Hunters

By EleonoraCiglio

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Spin-off Novel dei "Racconti d'Oltremondo" - Consigliata la lettura del primo capitolo di "Arthemis" Storia b... More

"Questioni di famiglia" - parte 1
"Questioni di famiglia" - parte 2
"Questioni di famiglia" - parte 3
"Squadre sbagliate" - parte 1
"Squadre sbagliate" - parte 2
"Squadre sbagliate" - parte 3
"Squadre sbagliate" - parte 4
"Coco-girl" - parte 1
"Coco girl!" - parte 2
"Ka-Boom!" - parte 1
"Ka-Boom!" - parte 2
Extra Story - "Il Ribelle"
"Morgue et Calet"
"Prede e Predatori"
"La Princesse"
"Coraggio"
"La Trasformazione"
"La bomba"
"Amarsi è difficile"
"Vivere o sopravvivere?"
"La cacciatrice e l'angelo"
"Di Sogni e Incubi le notti"
Epilogo

"La Caccia ai Drow"

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By EleonoraCiglio


"Porca paletta!", esclamò Coco appena vide in che razza di condizioni si trovasse Paolo. Non lo aveva mai visto ridotto a quel modo in tutta la sua vita. Avrebbe dovuto sentirsi anche lei come una pezza per lavare il pavimento? Stava bene, mai sentita meglio in vita sua. Sande le posò una mano squamata sulla spalla e lei istintivamente andò per stringergliela. Era sempre stata il tipo di persona che ricercava il contatto fisico quando si sentiva agitata. Gea si era avvicinata al giovane cacciatore che giaceva nel letto, gli aveva spostato una ciocca di capelli che gli era calata sulla fronte. Coco si rese conto della delicatezza con cui l'elfa si stava prendendo cura di Paolo. C'era qualcosa di molto più profondo nello sguardo del loro Generale, qualcosa che le fece stringere il cuore. All'inizio aveva pensato che quei due si piacessero e basta, ma era evidente che non c'era solo il piacersi, esisteva un legame molto più forte, un legame vietato dalle leggi dell'Oltremondo.

"Come si spiega una cosa simile?", continuò Sande, fissando Coco incredulo. La ragazza iniziava a credere lentamente alle parole di Romeo, anche se era assurdo! Era umana, lo era sempre stata, non c'era niente che facesse notare che non lo fosse, sapeva utilizzare bene anche la modellazione.

"Forse il rifugio dove mi hanno tenuta si trovava in un'altra dimensione", tentò di convincere se stessa.

"Ciò significa che presto si sentirà male anche lei", si accigliò Gea, alzandosi. La giovane cacciatrice però sapeva di stare bene.

"Se i drow sono coinvolti in questa faccenda, bisogna intervenire assolutamente", intervenne Lunami, adesso con sguardo serio.

"La città è sotto il comando silente dei Mogor, ma penso che alla base di questa cosa ci siano i drow. Non era mai accaduto che gli incubi di questa città fossero così aggressivi e privi di controllo", convenne la gemella.

"L'Equilibrio rischia di essere compromesso", terminò Gea con tono truce.

"I membri del clan Colonie saranno qui a breve però", Sande credeva che quella cosa fosse un loro vantaggio.

"Fino a quando riusciranno a resistere all'influenza del potere primordiale?", lo contraddisse subito Lunami.

"Se solo i portali funzionassero", mormorò Sande, frustrato dalla cosa.

"Mi chiedo perché drow e Mogor vogliano degli umani, piuttosto", osservò Lunami.

"Non i Mogor, solo i drow", lo corresse senza pensarci troppo Coco. La fissarono tutti straniti.

"Sei riuscita ad ottenere informazioni?", le chiesero tutti all'unisono. Annuì, incerta su cosa dire. Tutta quella faccenda del fatto che lei fosse una sorta di principessa perduta ancora non le era chiara. Che i drow volessero realmente prenderla con loro? Perché attaccare i Mogor? Quelle erano risposte che avrebbe potuto darle unicamente Romeo. Si sentiva confusa, perché non riusciva a distogliere i suoi pensieri da lui. Era scappata via, lasciandolo lì da solo, con le ali ancora bagnate e quel piccolo segno di vulnerabilità. Era come un meraviglioso cucciolo sexy e indifeso, che... qualcuno la scosse leggermente. Tornò all'attenzione. Era vero, stavano parlando con lei.

"Probabilmente gli effetti del potere primordiale stanno iniziando", Sande era evidentemente allarmato, ma Coco non capiva perché. Si limitò a scuotere il capo con convinzione.

"Sto bene, ero solo sovrappensiero", si giustificò, ma non parlò del fatto che tra i suoi pensieri c'era preoccupazione per quello che doveva essere il suo nemico naturale.

"Il capo dei Mogor ha detto che volevano sbrigarsi loro della faccenda del fiume Ill. È un problema anche per loro", tentò di essere meno precisa sulle circostanze in cui era avvenuta quella confidenza. Proprio in quel momento, la porta di casa sbatté e un gruppo di cacciatori entrò nella casa. Gli occhi di Coco si illuminarono di gioia e incredulità. Corse da loro, dalla sua famiglia, il suo clan.

"Non ci credo!", esclamò, buttandosi tra le braccia del primo di quegli uomini. Tutti i cacciatori rimasero stupiti in un primo momento, ma poi si lasciarono andare in strani gesti d'affetto, forti pacche alle spalle e esclamazioni sguaiate.

Paolo emise un brusco lamento nel suo sonno tormentato e Gea, udendolo, si chinò subito su di lui. Gli posò una mano sul viso imperlato di sudore.

"Deve andare via di qui", scosse il viso preoccupata.

"Ora che Coco è salva, potete lasciare la città e mandare ulteriori rinforzi. La missione era troppo alta per il vostro gruppo. Sarà quel cretino di Orahem a ricevere la punizione", tentò di tranquillizzarla Lumina.

"Andare via? Proprio ora che si prospetta una delle cacce ai drow più belle della storia?", sbuffò uno dei cacciatori lì presenti. Gli elfi li fissarono sconvolti.

"Loro sono molti più di noi", esitò Apollonius.

"Portate voi il ragazzo dei Greco via di qua. Noi la prendiamo come una sfida. I Mogor sono i nostri nemici di sangue. Ci hanno provocato rapendo la nostra cucciola? Riceveranno quel che si meritano", ringhiò quello che sembrava essere il capo degli uomini. Gli altri si esaltarono alle sue parole, brandendo e alzando le loro armi. Asce, spadoni, balestre e lunghi coltelli pacchiani fecero rabbrividire i gemelli alla sola vista.

"La missione è occuparsi della sparizione dei Normali, non fare una guerra contro il vostro clan nemico!", tentò di riportarli alla coscienza Gea.

"Se il nostro clan è la causa della sparizione dei Normali, lo è, elfetta", le rispose ghignando il capo dei Colonie. Gea iniziò ad alterarsi. Come tutti i membri della famiglia Liw$$, anche la sua pazienza aveva determinati limiti in certe situazioni. Apollonius le posò la mano sulla spalla, conoscendola anche fin troppo bene. Il cervello di Gea iniziò a pensare ad una soluzione al problema causato da quegli idioti cavernicoli. Coco se ne stava in disparte, in silenzio, non potendo dar contro ad un suo superiore, ma Gea non era una cacciatrice. Fu quel pensiero che la fece trasalire. I cacciatori erano una casta divisa in livelli sociali. Ogni clan aveva il suo posto nella loro strana società. Ogni clan doveva rispondere a delle leggi comuni a tutti i cacciatori.

"Penso che il vostro clan sarà punito per omesso soccorso nei confronti di un erede capo clan di una casata superiore alla vostra. Quanto disonorevole può essere un comportamento simile?", le parole le uscirono dalla bocca con un tono duro, che non riuscì a trattenere. Gli occhi della donna sogno si erano ridotti in due minuscole fessure rabbiose. Stringeva i pugni e sentiva cozzare gli anelli tra di loro. Non poteva assolutamente permettere che Paolo restasse lì.

"Lasciali fare", mormorò all'improvviso la voce del giovane cacciatore. Gea si ritrovò a saltare per la sorpresa. Paolo aveva ripreso i sensi, sembrava essere affaticato, ma quello era il segno evidente che il veleno dei drow era stato sconfitto dal suo organismo.

"Come hai detto, elfetta? Che cosa stavamo omettendo?", il gruppo di omaccioni si mise a deriderla. Gea tentò di sostenere comunque il loro sguardo, ma sentiva la furia crescere in lei. Aprì e chiuse i pugni d'istinto, per tentare di frenare la sua voglia di fare tremare il mondo. Paolo le prese una mano. La sua stretta era debole, ma sicura. L'elfa abbassò lo sguardo verso di lui e, come per magia, si calmò. Il ragazzone tentò di alzarsi e Apollonius fu subito lì ad aiutarlo.

"Però", iniziò il discorso. Sembrava che stesse tentando di mettere in ordine i suoi pensieri.

"Vi proibisco di parlare con questo tono al mio Generale. In questo momento io sono superiore a voi e lei lo è a me. Fate un po' i calcoli", ridacchiò, come se quella cosa fosse troppo divertente. I cacciatori si zittirono tutti di colpo. Gea strabuzzò gli occhi. Paolo l'aveva appena difesa. Gli altri cacciatori la stavano guardando come un essere inferiore, una papabile preda, mentre lui la trattava normalmente, come una persona e come il suo superiore.

"Se dobbiamo portare a termine questa missione, faremo anche a modo mio", stabilì l'elfa, tornando a sostenere gli sguardi tetri dei cacciatori. Era evidente che fossero terribilmente stizziti dal fatto di essere stati zittiti e messi nelle mani di una "sciocca elfa", ma gli ordini di Paolo erano ordini e disobbedire ne andava del loro onore.

"Abbiamo poco tempo prima che il Potere Primordiale influisca anche su di voi. Ho bisogno di tutte le vostre capacità di ricerca. Una pattuglia rimarrà di guardia alla residenza, che verrà utilizzata come centrale operativa. Comunicheremo tra di noi in maniera studiata e attenta. Voglio che seguiate le tracce come dei segugi. Abbiamo individuato il nascondiglio dei Mogor...", a quelle parole, Gea percepì un silenzioso lamento provenire da Coco. Si ripromise che in un secondo momento le avrebbe chiesto il perché. Alcuni degli uomini si animarono, i loro sguardi feroci pregustavano una caccia vittoriosa. Non avevano molto tempo, tutta quella faccenda sembrava essere una follia.

"Ma dubito che li troveremo ancora là. Il primo gruppo andrà comunque ad indagare nella zona, verrete accompagnati da mio fratello Lunami. Il secondo gruppo si muoverà insieme a me sulle sponde dell'Ill. I cadetti rimarranno qui insieme ad Apollonius e Lumina", immediatamente, Sande fece per protestare agli ordini della loro Generalessa, ma Coco lo fermò, bloccandogli il polso.

"Forse dovremmo scambiarci di ruolo", azzardò Apollonius. Gea scosse il capo.

"Invieremo qui tutti i cacciatori che saranno sopraffatti dal Potere Primordiale. Nel frattempo, tu, Lumina e i ragazzi vi occuperete di trovare un modo per comunicare con l'Organizzazione. Sono sicura che riuscirete a collaborare", gli sorrise tranquilla. Apollonius sembrava essere nervoso. Paolo posò la testa contro lo schienale del divano e inspirò profondamente.

"Vedi di non farti mordere di nuovo. Non vorrei uccidere troppi bastardi", si rivolse a lei in quello che sarebbe sembrato un impercettibile sussurro. Il cacciatore sapeva che poteva sentirlo. Si sentì arrossire e tentò di mantenere la calma, mentre il suo cuore iniziava ad impazzire nel suo petto. Non aveva bisogno di essere protetta o vendicata, ma si sentiva ugualmente grata per quelle parole.

"Procediamo, signori! Non abbiamo molto tempo!", esclamò invece, battendo le mani per poter dare ordini. Grazie al capo delle truppe del clan Colonie, Gea e Lunami si divisero i cacciatori. Volevano andare quasi tutti ad indagare con Lunami, ovviamente. Fu dura riuscire a ripartire gli ordini. Erano tutti disordinati, uno più testardo dell'altro e non sembravano avere alcuna fiducia nei fratelli Liw$$. Un inizio pessimo per una missione suicida, sbuffò dentro di sé Gea, mentre sistemava ulteriori armi alla sua cintura. I cacciatori si erano già diretti in cortile ad aspettare, mentre lei era rimasta indietro per parlare con i suoi ragazzi.

"Coco hai altro da dire a riguardo dei Mogor?", domandò immediatamente la Generalessa alla giovane Cacciatrice. Coco si portò il ciuffo biondo cenere con cenni di color acquamarina dietro l'orecchio e sospirò.

"Non sono coinvolti in questa faccenda. Così ha detto Romeo, almeno", spiegò.

"Romeo? Chi è? Un personaggio tragico?", sghignazzò Sande, divertito. Coco si morse il labbro e lo ignorò. Non era da lei comportarsi a quel modo. Sembrava essere molto silenziosa, inoltre, era evidente che non sentisse alcuna influenza da parte del Potere Primordiale.

"Coco, devi fingere di stare male. Qualunque cosa accada, è meglio che i membri del tuo clan non sappiano del fatto che tu non sia influenzata in alcun modo dal Potere Primordiale", le ordinò Gea. La giovane cacciatrice sussultò sorpresa.

"Io...", esitò, ma subito tacque, abbassando lo sguardo e sedendo accanto a Paolo. Il cacciatore muoveva lo sguardo pigramente verso gli interlocutori, ma non disse niente.

"Sande, se succede qualcosa, falli esplodere!", sorrise Gea al giovane tritone. Il giovane cacciatore saltò entusiasta per quell'ordine.

"Kah boom!", esclamò. Rivolse il suo sguardo verso Coco, ma si rese conto che la ragazza sembrava essere totalmente disinteressata.

"Parleremo di quello che ti è successo da sole, in privato", le promise infine l'elfa. Lumina stranamente rimase in silenzio. Ma Gea si accorse che stava meditando anche lei.

"Abbiamo del lavoro da fare comunque, bellezza. Mentre nessuno di quei grezzi è qui, dovrete aiutarci a risolvere il nostro piccolo problema di comunicazioni", stabilì e si portò dietro Apollonius, Sande e Coco. Gea fece per uscire dalla stanza, quando una voce la fermò.

"Vengo anche io", sentì Paolo muoversi alle sue spalle. Si era alzato dal divano, ma barcollava. Gea si voltò e gli corse incontro, per aiutarlo a sorreggersi.

"Non se ne parla, non dire stupidaggini", cosa avevano che non andava quegli stupidi cacciatori?

"Non ti daranno retta a lungo", si lamentò il ragazzo.

"Fidati di me", lo guardò negli occhi e lui si rilassò. Gea lo aiutò a sedere al divano e lo salutò, scappando fuori dalla stanza. Non seppe perché lo fece. Poteva semplicemente camminare via, ma aveva lo strano dubbio che se fosse andata lentamente, si sarebbe fermata e probabilmente non avrebbe voluta uscire fuori da quella stanza.

Raggiunse il suo gruppo di cacciatori. Il loro capo e altri quattro brandivano ogni tipo di arma rozza e pacchiana. Indossavano abiti esagerati, colmi di pelliccia e fatti con pelli di creature magiche. Gea rabbrividì al solo pensiero di avere indosso qualcosa di simile. Nell'Oltremondo però i sogni e gli incubi non avevano alcuna garanzia. Non erano tutelati dalla legge. Ogni giorno potevano svegliarsi e scoprirsi vittime di una legge del più forte priva di controllo. Come se tutti loro fossero stati delle bestie. Bisognava essere dei guerrieri non solo per il volere della dea Rekhne, ma anche per poter sopravvivere. Nulla le assicurava che i cacciatori non le avrebbero fatto del male. Il patto che avevano con i membri dell'Organizzazione era qualcosa di futile. Rimaneva a loro il diritto di cacciare qualsiasi tipo di sogno o incubo.

"Procediamo verso le sponde del fiume Ill. Avete con voi le armi per abbattere anche dei drow?", era una domanda ovvia. Li vide stizziti, mentre indicavano boccette ricolme di raggi di sole liquido e armi scintillanti di luce propria. Con sé aveva alcuni coltelli imbevuti nella stessa strana sostanza di sogno e i suoi fidati anelli.

Uscirono nella neve silenziosa del quartiere deserto dove si trovava la residenza. Era notte fonda, pochi umani osavano sfidare quel gelo invernale. Camminarono facendosi luce con le loro armi, mentre timidi fiocchi di neve continuavano a cadere senza sosta e rendevano difficoltosa la visuale. I cacciatori sembravano insensibili a quel freddo, che si sarebbe insinuato facilmente nelle ossa dell'elfa, se non avesse avuto la giusta divisa adatta a quelle temperature. Aveva coperto il volto e le orecchie con un passamontagna. Per gli elfi, le orecchie erano la parte più sensibile, sarebbe stata sciocca se avesse sottovalutato la cosa. Essere vestiti in total black, mentre il mondo si riempiva di bianco, non era comunque un vantaggio. Gea si chiese quale strana legge imponesse ai cacciatori di vestirsi di scuro in ogni situazione. Doveva essere una strana fissazione. Non che la sua divisa invernale non spiccasse come un fuoco d'artificio nel cielo.

Indicò in silenzio la strada, aiutandosi con dei gesti lenti e controllando con la coda dell'occhio che nessuno di loro rompesse la formazione. Camminava in capo al gruppo, perché era quella che tra di loro ci vedeva meglio. I cacciatori non osarono emettere un suono. Erano carichi della tensione dell'imminente battaglia. La neve avrebbe facilmente coperto tutte le tracce, ma loro non erano degli sprovveduti. Avevano i loro metodi anche in quelle particolari situazioni. Soprattutto perché d'inverno la caccia allo Yeti era una moda!

Gea si fermò che erano ormai vicini alle sponde dell'Ill. Si sentì investita da qualcosa di forte e il suo potere iniziò a ribollirle nelle vene, facendole salire la voglia di spogliarsi dagli abiti pesanti. Tutto quel potere primordiale era come una droga. Sgranò gli occhi e indietreggiò.

"Ci siamo", avvertì il capo dei cacciatori Colonie, sussurrandoglielo nell'orecchio.

Non aveva idea di come potesse essere possibile, ma sembrava che la forza del Potere Primordiale fosse aumentata a dismisura nel giro di poche ore. C'era qualcosa lì e quel qualcosa implicava degli umani Normali e doveva essere interrotta prima che creasse una fattura troppo profonda nell'Equilibrio del mondo. Quella era la missione. I cacciatori si sparpagliarono lesti in più punti, estraendo dalle loro cinture ogni tipo di attrezzatura da neve. Il Capo se ne restò al fianco dell'elfa, sorridendo soddisfatto, come se avesse già fiutato e cacciato la sua preda. Gea si sentì a disagio, non si era aspettata che l'uomo rimanesse accanto a lei.

"Pensavo li seguissi", mormorò, tentando di nascondere la sua insicurezza.

"Non ce n'è bisogno", si limitò a rispondere. L'elfa pensò di non essere riuscita nel suo intento, che il cacciatore riuscisse a leggere tutta la sua insicurezza causata dalla sua presenza.

"Il rampollo dei Greco ti vuole al sicuro. Così sarà fatto", a quelle parole, Gea non riuscì a trattenersi. Sgranò gli occhi confusa. Quando era successa quella cosa? Quando i cacciatori avevano smesso di prenderla in giro perché era una semplice preda e, invece, l'avevano presa come se fosse stata un tesoro da proteggere?

"Un Greco che si mette sulle difensive non è mai da sottovalutare", le spiegò immediatamente il membro del clan Colonie. Gea si meravigliò. Era così tanto il rispetto che provavano nei confronti della famiglia di Paolo? Non amavano pugnalarsi alle spalle? Mentre rifletteva su quello, uno dei cacciatori corse verso di loro in fretta e furia. Stringeva in mano qualcosa e la porse immediatamente al suo capo, che si avvicinò all'elfa per farle esaminare il reperto.

"Un pezzo di pelle di drow. Vuoi vedere che quei maledetti dei Mogor non sono coinvolti in questa faccenda?", sbraitò il capo, contrariato da quella prospettiva dei fatti.

"Siamo stati attaccati da più drow, ma... quelle creature raramente si mettono insieme per pianificare. Si ammazzerebbero tra di loro non appena il primo tenterebbe di rubare il bottino agli altri", constatò a voce alta Gea. Era stato il trucco che le aveva permesso di sbarazzarsi di tre di loro. Dietro quel gruppo di drow doveva esserci qualcuno, ma chi? Conclusioni affrettate avrebbero portato ai Mogor, ma sarebbe stato troppo facile. Forse quella veniva considerata una trappola per il clan demoniaco. I cacciatori sapevano dimostrare di essere svegli. Anche loro avevano iniziato a dubitare di quell'ipotesi. Quel pezzo di pelle non doveva essere stato abbandonato in quel luogo per caso.

"Vogliono portarci da loro", realizzò ad alta voce il cacciatore. Alzò lo sguardo sull'elfa, come se aspettasse scettico la sua reazione.

"Potrebbero pentirsene amaramente", strinse i pugni Gea.

"Signore!", chiamò uno dei cacciatori da lontano. Gea lo intravide, portava in spalla un compagno. Mentre lei si sentiva come se avesse potuto distruggere la città con un terremoto di proporzioni catastrofiche, gli umani si stavano spegnendo lentamente.

"Maledizione", ringhiò il capo degli umani.

"Credo che non abbiamo altra scelta che scommettere sulla riuscita di questa incursione. Chiunque sia il nostro nemico, sta giocando incredibilmente bene. Presto tu e i tuoi uomini non sarete più in grado di combattere", dichiarò lei. L'uomo strinse i pugni e si costrinse ad annuire. Era evidentemente furibondo. Fu ordinato al cacciatore esausto di tornare indietro, mentre loro iniziarono a scendere verso le sponde del fiume, facendosi spazio tra la neve, che non accennava a diminuire. Si fecero luce con le loro armi per evitare di inciampare. Alle orecchie di Gea i cacciatori risultavano goffi e rumorosi, ma non poteva pretendere troppo. Erano pesanti e quello non era un terreno felice. La neve scricchiolava sotto i loro stivali e le sembrava di riuscire a percepire la rottura di ogni singolo cristallo. Rabbrividì, percependo quella sensazione fin dentro le sue stesse ossa.

Giunsero nel luogo dove si era tenuto il mercato, dove era stata morsa dal drow. Era lì che i sogni e gli incubi di Strasbourg stavano proteggendo qualcosa. Quasi sicuramente un indizio nascosto dal mercato. Era difficile trovare qualcosa in mezzo ad un mucchio di roba. Ma dove poteva nascondersi? Non sulle sponde, questo lo escludeva. Per poco uno dei cacciatori non rischiò di scivolare per colpa del terreno ghiacciato, ma subito riuscì a ritrovare l'equilibrio. Gea abbassò lo sguardo per terra.

"Per terra", si limitò a dire quelle due parole. Subito, i cacciatori iniziarono le loro ricerche aiutandosi con i loro strumenti.

"Piazzate qualche trappola", ordinò il loro capo, mentre eseguiva delle operazioni, non distaccandosi da Gea. L'elfa si chinò insieme a lui per riuscire a capire se potesse aiutarlo.

"Questi non sono giochetti per te", le sussurrò divertito l'uomo. Gea storse il naso, quell'umano doveva avere molti meno anni di lei, con chi credeva di avere a che fare? Gli prese di mano quello che dava l'impressione di essere un filtrometro di ingrandimento e iniziò a passarlo sulla neve, scostando i mucchietti ogni quanto lo strano bastoncino emetteva un bip troppo intenso. Analizzò un punto, poi un altro e infine se ne rese conto. C'era una linea retta di borchie inchiodate sul terreno.

"Credo di aver trovato quello che cercavamo", gli sorrise. L'uomo sembrò esserne piacevolmente sorpreso. Iniziò a smuovere la neve per lei e Gea si sentì in dovere di ringraziarlo. Iniziava a non sentirsi più le mani per il gelo e non poteva rischiare di rimanere con le dita intorpidite. Era con quelle che lei riusciva a manipolare il potere dei suoi anelli. Il cacciatore emise un semplice fischio, che si propagò indisturbato nell'aria. I loro compagni li raggiunsero nell'immediato. Iniziarono a scavare tutti, seguendo le indicazioni di Gea, fino a quando non tornarono al punto di partenza. Si allontanarono tutti di qualche passo, per osservare il quadrato che avevano formato.

"Un passaggio segreto. La cosa non mi sorprende affatto, che idioti", mormorò uno dei cacciatori. Subito, spianarono il resto della terra ed ebbero un fazzoletto fangoso e ghiacciato.

"Manca un interruttore qui, come smuoviamo 'sta roba?", emise il secondo.

"Ve lo chiedete pure?", li sgridò il loro capo, mentre estraeva un altro oggetto. Questa volta armeggiò da sé e infine tentò di trattenere una risata sguaiata.

"C'è una sequenza che percorre le borchie", sembrava che la cosa lo divertisse parecchio.

"Roba da stupidi segugi di tesori", gli si avvicinò uno dei compari, sgranchendo le mani guantate. Alla luce flebile delle loro armi di luce, Gea intravide sul suo naso una cicatrice. La trovò in qualche modo affascinante, quasi come se fosse stata fatta apposta per abbellirgli il volto dai lineamenti aguzzi. Il cacciatore si sbrigò, premendo le borchie per come il suo capo gli indicava e appena terminarono, si allontanarono da lì. Attesero in silenzio, proprio mentre il terreno si illuminava e iniziava a sprofondare, facendoli tremare tutti. Il più giovane degli umani ricadde per terra, non riuscendo a mantenere l'equilibrio. Sembrava esausto. Il capo gli si avvicinò, lo tirò su e gli ordinò di tornarsene nella villa. Quello fece per protestare immediatamente.

"Torna indietro, sarebbe da idioti morire per una stupidaggine simile", lo fulminò con lo sguardo Gea, che non se la sentiva di avere dei cadaveri sulla coscienza. Quello, silenziosamente, abbassò il volto, come se si fosse pentito della sua testardaggine e annuì. Il terreno si era tramutato in una specie di sottopassaggio. Scesero la piccola scala a pioli uno la volta. Gea fu la prima a farlo, considerando sempre di più il suo vantaggio. Appena mise piede per terra, si sentì di nuovo travolta dal potere, tanto che le mozzò il fiato. Si portò una mano sullo stomaco, quasi le veniva da vomitare, perché si rese conto di riuscire a trattenere a stento il suo potere. I cacciatori scesero e dovettero reggersi contro le pareti di quello strano sottopassaggio. Il loro Capo si lasciò sfuggire una bestemmia.

"È come essere schiacciati dalla forza di gravità!", spiegò. Gea si rese conto di essere l'unica a poter avanzare. Capì che non avevano motivo di andare avanti, che sarebbe stato meglio ritirarsi e aspettare di poter tornare indietro e avere rinforzi adeguati a quella situazione. Ma il passaggio sopra le loro teste si richiuse di botto.

"Sapevamo che questa si sarebbe rivelata una trappola", ma la situazione non le piaceva affatto. Non sapeva come avrebbero potuto affrontarla se i cacciatori fossero stati abbattuti dal potere primordiale.

"Non penso che l'entrata corrisponda all'uscita", osservò uno degli uomini, alzando lo sguardo sul nuovo pezzo di soffitto.

"Non possiamo perdere tempo a fare le principessine, andiamo!", li spronò il loro capo.

Iniziarono a muoversi, erano lenti e goffi, mentre Gea si sentiva come se avesse potuto spiccare il volo da un momento all'altro. I suoi sensi erano diventati estremamente più sensibili, tanto che se uno dei cacciatori le sfiorava per sbaglio la mano, poteva percepirne il battito del cuore e lo scorrere del sangue. Si sentì girare la testa per colpa di quelle sensazioni. Era come se tutto quel potere la stesse drogando. Fece cenno loro di fermarsi. Aveva bisogno di trovare il modo di cacciarlo fuori da sé, ma quello ovviamente non era il luogo adatto per scatenare una scossa tellurica.

"Questa roba è troppo forte", mormorò, ma subito si rese conto di averlo fatto a voce troppo bassa e si sentì costretta a ripetersi.

"La situazione diventa divertente. Almeno non ci annoieremo semplicemente a sgozzarli", sogghignò il capo ai suoi, che ridacchiarono in risposta. Gea rimase esterrefatta per il loro atteggiamento. Per loro sembrava che fosse nient'altro che un gioco.

"Abbiamo attraversato momenti peggiori, elfetta", le chiarì uno degli uomini. Ormai erano rimasti in tre, ma sembravano reggere la potenza del potere primordiale. Continuarono ad avanzare in quello che sembrava un lungo corridoio. La strada non si biforcava, continuava dritta, fino a far raggiungere loro un vicolo cieco. Si fermarono e iniziarono a studiare la zona.

"Non penso che sia un banale corridoio messo qui a caso", il capo sembrava essere contrariato. Gea osservò meglio il luogo e un pensiero, che aleggiava nella sua testa da un bel po', iniziò a farsi strada.

"Vogliono seppellirci vivi", le parole le uscirono fuori con rabbia. I cacciatori la fissarono straniti.

"Chiunque sia a guidare questi drow deve conoscermi. Non c'è altra spiegazione", e il suo pensiero era sempre più certo, perché si sentiva esplodere. Avrebbe voluto scatenare quella scossa in quel preciso istante, ma si limitò ad inspirare ed espirare con costanza.

"Cosa ti succede?", le chiese con tono brusco uno degli uomini.

"Non mi chiamo Gea solo perché questo assurdo nome piaceva a mia madre, ma perché i miei poteri sono legati alla terra. Scateno terremoti fin da quando ero piccola", ironizzò, tentando di rilassarsi. Un guizzo di energie fuoriuscì dal suo controllo e tutto tremò per tre interminabili secondi. I cacciatori si misero immediatamente con le spalle al muro, mentre lei si limitò ad emettere un lamento frustrato.

"D'accordo. Niente panico: stiamo solo rischiando di morire sepolti vivi per colpa di una stupida elfa!", si adirò uno dei cacciatori. Gea si sentì perdere la calma, ma la terra tornò a tremare e tentò di nuovo di contenersi. Avrebbe spaccato la faccia in un secondo momento a quegli individui.

"Non riesco a capire. Chi può conoscermi così bene da ficcarmi in una trappola sotto terra e circondata da una massa di trogloditi, con l'hobby di cacciare qualsiasi essere della mia specie?", rifletté a voce alta. I cacciatori le ringhiarono contro e lei li minacciò premendo la mano contro il muro.

"Voi morireste immediatamente, mentre io avrei abbastanza potere per sperare di uscirne viva", li minacciò. Subito si calmarono. Era vile riuscire ad ottenere la loro obbedienza con la paura, ma in quel momento si rese conto di non avere altra scelta. La terra tornò a tremare per altri quattro secondi e da sopra le loro teste, si aprì un buco, che iniziò a gocciolare.

"Credo di sapere cosa ci sia sopra di noi", commentò ironico il capo dei cacciatori.

"È enorme e pieno di acqua, vero?", scosse il capo uno dei suoi compari.

"Smettiamola di darci contro e troviamo una soluzione. O potrei innervosirmi sul serio e distruggere questo posto. A quel punto sarebbe unicamente colpa vostra", urlò loro contro l'elfa.

"Tacete, purtroppo ha ragione", storse il naso il loro capo. Mentre l'acqua continuava a gocciolare dal soffitto, Gea si ripromise che non sarebbe morta insieme a quei trogloditi.

"Dovremmo andare anche noi. Questa è la nostra missione", sbuffò Sande, mentre rientrava nella stanza dove Paolo avrebbe dovuto riposare. Il ragazzone gli lanciò un'occhiata di sottecchi. Sande era il tipo che amava cacciarsi nei guai. Ne coglieva tutte le occasioni possibili e Paolo non era il tipo d'amico che si intrometteva per convincerlo a non farlo. Anzi, Paolo era sempre stato il primo ad assecondarlo.

"E cosa hai in mente di fare?", chiese al ragazzo pesce, inspirando profondamente. Si sentiva stordito e privo di energie, quasi come se avesse l'influenza. Gli mancavano il naso chiuso o un mal di pancia, ma gli era bastato un morso di drow a fargli sentire le viscere bruciare.

"Andare nel nascondiglio di quei demoni e fare saltare in aria un po' di teste! Gea mi ha detto che potevo farli esplodere, se volevo", sorrise eccitato e lanciò uno sguardo verso Coco, per cogliere la reazione della ragazza. La giovane cacciatrice rimase immobile, sembrava non essere lì con loro, almeno con la testa. Sande non sapeva cosa fare e che dirle, non l'aveva mai vista preoccupata. Allungò un braccio e con un gesto un po' brusco, la strinse a sé.

"Ehi! Ti sei bevuto il cervello?", Coco reagì, fissandolo stranita.

"Scusa, credevo fossi preoccupata, non volevo, insomma", il sogno non sapeva cosa dirle. Si sentì un idiota per aver tentato di aiutarla. La ragazza si limitò a scuotere il viso.

"Di cosa stavate parlando?", gli chiese, dimostrando di non aver seguito la loro conversazione. Paolo le fece un cenno per cogliere la sua attenzione.

"Sande vuole andare a fare esplodere i Mogor", si limitò a spiegarle, muovendo le labbra in maniera tale che potesse leggerle facilmente.

"Non credo che sarà utile alla missione", borbottò lei, distaccandosi dal sogno e andando a sedere accanto a Paolo. Le era sembrato che il ragazzo fosse molto più giù di tono di quanto sembrasse.

"Come ti senti?", il cacciatore mosse solo le labbra.

"Sto bene, lo giuro. Non so perché a te sì e a me no", proprio mentre diceva quelle parole, si sentì il trillo del campanello che suonava alla porta. Coco si alzò appena notò la reazione dei due, ma Paolo la trattenne.

"Sta andando Apollonius", le spiegò Sande. La ragazza si rilassò e posò la testa sulla spalla dell'amico che le sedeva accanto.

Il sogno assistette a quella scena e si sentì stringere lo stomaco per la gelosia. Avrebbe voluto essere al posto di Paolo. Sapeva che tra i due non c'era più niente, ma la cosa lo faceva impazzire comunque.

"Vado a vedere chi è", stabilì e si voltò, fuggendo da quella stanza, senza saperne neanche il motivo. Giunse alla porta, dove Apollonius aveva fatto sedere uno dei cacciatori.

"Sul fiume Ill il potere primordiale è più forte", spiegò, ansimando come se avesse appena finito di correre una maratona.

"Avete trovato delle tracce?", domandò l'elfo dai capelli cerulei.

"Pelle di drow", annuì l'uomo.

Apollonius iniziò immediatamente a preoccuparsi. Sapeva che potevano esserci dei drow, ma era sempre stato fin troppo apprensivo nei confronti di tutti i suoi fratelli. Erano dei guerrieri, ma lui si sentiva in dovere di proteggere Gea perché era suo fratello maggiore. Non che provasse qualcosa di differente per Fu'Alie e i gemelli.

Dopo una quindicina di minuti, giunse un secondo cacciatore. Sande lo aiutò a togliersi la giacca piena di neve di dosso.

"Hanno trovato un passaggio sotterraneo", spiegò. Nel mentre, la seconda squadra giunse nella dimora. Sembravano essere riusciti a catturare qualcuno. Il demone aveva la faccia tumefatta dai pugni e sembrava essere terribilmente stanco. Aveva le orecchie appuntite e i capelli biondi. Se non fosse stato per le scarnificazioni sul suo corpo e per i tre piccoli corni sulla fronte, non lo avrebbero mai riconosciuto per quello che era. Sande lo osservò attentamente e se ne rese conto: era un sogno.

"Siamo riusciti a prenderne uno", lo stringeva Lunami, più che per trattenerlo, come per proteggerlo. Sande intuì immediatamente il perché. Se era uno dei Mogor, i cacciatori del clan Colonie non avrebbero esitato un secondo ad ucciderlo. Il demone aveva lo sguardo spento e si limitò a sospirare. Apollonius gli fu subito accanto.

"Un morso di drow", strinse i denti.

"Perché quegli esseri dovrebbero averlo morso?", iniziò a lamentarsi uno dei cacciatori. Tutti gli altri uomini lo seguirono in coro, lamentandosi frustrati di non poter mettere le mani addosso alla loro preda. Nel frattempo, il giovane demone alzò lo sguardo verso l'elfo guaritore e sembrò quasi che si stesse per mettere a piangere.

"Hai sangue elfico dentro di te, giusto?", si limitò a domandargli Apollonius. Il demone annuì, abbandonando il capo, quasi fosse troppo stanco per sorreggere la sua stessa testa. Apollonius tirò fuori dalla sua tasca una siringa e gli iniettò l'antidoto.

"I drow si sono riuniti. Ci hanno attaccato", iniziò a balbettare quello.

"Per quale motivo?", lo interrogarono subito i cacciatori.

"Chi li comanda vuole potere. Non sappiamo chi sia, ma...", proprio in quel momento parve svenire. Lunami lo scosse, richiamandolo alla coscienza.

"Ma cosa?", gli chiese il fabbro. Il demone sembrava essere confuso.

"Non vogliono la ragazza, vogliono l'elfa", mormorò. Apollonius si irrigidì, la stessa cosa fece Lunami. I fratelli si scambiarono un'occhiata d'intesa.

"Vengo anche io!", esclamò Sande, senza esitare. Gli elfi fecero per ribattere, ma lui continuò a parlare.

"Sono un sogno, il potere primordiale può solo rafforzarmi. Sono un cacciatore e un artificiere, so difendermi", sputò fuori tutte le sue ragioni.

"Sembra che non abbiamo altra scelta. Dobbiamo raggiungere Gea", concordò Lunami.

"Vado a chiamare Lumina. Prepara il ragazzo", il minore corse verso le scale, per andare a chiamare la sorella.

"Niente tridenti per te, vero?", constatò a voce alta Lunami, osservandolo con occhio critico.

"Hai qualcosa di potente? Roba esplosiva?", sorrise il tritone. Lunami scosse il capo divertito, continuò a spingere con sé il demone e gli fece cenno di seguirlo.

"Penso che tu sia più un tipo alla Indiana Jones. Armi da fuoco ed esplosioni. Perché non l'abbiamo capito prima?", sogghignò.

"Perché sono un tritone", borbottò Sande frustrato.

(Capitolo NON Editato)

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