"Prede e Predatori"

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Gea si sentiva come se l'avessero immersa prima nell'acqua gelida e poi in quella bollente. Stava sudando tanto e si sentiva intrappolata da qualcosa di pesante che le impediva di muoversi. Una parte lontana del suo cervello le diceva che era normale, stava male, ma nel frattempo si susseguivano sogni e incubi che la allontanavano dalla realtà. Si sentì chiamare con insistenza e aprì gli occhi e vide sua sorella Lumina, che la scuoteva bruscamente.

"Devi mangiare qualcosa", le spiegò. Gea non aveva fame, si sentiva stanca, si chiese perché non la facessero riposare. Dietro Lumina intravide però due occhi scuri, profondi, color del cioccolato, che le fecero battere il cuore. Rimase incantata a fissare Paolo, chiedendosi se stesse sognando. Il suo cervello non connetteva niente di logico, ma quella cosa le piaceva. Il ragazzo aveva tra le mani un vassoio. Lo posò su un comodino e subito si trovò dall'altra parte del letto. La sorella e il ragazzo aiutarono Gea ad alzare il busto su morbidi cuscini.

"Gea?", la richiamò Lumina e lei si trovò a sorriderle imbambolata dal torpore provocato da qualcosa.

"Che c'è?", le chiese con tono allegro, mentre le si richiudevano gli occhi per la stanchezza.

"Te lo avevo detto che era meglio fare dopo la puntura e prima farla mangiare", la sorella si rivolse al cacciatore.

"Sei stata tu a dire che eravamo già di mezz'ora in ritardo", grugnì Paolo. Gea si sentì ridacchiare, mentre le posavano il vassoio sulle gambe con sopra una scodella di latte e cereali. A lei non piaceva il latte con i cereali. Li fissò come se fossero la cosa più brutta del mondo.

"Credo non le piacciano", azzardò il cacciatore.

"Come fanno a non piacerle, sapientone? Sono sua sorella, devo sapere se non le piace qualcosa. Gea non si è mai lamentata per il cibo", sbottò l'altra, ma Gea dentro di sé avrebbe voluto ricordare a sua sorella che loro madre non aveva mai dato loro latte e cereali, dal momento che quando vivevano nell'altro mondo non esistevano nemmeno.

"Prova a imboccarla", la sfidò il cacciatore. Lumina prese un cucchiaio con quella roba e fece per portarlo alla bocca di Gea, ma lei serrò le labbra come per protestare a quel gesto folle.

"Non le piacciono", stabilì Paolo e tolse dal vassoio la ciotola e le porse una tazza fumante.

"L'infuso?", fu Lumina a storcere il naso quella volta. Gea alzò le mani tremanti sulla tazza per prenderla, ma Paolo non si fidò e la aiutò a bere. Nei suoi gesti c'era una gentilezza che la fece sentire come se le stesse per scoppiare il cuore nel petto. I loro sguardi si incrociarono di nuovo e Gea sapeva che non era più lei a sorreggere la tazza, perché si sentiva le dita molli, le braccia molli, la testa molle, le gambe intrappolate dalle coperte dovevano essere molli.

"Sono una gelatina", sussurrò, convinta che in realtà lo stesse pensando.

"Vuoi della gelatina? Dove diavolo la vado a prendere della gelatina?", domandò Lumina, facendola tornare alla realtà. Gea si tappò la bocca di scatto e Paolo sembrò a disagio e abbassò lo sguardo, ma si ritrovò ad osservare la scollatura della camicia da notte del suo Generale. Gea si coprì il petto e Paolo abbassò la tazza sul vassoio e si alzò di scatto.

"Dovrebbe mangiare qualcosa di solido", si allontanò quasi di corsa dalla stanza. Gea si sentì come se il suo cuore stesse per cadere da un dirupo. Quel sogno si era trasformato in un incubo? Lumina le porse dei biscotti al burro e fiori d'Oltremondo e la obbligò a mangiarne due, poi, soddisfatta, la rimise a letto.

"Voi due siete impossibili", bofonchiò l'altra elfa, mentre posava di nuovo il vassoio da parte ed usciva dalla stanza. Gea si rannicchiò su se stessa, mentre osservava la sorella intenta a fermarsi a parlare appena fuori dalla porta e richiudendola lentamente alle sue spalle. Lentamente, si trovò a scivolare di nuovo nel mondo dei suoi sogni.

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