BITE [in revisione]

بواسطة leavesofwilde

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Harry Styles ha deciso che la vita non ha più alcuna importanza. Rinnega le emozioni, concedendo tutto se ste... المزيد

Prologo
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Epilogo

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بواسطة leavesofwilde

Teddy Picker – Arctic Monkeys
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Harry ha un problema.

Una scappatoia.

È ciò che si cerca in un momento particolarmente difficile durante il corso della propria vita. Si è portati a pensare che sia legittimo fuggire, in un modo o nell'altro, da qualsiasi cosa impedisca ad un individuo di vivere come vorrebbe. Si sfugge a se stessi, rivelando un io nascosto, completamente ed inequivocabilmente libero. Semplicemente, la singola persona non vuole sentirsi ancor più in gabbia di quanto già non sia. Ma cosa accade quando la scappatoia comincia a trascinare la povera vittima indifesa giù per un vortice da cui fuggire è impossibile? Cosa accade quando diventa il primo punto debole, il primo ostacolo? Cosa accade quando la scappatoia stessa diventa il problema?

Le pupille di Harry si dilatarono tingendosi del nero più cupo nell'istante in cui terminò la seconda striscia di cocaina accuratamente divisa e disposta sul tavolo del salone, i primi segnali dell'ebrezza in arrivo a pizzicargli la pelle come spilli, il battito del suo cuore in corsa, immediatamente alla ricerca di una nuova, ambita dose d'euforia; questa era la scappatoia di Harry.

Droga, fumo, alcol e sesso. Annegato all'interno del circolo vizioso senza poter fare nulla per uscirne, Harry si era riscoperto incapace di rimanere sobrio e pulito per più di due o tre giorni. Mentre la sete di liquore aumentava, la fame scarseggiava sempre di più, così come il sonno, la cui mancanza ancora lo tormentava. Era stata proprio l'insonnia, tanti anni prima, ad aver spinto Harry a fare uso di sonniferi e sedativi; quando questi avevano smesso d'avere qualsiasi tipo d'effetto su di lui, il riccio aveva semplicemente cercato riparo in sostanze più pesanti, finendo per annoiarsi persino della stanchezza e rivolgendosi dunque a qualcosa che lo tenesse il più sveglio possibile. Nel corso del tempo, niente e nessuno era mai stato in grado di offrirgli una ragione per smettere.

La prima difficoltà era arrivata tre anni prima, il giorno in cui suo padre se n'era andato di casa per fuggire con una donna più giovane e bella della moglie infelice, sparendo così dalla sua vita e non tornando mai più. Non che ad Harry importasse. Aveva sempre odiato suo padre, uomo burbero, violento ed egoista, ma sua madre n'era succube. Era stata lei a rappresentare il vero problema, ed il riccio ne aveva avuto la prova l'anno successivo quando, in seguito ad una profonda crisi depressiva, la donna si era trasferita comunicando al ragazzo di non avere alcuna intenzione di portarlo con sé. Senza troppe cerimonie, la madre aveva preparato i bagagli ed era partita nel giro di un paio di giorni lasciando il figlio a fissarla svanire sulla soglia di casa, completamente solo ed inebetito dalla droga.

Da quel momento, Harry non aveva tardato a convincersi d'essere destinato a rimanere bloccato a Doncaster per il resto della sua vita. Senza prospettive e senza denaro, il riccio aveva trovato lavoro in un piccolo Sainsbury's, il negozio a pochi minuti da casa in cui era suo compito rifornire i pochi scaffali presenti, pulire il linoleum ed assistere la scarsa clientela; era lì che aveva conosciuto Liam Payne.

Inizialmente, Harry se ne ricordava soltanto perché ogni mattina, alle nove in punto, il ragazzo si presentava in negozio per acquistare sempre lo stesso pacchetto di Marlboro rosse, ma aveva in seguito notato l'intricata rete di tatuaggi che gli ricoprivano entrambe le braccia. Quando il riccio gli aveva rivolto parola per fargli notare quanto gli piacessero, Liam aveva cominciato a fermarsi quella manciata di minuti di più per scambiare due chiacchiere e condividere una sigaretta. Erano diventati subito amici.

Liam era un ragazzo alto e gentile dai capelli rasati, gli indumenti sportivi e la risata coinvolgente, ma pericolosamente silenzioso e riservato. Soltanto nei mesi seguenti, dopo numerose domande a cui mai veniva data risposta, aveva confessato ad Harry che il suo lavoro consistesse nel partecipare a quante più feste ed eventi privati possibili per poter vendere droga, stratagemma elegante per lasciar intendere al riccio che il suo impiego consistesse nello spacciare. Non appena Harry gli aveva domandato quali tipi di sostanze vendesse, Liam aveva sorriso. Tutte, era stato il sussurro fuoriuscito al suo ghigno, ed il riccio non aveva saputo resistere.

Per arrotondare il salario del piccolo Sainsbury's e poter pagare una casa fin troppo grande per una sola persona, Harry aveva accettato d'essere introdotto all'interno del giro di spaccio ad occhi chiusi. La sua lingua biforcuta ed innegabile conoscenza in materia avevano facilitato il suo ingresso e, in men che non si dica, il riccio si era ritrovato a ricevere inviti di ogni genere alle feste più opinabili ed esclusive della città, feste in cui droga, alcol e sesso si precipitavano fra le sue braccia strappandolo al resto del mondo.

Da quasi sei mesi, poi, Liam ed il riccio avevano conosciuto Niall Horan, un ragazzino euforico, impulsivo e viziato che frequentava l'ultimo anno di liceo. Così ricco da nauseare chiunque lo circondasse, Niall detestava la formalità che aveva l'obbligo di rispettare, forzato da una famiglia rigida e disinteressata che non vedeva l'ora di rinnegare e lasciarsi alle spalle. Una sera, capitato alla festa giusta al momento giusto, il ragazzo aveva riconosciuto Liam ed Harry come la fonte delle pillole che aveva visto i presenti passarsi di mano in mano. Fattosi coraggio, si era avvicinato per presentarsi e, dopo una serie di sguardi confusi e silenzi imbarazzanti, il riccio aveva ceduto con un sorriso in fiamme; Niall sarebbe stato un'aggiunta perfetta al loro giro di spaccio, la chiave d'ingresso alle feste liceali ed ai corridoi delle scuole private colme di studenti dalle tasche straripanti di denaro.

Così fu.

Come previsto, da quando il biondo aveva iniziato a lavorare insieme a loro, il numero di eventi e di clientela era aumentato, forse persino raddoppiato; divenuti inseparabili, Harry, Niall e Liam si recavano ovunque la loro presenza fosse richiesta come una cosa sola. Mentre il biondo si rifiutava di trarre guadagno dallo spaccio, affermando di farlo solamente per il brio dell'impresa, il riccio era contento di potersi permettere le bollette di quella casa che odiava ma che mai avrebbe venduto, e Liam poteva continuare in tutta serenità a non cercare lavoro, dedicando il suo tempo libero al sesso e a qualsiasi ossessione lo esaltasse al momento.

Malgrado l'apparente euforia, Harry si chiedeva spesso se i suoi amici fossero a conoscenza della sua dipendenza da sostanze. Era chiaro che sapessero quanto gli piacesse bere e drogarsi alle feste a cui partecipavano insieme, ma forse non avevano ancora compreso quanto la situazione fosse effettivamente grave. Sebbene fosse difficile accettarlo, il riccio ne era tristemente consapevole. Non aveva tempo per mentire a se stesso. Non dopo che tutti non avevano fatto altro per il resto della sua vita.

Al pensiero, Harry si alzò dalla sedia con uno scatto fulmineo, pulendo la superficie del tavolo in legno e sfregandosi ossessivamente la punta del naso. Smettere di farsi non era contemplato, e non avrebbe comunque potuto. Ne aveva bisogno e, in mancanza del supporto, temeva che la sua vita avrebbe finito col collassare su se stessa, lui con lei. In fondo, la droga gli permetteva di vivere e respirare. A volte persino di morire. Un singolo istante di niente assoluto in cui ogni cosa veniva risucchiata nel vuoto ed Harry... Harry poteva permettersi di non soffrire al pensiero di non esistere più. 

Controllato l'orologio e resosi conto d'essere in ritardo, il riccio salì al piano di sopra per indossare la solita, vecchia casacca arancione, quella troppo larga per le sue spalle ed eccessivamente appariscente, ma d'obbligo durante le interminabili giornate di lavoro trascorse all'interno delle mura del suo piccolo Sainsbury's. Prese gli occhiali da sole per nascondere le occhiaie e le pupille pericolosamente dilatate, il beanie malmesso per coprire i boccoli arruffati, la sua dose di cocaina per assicurarsi di non rimanere a mani vuote. Una volta per strada, diretto verso il centro del paese con una sigaretta fra le dita, la suoneria del cellulare fu l'unico elemento in grado di attirare efficacemente la sua attenzione.

"Sto arrivando," fiatò nel fumo espirato.

"Sono le nove passate, Harry," lo riprese la voce di Liam, il suo tono urgente e spazientito. "Niall è con me e ha appena perso la prima ora di lezione, a causa tua."

"Digli prego da parte mia," sogghignò estatico. "Sarò lì fra dieci minuti."

"Stronzo."

Questo fu quanto. Il riccio ridacchiò nel chiudere la breve chiamata, riponendo il telefono all'interno della tasca dei pantaloni ed aumentando il passo, l'effetto della droga a supportare l'andatura scomposta. Raggiunto il centro del paese e le sagome di Liam e Niall scomodamente appoggiate contro alle vetrate del negozio, Harry poté finalmente fermarsi e prendere fiato, la vista dell'uniforme scolastica verde scuro del biondo a strappargli l'ennesimo ghigno.

"Sei così grazioso, Nialler," rise spettinandogli i capelli, gesto al quale il ragazzo si ritrasse colpendolo bruscamente alla nuca. "E antipatico. La combinazione perfetta."

"Vuoi darti una mossa?" lo istigò Niall. "Se non arrivo a scuola entro l'inizio della seconda ora potrei seriamente essere assassinato. Ed entrambi sapete che non esagero."

"Vero," asserì Liam. "Beh, per ora dovrai correre il rischio che i tuoi genitori mandino un sicario a porre fine alla tua breve esistenza, Horan. Non puoi andare senza aver prima risolto," scherzò scrollando distrattamente le spalle, il biondo al suo fianco a sbuffare ed allentare la cravatta d'improvviso troppo stretta.

Col Sainsbury's ora aperto, Harry si diresse immediatamente in direzione della cassa e della piccola tabaccheria alle sue spalle lasciando che i ragazzi vagassero assorti fra gli scaffali in cerca di provviste; muniti di RedBull, Liam e Niall si avvicinarono a passo svelto, decisi ad approfittare dei primi minuti d'apertura del negozio così da evitare l'arrivo della clientela e delle possibili, conseguenti seccature.

"Al volo," canticchiò il riccio lanciando il solito pacchetto di Marlboro rosse a Liam, il quale l'afferrò ringraziando l'amico con un cenno del capo.

"Immagino che tu sia troppo inebriato per aiutarci a risolvere."

"Precisamente," ammise Harry sorridendo. "E comunque devo lavorare, Lì. Vi lascio le chiavi del magazzino," disse abbandonando rumorosamente il mazzo tintinnante sulla superficie del bancone. "Non avete bisogno di me, sapete esattamente cosa fare."

"Siamo di fretta."

"Ed io sono fatto come una pigna."

Risero chiudendo le palpebre e stringendosi il ventre, ancor di più quando Niall quasi perse l'equilibrio a causa dello zaino saldamente ancorato sulle sue spalle. Osservando i due ridacchiare con le guance rosse e gli occhi lucidi, Harry pensò che avrebbe voluto fosse sempre così. Spensierati, senza paure e preoccupazioni, senza pensieri, avvolti nel clima di un'apparente gioventù a loro precocemente negata. Si chiedeva spesso se lo spaccio fosse l'unico motivo per cui erano diventati amici, ma il timore lo azzannava allo stomaco con troppa violenza. Schiarendosi la gola, il riccio si sforzò di tornare coi piedi per terra.

"No, sul serio," disse gesticolando distrattamente. "Verrei con voi, ma non posso."

"Non puoi chiedere a James di coprirti per - tipo, dieci minuti?" domandò Niall.

"Mi piacerebbe, amico, ma James ha ripreso gli studi, il che significa che lavora solo la sera e che durante il giorno sono costretto a rimanere qui da solo," spiegò scrollando le spalle. "Mi hanno intrappolato," affannò portandosi una mano al collo e fingendo di starsi strozzando, Liam a scuotere il capo divertito. "Fottuto James," fiatò sottovoce.

La verità era che, ad Harry, l'assenza del collega scocciava davvero. James era costantemente, immancabilmente fatto, esattamente come lui, nonostante non avesse mai provato niente di più forte dell'erba. Fumava sempre uno spinello - spesso e volentieri condividendolo con il riccio - prima di iniziare il turno, non si lamentava se e quando Harry tardava e, soprattutto, non lo tempestava di domande o di miseri pretesti per fare conversazione. Quello che facevano era sopportarsi, lui e James, ed andava bene così. Tuttavia, il ragazzo aveva deciso di riprendere gli studi; addio pace e fratellanza. Benvenuta eterna noia e solitudine.

"E si può sapere per quale motivo ci sei solo tu?" chiese Liam aprendo la propria lattina di RedBull e trattenendosi visibilmente dalla tentazione di accendere la Marlboro che finì con l'incastrarsi dietro all'orecchio. "Voglio dire... non hai bisogno di una mano?"

"Eccome. Ma a nessuno frega un cazzo, quindi," rispose Harry sbuffando, le braccia incrociate sulla superficie del bancone gli occhiali da sola ancora in posa a coprire le occhiaie. Arricciò il naso non appena si rese conto che né Liam né Niall sembrassero inclini ad aprir bocca, ed il solito ghigno beffardo fu svelto ad incrinargli la curva delle labbra. "Beh, che state facendo ancora qui? Fate quello che dovete fare e sparite dal mio negozio!"

"E tu levati quegli occhiali," disse Niall indietreggiando in direzione del magazzino. "Sembri un coglione."

"Ci sentiamo in giornata, Harry," ammiccò Liam subito dopo. L'ennesimo ghigno.

"Contaci."

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Erano quasi le tre quando le palpebre di Harry iniziarono a farsi pesanti.

Riuscire a stare fermo, intrappolato dietro al bancone del piccolo Sainsbury's ed alla sua cassa cigolante, si rivelò essere un'impresa più complicata del previsto. Che fosse per i tremori alle mani, per il dolore al retro del collo o per le gocce di sudore che cominciarono ad imperlargli la fronte, respirare e mantenere la calma pareva impossibile; Harry aveva davvero, davvero bisogno di un'altra dose.

Conosceva a memoria i brutali sintomi dell'astinenza, motivo per cui non poté fare nulla se non aspettare che si presentassero uno ad uno. Frugò all'interno delle tasche, paranoico, alla ricerca della cocaina che aveva portato con sé, ma nemmeno trovarla e sentire sulla punta delle dita la sottile pellicola di plastica della bustina che la conteneva sembrò rasserenarlo. Batté il piede contro al pavimento in linoleum, fissò la porta del bagno sperando di potervisi intrufolare il prima possibile, maledì qualsiasi cliente presente all'interno del negozio e si masticò le labbra fino a sentire il sapore pungente del sangue sulla lingua. Si chiese quanto altro tempo avrebbe dovuto aspettare. Non si chiese come cazzo avesse fatto a ridursi così.

Pensarci non portava mai nulla di buono.

Esasperato, Harry lanciò la testa all'indietro stringendo violentemente i pugni. Cercò un pretesto, una scusa per allontanarsi dalla cassa. Devo usare il bagno. Solo un paio di minuti. Si domandò se fosse il caso di chiedere a Tom, la guardia perfettamente immobile all'ingresso del negozio, se potesse assistere la cassa in sua assenza. Devo usare il bagno. Solo un paio di minuti. Per favore. Gli avrebbe offerto una sigaretta, in cambio. Dio, gli avrebbe offerto molto di più di una sigaretta se farlo avesse significato potersi rinchiudere in quel bagno del cazzo e porre fine al tormento. Devo usare il bagno. Solo un paio di minuti. Per favore. Ti scongiuro.

"Cristo, ti prego," sussurrò coprendosi la bocca con la mano, le dita ad affondare nella pelle consumata delle proprie guance, le lacrime sul punto di bagnargli il viso scavato. L'avrebbero fatto, senza alcun tipo di cerimonia, se solo la ormai scarsa attenzione di Harry non fosse stata attirata altrove, nei paraggi dell'entrata del piccolo Sainsbury's.

Una ragazza. Poi un'altra. Profumo costoso.

Il riccio le avrebbe mandate al diavolo, avesse potuto. Avrebbe detto loro di pazientare, di aspettare che tornasse, di non disturbarlo, di non provarci nemmeno. Eppure, malgrado la sua urgenza non fosse da poco, la scena che gli si presentò lo spinse a focalizzare lo sguardo, a seguire le due sagome che infestavano ora l'ambiente e ad individuarle fra gli scaffali del negozio; riflettendoci, si rese conto di non desiderare altro che continuare a studiarle. Che a generare il pensiero fosse l'astinenza o la bizzarra realtà dei fatti, Harry non poté fare a meno di notare quanto le ragazze sembrassero essere frutto dell'immaginazione d'un vecchio scrittore.

La più bassa scivolava sulle piastrelle del linoleum come non avesse peso, un fantasma fuggito all'aldilà per infestare un mondo non suo. I capelli lunghi e mori le coprivano il viso quasi di proposito. Aveva un cappotto nero troppo grande per lei ed il naso arrossato dal freddo. Teneva le mani in tasca ed il capo chino, i piedi minuti nascosti in un paio di Oxford, una slacciata, l'altra malmessa. Avanzava e pareva una foglia nel vento. Non appena Harry pensò d'averla vista sorridere, un sibilo di curiosità lo portò a rabbrividire.

La seconda ragazza, più alta e slanciata, aveva la pelle pallida come il marmo, le lunghe dita strette intorno ad un vecchio libro dalla copertina rosso fuoco. Rosso fuoco erano anche i suoi capelli, morbidi sulle sue spalle, una fiammata nel gelo mordente. Il riccio si concentrò su di lei nell'istante in cui la sentì parlare, poi ridacchiare, la sua voce altrettanto ardente, ma gentile. Ispezionava le etichette sulle bottiglie di vino come non vi fosse nulla di più interessante, la sua figura avvolta nel calore d'un maglioncino verde ed un cappotto marrone scuro, le sue scarpe identiche a quelle della prima ragazza, ma questa volta immacolate, perfettamente lucidate. Si mosse e parve una furia, le fiamme nei suoi capelli a seguirla come un incendio.

"Ugh," brontolò attirando nuovamente l'attenzione del riccio. "Il vino, Alice."

"Cos'ha fatto il vino?" domandò la più bassa.

"C'è bisogno di vino!" esclamò la rossa voltandosi, la sua espressione comicamente indignata, abbastanza pittoresca da portare un sorriso persino sul viso sudato di Harry. "Non posso nemmeno pensare ad una festa senza vino. Un affronto, non trovi?"

"Elle, temo che nessuno noterà l'assenza del vino."

"La noterò io!" protestò lei. "Questo basta e avanza."

Alice non fiatò, ed il riccio non faticò a convincersi che sembrasse abituata all'insistenza della rossa, per un motivo o per l'altro. La vide sospirare e scuotere il capo, le piccole mani a sgusciare fuori dalle tasche del suo cappotto per chiudersi intorno al collo di una delle tante bottiglie esposte sugli scaffali. Elle sorrise, affrettandosi a prenderne una seconda e gongolando allegramente. Nessuna delle due, nemmeno per un momento, parve accorgersi dello sguardo attento di Harry.

"Tieni," disse Alice porgendo la sua bottiglia all'amica. "Io vado a prendere da mangiare."

Parve bastare; Elle non rispose, limitandosi ad incastrare il libro dalla copertina rosso fuoco sotto al braccio e ad afferrare il vino passatogli. A giudicare dal broncio che presto finì per contorcerle il viso e dall'occhiata incerta che rivolse all'ambiente circostante, il riccio concluse che avesse bisogno di aiuto. O di un carrello. Entrambe cose che avrebbe tranquillamente potuto offrirle.

"Serve una mano?" gracchiò dalla sua postazione al bancone, convinto che la ragazza avrebbe sussultato, magari sorpresa, magari presa alla sprovvista, magari persino intimorita dall'improvvisa attenzione del cassiere che fino a quel momento non aveva fatto altro che fissarla insistentemente. Eppure, malgrado tutto, non successe nulla di quanto previsto.

In un gesto sibillino, la rossa parve come mutare, un innocuo serpente che cambia la pelle e se l'abbandona alle spalle. Harry lo dedusse dal lieve sorriso che le tempestò le labbra sottili, la curva della sua bocca a tratti irriverente, quasi come... quasi come non stesse aspettando altro che un cenno da parte del riccio.

Si voltò. Aveva due grandi, profondi, turbati occhi blu.

"Saresti tu ad offrirmela?" fu quello che chiese. Harry batté le palpebre.

"Uhh," mormorò confuso. "Sì? A meno che tu non preferisca il mio collega invisibile, qui al mio fianco, pronto ad assistere ogni tua necessità," scherzò incrociando nuovamente le braccia sul bancone, d'improvviso rapito, d'improvviso stregato. La ragazza rise, poi scosse la testa.

"Nah," disse arricciando il naso. "Mi servi tu."

Interdetto - e perché no, ammaliato - il riccio la osservò avvicinarsi attentamente, i suoi passi leggiadri e silenziosi, la sua sagoma tutt'un tratto discreta. Raggiunto il bancone, Elle appoggiò le bottiglie sulla superficie in legno, ma mai sembrò intenzionata a separarsi dal suo libro, ancora saldamente intrappolato nella sua presa. I capelli rossi le scivolarono sul viso, e le lentiggini ora visibili sui lineamenti del suo volto parvero fioche scintille su una distesa di neve.

Harry sorrise all'istante.

"Ti servo io, huh?" domandò sottovoce. "E perché mai proprio io?"

"Perché," gongolò lei storcendo il capo. "So che tu hai quello che cerco."

"Capisco. E sarebbe?" chiese innocentemente, le sue palpebre ancora pesanti, le sue mani in preda ai più folli tremori. Poteva essere il disperato bisogno di quella dose di cocaina, ma il riccio si permise di pensare che ad indisporlo fosse l'intensità degli occhi blu ora immersi nei suoi, verdi e disperatamente vuoti. La rossa sorrise ancora; poi stonò.

"Droga."

Un momento di silenzio. Un sopracciglio inarcato da parte del riccio.

"Droga?"

"Droga."

"Ah. Droga," ripeté sconvolto. Sentì le parole morirgli in gola, la sua voce tentennare alla ricerca d'una qualsiasi risposta, ma ogni tentativo fallì miseramente. La rossa continuava a fissarlo, le iridi blu notte forti e convinte, decise a non mollare il colpo. Brutalmente oneste in quelle sbiadite di Harry, che batté le palpebre e farfugliò impacciato. "Hah," fu tutto ciò che riuscì a sibilare, una risata priva d'ironia che si scontrò sul viso della ragazza come vetro infranto. "Senti, non so cosa te l'abbia fatto pensare, ma io -"

"Tu sei amico di Niall," lo interruppe lei. Sorpreso, il riccio aggrottò le sopracciglia; la rossa lo interpretò come il segnale che le avrebbe permesso di proseguire. "Niall Horan," specificò passandosi una mano fra i capelli in fiamme. Non appena le fu chiaro che Harry non avrebbe risposto, troppo assorto nel suo stesso stato confusionale, la ragazza ridacchiò divertita. "Non sei nei guai, non preoccuparti. Devo solo capire se ho importunato l'Harry giusto," spiegò annuendo tra sé e sé. "L'Harry amico di Niall Horan che lavora al Sainsbury's all'inizio di Gloucester Road."

"Oh," mormorò il riccio, interdetto. "Uhh, sì. Sono io," rispose scuotendo la testa nel tentativo di riprendersi il prima possibile. Fu solo in quel momento, rivolgendo un'occhiata più attenta in direzione della ragazza, che riconobbe il piccolo stemma presente sul tessuto pregiato del suo maglioncino verde, lo stesso simbolo d'immacolata ricchezza che importunava la divisa scolastica di Niall. Lo indicò senza nemmeno accorgersene. "Frequenti la St Edwig's Private School? È per questo che conosci Niall?"

"Cosa?" domandò la ragazza, inizialmente smarrita, seguendo poi l'occhiata di Harry ed abbassando lo sguardo sul proprio maglioncino. "Oh, questo," sorrise afferrando l'estremità dello stemma accuratamente ricamato sul tessuto con la punta delle dita. "Frequentavo la St Edwig's. Mi sono diplomata due anni fa, ma mia sorella Alice -" si interruppe indicando distrattamente la ragazza mora, Alice, nascosta fra gli scaffali dal lato opposto del negozio. "Lei è all'ultimo anno. Ed è lei a conoscere Niall, a dire il vero," concluse unendo le mani davanti a sé. "Sono compagni di corso. Lui le ha detto di venire qui."

"Ma davvero," mormorò il riccio incrociando le braccia al petto. "E... perché mai?"

"Ha detto che quello che Alice chiedeva l'avremmo trovato soltanto qui. Da Harry. Da te," sussurrò sorridendo allegramente. "Hai proprio un bel nome, comunque. Io sono Elle," canticchiò porgendogli la mano. Il riccio la strinse, le sue spalle percosse dal lieve accenno d'una risata, le sue labbra incurvate all'insù.

"Beh, Niall ha ragione," confermò appoggiando i palmi sulla superficie del bancone. "Tentiamo di non appesantirlo eccessivamente quando si trova a scuola. Non so se mi spiego."

"Perfettamente," ammiccò lei.

"Però non posso aiutarti nemmeno io, al momento. Non sarò fra i banchi di un liceo, ma..." si bloccò per sporgersi ed accertarsi che Tom fosse abbastanza lontano dalla cassa da non sentirlo. "Ma anche io sto pur sempre lavorando. Posso chiamare il mio amico Liam, se volete," proseguì incrociando nuovamente l'occhiata di Elle. "Ho solo bisogno di sapere cosa vi serve e se siate disposte ad aspettare... non saprei. Una mezz'ora?"

"Ma certo," sorrise la rossa, più cordialmente del previsto. Si voltò ed Harry seguì la sua occhiata non appena Alice riemerse dal labirinto di scaffali, la sua sagoma minuta ora munita di carrello e d'un quantitativo a dir poco strabiliante di provviste. Snack, dolci, patatine, bevande gassate e più alcolici di quanto le due potessero realmente trasportare autonomamente, particolare che spinse il riccio a trattenere una risata. Strinse la mano della mora quando questa raggiunse il bancone e si presentò ufficialmente, Elle al suo fianco ad aiutarla a riporre quanto acquistato all'interno dei sacchetti. "Ti ringrazio, Harry. E scusaci per il disturbo."

"Nessun disturbo, tesoro," fu la risposta pronta. Sorrise, e la rossa ricambiò.

"Beh, mi dispiace comunque di averti importunato, specialmente per... quel motivo. In fondo stai lavorando," farfugliò imbronciandosi. Proprio quando Harry fu sul punto di ribattere e ripeterle che - davvero - non fosse un problema, Elle lo distrasse incrociando d'improvviso il suo sguardo. "Uhm. Ascolta," cominciò cercando il consenso di Alice, che ghignò con le braccia incrociate al petto ed annuì senza attendere un istante di più. "Questa sera daremo una festa. Da noi. Tecnicamente lo scopo sarebbe quello di celebrare l'inizio dell'anno scolastico -" biascicò alzando gli occhi al cielo. "Praticamente è un pretesto per ubriacarsi e fare baccano. Perché non ti unisci a noi? Puoi portare chi vuoi."

Dolci, dolci parole. Il riccio si sentì sogghignare.

"Sarebbe un piacere, ragazze," annuì. Percepì le mani fremere all'idea di una festa, la seconda della settimana, e non soltanto per l'alcol ed il cibo gratis; sarebbe stata l'occasione perfetta per mimetizzarsi nella folla, vendere qualsiasi cosa gli venisse rifilata e racimolare un centinaio di facili, sporche sterline. Semplicemente perfetto. "Dove abitate?"

"16, Ivy Road," rispose Alice afferrando uno dei sacchetti. "Sui colli."

"Sui -" si interruppe incredulo. "Stai scherzando?" domandò con un filo di voce, ma la mora scosse la testa, un sorriso felino ad intorpidirle il viso lentigginoso. Harry batté più volte le palpebre, sconcertato.

Tutti conoscevano i colli, a Doncaster. Era lì che si trovavano i quartieri più ricchi e benestanti della città, ogni terreno sede di ville dagli immensi saloni, dalle scale in marmo e dai lampadari di cristallo. Schiere di macchine costose e brillanti limousine andavano e venivano ogni giorno, ed Harry non aveva bisogno di accertarsene di persona per dedurre che lì, nascosti dal resto del mondo ed al riparo da occhi indiscreti, si tenessero quei party da un milione di sterline dei quali non poteva che leggere sulle riviste di gossip. Nonostante avesse partecipato ad eventi privati di un certo prestigio, era certo che non sarebbero mai stati nulla a confronto con i colli di Doncaster, un luogo a dir poco irraggiungibile per lui ed i suoi coetanei; o forse non più.

Di bene in meglio.

"Come rifiutare," ammiccò ammaliato, una mano alzata per salutare le ragazze ora dirette in direzione dell'uscita, Tom nei paraggi dell'ingresso ad affrettarsi così aiutarle a trasportare gli innumerabili sacchetti fino alla fermata dell'autobus più vicina al negozio. Poco prima che il riccio potesse anche solo pensare di poter approfittare della situazione per ripararsi all'interno del bagno e porre fine ad una sofferenza protrattasi troppo a lungo, però, Elle si bloccò posando una mano sulla spalla della sorella.

"Aspettami fuori, sì? Torno subito," disse senza aggiungere altro ed avvicinandosi nuovamente ad Harry, ancora sofferente dietro al vecchio bancone. Avrebbe alzato gli occhi al cielo, se solo Elle non fosse stata così dannatamente inebriante. Riflettendoci, non avrebbe potuto essere stata descritta diversamente; inebriante era ogni cosa di lei, e la ragazza ne incarnava persino le sfumature più tenui. Il riccio si riscoprì a sorridere malgrado se stesso.

"Dimenticato qualcosa?" ghignò non appena Elle lo raggiunse.

"Sorprendentemente no. Avrei solo bisogno di farti una domanda e... chiederti un favore," fu quello che disse. Harry annuì incrociando le braccia sul bancone e la ragazza proseguì. "Perché non rispiarmi a Liam un viaggio? Voglio dire, suppongo che sarebbe comunque venuto con te, questa sera. Posso farti sapere di cos'abbiamo bisogno e concludere direttamente alla festa. Cosa ne pensi?"

"Penso che si possa fare," sorrise Harry.

"Ottimo, perfetto. E... uhm. Per quanto riguarda il favore..." mormorò nascondendo le mani nel cappotto e dondolandosi comicamente sui talloni. "Fai in modo che venga anche Niall, questa sera. A costo di trascinarlo per le orecchie," ridacchiò arricciando il naso, ed il ragazzo la seguì a ruota. Discretamente, Elle rivolse un'occhiata oltre la vetrina del negozio alla ricerca di Alice, i suoi occhi blu così brillanti e vivaci da spingere il riccio a chiedersi se non se li stesse semplicemente immaginando. "Credo che abbia un debole per mia sorella. Niall, intendo. E... beh, penso che sia più che ricambiato," rise ancora scostandosi un ciuffo infiammato dalla fronte perlacea. "Alice non fa che parlare di lui."

"Hah!" esclamò Harry, entusiasta. "Non temere. Verrà sicuramente."

"Me lo prometti?"

"Ti garantisco che se quello che dici è vero la mia parola non sia necessaria, ma okay. Te lo prometto," sogghignò rivolgendole un'occhiata d'intesa, le iridi blu di lei a risplendere sotto le luci del vecchio negozio come in balìa d'un cielo stellato.

"Molto bene," sorrise Elle. "È stato un piacere conoscerti, Harry. Ci vediamo questa sera. 16, Ivy Road. Ti prego di non essere puntuale," disse iniziando ad indietreggiare in direzione dell'uscita. "A nessuno piacciono i precisini."

"Okay, ex-studentessa della St Edwig's, scuola più prestigiosa di tutta Doncaster."

"Ouch. Colpo basso."

Questo fu quanto. Concedendosi l'ultimo rintocco di risata, il riccio osservò la ragazza svanire per le strade del paese dalle vetrate appannate di un Sainsbury's ora fin troppo silenzioso, Tom ancora lontano dal perimetro del negozio, la porta del bagno e la promessa di una stanza vuota a sua completa disposizione allettante come non mai. Arricciò le labbra nell'allontanarsi dal bancone e nell'estrarre dalla tasca dei pantaloni la tanto attesa dose di cocaina; in un secondo momento, Harry si preoccupò di recuperare anche il vecchio cellulare.

Harry: "Vi ho trovato una festa. Stasera. 16, Ivy Road."

Le risposte non tardarono ad arrivare.

Liam: "Ero sicuro che un giorno avrei trovato un cervello in quella tua testa."

Niall: "SÌ CAZZO!!"

Nemmeno il click sordo della serratura del bagno che il riccio si chiuse alle spalle parve avvicinarsi all'entusiasmo che sentiva all'idea di una festa sui colli, ma tentò di non farci caso. Preparò quanto necessario e lo fece rapidamente. Quando si chinò sulla superficie del piccolo lavandino, si rese conto di star sorridendo.

-

Erano da poco passate le undici quando Harry, Niall e Liam arrivarono di fronte alla villa di 16, Ivy Road. Interamente ricoperta d'edera rampicante, l'abitazione si ergeva nella sera come un monumento colossale, le immense vetrate dagli infissi bianchi incastonati nella facciata in pietra come fossero gioielli ed il portone principale a renderne l'aspetto quel tanto più imponente. Persino dalla strada, separata dall'immenso giardino da un cancello in ferro battuto, i ragazzi riuscirono a sentire il frastuono della musica e delle decine di voci amalgamatesi in un unico, persistente sibilo ipnotizzante, i colli avvolti nel buio ad assistere allo spettacolo nel più totale silenzio. La villa brillava di luce come fosse l'unica fonte di vita rimasta.

Harry si chiese se avesse già avuto modo di vederla, nel corso degli anni, magari passandoci affianco per puro caso senza mai averle veramente prestato attenzione, ma scrollò le spalle al pensiero. Per quanto magnifica, la casa di Ivy Road non era nulla in confronto a Villa Horan, una vera e propria reggia munita di scale e pavimenti in marmo, di quadri costosi dalle cornici dorate e di splendidi mobili in legno pregiato. L'unico vero problema di Villa Horan era che non si trovasse immersa nella campagna sconfinata. Qui, ad Ivy Road, qualsiasi cosa pareva concessa.

"Avete tutto?" chiese Liam senza mai distogliere l'attenzione dalla casa illuminata.

"Tutto," risposero in coro.

"Avete portato anche dell'MDMA?" controllò un istante dopo. "Sembra sia molto richiesta."

"Qua," tossì Harry indicando lo zaino nero pigramente appeso alla sua spalla. "Non capisco cosa ci trovi la gente di tanto speciale, ma non mi permetto di giudicare. Ho anche diverse anfetamine e la buona, vecchia coca," proseguì arricciando le labbra. "Non se ne ha mai abbastanza."

"Vedi di non fottere la merce, assassino," lo canzonò Niall.

"Vedi di non fottere la clientela, stallone."

"Potete darci un taglio?" li riprese Liam colpendoli alla nuca, ed entrambi mugolarono non appena il ragazzo circondò le loro spalle attirandoli bruscamente a sé. "Devo forse ricordarvi che dietro quel portone si trovi una delle feste migliori a cui avrete mai l'onore di partecipare? Hm?" domandò imprigionandoli nella propria presa e pizzicando loro le guance. "Ora, se avete finito di punzecchiarvi come due bambocci, penso sia giunto il momento di dare una svolta a questa serata. Come sappiamo fare noi."

Non ci fu bisogno di dire altro.

Liberatisi dalla stretta di Liam, Niall ed Harry avanzarono fin oltre il cancello in ferro battuto, intrufolandosi nell'immenso giardino della villa e perdendo i propri passi sul sentiero di ghiaia, l'ingresso sempre più vicino, il frastuono sempre più seducente. Aprire il portone semichiuso ed entrare all'interno della casa fu come rinascere in un corpo diverso.

Non furono le dimensioni dell'atrio o l'altezza vertiginosa del suo soffitto i primi particolari a stordire i sensi dei nuovi arrivati, bensì l'aroma pungente dell'alcol, percepibile fin dall'ingresso, mescolatosi ai riccioli di fumo ed al solito, distinguibile odore di festa. Nonostante vi fosse abituato, Liam non tardò a storcere il naso; al contrario, Harry respirò a pieni polmoni, un sorriso a macchiargli la bocca arrossata, lo zaino sulle sue spalle d'improvviso leggero. Osservò il pavimento in parquet lucidato alla perfezione, l'elegante scalinata in legno che conduceva alla balconata al piano superiore ed i primi volti che si sporsero per sbirciare in loro direzione, curiosi, assetati d'ebrezza tanto quanto lo stesso Harry. Sogghignò estasiato e si convinse di non essere l'unico.

"Okay," borbottò Liam attirando gli sguardi degli amici. "Direi che qui ci separiamo. Mischiatevi alla folla e fate attenzione. Non si può mai essere troppo sicuri con questi ricchi del cazzo. Senza offesa, Nialler."

"Figurati."

"Harold," riprese Liam. "Tu cerca le ragazze. Ti diranno dove e da chi andare. Horan," disse poi incrociando l'occhiata del biondo. "Tu sii te stesso. Di solito funziona."

"Ovviamente funziona," ghignò in risposta. Balzò via e la sua sagoma presto si perse nel caos.

"Ci vediamo dopo, amico," concluse Liam rivolgendo al riccio un cenno del capo, fissandolo con discreta urgenza ed apprensione prima di voltarsi e svanire a sua volta. Che l'avesse fatto per accertarsi che Harry non avrebbe finito col sbarazzarsi personalmente della droga che aveva con sé o perché fosse genuinamente preoccupato che potesse stare male, il riccio non riuscì a capirlo; decise dunque di non darci peso.

Indugiò all'interno dell'atrio, per i minuti successivi. Le uniche fonti di luce provenivano dalle stanze adiacenti e dai lampioni del giardino, i cui bagliori penetravano le imponenti vetrate della casa creando riflessi sulle pareti ed i soffitti circostanti, ma era certamente l'oscurità ad aver abbracciato e conquistato l'ambiente. Incapace di distinguere i dettagli, Harry si avviò in direzione della musica, ritrovandosi sulla soglia dell'ingresso d'un salone dalle dimensioni altrettanto grandiose, ogni suo centimetro occupato dalla folla euforica, dall'odore del fumo e dall'aroma dell'alcol. Nel pandemonio di fronte a sé, il riccio riconobbe soltanto le fiamme del fuoco.

"Harry!" gridò la voce di Elle, la figura della ragazza in rapido avvicinamento, le sue braccia spalancate, i suoi capelli fiammeggianti ad ardere tanto quanto lo spazio intorno a lei. Persino nel buio, gli occhi blu ed intensi furono il primo particolare in cui il riccio decise di perdersi. Successivamente, il secondo fu il bicchiere saldamente stretto fra le sue dita.

"Ehi, Elle," la salutò ammiccante. "Cosa stai bevendo?"

"Uhh," farfugliò lei. "Non saprei. Tutto? Tutto ti piace?"

"Tutto è il mio preferito," rispose raggiante, accettando l'offerta non appena la rossa gli porse il proprio bicchiere per permettergli di bere un sorso del suo liquido inebriante. Si leccò le labbra ed assaporò il retrogusto dolciastro, poi quello acido e pungente, la sua gola in fiamme al tocco violento della vodka. Annuì soddisfatto e sorrise mordendosi la bocca. "Ottima scelta, tesoro. Quindi?" domandò restituendo il bicchiere alla ragazza. "Come procede la festa?"

"È uno sballo! Ci sono così tante persone!" esclamò guardandosi intorno, una piroetta a scomporre l'eleganza della sua figura per un brevissimo istante, l'alcol assunto ad accentuare il rossore dei suoi lineamenti. Il fuoco, rifletté Harry, aveva origine sul corpo di Elle. "Oh, ho visto Niall, comunque. Grazie per averlo portato con te."

"Non c'è bisogno di ringraziarmi," sorrise lui gesticolando distrattamente. "Fidati di me, è matematicamente impossibile tenerlo lontano da una festa. A maggior ragione quando l'alcol ed il cibo gratis non sono il suo unico interesse, se capisci cosa intendo," ghignò ancora. Elle ricambiò l'occhiata inarcando il sopracciglio e sorridendo beffarda. "Diciamo che ha fatto tutto da solo."

"Un motivo in più per brindare. Avanti, Harry. Vieni con me," canticchiò poi raggiungendo il suo fianco e prendendolo sotto braccio, la sua sagoma tutt'un tratto in movimento ad attirarlo con sé all'interno del salone ed il suo irresistibile caos. "Andiamo in cucina. È lì, la vera festa."

Il riccio non se lo fece ripetere due volte.

Ora immersi nel trambusto, essendone diventati parte e navigandovi all'interno, Harry ed Elle percorsero il perimetro dell'ambiente a passo svelto, superando le luci ad intermittenza ed i presenti in balìa della musica ad alto volume, i volti assetati e quelli affamati, quelli accesi e quelli spenti, annichiliti da un entusiasmo che pareva non aver alcuna intenzione di liberarli dalle proprie grinfie. Il riccio riuscì ad individuare Niall ed Alice, intenti a brindare e sorridere amabilmente, ed infine Liam, premuto contro la parete con una sigaretta fra le labbra e gli occhi felini, alla ricerca di prede, pronti all'attacco. Poi, d'improvviso, al buio ed al frastuono si sostituì la luce.

"Ehi!" fu la protesta di Elle che risvegliò il riccio dai propri pensieri. "Dove sono finiti tutti?" domandò sconcertata non appena entrambi si ritrovarono al riparo, avvolti nel clima caldo ed accogliente della cucina. Elegante e spaziosa, l'unico problema fu trovarla completamente deserta.

Tranne che per un ragazzo.

"Zayn si è dileguato, come sempre. Il dovere chiama," parlò senza mai voltarsi, la sua sagoma spigolosa intenta a preparare quello che, dal suo punto in prossimità della soglia d'ingresso, Harry dedusse si trattasse di un bicchiere di gin. "Immagino che gli altri siano andati di sopra, ma se lo chiedi per Timmy - cosa di cui sono sicuro - è uscito in giardino a fumare," continuò monotono, quasi disinteressato, ma pungente e beffardo. "Raggiungilo, Elle," miagolò voltandosi e rivelandosi al pubblico. "Ti stava aspettando."

La prima cosa che Harry notò di lui furono i suoi intensi occhi blu. Erano come quelli di Elle, ma più profondi, più marcati. Più suggestivi.

"Non ti sfugge niente, huh?" brontolò lei affrettandosi a separarsi dal riccio per raggiungere uno degli sgabelli e recuperare freneticamente lo stesso cappotto indossato quel pomeriggio. "Lo vado a prendere. Ci metterò solo un minuto, quindi non andate via. Torno subito!"

Lo disse con foga, come non riuscisse a contenere l'emozione. Se il fuoco la governava, Elle era ora una vampata di fiamme affamate, in cerca di terreno da ardere e bruciare fino all'osso. Malgrado l'immenso calore, Harry si scoprì incapace di considerarla pericolosa; il suo fuoco non portava la distruzione. Al contrario, qualcosa gli suggerì che portasse la vita dove essa mancava. Nel gelo d'inverno, nel freddo mordente. In una casa che casa non è.

"Perdona mia sorella," disse d'improvviso il ragazzo, strappando il riccio al suo flusso d'irraggiungibili pensieri. Si sentì voltarsi in sua direzione e non poté che osservare la figura ben definita dai bordi decisi, dalle braccia forti ed i capelli castani, dal ghigno sbilenco, dai lineamenti taglienti. "Tende ad essere particolarmente euforica," aggiunse poco dopo.

Sorella?

A pensarci bene, avrebbe dovuto capirlo. Sarebbero bastati quegli occhi così blu.

"Uhh... nessun problema," asserì Harry annuendo tra sé e sé ed aggiustandosi lo zaino sulle spalle. Pensò a qualcos'altro da dire ma, per quanto inusuale, non trovò nulla. Il ragazzo continuò ad osservarlo con sguardo distante, ma non meno profondo. Inclinò il capo e svuotò l'intero contenuto del proprio bicchiere senza mai interrompere il contatto visivo; una volta terminato il gin appena versatosi, poi, la sua sagoma si allontanò dal bancone della cucina che l'aveva fino a quel momento sorretto.

"Sono Louis," disse avvicinandosi e tendendo la mano in sua direzione.

"Harry," rispose il riccio stringendola, un sorriso cordiale a colorargli la bocca. Le dita di Louis lasciarono impronte di gelo sulla sua pelle nell'istante in cui si sottrassero alla stretta, ma Harry faticò persino ad accorgersene. Il castano sorrise a sua volta ed indicò la bottiglia di gin con un cenno del capo.

"Vuoi bere qualcosa, Harry?" chiese indietreggiando ed aprendo la credenza per prelevarne un bicchiere in cristallo, probabilmente fin troppo costoso per le umili labbra di Harry, rosse e screpolate dai primi venti freddi dell'inizio di ottobre. Malgrado ciò, il riccio non poté rifiutare. Louis aveva l'aria d'aver bevuto parecchio, ma non d'essere eccessivamente ubriaco. Parve calcolata, la sua ebrezza, come se il suo scopo fosse quello di riuscire a divertirsi pur rimanendo lucido e pressoché consapevole; una mistura che Harry evitava per partito preso.

"Volentieri," rispose. Poi osservò il castano preparargli da bere.

Louis era più basso di lui, sebbene di poco, ma la sua presenza si faceva sentire. Aveva una voce forte ed una postura decisa, ben piazzata, le braccia completamente tatuate. Riccioli di inchiostro scivolavano oltre il tessuto della maglietta a maniche corte che indossava rivelando disegni torbidi ed intricati, la sua pelle piegata al loro volere. Era magro, in volto, ed i suoi zigomi apparvero da subito taglienti come lastre di ghiaccio. Lucido, pulito, mozzafiato. Pericolosamente affilato.

"Ecco qui," borbottò porgendogli il bicchiere di gin. Gelido come lui.

"Grazie," fiatò Harry, le sue mani meccanicamente alla ricerca del proprio pacchetto di Marlboro. "Vuoi una sigaretta?" si ritrovò a domandare al castano. Il blu dei suoi occhi parve risplendere, per un brevissimo istante, raggi di sole a colpire il manto di neve fino a farlo brillare. Sorridendo, Louis accettò l'offerta ed incastrò il bottino fra le labbra sottili.

Profumava d'inverno.

"YO!" fu il grido improvviso che lo spinse a sussultare e voltarsi con uno scatto fulmineo, la voce proveniente dall'ingresso della cucina a prendere le forme d'un secondo ragazzo, questa volta più alto e slanciato, magro e scomposto, l'incarnazione vivente d'un irresistibile disordine. "Tomlinson!" esclamò ancora e, questa volta, il riccio si ritrovò ad evitare di strozzarsi sul sorso di gin appena bevuto; avrebbe potuto incolpare il sapore pungente del drink, ma la verità era ben altra. La verità era che tutta Doncaster conosceva quel nome.

"Timmy!" lo salutò Louis, raggiante. Si avvicinò al ragazzo che a malapena riusciva a tenersi in piedi e strinse una mano intorno alla sua spalla scheletrica, la camicia bianca aperta sul petto ed arrotolata sui gomiti a raggrinzirsi ulteriormente, i capelli ricci e lunghi ad arruffarsi brutalmente non appena Timmy vi passò le dita attraverso. "Tutto bene, amico?" domandò il castano osservandolo allentarsi la cravatta appesa intorno al collo, le sue gote arrossate, il suo respiro affannato. Tutto di lui ricordava un dipinto di Schiele.

"Dov'è Elle?" chiese ignorando la domanda. Louis sogghignò.

"È uscita a cercarti, coglione. Ora vai da lei, prima che io ti prenda a calci nel culo."

"Onestamente, tesoro," biascicò Timmy stringendogli dolcemente le spalle. "Sono così ubriaco che dubito fortemente riuscirei persino ad accorgermene," fu quello che disse, le sue labbra contorte in un sorriso smielato e sbilenco, la sua figura ricurva ad indietreggiare all'istante per svanire oltre la soglia della cucina. Il castano scosse la testa ridendo di gusto, la sigaretta ora chiusa fra le dita sottili; cercò lo sguardo di Harry, non appena rimasero nuovamente soli, ma batté rapidamente le palpebre nel constatare l'occhiata sconvolta del riccio.

"Tu," mormorò indicandolo, al diavolo le buone maniere. "Tu sei Tomlinson," ripeté enfatizzando ogni singola lettera. "Louis Tomlinson," sussurrò assorto, le sue labbra a percorrere ogni piega ed ogni incrinatura di un nome da brividi. Un sorriso cominciò a formarsi sulla bocca del castano. "Figlio di Alfred Tomlinson? L'avvocato?" concluse sbarrando gli occhi. Osservò Louis frenare il rintocco di una risata, portare la sigaretta alle labbra e successivamente espirarne la coltre di fumo; oltre la nube grigiastra, riconobbe un sogghigno perverso.

"Già," si limitò a rispondere. "In persona."

"Porca troia," fiatò Harry, sorridendo di rimando. "Non sapevo avesse -"

"Dei figli? Oh, sì," chiarì il castano avvicinandosi alle bottiglie di bevande ed alcolici sparse sui banconi dell'immensa cucina. "Elle, Alice ed il sottoscritto. Non che ci tenga particolarmente a farlo sapere, il vecchio stronzo," proseguì riempiendo nuovamente il proprio bicchiere, questa volta di vodka e succo d'arancia. "Ma - ehi! Non me la sento di lamentarmi. Non è mai a casa e possiamo fare quello che vogliamo. Un ottimo compromesso, non trovi?" chiese con un sorriso stranamente sincero, così in contrasto con quanto appena rivelato. Il riccio lo fissò a bocca aperta, studiando ogni suo movimento ed osservandolo aprire il frigorifero per estrarne una lattina di birra. Quando la offrì ad Harry lanciandola verso di lui, il riccio l'afferrò al volo con la stessa rigidità d'una statua.

"Wow," mormorò distrattamente, la latta gelida a contatto con le proprie mani bollenti ad invitarlo a chinare lo sguardo in sua direzione. Ne ispezionò ogni dettaglio per poi annuire tra sé e sé. "Quindi, aiutami a capire... tuo padre è il coglione più ricco di tutta Doncaster," parlò incrociando l'occhiata del castano. "E la birra che decide di tenere in frigorifero è una fottutissima Heineken?"

Ci fu un istante di silenzio, ma niente di più.

Con la stesa tempestività di un lampo che fende il cielo in tempesta, la risata di Louis si impossessò dell'ambiente annullando ogni altro suono. Forte e rumorosa, ma allo stesso tempo limpida e morbida, scorreva come l'acqua dissetante di un fiume, come un soffio di vento che si insinua nei vicoli e rinfresca l'estate. Era una di quelle risate coinvolgenti impossibili da resistere, una di quelle in grado di sollevare ogni peso dalle spalle di chiunque avesse l'onore di farne parte. Rughe d'espressione gli coronarono gli occhi ora beatamente chiusi, le guance ad arricciarsi compiaciute. Era freddo, Louis Tomlinson, o almeno a primo impatto; adesso, nell'osservarlo sfregarsi le palpebre morbide, Harry pensò che fosse nato ridendo.

"Non hai tutti i torti," tossì, tentando di riprendere fiato. "Sai, in effetti credo tu abbia ragione. Questa roba è davvero una merda," proferì sbattendo l'anta del frigorifero con un tonfo secco, il riccio a ridere di rimando. "Temo di non avere molto altro da offrirti, però. O almeno non qui in cucina. Il resto dell'alcol è disperso per l'intera casa," disse scrollando le spalle, visibilmente intento a pensare ad una soluzione. Non che ce ne fosse bisogno; dopo tutto, un sogghigno mordente aveva già arricciato la bocca assetata di Harry.

"Credo di avere un'idea," fu quello che disse sfilandosi lo zaino.

Quando Louis si voltò, il sorriso che si formò sulle sue labbra catturò tutta la luce.

-

"No, no. Fidati di me," biascicò Louis afferrando il collo della bottiglia di vodka che Harry gli aveva appena passato. "Grease è il miglior film mai stato ideato. Niente e nessuno potrà mai farmi cambiare idea, fine della discussione."

"Oh mio Dio," ridacchiò il riccio, le sue mani pronte a coprirgli il viso arrossato dal freddo e la sigaretta incastrata fra le sue dita a correre il rischio di bruciargli il boccolo sfuggito al bordo del suo beanie. "È un musical, maledizione. Non puoi dire sul serio!"

"Un musical che conosco a memoria."

"Oh mio Dio!"

Risate stordite, frequenti sorsi di vodka, fumo scuro dal sapore intenso. Erano passate più di due ore dal momento in cui il riccio aveva sfilato una bustina contenente pasticche dal proprio zaino, optando per la sua preferita ed offrendola al castano, il quale aveva accettato porgendo ad Harry uno shot di tequila. Dopo essersi comicamente stretti la mano per nessun apparente motivo, entrambi non avevano potuto far altro che ridere l'uno dell'altro. Per quanto sfocato, il resto della serata non aveva fatto altro che migliorare.

Louis aveva raccontato al riccio del padre, dei suoi frequenti viaggi e di quanto fosse perennemente assente, del fatto che né a lui né alle sue sorelle importasse davvero, della fortuna che avevano a non essere costretti ad averci costantemente a che fare. Harry, dal canto suo, aveva invece parlato del piccolo Sainsbury's, dell'incontro con Elle ed Alice, di Liam e Niall e, ovviamente, della ragione per cui si trovavano ora alla festa. Il castano non aveva battuto ciglio alla menzione dello spaccio - particolare che non riuscì davvero a sorprendere il riccio - ma, al contrario, aveva riso alla rivelazione della cotta che, apparentemente, Niall si era preso per Alice. Aveva confessato ad Harry la frequenza con cui la sorella parlasse di un certo 'interessante compagno di classe' e nessuno dei due era stato capace di trattenere un risolino.

"Andiamo a fumare," aveva poi detto Louis, ed il riccio l'aveva seguito sorridendo inebetito. Una volta al riparo dal frastuono, rannicchiati sulle gradinate del giardino sul retro in compagnia d'una solitaria bottiglia di vodka, i ragazzi si erano limitati a fumare più del dovuto, a parlare di questo e di quello, senza un senso e senza un filo, a scambiarsi opinioni e, successivamente, a discutere per stabilire se Grease fosse o meno un film degno d'essere definito un capolavoro cinematografico. Il castano si era ovviamente infervorato, ma Harry non aveva fatto che ridere di lui e del musical tanto acclamato.

"All'inizio mi piacevi, ma sto cominciando a ricredermi," protestò Louis scuotendo il capo.

"Se ti sono piaciuto prima ti piaccio sicuramente anche ora."

"E per quale motivo?" domandò con un sorriso sbilenco.

"Perché sono strafatto," farfugliò il riccio rilassandosi sui gradini, le braccia piegate così da poterlo sorreggere e le lunghe gambe distese di fronte a sé, la risata del castano ad accompagnare ogni singola contorsione dei suoi muscoli fino ad intorpidirli nel freddo. Tossirono il fumo e spensero le sigarette; in contrasto col cielo stellato ed il sussurro di vento che permeava il giardino, il trambusto proveniente dalla festa non parve che un distante ricordo. "Com'è vivere qui?" chiese Harry tutt'un tratto. Louis si voltò per incrociare il suo sguardo, gli occhi blu come la notte, attenti e coinvolti. Il riccio si schiarì la gola. "Voglio dire, com'è vivere in una casa come questa?"

"Hm," borbottò il castano, riflettendo silenziosamente tra sé e sé. La luce alle loro spalle illuminava i bordi del suo profilo, della sua sagoma e di ogni suo particolare accentuandone gli spigoli, ma ammorbidendone la serietà. Bellissimo e paradossale, Harry si riscoprì ad osservare i pensieri che l'avevano avvolto prendere lentamente forma sui lineamenti del suo viso. "Non saprei. Ha chiaramente i suoi pregi ed i suoi difetti, e -" si interruppe indicando la festa folle alle loro spalle con un cenno del capo. "Questo è sicuramente un pregio. Ma... insomma. Quando è vuota è... beh. Vuota," mormorò, e parve assorto. Parve anche triste, ma il riccio non si permise di aprir bocca. "Però ci sono Elle ed Alice, e questo mi piace. Tu invece?"

"Huh?" biascicò Harry.

"Dove abiti, con chi abiti," sorrise Louis. "Quelle cose lì."

"Oh," sospirò sottovoce, distratto dall'improvvisa stretta allo stomaco. Non ci fece caso, o almeno ci provò. "Io abito in città. In periferia," rispose passandosi una mano sul volto stanco e scavato. Arricciò il naso, la droga a stordirlo ed il freddo autunnale a ferirlo senza tregua. "E... abito da solo. Da un po'."

"Prima no?" chiese il castano. Il riccio scosse la testa.

"Prima c'era mia madre."

Per un qualche motivo Louis non fece altre domande, ed Harry gliene fu grato. Lo ringraziò quietamente per aver capito che, forse, questo non fosse l'argomento giusto, che non lo sarebbe mai stato. Accese l'ennesima sigaretta e lasciò che il fumo torbido trascinasse con sé qualsiasi parola avesse rischiato d'essere rivelata nel brio dell'ebrezza, osservandola infine disintegrarsi nell'aria ed amalgamarsi alla notte stellata. Quando il castano fece per schiudere le labbra e cambiare argomento, la voce di Liam si impossessò del silenzio.

"Eccoti, cazzo!" esclamò attirando l'attenzione dei due, il suo tono paradossalmente divertito. "Ti ho cercato dappertutto," continuò raggiungendo i ragazzi sulla gradinata del cortile. "Mi dispiace interrompervi, ma si è fatto tardi. Dobbiamo andare, Cenerentola," ridacchiò sfilando il beanie dalla nuca del riccio ed indossandolo per ripararsi dal freddo, i boccoli di Harry a scivolare miseramente sulla sua fronte. Al suo fianco, Louis parve sorridere.

"È già mezzanotte?" mugolò il riccio, il sarcasmo sulla sua lingua pungente, il suo rantolo comicamente drammatico. "Non dirmi che la mia carrozza si è trasformata in zucca! Oh, diamine," continuò portandosi una mano al petto ed incrociando l'occhiata del castano. "Come farò a tornare a casa?" pianse in un sussurro, e Louis premette le labbra in una linea sottile nel disperato tentativo di non ridere sguaiatamente.

"Hah-hah. Veramente simpatico," lo riprese Liam, il sorriso sul suo volto impossibile da scalfire. "Parlo sul serio. L'autista degli Horan è arrivato da dieci minuti, e Niall lo paga già abbastanza perché non spifferi nulla a mamma e papà. Andiamo, prima che le cose si complichino."

"Ricevuto."

Barcollante, Harry si alzò dalla propria postazione cercando di mantenere un ormai precario equilibrio, Liam a sporgersi per poter stringere la mano del castano e presentarsi ufficialmente. Louis sorrise e ricambiò, voltandosi poi in direzione dell'ingresso del giardino e della sagome ora comparse sulla sua soglia; poco distanti, Elle e Timmy si unirono a loro tenendosi per mano, Niall ed Alice alle loro spalle, abbastanza distanti da generare un ghigno consapevole sulle labbra del riccio.

"È arrivato Richard," asserì il biondo. Harry annuì.

"Così mi è stato riferito," disse ammiccante. Rivolse una rapida occhiata verso la mora al suo fianco, e Niall sbuffò un risolino distogliendo lo sguardo. "Beh, sarà meglio andare, allora," aggiunse nel tentativo di alleviare la tensione, Louis ad arricciare il naso e nascondere le mani in tasca, Timmy ed Elle ancora immobili all'inizio della gradinata a scambiarsi un sorriso d'intesa.

"Ehi, uhm," parlò la rossa rilassandosi contro al petto del ragazzo nell'istante in cui lui le circondò le spalle attirandola a sé. "Io e Timmy pensavamo di andare da Subway, domani sera. Qualcuno di voi vuole unirsi?" domandò sorridente. Alice annuì immediatamente, come non stesse aspettando altro, motivo per cui Niall non attese ulteriormente a rispondere.

"Io ci sono," farfugliò cercando di rimanere composto. "Liam? Harry?"

"Perché no."

"Certo, va bene," confermò il riccio voltandosi in direzione di Louis. "Tu verrai? Devo ancora spiegarti per quale motivo Fight Club superi di gran lunga quell'imbarazzo di film che tanto sostieni sia il migliore," scherzò ammiccante, ed il castano inarcò un sopracciglio sogghignando beffardo.

"Ovviamente verrò," sorrise. "Qualcuno dovrà pur tenerti testa."

"Allora è deciso!" esclamò Elle. "Subway alle sei di domani sera."

"E poi locali?" domandò Timmy, speranzoso.

"E poi locali."

Parve bastare. Con la promessa d'una serata trascorsa fra le vie principali del centro del paese in compagnia di bottiglie di liquore e coetanei con cui condividerle, Harry, Niall e Liam salutarono il resto del gruppo avviandosi esultanti in direzione dell'immenso portone d'ingresso della villa. Una volta fuori, fra le siepi del giardino, il riccio spettinò fieramente il biondo e Liam sorrise sospirando beato.

"Quindi?" domandò trionfante. "Avete venduto?"

"Erm," balbettò Niall cercando di tenere Harry a bada - e rigorosamente lontano dai propri capelli - spingendolo il più lontano possibile. "Non molto, a dire il vero."

"Quanto?"

"Niente."

"Fantastico," commentò sarcastico. "E tu, Harold?"

"Serata fiacca," farfugliò inebetito. "Un paio di pasticche."

"Che avrai sicuramente preso tu, immagino."

"Io, certamente, e Louis," rispose arricciando le labbra. "Tipo simpatico," aggiunse poco dopo, le mani in tasca ed i boccoli arruffati nel vento autunnale, la bocca impastata dal fumo e dalla vodka e le guance gonfie di sorrisi e risate. Liam non commentò mai, limitandosi invece a scuotere la testa divertito e ad aprire il cancello in ferro battuto.

"Non fa niente," borbottò assorto. "Ci ho pensato io. Andrà meglio la prossima volta."

"C'è sempre domani sera," constatò Niall, ed i ragazzi annuirono all'unisono.

Salirono sull'auto degli Horan in silenzio, Richard - l'autista - alla guida a salutarli con un rapido cenno del capo. Partirono sfrecciando fra i sentieri dei colli, scendendo fino al centro del paese e raggiungendone la periferia e, conseguentemente, la vecchia casa di Harry, dove Liam ed il riccio si fecero silenziosamente scaricare. Rimasto solo, a Niall non restò che fare ritorno a Villa Horan nel buio, di nascosto, sperando che un'altra notte potesse passare senza essere scoperto.

La luna brillava alta nel cielo.

-

Questa storia non intende in alcun modo glorificare l'uso ed abuso di sostante, argomento che verrà dunque trattato per ciò che realmente è. Non cerchiamo di trovare del romanticismo dove è chiaro non ci sia. Inoltre, siate buon* e rispettos*. Queste non sono solo storie. Ricordatelo sempre.

> Serranda della tabaccheria: in Inghilterra non esistono vere e proprie tabaccherie, ed i negozi come appunto Sainsbury's (mini market) vendono gli articoli al posto loro. Sigarette e tabacco sono riposti in una serie di scaffali chiusi dietro ad una serranda e dunque nascosti alla clientela con l'intento di prevenire l'iniziazione al fumo dei giovani.

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