayne! Quante volte ti ho detto che i bicchieri sono stati inventati per qualcosa?», ed ecco che c'era mia nonna, gridando alle prime ore del mattino e minacciandomi con il braccio alzato e un cucchiaio di legno in mano.

«Nonna! Buongiorno anche a te, cara. Come ha dormito la mia principessa di oggi?»

«Ma quale principessa! Facendo di leccapiedi non arriverai lontano. Moneta al barattolo!», gridò, indicando il barattolo di vetro su uno scaffale con "Parolacce" scritto su di esso con il cucchiaio benedetto.

«Ma nonna, non ho detto nessuna parolaccia!», le dissi scherzosamente.

«Questo lo so, ma bere dalla bottiglia senza pensare alle altre persone che vivono in questa casa è quasi peggio. Quindi, da ora in poi, questa nuova regola è incorporato in questa casa», rispose energicamente.

«Nonna, tanto per ricordartelo, in questa casa siamo in tre, e siccome dobbiamo sopravvivere insieme, non è possibile fare una sommossa e scegliere le regole come si desidera. Inoltre, di noi tre, io sono l'unica a bere succo d'arancia!», le risposi, e lei aggrottò le sopracciglia abbastanza da avvertirmi che stavo andando per la cattiva strada.


«Cara mia, se questo fosse una democrazia, e non sto dicendo che lo sia, avresti perso da un pezzo, non credo che tua madre avrebbe consentito un comportamento come questo; ma, in quanto questa è una dittatura e fino a quando tu non abbia raggiunto la maggiore età e porterai dei soldi per pagare il mutuo, non sarai certo tu a decidere le regole; finché tu vivrai sotto questo tetto, la tua cara nonnina si prenderà cura di rimproverarti e di richiedere denaro ogni volta che farai cose stupide come questa», disse decisa e con aria di colei che ha appena fatto un colpo di stato, «ora vai a sederti a tavola: vi ho fatto uova strapazzate», e, come se niente fosse, andò a controllare il punto di cottura della colazione.

«Vi?», le chiesi curiosa perché, se non ricordavo male, mia madre aveva turno sabato mattina, e dovremmo essere state da sole.

«Oh, sì, dimenticavo, Ben è venuto a trovarti. Ti aspetta in sala da pranzo».

Ben? Che cosa ci faceva Ben a casa nostra?

Decisi di scoprire perché fosse venuto, così attraversai il corridoio ed entrai nella stanza.

Eccolo lì, di spalle, con i suoi soliti jeans consumati e la giacca di pelle, guardando una foto di me in cima a una montagna nel periodo in cui mi stavano cadendo i denti. La ragazzina mostrava un largo sorriso, senza importarle degli spazi che aveva in bocca o degli spettinati capelli per via di una raffica di vento.

Non mi aveva sentito, così attraversai la sala a piedi nudi e rivolsi la foto verso il basso rapidamente per impedirgli di osservami così meticolosamente.

Lo so, era come mio fratello, perché, nonostante la differenza di età di un anno che aveva con noi, lo conoscevo molto. Abbiamo passato ore e ore a giocare a nascondino nel suo giardino in serate autunnali trascorse insieme e abbiamo anche passato la varicella nella stessa stanza.
Ma dal momento che Em era morta, da quando la mia migliore amica era morta, da quando sua sorella era morta, il nostro rapporto si era raffreddato. Era da aspettare che, se Em non ci fosse stata, non avremmo parlato molto. Per farla breve, lei era il nostro collegamento.

Ecco perché mi sorprese vedere il mezzo sorriso che mi mostro dopo avermi esaminata dalla testa ai piedi. Dio, avevo dimenticato. Ero ancora in pigiama; indossavo ancora il mio inopportuno pigiama di Hello Kitty, a piedi nudi, con i capelli arruffati in un codino alto.

Il silenzio ci mise entrambi un po' a disagio, lui osservandomi e sorridendo e io con uno sguardo sconcertante. Così decisi di parlare per prima.

«Cancella quel sorrisino dalla faccia o ti dovrò fare del male.»

Scoppiò in una risata, divertito, ma non smise di sorridere.

«Mi fa piacere rivederti, Olivia. Buongiorno; hai dormito bene stanotte? Perché io non molto; la pioggia, sai», rispose con una voce giocosa.

«Come posso esserle di aiuto, Signor Waters?», le dissi scherzando.

«Ah si, certo; visto che mi è chiaro che non sei interessata alle mie gentili domande da buon samaritano, andiamo dritti al punto: sono venuto a farti una proposta...», cominciò, ma fu interrotto da un grido di mia nonna, che ci chiedeva di sederci al tavolo.

«Emm, questo...», cominciò dopo aver dato un morso alle uova e aver esclamato che erano meglio di anche quelle di sua madre, «i miei genitori mi hanno chiesto di venire e di offrirti di venire a cena da noi stasera, per ringraziarti di aver badato ad Eddie lo scorso fine settimana».

«Oh», dissi, un po' sorpresa. Non ero andata a cena dai Waters da quando abbiamo celebrato la promozione di Tom, prima dell'accaduto ad Em, «mi piacerebbe, ma non c'è bisogno, non vorrei causare alcun problema e...»

«Non è un problema, Olivia», mi tagliò Ben «e mia madre sarebbe devastata se sapesse che dobbiamo godere del suo pollo all'arancia noi quattro da soli, lo ha fatto apposta per l'occasione.»

In realtà non è che non avessi voglia di andarci, ma semplicemente il fatto di dover ripercorrere il pavimento in cui ha camminato ogni giorno della sua vita, dover entrare nella sua cucina, o addirittura di sedermi al tavolo dove ha mangiato dai sei anni, mi spaventava. E molto.

Ma tentai di smettere di pensare a me per un momento e decisi di sorridere perché, nonostante tutto, lei era la mia migliore amica, ma non ero stata l'unica a perderla. Erano la sua famiglia.

«Hai detto pollo all'arancia?», chiesi con un leggero sorriso.

«Ci vediamo lì alle otto», rispose Ben immediatamente, terminando l'ultimo boccone della sue uova e alzandosi per portare il suo piatto in cucina, «e grazie per questa meravigliosa colazione, Signora Wayne», disse prima di dirigersi verso la porta.

«A te per essere venuto, tesoro», disse mia nonna, sorridendo, «Olivia, accompagnalo alla porta, amore!»

Mi alzai, e lui mi sorrise. Mentre camminavo verso l'uscita con lui pestandomi i piedi, ripensai alle sensazioni che mi avrebbe dato essere di nuovo a casa di Emma e, dentro di me, speravo nella possibilità di godere di nuovo di qualche minuto con loro, sentendomi come lo facevo solo qualche settimana prima. Beh, forse non sarebbe andata così male, loro non potevano stare peggio di come stavo io.

«Grazie di essere venuto, Ben», gli dissi non appena aperta la porta.

«Il piacere è stato mio, capitano Kitty», rispose uscendo fuori dalla porta e facendo un saluto da soldato con quel suo stupido sorriso stampato sul volto.

Gli feci la linguaccia e lui, contento della mia reazione, si voltò e se ne andò verso il recinto per il sentiero di pietre.

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