"Morgue et Calet"

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Coco si svegliò per colpa di una vibrazione strana che veniva dal muro della camera a fianco. Si alzò di scatto per paura che si trattasse di un terremoto o qualche calamità simile, ma si rese conto che il lampadario osceno sul soffitto, pieno di foglie e fiorellini, era immobile. Si mosse verso la sua sacca per mettere qualcosa addosso, mentre tirava fuori il lettore musicale che le avevano regalato. Era una sensazione bellissima riuscire a sentire la musica e le bastava per farla tornare di buon umore dopo una sveglia così brusca. Infilò un paio di pantaloncini e uscì fuori dalla stanza, dove trovò Sande, con addosso solo un paio di boxer e le braccia incrociate contro il petto. Spense la musica, mentre lo fissava stranita.

"cOsaH?", si ricordò che le era stato rubato il piercing speciale che le permetteva di controllare la voce e si tappò la bocca.

"Paolo ha ricevuto brutte notizie da casa", le spiegò, muovendo le labbra in maniera anche troppo eccessiva. Sande lo faceva sempre e lei dubitava si trattasse di un suo accento strano. Gli indicò i boxer, portandosi una mano alla bocca e arrossendo. Il tritone fece spallucce.

"Elia è scappato di casa", le spiegò. Coco si preoccupò subito. Quel ragazzino si cacciava sempre nei guai e riusciva a scegliere sempre il momento sbagliato per farlo. Tentò di bussare alla porta della stanza e attese che Paolo stesso aprisse, ma non accadde nulla. Sande le posò una mano dalle dita palmate sulla spalla. Quella sua caratteristica fisica la faceva rabbrividire. Si voltò verso di lui, che scosse il capo. Probabilmente Paolo doveva averle sbraitato contro.

"NoN mi IntEeereessa!", tentò di bussare ancora. Fu allora che Paolo aprì la porta. Era già in divisa e sembrava essere furioso. Il suo viso era contratto in un'espressione che per un attimo la terrorizzò.

"cOsa?", si fece coraggio e gli puntò un dito contro il petto, come per risposta a quel suo atteggiamento scorbutico. Paolo le strinse il polso e l'allontanò con fare brusco. Coco puntò i piedi per terra per non indietreggiare, quando vide accanto a sé un braccio verdognolo e un pugno che andava a sbattere contro la faccia dell'altro cacciatore. Senza neanche pensarci, la ragazza si mise in mezzo ai due e allargò le braccia per spingerli, sapendo che altrimenti sarebbe scoppiata la rissa. Abbassò il volto e chiuse gli occhi, pronta ad essere respinta, quando il petto semi-squamoso di Sande fu allontanato dalla sua mano. Alzò lo sguardo e vide che Lunami lo stava trattenendo.

"Basta così", doveva aver alzato la voce, anche se il suo atteggiamento era piuttosto divertito. Coco si sentì spinta in avanti e Paolo le passò accanto.

"EhI!", tentò di richiamarlo a sé, anche se sapeva che quando quel bestione era di malumore era inutile tentare di avere a che fare con lui. Era come se quello sordo fosse lui. Era lo stesso motivo per cui si erano lasciati: non le dava mai retta quando ce n'era bisogno ed era una testa calda di prima categoria.

"IdIOta!", lo insultò, ma neanche quello servì, perché Paolo fece per scomparirsene nel corridoio, quando si bloccò di scatto. Anche gli altri due sogni si voltarono verso di lui e Lunami mollò Sande. Coco scorse la mano diafana di Gea spuntare dalla porta lì accanto e accorse anche lei. Il Generale non era in buone condizioni, vederla ricoperta di sangue l'aveva sconvolta. A volte era rassicurante avere un Generale dalla propria parte, un simbolo di immortalità in quel mondo crudele in cui erano nati. Cacciare o essere cacciati era la prima cosa che veniva insegnata loro quando venivano al mondo. Gea non era una cacciatrice, ma un'elfa con una settantina di anni alle spalle, eppure era così fragile che a volte faceva sentire Coco come se fossero loro a doverla proteggere. Calava la maschera di intoccabilità dei Generali e compariva una figura molto più umana di loro. Quando fu lì davanti, con Lunami che tentava di aiutarla a sorreggersi, l'elfa aveva un aspetto distrutto, ma il suo sguardo la fece immobilizzare. I suoi occhi neri erano duri e severi e fissava Paolo come se avesse potuto incenerirlo senza neanche aver bisogno di sfiorarlo.

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