Tutto quello di cui ho bisogno

By AlessiaSanti94

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Quando Nadia ha lasciato Roma per tornare al paese natale, si è portata dietro un cuore spezzato e tanta frag... More

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2 Anni dopo.
Capitolo 1.
Capitolo 2.
Capitolo 3.
Capitolo 4.
Capitolo 5.
Capitolo 6.
Capitolo 7.
Capitolo 8.
Capitolo 9.
E se vi dicessi... Nuova storia?
Capitolo 10.
La Nuova Storia è stata pubblicata!
Capitolo 11.
Capitolo 12.
Capitolo 13.
Capitolo 14.
Capitolo 15.
Capitolo 16.
Capitolo 17.
Capitolo 18.
Capitolo 19.
Capitolo 20.
Capitolo 21.
#AskAle
Capitolo 22.
Capitolo 23.
Capitolo 24.
Capitolo 25.
Capitolo 26.
Capitolo 27.
Capitolo 28.
Capitolo 29.
Capitolo 30.
Capitolo 31.
Capitolo 32.
Capitolo 33.
Capitolo 35.
Capitolo 36.
Capitolo 37.
IMPORTANTE!
Capitolo 38.
Capitolo 39.
Capitolo 40.
#AskYourCharacter.
Capitolo 41.
Capitolo 42.
Capitolo 43.
Capitolo 44.
Capitolo 45.
Capitolo 46.
Capitolo 47.
Capitolo 48.
Capitolo 49.
Capitolo 50.
Capitolo 51.
Capitolo 52.
Capitolo 53.
Capitolo 54.
Capitolo 55.
Capitolo 56.
Capitolo 57.
Capitolo 58.
Capitolo 59.
Epilogo.
Capitolo extra + anticipazioni
Ringraziamenti
DIRETTA INSTAGRAM/PRESENTAZIONI NUOVI LIBRI

Capitolo 34.

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By AlessiaSanti94



Nadia spalancò gli occhi e si pigiò le mani sulla bocca per soffocare un gemito, quando sentì quel rumore poco rincuorante. Si appiattì immediatamente alla parete dello scaffale e lasciò scivolare a terra uno dei fogli che fino a quel momento stava esaminando. Qualcuno era entrato nel magazzino chissà per quale motivo, e per un attimo ebbe paura: si trattava comunque di un luogo isolato, e da lì nessuno avrebbe potuto sentirla. Le passarono per la testa le peggiori ipotesi, che incrementarono le sue paranoie: doveva restare nascosta e sperare che la persona misteriosa non la notasse. Nel dubbio, afferrò un fermacarte appollaiato sulla mensola da chissà quanti anni.

«Merda!» sbraitò a gran voce l'inquilino della stanza, sbattendo entrambe le man sulla porta.

Il gesto fece sussultare Nadia, che, per lo spavento, si lasciò scivolare dalle mani l'oggetto designato alla sua difesa personale. Il fermacarte tonfò a terra.

«C'è qualcuno?» L'ombra si voltò di scatto verso gli scaffali dove si era nascosta e si allontanò dalla porta, addentrandosi nella stanzetta.

Nadia spalancò gli occhi, quando riconobbe quella voce. «Mattia?» sussurrò, portandosi le mani alla bocca. Possibile che se lo fosse solo immaginato? Magari la paura tirava quel tipo di scherzi, stravolgendo la realtà in una distorta fantasia surreale. Ed effettivamente, l'effetto della polvere mista all'aria stantia del magazzino buio stava iniziando a portarle i primi accenni di conseguenze a livello fisico: aveva il fiato corto e il volto accaldato, mentre cercava di annaspare le prime boccate ansanti di aria. Sentiva la bocca secca e uno strano groppo in gola.

«Ehi, tu, Einstein», l'additò ancora una volta Mattia, avvicinandosi allo scaffale. «Guarda che vedo la tua ombra. E ti sento respirare. Esci fuori di lì.»

Nadia sospirò e oltrepassò una pila di fogli gettati a terra, fino a fare capolino con la testa dal fianco dello scaffale. Anche se l'ambiente era particolarmente buio, riconoscerlo non fu difficile. Era davvero Mattia, in un completo scuro ed elegante senza giacca.

«Nadia?» domandò, con tono di voce stupito. «Che ci fai tu qui?»

Nadia rimase nella penombra dello scaffale. «Potrei domandarti la stessa cosa.»

Mattia la raggiunse nel suo angolo sicuro e la squadrò dall'alto in basso. «Anita mi ha mandato a cercare una prolunga. Qualche idiota ci è inciampato sopra e l'ha messa fuori uso, facendo saltare l'impianto musicale. Adesso tocca a te.»

«Devo cercare dei volantini per il professor Castrucci. Mi ha detto che si trovavano qui dentro, in uno scatolone, ma non è così facile... Non si vede un accidente di niente, e inizio a sentirmi la gola stretta... Voglio uscire. E subito», sillabò, respirando affannata.

Mattia le lanciò uno sguardo nervoso, poi fissò la porta, portandosi una mano sul mento. «Credo che prima abbiamo un problema da risolvere.»

Nadia rimase in silenzio, ma dentro di sé sapeva già dove volesse andare a parare. Anche se lo stava sublimando, era consapevole di aver sentito un rumore scoraggiante.

«Quando ho chiuso la porta la maniglia si è staccata... Temo che siamo bloccati qui.»

Nadia sentì le forze venirle meno, mentre si passava convulsivamente una mano tra i capelli. «No, no, no. Dobbiamo fare qualcosa. Qualsiasi cosa! Non possiamo restare chiusi dentro un maledetto magazzino!» Alzò la voce e iniziò a camminare su e giù per la stanza. Raggiunse la porta fuori uso e raccolse dal pavimento la maniglia arrugginita. Provò a reinserirla nel foro d'ingresso, ma senza alcun risultato soddisfacente. «Cazzo!» Con una mossa dettata dalla rabbia, piegò il gomito per caricare un colpo, indirizzato a scagliare quanto più lontano da lei quell'inutile ferraglia. Ma Mattia glielo impedì, raggiungendola in silenzio alle spalle e sfilandole dalla mano l'oggetto, per poi lanciarlo in mezzo agli scatoloni e le risme di fogli.

«Questo lo prendo io. In mano tua diventerebbe pericolosa persino l'aria, ora come ora.»

Nadia si voltò verso di lui stizzita, e sbatté un piede a terra. Con lo sguardo esaminò la stanza, ma il nero avvolgente intorno a loro rese inutile il suo tentativo di ricerca. «Perché diavolo lo hai fatto? Come pensi che usciremo adesso?»

Mattia sospirò e le abbassò la mano puntata verso di lui sui fianchi. «Quella maniglia era rotta. Non ci sarebbe stata comunque utile.»

«Oh, ma fantastico. Sì, davvero rincuorante, Mattia. Sei sempre stato così di supporto.» Prese un bel respiro e gettò fuori l'aria.

«Troveremo una soluzione.»

Nadia lo ignorò e tornò a voltarsi verso la porta metallica. Iniziò a sferrarle delle manate poco delicate, che le provocarono un bruciante formicolio sulla pelle. Ma non si fermò. «Ehi, c'è qualcuno lì fuori? Siamo rimasti chiusi dentro! Abbiamo bisogno di aiuto!» gridò, con l'orecchio poggiato sulla superficie metallica. «Aiutateci, vi prego!» terminò la frase con la voce tremante e quasi afona. Strinse le nocche sulla porta e chiuse gli occhi, respirando rapidamente. Avrebbe voluto piangere. Se c'era una cosa che aveva sempre odiato, da quando era rimasta rinchiusa nel fienile all'età di sei anni, era il buio. Il buio e il chiuso, con annessa mancanza d'aria. E quel posto ricalcava alla perfezione la descrizione, spedendola con un biglietto di sola andata in un fantastico viaggio verso un attacco di panico.

Mattia la sentì respirare affannosamente, con la testa poggiata sulla porta e le mani chiuse su se stesse, e capì che qualcosa non andava. Si avvicinò cautamente alla ragazza e le poggiò le dita sulle spalle, costringendola a indietreggiare dalla porta. Se avesse continuato a darle addosso in quel modo, avrebbe finito per farsi male.

«Vuoi calmarti? Ma che ti prende?» La scosse, con la speranza che tornasse in sé. «Nadia, calmati. La situazione non migliorerà se ti farai prendere dall'ansia. Vedrai che usciremo a breve.»

«E come? Non passa nessuno per il corridoio. Sono tutti alla festa, e...» si interruppe, per poi spalancare gli occhi. «Il cellulare! Posso chiamare Leonardo e dirgli di venirci ad aiutare.» Frugò nella borsetta ed estrasse il telefono. Accese lo schermo speranzosa, ma l'espressione carica di aspettative scemò quando lesse il messaggio "Nessun servizio". Sospirò e lo mise di nuovo via.

«Non prende, vero?» sorrise sotto i baffi lui.

«Non fare l'ironico. Siamo nei guai fino al collo. E io non ho intenzione di passare un altro minuto dentro questo magazzino.»

«D'accordo. Cosa proponi di fare?» Mattia la fissò con un sopracciglio alzato.

Nadia rimase in silenzio.

«Come immaginavo...» Lui scosse la testa e sospirò. Poi raggiunse uno scaffale e scansò le cose da terra, prima di mettersi seduto sul pavimento con la schiena poggiata su una mensola. «Non è molto comodo, ma credo di dovermi arrangiare per il momento.»

«Cosa stai facendo? Alzati! Non mi pare il caso di riposarsi proprio ora!»

«Mi sono seduto. E ci resterò anche. Almeno fin quando non sentirò i passi di qualcuno vicini al magazzino. Dovresti farlo anche tu, sai?»

«Perché non proviamo a... non so, spingere la porta? Magari la maniglia rotta ha allentato la serratura», balbettò lei. Con la mano si asciugò l'ennesima gocciolina di sudore che le percorse la nuca. Era fredda.

«Ci ho già provato prima. È un infisso pesante e può essere aperto solo dall'esterno», replicò con schiettezza Mattia. Con la mano le indicò uno spazio vuoto sul pavimento, accanto a lui. «Mettiti seduta.»

Nadia scosse due volte la testa si morse le labbra, in una smorfia di puro spavento. Sentì le pareti stringersi intorno a lei, e il buio inglobarla in una sfera di nulla. Iniziò a percepire i suoni più lontani, quasi ovattati, e gli occhi si inumidirono, brillando nell'oscurità. «Tu non capisci... Questo è un incubo per me.»

«Non mi sembra che sia successo nulla di così grave, Nadia. Andiamo, non fare la bambina. Non moriremo qui dentro.»

«Non capisci», ripeté lei, ondeggiando la testa avanti e indietro, con lo sguardo fisso su un punto indistinto del pavimento. Era ancora in piedi, e si muoveva con scatti tremanti. «Devo uscire da questo posto. Devo trovare un modo per andarmene. Non penso di potercela fare qui dentro... Mi manca l'aria, ed è tutto così... nero», si lamentò, quasi sussurrando quelle parole.

A quel punto Mattia iniziò a capire veramente. Sollevò le sopracciglia stupito e si alzò in piedi con una mossa agile. «Aspetta un momento... Non dirmi che soffri di claustrofobia.»

Nadia rimase ancora una volta in silenzio, a fissarlo con uno sguardo grave e teso. Continuò a respirare in maniera irregolare, con le labbra dischiuse e secche.

«Ma certo», rispose al posto suo Mattia, che le afferrò il volto tra le mani e glielo alzò, fino a farlo incontrare con il suo. «Nadia, è tutto okay. Rilassati.»

«Non... non ce la faccio!» 

«Sì che ce la fai. Devi solo controllare il respiro. Concentrati su di me, d'accordo? Non fare caso al buio, o alla stanza. Guarda solo me.»

Lei annuì, anche se poco convinta e provò a modulare le boccate d'aria. Dopo due o tre atti respiratori, però, tornò a singhiozzare. «Non è così facile, Mattia», si lamentò. «Sento la polvere nella gola, e l'aria è così secca.»

Mattia sospirò e avvicinò a sé Nadia, fino a stringerla in un abbraccio. Le poggiò una mano sui capelli, per farle aderire alla perfezione la testa nell'incavo del suo collo. Lei non si ritrasse, anzi, affondò il volto nella spalla del compagno, inspirando boccate d'aria brevi e concise. «Almeno così smetti di guardarti intorno.»

«Ma è comunque buio», gli ricordò Nadia, con la voce attutita dalla sua camicia.

Mattia alzò gli occhi al cielo e smise di accarezzarle i capelli. «Allora posso pure-»

«No! Non allontanarti», gli intimò lei, con tutti i sensi in allerta. «Mi piace il tuo profumo. Mi distoglie dall'odore di stantio.»

Lui sorrise. «Piace anche a me, sai? Il tuo profumo, voglio dire. È così dolce e familiare... Mi ero quasi scordato di quanto lo amassi», le rivelò a bassa voce, quasi come se stesse parlando tra sé e sé.

Nadia chiuse gli occhi. Quella frase l'aveva colpita più di quanto si sarebbe aspettata, pungendola nel punto più sensibile: proprio al centro del petto. Per quanto cercasse di tenere lontano quel ragazzo da sé, per quanto tentasse di mettere una recinzione ai suoi sentimenti, Mattia riusciva sempre a evaderne. E questo la faceva stare male, perché le ricordava quanto lo amasse e quanto desiderasse che le cose tra loro fossero più semplici, come per qualsiasi altra coppia della loro età. E invece no. Era condannata a dover stare vicino, a stringere, quel ragazzo con la consapevolezza di doverlo lasciare andare.

Il formulare quel pensiero pieno di rammarico la destabilizzò più del previsto. Strinse le braccia intorno alla vita di Mattia e aprì gli occhi. Di nuovo il buio l'avvolse, stavolta minacciandola di inghiottirla al suo interno, e sbatté più volte le palpebre. Un senso di malessere generale la circondò, penetrandola fino alle ossa. Poi, in un attimo, tutto iniziò a muoversi.

«Perché... perché la stanza trema?» domandò, impaurita.

«La stanza non sta... Oh. Cazzo.» Mattia realizzò il secondo successivo che Nadia stesse per perdere i sensi e la strinse più forte a sé, trascinandola fin davanti allo scaffale. «Siediti.»

Nadia sentì l'eco delle parole arrivarle fino alle orecchie, e si lasciò comandare da Mattia, come se fosse un piccolo robot giocattolo nelle mani di un bambino.

Lui si mise seduto a terra, con la schiena poggiata all'armadio, e fece sdraiare Nadia di traverso, con le gambe distese sul pavimento e la testa sulle sue gambe. Doveva cercare di farle mantenere un contatto con lui, per non far diventare quell'attacco di panico peggiore di quanto non lo fosse già. Le accarezzò la fronte, fredda, e le spostò i capelli di lato. Quell'acconciatura così carina che aveva si stava lentamente disfacendo.

«Shh, calmati e respira», cercò di tranquillizzarla impostando il tono di voce sul più pacato possibile. «Ci sono io con te.»

Nadia aprì di nuovo gli occhi, intimorita. «Adesso ci sei. Ma poi? Cosa succederà una volta che saremo usciti di qui? Ammesso che lo faremo», disse con un singhiozzo. «Torneremo a far finta di essere due sconosciuti? Oppure continueremo a mentire a noi stessi, convincendoci di odiarci a vicenda?»

Mattia rimase in silenzio, a ponderare il peso di quelle parole. Sospirò. «Pensa prima gestire il tuo attacco di panico. I nostri problemi vengono dopo.»

«Io non voglio giocare con te, Mattia», scandì le parole una a una, in un sussurro. «Non voglio farlo, perché se perdessi, perderei anche te.»

Lui smise di accarezzarle la fronte. «Noi ci siamo già persi.»

«Perché?»

«Perché è quello che volevano tutti.»

«E tu cosa volevi?»

Mattia gemette in silenzio. «Ti prego, questo non mi sembra il momento più adatto per-»

«Forse questo è il momento migliore che avremo. Siamo soli, nessuno può sentirci, e le mie difese sono completamente abbassate.»

«Io non volevo perderti. Eri la persona più importante, quella che mi conosceva meglio e che mi illuminava le giornate. Allontanarmi da te è stata una sofferenza, ma adesso so che lo è anche starti vicino in questo modo... Senza poterti avere. O con il timore che tu possa farti una vita con qualcun altro e dimenticarmi.»

«È quello che dovremmo fare entrambi, non è vero? Dirci addio e andare avanti con le nostre vite. Tu con Anita, e io... chissà. Era questo il piano iniziale dei tuoi genitori», rifletté Nadia.

«Loro volevano separarci fin dall'inizio, ma non hanno tenuto conto di un dettaglio fondamentale.» Mattia la fissò con intensità, e per un attimo a Nadia parve di scorgere un luccichio nei suoi occhi. «Pensavano che con il tempo la mia cotta per te sarebbe passata. Ma non era così, Nadia. Io mi ero innamorato di te veramente. Per questo ci sono stato così male. E magari, in fondo, continuo a soffrire perché...»

Nadia rimase con il fiato sospeso e il cuore in subbuglio. «Perché?»

Mattia sospirò. «Perché è possibile che ti ami ancora. Dopo tutto questo tempo. Ancora.»

Un dolore quasi piacevole prese vita nel petto di Nadia, che per sopperire a quello sbalzo d'umore, si tirò su con la schiena, restando però seduta sul pavimento. Il suo vestito ormai era sgualcito e impolverato, e i capelli si trovavano in uno stato disastroso. Ma in quel momento non le interessava. Non aveva nemmeno più importanza il fatto che si trovasse in una stanza piccola e buia. Perché non era sola. C'era Mattia con lei. La sola e unica persona che le era stata accanto in tutti i suoi momenti più brutti.

Sorrise e si sporse verso di lui, stringendogli le braccia attorno al collo. Poi lo baciò. E stavolta ogni tassello tornò al posto al giusto senza dover essere forzato. Mattia sospirò e si lasciò andare, accarezzandole le labbra e intrecciando la lingua con la sua. Le passò le mani sulle guance, sui capelli e sulla schiena, premendola forte a sé, come a volersi convincere che fosse davvero reale. Che stesse succedendo veramente e che lo avessero voluto entrambi. Senza giochi, senza sotterfugi.

«Tu mi ami?» gli chiese nuovamente Nadia, allontanandosi di qualche millimetro dalla sua bocca.

«Non credo di avere mai smesso di farlo», rispose lui schietto, e si avventò di nuovo sulle sue labbra. E non avrebbe mai smesso di fare neanche quello. Era tutto così perfetto che... Con una mano le sfiorò la coscia, e si sorprese nel trovarla nuda, senza nemmeno un velo di calza. La sua pelle era liscia e morbida. L'accarezzò, trascinando più su le dita, fin sotto l'orlo del vestito.

Nadia gemette, senza smettere di baciarlo, ma in lei si accese una spia di allarme. Mattia si stava inoltrando in un terreno inesplorato, e non aveva idea di come comportarsi. Si staccò dalla sua bocca e lo fissò nell'oscurità, vagamente imbarazzata. «Che cosa hai intenzione di fare?»

Mattia sorrise schivo e le accarezzò i capelli, fino a portare la mano all'altezza della zip del suo vestito. Ci giocherellò, senza muoverla di un millimetro. «Lo vuoi davvero sapere?»

Nadia sospirò, con il cuore che le minacciava di scoppiare. «Mattia, io-»

Ma lui le tappò la bocca con un dito. «Posso riportarti almeno tre motivi per cui non farò l'amore con te qui, stasera», mormorò. «Uno, non sei una ragazza qualunque; due, sono ancora fidanzato con Anita, e tu non sarai mai una seconda scelta; e ultimo, ma non per importanza, questo posto è davvero squallido.» Le diede un bacio veloce sulle labbra e sorrise. «Voglio che sia speciale. Ma non qui e non ora. Dobbiamo ancora mettere in ordine un po' di cose.»

«Tra di noi?»

«Ho intenzione di chiudere con Anita. Questa farsa deve finire. Devo riprendere in mano la mia vita, e poter scegliere con chi voglio stare.»

«E tua madre?»

«È riuscita una volta ad allontanarmi da te. Non ce ne sarà una seconda.»

«Mi sembra che tu stia facendo sul serio, stavolta.»

«Mai stato più serio di così. E tu, invece?» Mattia la squadrò, alla ricerca di una risposta sul suo volto. «Lascerai perdere quel damerino che ti ronza attorno?»

«Tra di noi non c'è mai stato nulla, Mattia», lo rassicurò Nadia. «Lui avrebbe voluto, anzi, non ha mai smesso un attimo di volerlo. Ma è un sentimento a senso unico. Per quanto provassi a far scattare la scintilla, c'era sempre quel qualcosa che mi frenava.»

«Il suo pessimo gusto nel vestire?» scherzò lui, divertendosi a incastrare le dita nelle sue.

«Sei davvero uno stronzo.» Nadia sorrise e scosse la testa, prima di tornare a essere seria. «Eri tu. Quel qualcosa sei sempre stato tu.»

«Quindi non provi nulla per lui?»

«Gli voglio bene, ma solo come amico.»

«Questo renderà le cose un po' più semplici. Almeno per me.» Mattia sorrise furbescamente e la baciò con delicatezza sulla bocca.

Un rumore sordo e improvviso addosso alla porta del magazzino li fece scansare in modo brusco. Mattia guardò Nadia e Nadia ricambiò lo sguardo confuso e spaventato. Quel cambio di atmosfera repentino l'aveva fatta tornare con i piedi a terra: qualcuno stava di fronte alla porta fuori uso; anzi, sembrava come se ci si fosse scaraventato addosso, per il rumore che aveva prodotto. E quel qualcuno avrebbe potuto tirarli fuori di lì, dopo più di mezzora passata al buio.

«Dai, muoviti ad aprirla...» la voce attutita e cinguettante di una ragazza attraversò la porta, fino ad arrivare alle orecchie dei due ragazzi, che si guardarono confusi.

«Che c'è? Non ti piace stare incastrata addosso a una porta? Mi stupisci, Amanda...» replicò una voce maschile. Si sentì il rumore di un bacio e poi un risolino soffuso.

«Cretino! È solo che voglio essere sicura di non essere vista da qualche professore.»

Nadia fece per avvertire Mattia di qualcosa, ma lui le sussurrò di restare in silenzio.

La maniglia esterna della porta cigolò, prima di abbassarsi un paio di volte su e giù, indecisa se aprirsi oppure no. Poi, grazie a una spinta poderosa da parte del ragazzo, stridette e si aprì, lasciando trasparire i primi centimetri di luce diffusa.

Nadia strizzò gli occhi, a primo impatto infastidita dal chiarore, e notò un intreccio di mani e braccia uniti in una sola persona: la ragazza, una tipa fasciata in un vestito super aderente e corto, aveva le gambe strette attorno ai fianchi del compagno, che la sorreggeva con le mani sotto alle cosce. Si stavano baciando con passione, e per la foga, finirono a sbattere contro uno degli scaffali. Qualche oggetto cadde a terra, e Amanda rise.

«Gesù, Diego», gemette, stringendogli le dita nelle spalle. «Fa' piano...»

Il ragazzo fece scorrere le dita sotto il suo vestito e glielo tirò su fino ai fianchi. «Perché non stai un po' zitta? Non capisco come mai dobbiate parlare sempre tutte», sbuffò, senza smetterla di tenerla avvinghiata a sé.

«Mattia...» Nadia tirò la camicia del ragazzo con una certa urgenza. «Non possiamo restare qui!»

Mattia trattenne un sorriso e si alzò in piedi, senza preoccuparsi di interrompere la strana coppia. Spazzò via la sporcizia dai pantaloni e aiutò Nadia a rimettersi in sesto. Poi si schiarì la voce e fece un passo avanti, fino a comparire di fronte a Diego e alla sua nuova fiamma. «Chiedo scusa», esordì, schiarendosi la voce.

Amanda gridò, uno di quei gridolini isterici e fastidiosi, e con una mano cercò di coprirsi quanta più pelle possibile. «Cazzo!»

Diego, ancora di spalle, corrugò le sopracciglia e lasciò scivolare sui piedi la ragazza, prima di voltarsi verso il punto da cui era provenuta la voce.

«Silvestre?» domandò, con una punta di stupore. Si guardò intorno, fino a scorgere nella semi oscurità Nadia. «Savini?»

Nadia arrossì e si nascose dietro la spalla di Mattia, imbarazzata da quella situazione a dir poco assurda.

«Porca puttana!» rise Diego, passandosi una mano tra i capelli. «Non sapevo che voi... Insomma, anche voi eravate qui per...»

«Mi avevi detto che non ci avrebbe disturbato nessuno, Diego!» continuò a gracidare la ragazza, che nel frattempo si era rivestita.

«Questa è una novità, infatti. Non mi aspettavo di trovare degli ospiti nel mio tempio del sesso. Meno che mai voi due», additò con un sorrisetto Mattia e Nadia. «Cos'è successo? Un ritorno di fiamma?»

«Diego, per favore», lo zittì Nadia. «Siamo solo rimasti chiusi qui dentro.»

«Certo, Savini, certo. Anche io la conosco questa scusa.» Fece l'occhiolino alla ragazza e rise. «Felicitazioni, comunque. Avevo scommesso su di voi fin dall'inizio.»

«Perché non ce ne andiamo di qui, Diego?» piagnucolò Amanda, stringendogli il braccio. «Non ho tutta la serata libera e questo posto è già occupato, a quanto pare.»

Mattia sbuffò e scosse la testa, contrariato. «Un'altra bionda senza cervello, eh?» sbeffeggiò il compagno con una strana smorfia. «Vedo che il tabù delle more non ti è ancora passato.»

Diego strinse gli occhi in una fessura. «Fottiti, Silvestre», avvicinò a sé Amanda e le fece scivolare una mano sul fondoschiena. «Anzi, sapete cosa vi dico? Ce ne andiamo noi. Di posti per scopare alla L.U.S.I ce ne sono a bizzeffe.»

«Tranquillo, Neri. Togliamo il disturbo», replicò Mattia, afferrando Nadia per la mano. «Stavamo solo aspettando che qualcuno ci liberasse da questo squallidume. Prendiamo le nostre cose e vi lasciamo campo libero.» Si avvicinò al primo ripiano dello scaffale e prese la prolunga e lo scatolone dei volantini per Nadia, che sospirò soddisfatta. Almeno non sarebbe tornata a mani vuote nella sala dei convegni.

«Ma chi sono questi tipi? Li conosci?» chiese ancora una volta la ragazza a Diego.

Nadia fissò Amanda con la triste consapevolezza che sarebbe stata solo una degli anonimi passatempi di Diego. Sospirò e raggiunse Mattia alla porta, scuotendo debolmente la testa.

«Non scordarti del lavoro, Nadia. Lidia ha bisogno di te», le ricordò ad alta voce Diego, con una strana espressione.

Nadia sussultò e alzò gli occhi sul compagno, ancora al buio dentro la stanza. Vide che non la stava prendendo in giro, ma che quasi temesse un suo ripensamento. Annuì. «Ti ho già dato la mia parola, lo sai», replicò secca, poi chiuse una volta per tutte la porta.

Fuori, la luce dei neon era quasi accecante. Per il corridoio non passava nessuno, e Mattia si voltò verso di lei con uno sguardo circospetto. «Di che stava parlando, Nadia?»

«Sto lavorando a casa sua», rispose con cautela lei.

Mattia aprì la bocca, stupito. «Stai... lavorando a casa sua? E questo non dovrebbe farmi pensar male?» sbottò,. «Stai davvero frequentando la casa di una persona che per mesi te ne ha fatte passare di tutti i colori? Ma cosa ti dice il cervello?»

«Diego mi ha proposto un lavoro come baby-sitter per sua sorella, perché sapeva che avevo bisogno di soldi. Mi sembra cambiato.»

«Cambiato, come no», ribatté aspramente lui. «Però l'abitudine di scoparsi una matricola dopo l'altra non gli è passata, a quanto pare. Io non mi fido di lui, Nadia. E nemmeno tu dovresti farlo. Ci siamo già passati in questa storia. E sappiamo entrambi come andrà a finire.»

«Non posso lasciare il lavoro. Ho bisogno di quei soldi.» Nadia puntò i piedi a terra, senza scendere a patti con Mattia. «Ho intenzione di dargli fiducia, almeno all'inizio. E non guardarmi così. Non mi farai cambiare idea.»

Mattia sospirò, e fu un sospiro carico di pazienza. Quando riaprì gli occhi, afferrò le mani di Nadia e le strinse nelle sue. «Se solo si azzarda a fare qualcosa che non dovrebbe, anche un solo sguardo, niente mi fermerà dallo spaccargli il naso una seconda volta. Intesi?»

«Ma non succederà.»

«Glielo auguro.» Mattia si avvicinò a lei e le diede un bacio sulla tempia. «Adesso dobbiamo proprio andare. Gli altri si chiederanno che fine abbiamo fatto.»

Un senso di vuoto pervase il petto della ragazza. «Ci rivedremo, vero? Solo noi due... Non finirà qui?»

«Prima di quanto immagini.» Le sorrise, prima di fare un passo verso le scale.

Nadia sorrise e sospirò, mentre lo vide andar via. Sarebbero tornati entrambi alla festa, ma della parentesi che avevano vissuto in quel magazzino non ne avrebbe dovuto far parola nessuno. Almeno per il momento. 

Angolo dell'autrice.

Eccomi di nuovo, dopo un periodo di eclissi (parziale) da Wattpad. Ovviamente, se non pubblico capitoli ogni giorno o in breve tempo l'uno dell'altro, è perché non li ho già pronti e scritti, e quindi perché non ho tutto il tempo che vorrei avere per scriverli (sigh sigh). Ma spero che siate - e continuiate - a essere comprensivi e pazienti. Io giuro di fare il possibile! 

Per farmi perdonare, ho scritto un capitolo di ben 4800 parole... moolto di più dei miei standard, e con un incontro, anzi, con più di uno, che spero vi faccia impazzire! Nattia shippers, fatevi sentireeee! (chi invece preferisce i Diegadia, non disperate... non prometto nulla, ma vi assicuro che alla fine dei conti sarete felici allo stesso modo... e non aggiungo altro ;) ). 

Piccola curiosità: tempo fa, in uno dei vecchi capitoli, chiesi a tutte/i voi cosa vi sarebbe piaciuto che accadesse in futuro. Ho letto molte idee, alcune buffe, altre davvero carine, e ho deciso di prenderne una e incastrarla nella trama della mia storia. In questo caso, voglio ringraziare e dedicare il capitolo ad @Alessiabruno466, alla quale sarebbe piaciuto che i nostri protagonisti fossero rimasti chiusi dentro una stanza... spero di averti accontentata! Se questo capitolo oggi esiste, ringraziate lei :)

Se avete altre idee su eventi futuri, parlate e proponete! Io vi ascolto sempre, e, se posso, cercherò anche di accontentarvi, nel limite del possibile ^^ 

Alla prossima :*


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