Hurricane

By Alex9230

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COMPLETA Vincitore Wattys2016 nella categoria più popolare. Hayley vuole fuggire da Los Angeles per dimentic... More

Capitolo 1: New York
Capitolo 2: Hurricane
Capitolo 3: Beacon High
Capitolo 4: Killer
Capitolo 5: Rain
Capitolo 6: Dream
Capitolo 7: Skittles
Capitolo 8: Videogames
Capitolo 9: Dance pain away
Capitolo 10: Forgive and forget
Capitolo 11: Memories
Capitolo 12: Dark Angel
Capitolo 13: October
Capitolo 14: Purple poison
Capitolo 15: Storm
Capitolo 16: Frozen heart
Capitolo 17: Rough nights
Capitolo 18: Sorry
Capitolo 19: Feelings
Capitolo 20: Fight
Capitolo 21: Wind
Capitolo 22: Faded
Capitolo 23: Deep thoughts
Capitolo 24: Roman Holiday
Capitolo 25: Promises
Capitolo 26: I can't stop thinking
Capitolo 27: 21 Guns
Capitolo 29: The ocean
People's choice
Capitolo 30: Cold december night
Capitolo 31: Roger rabbit
Storm
#AskAlex
Comunciazione di servizio
Trailer
Q&A
Wattys2016 winner
Grazie
Hayley's Song
Happy new year
Italian Writers Awards
AVVISO IMPORTANTE LEGGETE PLS
#AskAlex 2.0
Italian FanFiction Awards
NEWS IMPORTANTI!
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Intervista
Milione!

Capitolo 28: Emma

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By Alex9230

Capitolo 28

Aiden

Avevo già guardato Hayley dormire prima d'ora, ma non aveva mai avuto un sonno così agitato.
I capelli scuri ricadevano sul mio cuscino a macchia d'olio e il suo respiro si faceva sempre più ansimante con lo scandire di ogni secondo. Persisteva ad agitarsi, le mani afferravano il tessuto del piumone stringendolo con forza, per poi lasciarlo andare.
Aveva il viso contorto in un'espressione di dolore e non passò molto, prima che le lacrime iniziassero a rigarle silenziosamente le guance.
Mi si strinse il cuore a vederla così indifesa e così visibilmente addolorata da ciò che stava sognando; io mi sentivo incredibilmente impotente, fremevo dalla voglia di aiutarla, ma per quanto tentassi di svegliarla, proprio non ci riuscivo.
Le afferrai la mano sinistra e la strinsi tra le mie. Osservai la pelle candida e delicata, le le dita affusolate e il suo polso magro, tracciai con la punta dell'indice il contorno delle rose che aveva tatuate sull'avambraccio. I petali dei tre fiori si rincorrevano l'uno con l'altro, interrotti solo dagli intricati fili spinati. Restai qualche secondo ad osservare l'inchiostro nero e mi chiesi perché avesse scelto di tatuare solo tre rose, anche se successivamente mi ricordai che la ragazza detestava i numeri pari. Abbassai lo sguardo e lo portai sul polso, i miei occhi osservarono il nome Emma scritto con caratteri eleganti. A colpirmi fu però ciò che non avevo mai notato, nonostante avessi trascorso diverso tempo in compagnia di Hayley non avevo mai notato la cicatrice che il nome di sua sorella celava elegantemente. Tesi il dito e ne percorsi l'intera lunghezza. Un misto di emozioni si scatenarono in me: curiosità, rabbia e infine dolore.
Cosa aveva portato Hayley ad auto infliggesti quella ferita? Chi le aveva fatto così male?

" Emma, ti prego. Non lasciarmi, resta con me" la voce della ragazza mi distolse dai miei pensieri e mi spinse a riportare la mia attenzione sul suo viso.

Le lacrime persistevano a riversarsi sulle sue guance e ciò che era iniziato come un pianto silenzioso, si stava lentamente trasformando in una serie di singhiozzi disperati.
Non avevo mai visto Hayley così triste. Guardarla mi faceva male.
Tesi una mano verso la sua guancia per asciugarla, ma non passo molto prima che altre lacrime la rigassero nuovamente. Era scossa dai singhiozzi e sembrava non riuscire a trovare un modo per svegliarsi, così mi decisi a sollevarle il busto e stringerla tra le mie braccia finché non avrebbe riaperto gli occhi. Le accarezzai dolcemente la schiena e sperai che tutto ciò sarebbe riuscito a placare il suo pianto disperato.

" Angelo, va tutto bene. È soltanto un incubo, svegliati " ripetei queste parole come un mantra, persistendo ad coccolarla.

La allontanai da me solo quando la sentii smettere di piangere, vidi il suo viso rilassarsi completamente e le lacrime cessare di rigarle le guance.
Sorrisi inconsapevolmente, quando realizzai che era merito mio se si era calmata e le lasciai un dolce bacio sul naso nell'esatto momento in cui riaprì gli occhi.

" Aiden? Pensavo di essere a casa mia, mi hai vista piangere? " chiese, con il il fiato corto e la voce leggermente incrinata dall'emozione.

Si passò nervosamente le mani tra i capelli e rimosse dalle gambe l'asciugamano bagnato che fino a poco prima le poggiava sulla fronte e che le era ricaduto sulle cosce. Aveva le guance rosse, esattamente come gli occhi che, in quella circostanza, tendevano più al verde che al castano chiaro.

" Angelo, calmati. Sei svenuta e ti abbiamo portata qui per non lasciarti a casa da sola, sei al sicuro" la informai, tendendo una mano verso di lei in modo da avvicinarla a me e stringerla nuovamente in un abbraccio, ma prima che me ne potessi rendere conto lei si alzò dal letto.

Si appoggiò al muro, probabilmente perché un capogiro aveva messo a dura prova il suo equilibrio. Non appena si sentì meglio, uscì dalla mia stanza, lasciandosi alle spalle solo la scia del suo profumo alla cannella e nulla di più.
Restai qualche secondo a guardare la porta di legno scuro aperta solo per metà, chiedendomi cosa passasse per la mente di Hayley e se avesse intenzione di parlarmene. Mi chiesi quale fosse il soggetto del suo incubo e temetti addirittura di chiederlo, spaventato che farlo avrebbe potuto potenzialmente spingerla a scoppiare nuovamente in un pianto disperato privo di controllo, così intenso da parere senza fine.
Mi alzai dal letto e corsi dietro alla ragazza dai lunghi capelli scuri e quando giunsi al piano inferiore notai che Ash e Will erano placidamente accoccolati sul divano, la tv accesa. Entrambi si erano addormentati, non accorgendosi minimamente che Hayley era uscita di casa. Mi affrettai a varcare la soglia dell'ingresso alla mia abitazione e la trovai seduta sui gradini. Si reggeva la testa tra le mani, le dita fra le ciocche di capelli che le coprivano il viso come se si trattasse di una tenda.
Guardai la sua esile figura e il tempo, per un secondo, mi sembrò come essersi fermato; era come se entrambi fossimo stati intrappolati in una fotografia: lei persa nei suoi pensieri e io che la osservavo attanagliato da un senso di vuoto, per sempre.
Le sedetti accanto e aspettai che si decidesse a destarsi dai suoi pensieri.

" Immagino che tu mi abbia vista piangere e che io abbia parlato nel sonno. Non è la prima volta che capita, ma quel sogno, o meglio, quell'incubo non lo facevo da così tanto tempo, che avevo iniziato a credere che non si sarebbe più ripresentato" disse, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Era ormai notte e le stelle splendevano nel cielo buio, accompagnate dalla pallida faccia della luna ed attraversate di tanto in tanto da qualche aereo diretto chissà dove.
Le macchine passavano indisturbate sulla strada di fronte a casa mia, le ruote producevano un suono quasi rilassante a contatto con l'asfalto, prima di lasciarsi alle spalle il silenzio. Hayley mi sembrava essersi fatta improvvisamente piccola piccola, mentre stringeva le gambe al petto, poggiando il mento sulle ginocchia e lasciando che il suo sguardo si perdesse chissà dove, forse in qualche ricordo ormai lontano.

" Sì, ti ho vista piangere e hai parlato nel sonno. Ma non ti costringerò a dirmi chi sia Emma, anche se non ti nascondo che lo vorrei sapere e che mi piacerebbe conoscere cosa ci sia di tanto doloroso nei tuoi ricordi" replicai, spostando lo sguardo dal suo viso e puntandolo su un mozzicone di sigaretta abbandonato su un gradino poco distante da quello su cui sedevo.

Si trattava del filtro di una delle sigarette alla ciliegia che fumava Will e persistetti ad osservarlo come se si fosse trattato un gioiello prezioso. Non mi sentivo nella posizione di pretendere delle spiegazioni da parte di Hayley perché, in realtà, io più di chiunque altro, sapevo cosa significasse avere un passato così travagliato da non volerlo nemmeno ricordare.
Io avevo fatto tanti errori nella mia vita, alcuni dei quali rimpiangevo e mi tormentavano ogni notte, senza lasciarmi pace. Mai.

" Si chiamava Emma Renee Kingston ed era nata in una fredda giornata di Gennaio. Io avevo due anni quando mia madre la mise alla luce. Era animata da una gioia tale che chiunque la incontrasse, non poteva fare a meno di essere contagiato dal suo meraviglioso sorriso e dalla sua energia.
Io e lei siamo sempre state legate indissolubilmente, trascorrevamo le giornate insieme e nonostante fossimo due poli opposti, andavamo d'amore d'accordo" iniziò a parlare senza che io glielo chiedessi, il vento che le accarezzava delicatamente i capelli e io che la osservavo, incantato dalle sue parole.

Cercai di non far nessun rumore, convinto che anche il più flebile dei suoni avrebbe portato Hayley ad interrompersi.
Mi limitai ad osservare il suo viso dai lineamenti delicati e ad ascoltarla parlare, mentre si sforzava il più possibile per mantenere il suo tono di voce fermo. I raggi di luna le illuminavano parzialmente il volto pallido e i capelli scuri, accarezzando dolcemente il suo profilo e facendola apparire ai miei cocchi come una gatta randagia. Sarebbe bastato un solo movimento a spaventarla, spingendola a scappare per non ritornare più sui suoi passi.

"Lei era dolce e gentile con tutti, amava suonare la chitarra e sognava di diventare una cantante. Era timida, silenziosa e pacata, mentre io, al contrario, ero sempre stata chiassosa, esuberante e scontrosa.
A scuola era sempre stata amata e stimata da ogni studente, persino da Crystal, che aveva sempre nutrito un sentimento d'odio nei miei confronti, per Emma stravedeva e la faceva sedere sempre accanto a lei durante l'ora di pranzo.
Mia sorella era intelligente, aveva ottimi voti ed ascoltava sempre ciò che le dicevano i nostri genitori. Era disordinata come mio padre, perdeva la calma difficilmente proprio come lui e cercava sempre di far sorridere gli altri, come la mamma. Era la piccola di casa e tutti l'amavano.
Quando mia madre è morta Emma aveva solo sei anni, aveva pianto disperatamente per giorni interi, mentre io mi limitavo a restare rintanata in camera mia, in silenzio.
Avevo privato mia sorella di una madre, per colpa mia lei non avrebbe mai più ascoltato le storie narratele dalla mamma prima di andare a dormire e non l'avrebbe più udita suonare il pianoforte" si interruppe per portarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e per deglutire le lacrime che sapevo stesse trattenendo.

La tristezza trapelava da ogni singola parola pronunciata da Hayley, tanto che mi sentivo stringere il cuore a vederla così triste e malinconica. Avrei voluto fare qualcosa per aiutarla, ma non mossi nemmeno un muscolo. Avevo troppa paura che se l'avessi anche solo sfiorata, si sarebbe dissolta dinnanzi ai miei occhi come cenere al vento.

" Sai, quando mia madre era ancora viva un giorno ci accompagnò al parco. Io ed Emma giocammo a rincorrerci per svariato tempo e lei, che era sempre stata anche più imbranata di me, finì per inciampare. Tuttavia, io riuscii ad afferrarla proprio un secondo prima che si schiantasse al suolo.
Quel giorno mia madre mi guardò e dopo avermi sorriso sommessamente disse: " Hayley, tu dovrai sempre proteggere Emma. Mi raccomando, la affido a te. Non dimenticarlo mai".
Avevo sette anni all'epoca e per una bambina dal carattere forte e deciso come il mio, sentire quelle parole era stato come ricevere il più importante dei compiti.
Ricordo che quel giorno pensai di essere come un grande cavaliere; Emma era la principessa che avrei dovuto proteggere a qualunque costo.
Sai, mia sorella di svegliava spesso nel cuore della notte chiedendomi di pararle di nostra madre. Aveva sempre avuto il terrore di dimenticarsi di lei, tanto che aveva iniziato ad indossare il suo stesso profumo alle pesche, convinta che questo l'avrebbe aiutata a ricordarla.
Io, nonostante mi sentissi male ogni qualvolta quella fragranza raggiungeva le mie narici, le sorridevo e le ripetevo quanto mi ricordasse nostra madre. Per me guardare Emma era come rivedere una vecchia foto della mamma, infatti le ripetevo spesso che quando sentiva di non ricordare più i lineamenti del suo viso, le bastava osservare il suo riflesso nello specchio. Possedevano entrambi lo stesso paio di occhi celesti limpidi e luminosi, gli stessi tratti del viso e lo stesso carattere sola e allegro che metteva sempre chiunque di buon umore, nonostante Emma avesse i capelli biondi di mio padre e mia madre li avesse scuri, proprio come i miei.
Quando ci trasferimmo in California, incontrammo Scott e mentre lui e io diventammo subito amici; Scotty guardava Emma come se si fosse trattato del paesaggio più bello che avesse mai visto.
Mia sorella non faceva altro che stupire il mio migliore amico e, con il trascorrere del tempo, i due si innamorarono. Quando cominciarono a frequentarsi Emma aveva tredici anni, mentre Scott ne aveva quindici, proprio come me.
Si amavano, tanto, forse anche troppo per due ragazzi della loro età. Le uniche due persone che avevo visto guardarsi con lo stesso luccichio che avevano negli occhi loro, erano i miei genitori.
Ho passato giorni ad osservare il loro amore crescere assieme a loro, avevano fatto progetti per il futuro e a delineare i confini del viaggio che avrebbero voluto intraprendere assieme.
Mi era sempre sembrato a dir poco assurdo il modo in cui si amavano, considerando la loro giovane età eppure, lentamente, mi accorsi che il fatto che fossero praticamente cresciuti insieme, dato che mentre io avevo otto anni quando ci siamo trasferiti in California, Emma ne aveva soltanto sei, avesse contribuito ad alimentare l'affetto che provavano l'uno per l'altra.
Poi, tutto finì" si interruppe nuovamente e si morse nervosamente il labbro inferiore.

Aveva lo sguardo fisso dinnanzi a sé ed era come se al posto della strada, davanti a suoi occhi, vedesse i suoi stessi ricordi. Pareva quasi che stesse leggendo un libro invisibile, la quali pagine erano impregnate di lacrime mai versate e di un dolore indelebile.
Sembrava incredibilmente piccola con le gambe strette al petto e lo sguardo perso; era come guardare una bambina indifesa che non trovava il modo di proteggersi dai suoi stessi pensieri.

" Il giorno del suo quindicesimo compleanno, le regalai due biglietti per andare a vedere un concerto dei Green Day, dato che era la sua band preferita. Nonostante le avessi detto che era libera di andarci con chi preferiva, lei scelse di portare me; mi disse che ero l'unica persona con cui avrebbe voluto assistere a quel concerto, considerando che ero stata proprio io a farle ascoltare una canzone dei Green Day per la prima volta.
Penso che quello sia stato al contempo uno dei giorni più belli e più brutti che io abbia mai vissuto fino ad oggi. Quella notte ci eravamo divertite come non mai, e quando salimmo in macchina per tornare a casa, non riuscivamo a placare l'eccitazione e l'adrenalina che ci scorreva nelle vene. Avevamo passato gran parte del tragitto verso casa ad ascoltare uno dei vecchi CD dei Green Day e quando le note di 21 guns iniziarono a suonare, sia io che Emma, iniziammo a cantare a squarcia gola. Fu uno di quei momenti che ti portano a pensare di volerlo imprimere a fuoco nella memoria, in modo da riviverlo nei giorni più tristi e riuscendo così a rallegrati.
Mi sentivo incredibilmente felice, mi sembrava di avere tutto quello che volevo e prima che potessi anche solo abituarmi a quella sensazione, tutto finì. Un macchina guidata contro mano si schiantò contro la mia poco prima di una curva, la nostra auto si ribaltò e il mio primo pensiero in quell'istante fu solo Emma.
Ero uscita dal veicolo in fetta e furia in modo da aiutarla ad uscire, dato che era rimasta incastrata e prima che riuscissi a raggiungerla, un'altra macchina si schiantò contro la mia. Quando raggiunsi Emma, la trovai in fin di vita e morì tra le mie braccia su quella statale semi desolata. C'era così tanto sangue che solo a ripensarci me lo sento sulle mani e mi sembra addirittura di sentirne l'odore.
Ho pregato Dio e cielo, chiedendo che fosse tutto un brutto sogno, che lei non fosse morta il giorno del suo compleanno. Trovavo impossibile che tutta la felicità che avevamo provato fino a poco prima si fosse dissolta all'improvviso in una nuvola di fumo, facendomi addirittura dubitare che fosse mai esistita. Eppure le mie preghiere non furono ascoltate. Fu solo colpa mia. Io ho ucciso mia sorella" abbassò la testa, come se il senso di colpa che provava le gravasse eccessivamente sulle spalle e fosse diventato troppo pesante da sostenere.

Non riuscivo nemmeno ad immaginare quanto dovesse essere difficile per lei parlare di un momento così tragico della sua vita. Hayley aveva perso tanto, forse troppo per una ragazza della sua età e io mi sentivo completamente inutile, perché la verità era che non c'era nulla che avrei potuto dire o fare per aiutarla. E nonostante ciò, aprii la bocca con l'intenzione di parlare, ma lei mi precedette, riprendendo il suo monologo.

"Tutti furono devastati dalla sua morte: io, mio padre, Scott, amici e perfino gli insegnanti. Il suo funerale si tenne poco dopo l'incidente, una volta finiti gli accertamenti svolti dalla polizia. Gli agenti ci comunicarono che la prima macchina che si era schiantata contro la nostra era guidata da uno studente del college e che era risultato positivo all'alcol test, si chiamava Steven Miller ed era morto sul colpo. All'interno del secondo veicolo era presente una coppia di fidanzati, Vanessa Tompson e Jacob Lewis, quest'ultimo, secondo la ricostruzione svolta dagli agenti, si trovava al telefono mentre guidava e, a causa della sua distrazione, non ha visto la mia auto ed è finito inevitabilmente per schiantarvisi contro. Vanessa è morta durante il tragitto verso l'ospedale, mentre Jacob è sopravvissuto all'incidente.
A causa mia, sono morte ben tre persone, di cui una era proprio la sorella che avevo promesso di proteggere.
Emma è stata cremata, la sua lapide si trova a New York, proprio accanto a quella di mia mamma, nonostante il funerale si sia svolto a Los Angeles; mentre le ceneri le ho sparse personalmente nell'oceano.
Ovviamente al funerale di mia sorella erano tutti in lacrime e straziati dal dolore, tutti tranne me. Io mi ero limitata ad assistere al lungo sermone esposto dal prete, senza nemmeno prestare attenzione alle sue parole e il mio viso era rimasto asciutto per tutto il tempo.
Non mi sentivo in dovere di piangere, mi sembrava di non averne il diritto, avevo deciso che avrei dovuto convivere con il mio dolore e lasciare che i sensi di colpa mi consumassero. Dopotutto avevo privato il mondo di una persona splendida come Emma, oltre ad averla sottratta a coloro che l'amavano.
Persistevo a sognare la notte dell'incidente, ogni notte gli incubi tormentavano il mio sonno e il dolore che provavo mi stava consumando lentamente. Ho creduto seriamente di impazzire, avevo paura di dormire e mi sforzavo sempre di rimanere sveglia, fino a quando non diventavo troppo stanca per riuscire a tenere gli occhi aperti.
Un giorno a scuola, il preside decise di fare un discorso per Emma; si trattava di una semplice accozzaglia di parole messe insieme, nulla di particolarmente emozionante, eppure io mi sentii lacerare ascoltandolo. Corsi in bagno nel pieno della cerimonia che si stava svolgendo in palestra e tentai di togliermi la vita, non appena vidi il mio sangue macchiare le piastrelle candide del bagno pensai a mio padre.
Mi chiesi come avrebbe fatto a vivere senza di me, considerando che ero tutto ciò che gli rimaneva e con gli occhi offuscati dalle lacrime e la mente annebbiata dalla confusione, chiamai Scott. Pregai il mio migliore amico di aiutarmi e lui, dopo aver aperto la porta del bagno chiusa a chiave a suon di calci, aveva chiamato l'ambulanza, per poi aiutarmi a placare il flusso di sangue che si riversava dal mio polso.
Penso che non dimenticherò mai la paura che avevo visto riflessa negli occhi di Scott quando mi ha vista quel giorno, come non potrei mai rimuovere dalla mia mente la preoccupazione dipinta sul volto di mio padre quando mi venne a far visita in ospedale.
Dopo quell'episodio realizzai di aver bisogno di aiuto, così mi decisi a mettere da parte l'orgoglio, ad inghiottire la paura che mi attanagliava il cuore e a confessare a mio padre che ogni notte sognavo l'incidente.
Di lì a poco iniziai a fare delle visite sia dallo psicologo della scuola che dalla psicologa contatta da mio papà. Mi aiutarono a superare lo shock, nonostante i sogni persistessero a palesarsi di tanto in tanto e con il trascorrere del tempo riuscii a fare in modo che la prima immagine che la mia mente associava sentendo pronunciare il nome Emma, fosse il sorriso di mia sorella e non il suo viso morente e tumefatto dalle ferite.
Impiegai ben tre mesi a trovare il coraggio di rimettere piede in macchina e ce ne sono voluti altrettanti perché mi rimettessi al volante. Dopo esattamente un anno dalla morte di Emma, mi tatuai il suo nome in modo da coprire la cicatrice che mi ricordava uno dei più grandi errori che avessi mai commesso. La signorina Bloom, la mia psicologa, mi consigliò anche di fare visita a Jacob Lewis, l'unico altro sopravvissuto all'incidente oltre a me. Inizialmente mi rifiutai perché era stata proprio la sua distrazione, oltre che la mia, a decretare la fine di mia sorella. Con il tempo però mi sono fatta coraggio e l'ho contattato. Ricordo di averlo incontrato in un piccolo bar di Los Angeles e che quando lo guardai negli occhi mi sembrò quasi di vedere il riflesso dei miei. Fu allora che realizzai che lui, proprio come me, aveva perso una persona che amava profondamente e che non riuscisse a fare a meno di incolparsi per ciò che le era accaduto. Lui è Vanessa dovevano sposarsi a marzo, esattamente cinque anni dopo il loro primo incontro, soltanto tre mesi dopo il giorno dell'incidente. Jacob pianse come un disperato nel momento in cui mi vide e per interi minuti non riuscì a fare altro che chiedermi scusa, ancora, ancora e ancora, lo fece così tante volte che ad un tratto le sue parole mi sembrarono senza senso. E a dirti la verità ricordo di aver pensato che più che a me, stesse chiedendo perdono a chi non c'era più. Quando finalmente smise di piangere, ad ogni modo, io e Jacob parlammo per diverse ore. Mi spiegò che la sera dell'incidente, a causa della sua distrazione non aveva visto né la macchina del ragazzo del college con cui mi ero schiantata io, né tanto meno la mia, fino a quando la sua futura sposa non lo avvisò. Disse di aver provato a sterzare, che fosse riuscito ad evitare la prima auto, ma non la mia, non quella in cui si trovava Emma. Era troppo tardi, queste furono le sue parole. Pensa che mi confesso addirittura di avermi vista, mentre trascinavo il corpo di Emma fuori dalla macchina e piangevo disperata pregando il cielo che si riuscisse a salvare, ma che aveva egoisticamente preferito dedicarsi alla sua fidanzata. Sinceramente, non lo biasimo per aver preso quella scelta, soprattutto perché io stessa non mi ero nemmeno preoccupata di controllare che Steven, il ragazzo nell'altra auto o che tantomeno Jacob e Vanessa stessero bene. Io per prima mi ero dedicata solo ed esclusivamente ad Emma, perciò si potrebbe dire che sia io che lui fossimo stati incredibilmente egoisti quella notte.
Jacob mi parlò di Vanessa, mi raccontò che tipo di persona fosse, come si fossero incontrati e perché si fosse innamorato di lei, io invece, gli parlai di Emma di quanto l'amassi. Entrambi ci confessano l'un l'altra quanto soffrissimo, quanto fosse difficile cercare di abituarsi allo loro mancanza e quanto non risicassimo a fare a meno di sentirci in colpa, consumati dalla sensazione che non saremmo mai riusciti a superare il trauma che, forse, in qualche modo, potevamo far ricadere il nostro senso di colpa su qualcun altro puntando il dito sul ragazzo che si trovava alla guida ubriaco, per esempio. Io ancora non ci sono riuscita, non so se per Jacob valga lo stesso.
Nonostante avessi superato il trauma e avessi all'incirca imparato a convivere con il passato e con ciò che era accaduto, la California continuava a sembrarmi un luogo troppo impregnato di ricordi. Los Angeles mi sembrava ormai troppo stretta ed infinitamente scomoda, non riuscivo più a vivere in quella città e mio padre sembrava pensarla esattamente come me.
Decidemmo di comune accordo di ritornare a New York, dopotutto la California non era mai stata casa mia, non quanto la era Manhattan; perciò quando finii il penultimo anno di liceo, trascorsi la mia ultima estate a Los Angeles, prima di trasferirmi. Mio padre venne qui a New York prima di me, mentre io insistetti fino allo sfinimento per percorrere tutto il tragitto in macchina. Ero decisa a voler assaporare ogni singolo chilometro che mi allontanava da un passato che ero pronta a lasciarmi alle spalle, volevo godermi quel senso di libertà che mi dava vedere Los Angeles diventare sempre più piccola nello specchietto retrovisore dell'auto.
Ecco spiegato chi è Emma. Era mia sorella, amava mangiare le skittles tanto che quando mia madre le vietò di mangiarle, lei iniziò a nascondere i pacchetti sotto al materasso. Le piaceva scrivere canzoni e cantarle fino a mandarmi all'esaurimento per quante volte le ascoltavo, era disordinata la punto da perdere centinaia di plettri per poi ritrovarli in posti assurdi e detestava con tutta se stessa il cioccolato fondente che io ho sempre adorato. Quando si arrabbiava scoppiava a piangere il nervoso, anche se, a dire la verità, ogni emozione forte la faceva piangere. Dormiva sempre con la porta aperta, nonostante parlasse spesso nel sonno ed era una frana negli sport. Mi considerava la sua eroina e invece ho finito per distruggere la sua vita come un uragano.
Forse restarmi vicino non è una scelta molto saggia da parte tua, due delle persone che ho amato di più in vita mia sono morte a causa mia " a quel punto lo sguardo di Hayley si spostò su di me, come a voler vedere quale espressione fosse dipinta sul mio volto.

Aveva gli occhi lucidi, ma nessuna lacrima le era ricaduta sul viso, nonostante la sua voce fosse chiaramente provata dall'emozione.
Provavo profonda ammirazione nei confronti di Hayley per il modo in cui era riuscita a parlare di sua sorella, perché io, al suo posto, non pensavo che ci sarei riuscito. Sembrava sul punto di gridare per la frustrazione, di scoppiare a piangere da un momento all'altro e di voler scagliare un pugno contro un muro, eppure tutto ciò che riusciva a fare era restare ad osservarmi in silenzio. Non era mai sembrata tanto forte quanto in quel momento. Era costellata di ferite invisibili, una galassia di sofferenza infinita ed era visibilmente stanca, esausta di dover sopportare il peso del suo senso di colpa, però sembrava ancora disposta a combattere, a lottare per tenere insieme i pezzi che rimanevano del suo cuore infranto. Sembrava aver ormai compreso da tempo di non aver bisogno che nessuno la salvasse, perché era pronta a farlo da sé, rendendo chiaro a chiunque la guardasse che fosse una guerriera. E se la sua voglia di rialzarsi con le proprie gambe fosse dovuta al fatto che si considerasse un uragano e di conseguenza che temesse di distruggere chiunque le si avvicinasse, proprio non fui in grado di dirlo.
Ero ormai certo che fossimo molto più simili di ciò che credevo, entrambi pensavamo di essere due catastrofi naturali devastanti, ugualmente spaventose e nutrite dalla paura di annientare chiunque fosse stato abbastanza coraggioso o stupido a avvicinarsi a noi.
Prima o poi dovrai raccontarle di Bella, lo sai che è inevitabile.
Non adesso, non posso. So già che non riuscirà più a guardarmi con gli stessi occhi.

" Angelo, so che le mie parole, con ogni probabilità, non contano nulla. Però ci tengo a dirti che non è stata colpa tua, non potevi controllare le azioni altrui e sono sicuro che anche tua sorella lo sappia. É solo la mia modesta opinione, puoi farne ciò che vuoi, ma voglio che tu sappia che io non mi pento di averti conosciuta. Non ho paura di restarti accanto. Forse questo per te fa di me un pazzo, ma a me piace il rischio e, cosa più importante, piaci tu. Quindi non pensare nemmeno di prendere le distanze da me, perché non ho intenzione di lasciartelo fare. Soprattutto perché sapere quanto tu sia forte non ha fatto altro che renderti ancora più bella ai miei occhi " dissi, avvicinandola a me e stringendola tra le mie braccia.

Mi guardò con gli occhi sgranati e le labbra leggermente schiuse, prima di stringersi a me ed affondare il viso nell'incavo del mio collo. Restó in silenzio, si limitò ad annuire leggermente e a stringermi con più vigore. Un soffio di vento scosse le fronde degli alberi e costrinse le foglie a cadere dai rami, per poi atterrare al suolo mimando una pioggia leggera.

" Avevo paura che mi avresti guardata in modo diverso. Sai, dopo la morte di Emma tutti quelli che mi conoscevano continuavano a fissarmi come se fossi sempre stata sul punto di rompermi. Era come se tutti temessero che sarei potuta crollare da un momento all'altro, per non parlare del modo in cui mi guardavano dopo che ho tentato di togliermi la vita. Ho sempre odiato quel tipo di sguardo, mi faceva sentire come se fossi un cucciolo indifeso o un giocattolo rotto, e quella sensazione mi dava terribilmente fastidio. E tanto per la cronaca vedere come tu abbia reagito a questa cosa ha fatto si che tu mi piaccia ancora più di prima. Grazie, Aiden" confessò, allontanandosi da me e fissando i suoi occhi nei miei.

Sotto la luce al neon emessa dai lampioni e sotto quella pallida e argentea emanata dalla luna, le ridi di Hayley assumevano un colore particolare che ero sicuro fosse causato anche dalle lacrime che aveva versato poco prima. I suoi occhi tendevano verso il verde e il viso ancora leggermente pallido per via della febbre, la facevano somigliare ad una bambola di porcellana, nonostante gli occhi fossero contornati dalle occhiaie.

" Più che come una persona sull'orlo del crollo, credo che dovrei guardarti come un'eroina, perché credo che tu sia estremamente forte Hayley. Ne hai passate tante, eppure il tuo sorriso è comunque in grado di abbagliarmi ogni singola volta " replicai, accarezzandole delicatamente la guancia calda e muovendo lentamente il pollice sul suo zigomo.

Hayley mi sorrise e quando lo fece i suoi occhi parvero come illuminarsi di luce propria. Era incredibile quanta forza possedesse la ragazza che avevo dinnanzi a me, non avevo mai incontrato qualcuno di tanto incredibile quanto lo era lei. Bella non aveva mai posseduto tanta forza, nonostante si sforzasse incredibilmente per darlo a credere a sé stessa e a coloro che la circondavano. Era sempre stata fragile, proprio come le foglie secche che tappezzavano il marciapiedi dinanzi a casa mia, così delicate che le suola di una scarpa era in grado di frantumarle e lasciare che il vento ne trasportasse i resti.

" Sì, ma anche tu hai detto che a volte il mio sguardo si fa perso e più di una volta mi hai rimproverata per averti rifilato dei sorrisi finti. Inoltre, ancora oggi non riesco ad ascoltare 21 guns e, in generale, faccio piuttosto fatica a sentire le canzoni dei Green Day. Emma le suonava spesso" disse, abbassando lo sguardo imbarazzata.

" Hayley, è normale che tu abbia ancora delle difficoltà ad ascoltare quelle canzoni. E non mi importa se qualche volta il tuo sguardo si fa assente, è giusto che di tanto intanto tu ti prenda qualche minuto per ripensare a tua sorella. Non ci trovo nulla di sbagliato in tutto ciò; anzi, lo trovo estremamente ammirevole da parte tua, perché probabilmente se io mi fossi trovato al tuo posto avrei sicuramente reagito in modo diverso" le spiegai, prima di lasciarle un bacio sulla punta del naso.

I suoi occhi si spostarono nuovamente su di me e di lì a poco, un sorriso si fece strada sul suo viso. In quel momento una macchina sfrecciò sull'asfalto e riuscii a sentire che dall'interno dei veicolo proveniva una canzone che tuttavia mi sembrò di non riconoscere.

" A volte mi sento in colpa, perché nonostante vorrei che lei fosse ancora in vita, sono perfettamente consapevole che se io avessi prestato più attenzione alla strada o se quel pazzo ubriaco quella sera non avesse bevuto, io non sarei mai tornata a New York. Non avrei mai conosciuto te, Ash e nemmeno Will, sono così egoista da pensare che, dopotutto, la morte di Emma non mi abbia portato solo disgrazie" quando terminò di parlare, una lacrima silenziosa le rigò il viso e io mi preoccupai subito di asciugarla.

La avvicinai a me e la avvolsi nuovamente in un abbraccio, sentii le sue mani afferrare il tessuto della maglia che indossavo e aggrapparsi ad esso cose fosse la sua ancora di salvezza. Non riuscivo nemmeno ad immaginare quanto fosse stato difficoltoso per Hayley fare una tale confessione.

" Angelo, guardami. La vita a volte ci pone davanti dei terribili scherzi, con te è stata estremamente dura e non ritengo che sia egoista da parte tua gioire del fatto che tu abbia incontrato me e gli altri. Semplicemente stai andando avanti, non puoi incolparti perché hai trovato la felicità che cercavi da tempo.
Tutto ciò non significa che tu ti stia dimenticando di lei o che tu la stia abbandonato, semplicemente è la dimostrazione del fatto che tu stia andando avanti come avrebbe voluto lei. Significa che tieni a noi abbastanza da non volerci lasciare andare, abbastanza da desiderare di restare e da non andartene più, a sufficienza perché tu non ti penta di averci conosciuti. Non devi fartene una colpa" spiegai, persistendo ad accarezzarle delicatamente la guancia.

Hayley mi osservò per qualche secondo, prima di avvicinarsi a me e posare le sue labbra sulle mie.
Si trattava di un bacio delicato, lento, eppure estremamente bisognoso. I baci di Hayley erano come le sigarette: la prima volta non capisci nemmeno cosa stai facendo, e prima che tu te ne renda conto ne sei completamente ed irrimediabilmente dipendente.
Avrei potuto passare una vita intera a baciare Hayley e ancora non mi sarebbe bastato, non mi sarebbe stato sufficiente. Stare in sua compagnia, sentirla parlare, guardarla negli occhi e riuscire a restarle accanto quando ne aveva più bisogno, mi faceva sentire felice ed in pace con me stesso come non lo ero da tempo.
Era incredibilmente forte e coraggiosa, nonostante avesse sofferto estremamente per una ragazza della sua età. Era piena d'amore e di voglia di vivere, nonostante dentro di sé portasse delle ferite che non si erano ancora completamente rimarginate. Era bella come il più meraviglioso dei paesaggi o come le stelle, nonostante lei sembrasse non accorgersene minimamente.
Era bella e rara come una rosa nera; ed io starei potuto restare a guardarla per l'eternità.
Incontrarla quel giorno di settembre era probabilmente stata la cosa più bella che mi fosse mai capitata.
E nonostante ciò, temevo che la mia vicinanza le sarebbe stata fatale, che io avrei finito per distruggerla.

Spazio marshmallow💘 + challenge

Dunque, siamo arrivati quasi al capolinea, mancano solamente tre capitoli al termine di Hurricane e io sto cominciando a sentirmi in ansia...
Approfitto di questo spazio autrice per fare una challenge, ringrazio MB_Dragonflies  per la nomination!
Challenge - 13 cose su di me-

1. Amo il gelato, potrei mangiarlo tutti giorni a qualsiasi ora ( è una dipendenza seria)

2. Adoro la luna, tanto che quando ero piccola parlavo con lei e che volevo chiamarmi proprio Luna. Mio fratello a volte quando mi vuole prendermi in giro, infatti, mi chiama Luna

3. Adoro guardare Ghost Adventures, il soprannaturale mi affascina tantissimo, infatti seguo molteplici canali su YouTube che trattano di fantasmi, leggende ecc.

4. Una delle mie più care amiche abita in California, l'ho conosciuta per caso nella mia città e abbiamo legato tantissimo fin da subito. La scorsa estate sono stata a casa sua per un mese intero e ho in programma di ritornarci l'anno prossimo.

5. A casa mia tutti nutriamo una profonda passione per i film, infatti possiedo più di 500 dvd

6. A settembre mi trasferirò a Milano per frequentare l'università, andrò alla cattolica e l'indirizzo di studi che ho scelto è scienze linguistiche nelle relazioni internazionali ( ho in programma anche di lavorare)

7. Nutro una profonda aberrazione nei confronti dei numeri pari e il mio numero preferito è il 7. Ironia della sorte sono nata il 4 ottobre ( ossia in un giorno pari, durante un mese pari)

8. Sono una dormigliona e ho il sonno molto pesante. Una volta durante un viaggio in aereo, mentre tornavo dal Marocco c'è stata una turbolenza e io ho continuato a dormire indisturbata ( non vi lascio immaginare lo stupore di mio fratello e di mio padre)

9. A marzo mi è nato un nuovo fratellino e nonostante il suo nome sia Michele, io continuo a chiamarlo fagiolo...

10. Sono piuttosto vivace e casinista, tendo sempre a dire ciò che penso e più di una volta ho litigato con i miei insegnanti a causa della mia lingua biforcuta.

11. A Milano condividerò l'appartamento con una delle mie più grandi amiche, si chiama Bianca e nonostante in passato abbiamo avuto diversi disguidi, il nostro legame sembra essersi semplicemente rafforzato.

12. Colleziono citazioni

13. Uso wattpad principalmente in inglese, infatti l'unica storia in italiano che leggo è quella della mia cara, piccola Rita Ritaska99

Questo è tutto, grazie infinite di ogni cosa.
Vi voglio bene.
Baci.
-A

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