Come le ali di una farfalla

Von kimadder

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Emma Cooper è un'adorabile sconclusionata di ventun anni. Affronta la vita vestita di colori pastello e armat... Mehr

Emma e Ollie
Cara G.
1. Il permesso
2. L'incontro
3. Il pugno
4. L'ospedale
5. L'ultima sigaretta
6. La dichiarazione
7. I buoni propositi
8. La panchina
9. Il numero
10. Lo stratagemma
11. La festa
12. Il regalo
13. La rissa
14. Il campo da football
15 - Il sogno
16 - Gli occhiali
17. La farfalla e il pipistrello
18. La fuga
19. L'ospite
20. La pulizia
21. La ricercata
22. La visita
23. L'approccio
24. La lista
25. La torta di mele
26. La scommessa
27. I pesci
28. I biglietti
29. La (non) sorpresa
30. La proposta
31. Lo scontro
32. La maglietta
33. Il concerto
34. La cena
35. Il film
36. L'onda perfetta
37. Il bacio
38. Il colibrì
39. La clinica
40. L'ostaggio
41. L'avvertimento
42. Il tatuaggio
43. Il regolamento di conti
44. Il consiglio
45. Frammenti di una sera
46. La prima volta
47. Il 𝐺𝑖𝑛 𝑎𝑛𝑑 𝐻𝑜𝑝
48. La buonanotte
49. Il Principe delle Tenebre
50. Il materasso
51. Le tenebre
52. La gelosia
54. 𝘓'𝘪𝘯𝘪𝘻𝘪𝘰
55. 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘧𝘪𝘯𝘦
56. La rottura
57. Marzo
58. Aprile
59. 𝙼𝚊𝚐𝚐𝚒𝚘
60. 𝙵𝚊𝚝𝚝𝚒
61. 𝙲𝚘𝚛𝚊𝚐𝚐𝚒𝚘
62. Giugno
63. Il matrimonio (1)
64. Il matrimonio (2)
65. La promessa
66. La festa
𝕀𝕝 𝕝𝕚𝕖𝕥𝕠
𝕗𝕚𝕟𝕖
Come vi ringrazio🩷🦋

53. La dedica

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Von kimadder

Emma

Ormai era assodato che mi fossi reincarnata in una ninfomane.

Oppure lo ero sempre stata ma non avrei mai potuto saperlo visto che ero rimasta vergine per ventuno lunghi anni.

Ma, non vi preoccupate, stavo facendo del mio meglio per recuperare.

Avevo così tanta voglia di Ollie che, ogni qualvolta avessi l'occasione, gli saltavo addosso nei modi meno opportuni e più disparati. Lui, tuttavia, sembrava gradire quindi non mi facevo mai grossi problemi a comportarmi come la degna ninfomane in cui mi ero trasformata.

Avevo scoperto di amare il sesso alla follia e ne chiedevo sempre di più, desiderando ardentemente di sperimentare sempre nuove posizioni o pratiche. Il problema era che Ollie, il più delle volte, non sembrasse essere molto d'accordo. Avevo, infatti, sempre l'impressione che si frenasse ed era frustrante non capirne il motivo.

«Io vorrei fare qualcosa di più estremo». Piagnucolai attraverso il microfono del telefono mentre camminavo lungo la via che mi avrebbe portato allo studio di Ollie.

«Estremo?». Mi domandò poco convinta Shinhai.

Eravamo da quasi un'ora al telefono. Quel giorno non ci eravamo viste perché io avevo passato tutto il giorno a casa a cercare di combinare qualcosa per l'esercitazione che avrei avuto a breve all'università. Ovviamente, non avevo combinato niente. Il mio tentativo di fare la studiosa era fallito ancor prima di iniziare. Ancora dovevo capire come mi fossi ritrovata a leggere articoli di dubbia veridicità sulle tecniche di ipnosi per pesci.

«Sì, tipo essere legata da qualche parte».

Quella mia affermazione fece voltare una signora alla guida di un passeggino che mi rivolse un'occhiata sconvolta.

«Emma, non sei la protagonista di cinquanta sfumature». Convenne Shinhai ma io non le prestai ascolto continuando a lamentarmi.

«Però, alla fine, ci limitiamo solo a: io sopra di lui, lui sopra di me, la sua testa tra le mie gambe e la mia tra le sue».

«E ti lamenti anche?». Sbottò esasperata.

«Vorrei provare qualcosa di più spinto. Mi sono anche iscritta a un sito di pratiche sessuali estreme».

«Tu non stai bene».

«Ma Ollie sembra che non voglia accontentarmi. Quando gli ho proposto il bonding, mi ha dissuaso portandomi nella doccia con lui».

Shinhai fece una pausa, per poi riprendere a parlare con inflessione sarcastica. «Oh, povera piccola Emma, costretta a fare sesso nella doccia invece di essere legata come un cotechino la notte di capodanno».

«Secondo te, perché fa così?»

«Seriamente, Emma?».

«Sì».

«Io non voglio dirtelo».

«Ti prego: dimmelo!».

«Ricordi vero che ti sbucci come una cipolla? Anche io sinceramente non impazzerei all'idea di legarti da qualche parte con la possibilità di trovare brandelli della tua pelle sparsi ovunque».

«Ma Ollie ha sempre fatto sesso "estremo"». Mi lamentai affogando nella frustrante consapevolezza che io fossi tutto fuorché estrema, sessualmente parlando.

«Ma tu cosa ne sai?».

«Me lo ha detto».

«Te lo ha detto?».

«Cioè: io gliel'ho chiesto così insistentemente che lui alla fine ha ceduto al mio interrogatorio. E se si stanca di me e del noioso sesso che facciamo ogni giorno anche più volte al giorno? Scommetto che con Sutton non finiva sempre nella solita e noiosa posizione del missionario».

«Fai sesso da neanche un mese e parli come una sessuologa esperta del Kamasutra. A proposito, novità?».

«Su quale fronte?». Le chiesi fermandomi a pochi passi dalla porta di entrata dello studio.

«Fronte "esternazioni sentimenti"».

«Ah... No».

«Quindi, state insieme o no?».

Scrollai le spalle con lo sguardo fisso sul pick up di Ollie parcheggiato a pochi passi da me. «Penso di sì».

«Arrivata a questo punto, dovresti esserne sicura».

«Perché dobbiamo sempre etichettare tutto? Le etichette stanno bene solo sulle conserve del sugo di nonna».

«Lo dici per convincere te stessa che sia veramente così?».

«Sì». Confessai.

«Okay, bene. Allora, così sia! Etichettiamo solo i barattoli di vetro e non le relazioni tra esseri umani».

Chiusi gli occhi inspirando e li riaprii espirando. Non avevo intenzione di continuare con quell'argomento. «Sono arrivata. Questa sera, c'è la serata karaoke al Boulevard, vieni?».

«Devo studiare. Ci vediamo domani?».

«Sì, certo». Salutai Shinhai e attaccai.

Cercai di non badare troppo alle conseguenze che le pressioni di Shinhai stavano avendo su di me ed entrai nello studio, dove trovai Nate dietro il bancone, intento a trafficare con il telefono.

«Ciao, Nate». Lo salutai sorridente riuscendo a fargli alzare gli occhi dallo schermo.

«Emma».

«Che si dice? Come è andata la tua giornata?».

«Devo andare a prendere mio figlio in centrale perché ha fatto scoppiare una rissa al centro commerciale, e quella stronza della mia ex moglie dà la colpa a me e alla mancanza di una figura genitoriale paterna nella sua vita. Mia figlia vuole andare al concerto di Tom qualcosa Dell e tocca a me accompagnarla. Per fortuna, mancano ancora parecchi mesi. La mia giornata non potrebbe andare peggio di così».

Piegai la bocca in una smorfia dispiaciuta. «Oh... mi dispiace».

«Ollie è di là. Puoi entrare». Mi avvisò dopo aver alzato le spalle.

Gli sorrisi un'altra volta prima di entrare nella stanza di Ollie, che trovai seduto di spalle su quel famoso sgabello che mi aveva regalato il mio primo orgasmo.

«Ciao». Lo salutai senza neanche dargli modo di contraccambiare perché le mie braccia si chiusero attorno al suo collo.

Lo abbracciai da dietro scoccandogli un bacio sulla guancia proprio nel punto esatto in cui era comparsa quell'adorabile fossetta che non sempre era disposto a condividere con gli altri.

Ollie girò di poco la testa per cercare le mie labbra e io, spinta da quello spirito di iniziativa che ormai ero sicura non mi avrebbe abbandonato mai più, mi misi a sedere a cavalcioni su di lui, costringendolo a smettere di fare quello che stava facendo.

«Sei diventata davvero intraprendente». Mi fece notare tra un bacio e l'altro.

Mi strinsi nelle spalle. «Succede quando mi sveglio con la tua testa tra le mie gambe. Più o meno ogni giorno».

Sentii che si irrigidì sotto di me e, solo dopo che Nate ripetè la domanda che ci già aveva rivolto, mi accorsi della sua presenza.

«Avete capito?».

Entrambi ci voltammo verso la porta dove Nate ci stava fissando a braccia incrociate.

«Io sto andando via. Se fate sesso sulla poltrona, ripulite». Si raccomandò per poi uscire.

Repressi un sorriso peccaminoso, mentre Ollie mi costrinse ad alzarmi alzandosi a sua volta.

«Sai, oggi mi hanno chiesto se fossi fidanzata». Lo informai seguendolo nella piccola sala d'attesa. «Ma io non sapevo cosa rispondere: , no, forse?».

«È importante?». Mi domandò dopo aver spento l'iPad e averlo poggiato sul bancone.

«Sì, perché avrei voluto davvero rispondere che sì, sono fidanzata. Allora, loro mi avrebbero chiesto: Davvero? E come si chiama?. E io avrei risposto: Ollie. Ollie? Oh, ma che bel nome! Hai una sua foto?. E io mmh-mmh e sbem, avrei mostrato loro la foto di un sexy surfista californiano nonché tatuatore. Un tatuatore? Davvero? avrebbero esclamato meravigliate e poi mi avrebbero chiesto se tu avessi dei tatuaggi e io gli avrei risposto che sì, li hai, tra cui una farfalla impressa nel basso ventre».

Mi avvicinai a Ollie intrufolandomi tra lui e il bancone.

«Una farfalla? Ma non è un tatuaggio da uomo! Avrebbero poi osservato e io, finalmente, avrei orgogliosamente comunicato che ero stata proprio io l'autrice di quel tatuaggio, perché io sono la sua farfallina».

Conclusi infilando l'indice della mano destra sotto i due strati di stoffa dei jeans e dei boxer proprio all'altezza della farfalla tatuata.

Ollie mi aveva ascoltato farneticare quel monologo sconclusionato con aria divertita ma quando mi alzai in punta di piedi alla ricerca delle sue labbra e spostai l'indice dalla farfalla alla sue erezione, si fece particolarmente serio.

«Ogni volta dovresti rispondere tutto questo?». Mi domandò con voce roca e profonda. Probabilmente, stava subendogli effetti delle mie dita che avevano iniziato a torturarlo.

«Sì, e lo farò imparare a memoria anche a nonna. Così, quando le prozie pugliesi la chiameranno e le chiederanno E Emma? Ce l'ha il fidanzatino?, lei risponderà così».

Le mani di Ollie scivolarono sotto la mia maglietta e io inarcai la schiena abbastanza eccitata.

«Anche la parte della farfallina?». Mi chiese mordendomi dolcemente il labbro inferiore.

«Specialmente la parte della farfallina». Misi in chiaro prima di abbandonarmi al suo bacio.

Mentre le nostre bocche non si concedevano alcuna tregua, sollevai il braccio sinistro per portare il telefono che tenevo in mano all'altezza dei nostri visi. Poi, mentre la lingua di Ollie non smetteva di rincorrere la mia, mi voltai di scatto per immortale un bel sorriso.

«Chiederanno anche la prova della nostra relazione, perché faranno fatica a credere che un figo come te stia con una sfigata come me». Mi giustificai.

Ollie sorrise scuotendo la testa e poi mi sorpassò per andare dietro al bancone, mentre io mi girai per stargli di fronte.

«Non sei una sfigata, Emma. Non almeno nel senso lato del termine».

Non prestai attenzione alle sue parole perché stavo fissando estasiata la foto che avevo scattato.

Era perfetta! Io sorridevo e la bocca di Ollie affondava nella mia guancia mentre mi teneva il mento con il dito.

La prima cosa che avrei fatto l'indomani sarebbe stata stamparla in formato gigante per appenderla ovunque tipo manifesto.

Quando alzai lo sguardo, notai che anche Ollie la stava guardando e non aveva una faccia schifata.

«Allora? Cosa dovrei rispondere, secondo te? Noi siamo... fidanzati?»

Ollie alzò lo sguardo dalla foto e parlò poggiando i gomiti sul bancone. «Fai sesso con qualcun altro oltre me?».

«No». Risposi quasi offesa. «Tu?».

«No».

«Sì, ma non è la stessa cosa!». Mi lamentai.

«Dormiamo insieme, mangiamo insieme, facciamo la doccia insieme, addirittura la spesa insieme... Vivi a casa mia e facciamo regolarmente sesso».

«Quindi...?». Lo incalzai speranzosa.

«Emma, non dirò quella parola».

Accennai uno smorfia imbronciata, pronta a tornare alla carica. «È che...».

Ma fui interrotta dall'entrata di una ragazza a cui si illuminarono gli occhi - e non solo - quando vide Ollie.

«Ciao, Ollie». Lo salutò abbandonandosi a uno sguardo lascivo che Ollie ricambiò con un risicato cenno del viso.

«È tutto pronto per domani? Confermato?». Gli domandò dopo aver raggiunto il bancone per piazzarsi proprio di fronte a lui, costringendo me a farmi più in là.

Se avesse potuto, mi avrebbe tolto di mezzo con uno spintone.

«Sì». Rispose lapidario Ollie.

«Posso vedere un'ultima volta il preparatorio?».

«Aspetta qua». L'avvertì prima di aggirare il bancone e sparire nella sua stanza.

La ragazza stava facendo di tutto per ignorarmi fin quando, forse, si sentì quasi costretta a voltarsi verso di me per rivolgermi la parola più che stranita.

«Anche tu devi farti un tatuaggio?».

«No, non posso».

La ragazza annuì, continuando a squadrarmi dalla testa ai piedi. Così, decisi di fare altrettanto.

Gli shorts striminziti che indossava le lasciavano scoperte le gambe interamente ricoperte di tatuaggi che, forse, era stato proprio Ollie a imprimere sulla sua pelle.

Quel pensiero fece scattare una molla nella mia testa e la mia bocca fu più veloce del mio cervello a reagire.

«Sono la sua ragazza». Dichiarai trionfante, indicando con un cenno del viso la porta della stanza dove Ollie era entrato.

La mia affermazione la fece scoppiare a ridere ma fu costretta a ricomporsi e darsi un tono quando si rese conto che io fossi più che seria.

«Ollie non è fidanzato con nessuna. Al limite, si vede con...».

La interruppi quando mi accorsi che Ollie stava tornando da noi. «Chiedigli dei tatuaggi, allora». Mi sbrigai a suggerirle, credendo di avere la scaltrezza di una volpe.

Avrei potuto definirmi machiavellica.

Quando Ollie tornò dietro il bancone, ci guardò con sguardo accigliato per pochi secondi prima di consegnarle il disegno preparatorio.

«È bellissimo! Non vedo l'ora. Tu hai dei tatuaggi?».

«Sì». Rispose scocciato.

«Quanti?».

«Due».

«E cosa hai tatuato?».

Distolsi alla svelta lo sguardo quando gli occhi di Ollie si spostarono su di me giusto il tempo di trafiggermi di disappunto.

«Non sono affari tuoi». Affermò poi poco gentilmente.

«E?». Lo incalzai ancora più speranzosa di prima.

«Una farfalla». Rispose controvoglia.

Al suono di quella risposta, le sopracciglia della ragazza si inarcarono incredule. «Una farfalla? Perché?».

«Mi piacciono le farfalle, soprattutto quelle fastidiose».

«Sei fidanzato?». Domandò infine la ragazza.

Ollie sospirò rumorosamente. «Sto per chiudere. A domani!».

Liquidò la questione così stizzito che la ragazza non poté fare altro che andarsene.

«Vedi? Lo chiedono anche a te». Puntualizzai soddisfatta.

«Non sono affari degli altri».

«È semplice curiosità».

«Ho fame. Andiamo a mangiare qualcosa». Tagliò corto.

«Come amanti o come fidanzati?».

«La definizioni che preferisci».

Aspettai pazientemente che Ollie chiudesse il locale in piedi sul ciglio del marciapiede.

«Mi accontenterò di andarci senza una definizione solo se mi dai la mano e camminiamo come due veri fidanzati».

Ollie sbuffò, ma questa volta fingendo disappunto, e poi mi porse la sua mano.

Sorrisi soddisfatta e intrecciai le mie dita alle sue.

«Spero proprio di incontrare la ragazza di prima visto che non ci credeva».

Ollie scosse la testa rassegnato prima di attirarmi a sé e cingermi le spalle con il suo braccio.

«Andiamo in quel posto che ti piace tanto?».

«Il coreano?».

«Sì. Poi torniamo a prendere il pick up».

Annuii più che entusiasta. «Sai, questa sera, ho voglia di cantare qualcosa al karaoke. Magari un duetto con Ben, se a Vanesia non dà fastidio». Dichiarai mentre la mia mano sinistra si ancorava salda al fianco di Ollie e le dita della destra si intrecciavano a quelle della sua mano che penzolava dalla mia spalla.

E così abbracciati continuammo a camminare.

Al Boulevard, Ben accettò la mia offerta di duettare insieme a due condizioni: avrebbe scelto lui la canzone e io non mi sarei potuta astenere dal dire parolacce qualora fossero presenti.

Così, mi ero ritrovata a duettare con lui sulle note di Paint the Town red, che conoscevo a memoria come tutte le altre canzoni di Doja Cat.

Tornata al tavolo, Vanesia mi aveva fatto i complimenti per le mie doti canore che non avevano vacillato neanche per un secondo persino nelle strofe rappate.

Lei era fenomenale a cantare e, ogni volta, era lei a vincere la gara di karaoke. L'ultima volta, aveva stracciato tutti cantando un pezzo di Freddie Mercury così egregiamente neanche fosse stata posseduta dal Leonardo Da Vinci del cantautorato mondiale.

Mi piaceva quella ragazza, soprattutto mi piacevano lei e Ben insieme.

«Vero, Emma». Confermò Beatrice. «Sei una bravissima cantante e una formidabile restauratrice di mobili, ma con le relazioni non te la cavi molto bene». Ammise tirando fuori dalla borsa le due relazioni che avevo scritto e dato a lei nella speranza che le rendesse presentabili. Non avrei sopportato il peso di un'altra C nel mio libretto universitario.

«Erano così terribili?».

«Solo una: quella sulla comparazione delle lingue gallo-romanze. Invece, mi sono meravigliata dell'altra. Era proprio ben scritta».

«Ah... A quella ci aveva dato già un'occhiata Ollie». Confessai sfoderando un sorriso colpevole.

Più che un'occhiata, l'aveva praticamente riscritta.

«Beh, puoi tranquillamente usarlo come correttore di bozze, allora».

Mi voltai verso Ollie che era seduto accanto a me ma dovetti presto constatare che fosse sparito.

Mi voltai a destra e sinistra, intenta cercarlo ma di lui e della sua testolina bionda e incasinata sembrava non esserci traccia. Eppure, Sutton era ancora seduto al tavolo con noi.

Beatrice aveva smesso di parlare delle mie relazioni per iniziare a battibeccare con David su un argomento a cui non stavo prestando molto attenzione ma, quando si zittì di botto, fui costretta a voltarmi verso di lei.

Volevo capire se si stesse sentendo male, e altrettanto fecero tutti gli altri.

Con gli occhi sbarrati, Beatrice sollevò il braccio davanti a sé per indicare il palco.

«Oh mio Dio! Ma quello è Ollie?».

Ci girammo tutti di scatto e probabilmente strabuzzammo gli occhi in simultanea perché quello sul palco era per davvero Ollie.

Stava prendendo posto sullo sgabello posizionato davanti al microfono e tra le mani aveva la chitarra di Vanesia.

Dopo essersi seduto e aver sistemato la chitarra sulla coscia della gamba destra, le sue dita pizzicarono le corde come per accordarla. Poi, abbassò l'asta del microfono per sistemarlo all'altezza della sua bocca e si schiarì la gola, più concentrato e serio che mai.

«Non sono molto bravo con le parole. Quindi...». Lasciò cadere la frase in sospeso e inizio a suonare.

Le prime note di quella melodia a me sconosciuta iniziarono a diffondersi per tutto il locale in cui era calato il silenzio e, quando iniziò a cantare, i suoi occhi si alzarono per ancorarsi ai miei.

Well if I spell it out, if I get it out
(Beh, se te lo dico chiaramente, se lo faccio uscire)
Will you hear me when I tell you about
(Mi ascolterai quanto te lo dirò?)
What I have to say, before it gets too late?
(Cosa devo dire prima che sia troppo tardi?)
It's not as easy as I said it'd be
(Non è facile come avrei detto)
But there's something right about you and me
(Ma c'è qualcosa di buono tra me e te)

In un attimo, tutto il resto si ridusse alla più insignificante delle comparse sul set di un film scadente.

C'eravamo solo io e lui nel locale.

I miei occhi e le mie orecchie non tardarono a diventare come quelle attrezzature che possono catturare solo alcune frequenze.

Ecco, Ollie era appena diventato la mia frequenza preferita.

La frequenza della mia vita, che avrei ascoltato all'infinito senza mai stancarmi.

La ripetizione in loop di un brano che non sarebbe mai andato in coda a nessun altro.

L'unica traccia di una playlist che avrei scelto per descrivere ogni momento felice della mia vita.

La sua voce sarebbe diventata l'unica nota che avrei suonato da quel momento in poi.

Well, you're the color of a burning book
(Sei come il colore di libro in fiamme)
You're the color of a storm in June,
(Sei come il colore di un temporale in giugno)
You're the color of the moon
(Sei come il colore della luna)
You're the color of the night, that's right
(Sei come il colore della notte, sì)
You're the color of the colored part of "The Wizard of Oz" movie
(Sei come il colore della parte colorata del Mago di Oz).

«La sta dedicando a te?». Chiese esterrefatta Penelope, ma io non riuscivo a prestarle attenzione. Ero troppo concentrata su Ollie che continuava a cantare.

«La sta decisamente dedicando a te!». Sbottò Ben. «Ragazza farfalla, questa è tutta per te: goditela!».

«Chi era a conoscenza del fatto che sapesse suonare e cantare così bene?». Domandò meravigliata Beatrice.

«Io». Rispose Penelope. «Ma non lo sentivo suonare da quando aveva sedici anni. Cavolo, Emma, gli hai fatto partire la brocca!». Esclamò lasciandosi andare in una risata sincera e genuina.

«Ed è anche intonato». Commentò infine Vanesia prima che tornassero tutti concentrati su Ollie.

Come out tonight, come out with me, baby
(Esci stasera, vieni con me)
We'll throw the careful into the crazy
(Trasformeremo la precauzione in pazzia)
Turn the sky black into a sky blue
(Trasformeremo il cielo nero in uno azzurro)
What I say is true, make a fire, gotta burn a few
(Quello che dico è vero, accendi un fuoco, ne bruceremo qualcuno)
We can do what we want to do
(Faremo quello che vogliamo)

We're like Romeo and Juliet
(Siamo come Romeo e Giulietta)
We're like good times that haven't happened yet, but will
(Siamo come i bei tempi che non sono ancora arrivati, ma lo faranno)
I can tell you where we're gonna be
(Posso dirti dove saremo)
When the whole world falls to the sea:
(Quando l'intero mondo cadrà:)
We'll be living ever after, happily
(Noi staremo vivendo per sempre felici e contenti)

Mi godei gli ultimi accordi prima che un fragoroso applauso sancì la fine di quello che sarebbe potuto essere benissimo uno dei miei sogni, e rimasi in uno stato di shock aggravato dal sangue che, pompato dal mio cuore che non smetteva di tamburellare nel petto, fluiva violentemente rimbombando nelle mie orecchie.

Quando Ollie ci raggiunse al tavolo, sentivo gli occhi di tutti puntati addosso.

«Sai suonare la chitarra». Lo accusai con un filo di voce.

Ollie si strinse nelle spalle, non badando agli altri che se la ridevano sotto i baffi. «A quanto pare».

«E sai anche cantare! Sei stato strepitoso! Io... È quello che provi per me?». Gli domandai imbarazzata.

«Mi sono messo abbastanza in ridicolo per te, Emma. Non basta? Vuoi ulteriori conferme?».

Risi con il cuore che scoppiava di gioia. «Mi hai dedicato una canzone davanti a tutti».

«Sono abbastanza certo che lo abbiano visto e sentito tutti».

«È appena diventata la mia canzone preferita». Affermai prima di alzarmi in punta di piedi e posare la mia bocca sulla sua.

La sfumatura del suo sorriso si perse a contatto con le mie labbra fino a confondersi. Neanche io potei fare a meno di sorridere mentre lo baciavo.

«Ollie ha appena dedicato una canzone alla sua fidanzata». Urlò Ben come se anche lui non potesse crederci.

«Il primo che ne parla fa una brutta fine». Li minacciò Ollie.

«Non ci provare». Lo avvertì David. «Verrai ricordato fino alla fine dei tempi. Abbiamo anche prove visive».

«Non sbatto il video su TikTok solo perché ho paura». Chiarì Ben.

Mentre gli altri continuarono a sfotterlo per tutta la serata, io mi costrinsi a convincermi che non serviva sentirmi dire da Ollie quelle tre stupide parole per avere la conferma di quello che provava per me.

Lui era la mia conferma


Spazio confessione autrice

Sono stata indecisa fino all'ultimo se inserire quest'ultima parte.
Non nego che la stessi per cancellare questa mattina.
Quando ho sentito per sbaglio questa canzone (era fine estate e avevo scritto già alcune parti della storia di Emma e Ollie), ci sono andata in fissa a tal punto da farla diventare la colonna sonora della maggior parte delle scene di questa storia. Quindi alla fine mi sono convinta che meritasse di essere presente, perché è parte integrante di questa storia.
Secondo me, il testo non è una dedica d'amore, è LA dedica d'amore per eccellenza, profonda e delicata proprio come le ali di una farfalla.
Forse Ollie non è tipo da cantare di fronte a tutti e dedicare una canzone a qualcuno ma siamo in una storia e tutto è possibile. Inoltre, come abbiamo visto, Ollie farebbe di tutto per la sua Emma, anche cantare di "cani e sigarette" (il titolo della canzone è 40 Dogs e sì, parla anche di sigarette 😬😬).
Spero di aver fatto la scelta giusta ad inserirla e soprattutto spero che vi sia piaciuta🫶🏻

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