Come le ali di una farfalla

By kimadder

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Emma Cooper รจ un'adorabile sconclusionata di ventun anni. Affronta la vita vestita di colori pastello e armat... More

Emma e Ollie
Cara G.
1. Il permesso
2. L'incontro
3. Il pugno
4. L'ospedale
5. L'ultima sigaretta
6. La dichiarazione
7. I buoni propositi
8. La panchina
9. Il numero
10. Lo stratagemma
11. La festa
12. Il regalo
13. La rissa
14. Il campo da football
15 - Il sogno
16 - Gli occhiali
17. La farfalla e il pipistrello
18. La fuga
19. L'ospite
20. La pulizia
21. La ricercata
22. La visita
23. L'approccio
24. La lista
25. La torta di mele
26. La scommessa
27. I pesci
28. I biglietti
29. La (non) sorpresa
30. La proposta
31. Lo scontro
32. La maglietta
33. Il concerto
34. La cena
36. L'onda perfetta
37. Il bacio
38. Il colibrรฌ
39. La clinica
40. L'ostaggio
41. L'avvertimento
42. Il tatuaggio
43. Il regolamento di conti
44. Il consiglio
45. Frammenti di una sera
46. La prima volta
47. Il ๐บ๐‘–๐‘› ๐‘Ž๐‘›๐‘‘ ๐ป๐‘œ๐‘
48. La buonanotte
49. Il Principe delle Tenebre
50. Il materasso
51. Le tenebre
52. La gelosia
53. La dedica
54. ๐˜“'๐˜ช๐˜ฏ๐˜ช๐˜ป๐˜ช๐˜ฐ
55. ๐˜ฅ๐˜ฆ๐˜ญ๐˜ญ๐˜ข ๐˜ง๐˜ช๐˜ฏ๐˜ฆ
56. La rottura
57. Marzo
58. Aprile
59. ๐™ผ๐šŠ๐š๐š๐š’๐š˜
60. ๐™ต๐šŠ๐š๐š๐š’
61. ๐™ฒ๐š˜๐š›๐šŠ๐š๐š๐š’๐š˜
62. Giugno
63. Il matrimonio (1)
64. Il matrimonio (2)
65. La promessa
66. La festa
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๐•—๐•š๐•Ÿ๐•–
Come vi ringrazio๐Ÿฉท๐Ÿฆ‹

35. Il film

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By kimadder

Ollie

Emma era seduta accanto a me, con le ginocchia piegate al petto, la gonna larga a coprirle come fosse una coperta e quei dannati pesci posizionati sul tavolino davanti al divano.

Quella ragazzina non ci stava per davvero con la testa. Inoltre, ingurgitava spropositate quantità di cibo, specialmente di dolci.

Si era fatta fuori mezza scatola di biscotti e il film era cominciato da neanche mezz'ora.

Stavo ancora cercando di capire il motivo per il quale mi trovavo su quel divano con lei.

Eppure, la cena l'avevo preparata io. Quindi, ero più che sicuro che nel cibo non ci fosse qualche strana sostanza allucinogena che mi aveva portato a rispondere a Noah che quella sera non li avrei raggiunti al Dylan & Dog perché avevo da fare.

Ed eccolo là il mio da fare: stare seduto sul divano insieme a lei a guardare uno stupido film anni novanta in cui si parlava solo in rima.

«Andranno avanti così per tutta la sera?». Chiesi annoiato.

Emma rise. «Si, è tutto un versi».

«Lo conosci a memoria?».

«Come tutti i film che ho visto almeno tre volte. Lo so: ti stai chiedendo come possa sapere tre lingue, conoscere a memoria film e canzoni ma non riuscire a studiare».

Veramente no. Se l'era cantata e suonata da sola come faceva più o meno sempre.

«Se l'è chiesto sempre anche mai madre. Ma non so rispondere. Shinhai dice che mi ricordo solo quello che mi interessa. Effettivamente, così ha senso la questione. La mia memoria avrà una sorta di immagazzinamento selettivo». Scrollò le spalle continuando a guardare attenta il film. «Questo film, però, ha un posto d'onore».

«Perché ti piace tanto?». Le domandai sprofondando ancora di più nel divano logoro, posizionando i piedi sul tavolo e il braccio sinistro piegato dietro la testa.

Avrei potuto dire che mi stessi rilassando ma quella sera avevo superato il limite massimo di cose che non facevo da troppo tempo, come preparare la cena per un altro essere vivente che non fosse mia sorella.

«Non lo so, mi piace. Un giorno Tamara me lo fece vedere e io ci andai in fissa. Fissa nel senso che lo vedevo ogni sera recitandolo a memoria. Così, mio padre mi regalò una raccolta di sonetti di Shakespeare che ovviamente non lessi mai, perché gli unici libri che abbia mai letto con piacere sono i manga. Allora, cominciò a leggerli lui per me, specialmente nei periodi in cui ero incollata a un letto di ospedale. Un sonetto diverso per ogni sera. Per ognuno, poi, inventavamo una storia. La protagonista era una bellissima e abile guerriera che dormiva in lenzuola di seta e che finiva sempre per andare a salvare il suo principe. Perché in ogni storia che si rispetti c'è sempre qualcuno che viene salvato. A te piacciono le storie?». Mi domandò voltandosi verso di me.

Riuscivo a percepire il grigio dei suoi occhi bruciarmi la parte del viso su cui il suo sguardo si stava posando delicato.

«No».

«Perché?».

«Sono solo storie. È finzione. Non c'è niente di peggio che torturarsi con qualcosa che neanche è mai accaduto per davvero».

Emma fece una pausa. Forse, si stava chiedendo da dove uscisse fuori tutto quel mio cinismo, quale ne fosse la causa. Ma Emma era il tipo di persona che amava fare domande a tutti tranne che a se stessa. Infatti, ancora non si era chiesta perché cavolo si trovasse ancora dentro questa casa di merda.

«Senza storie non avrei mai vissuto tutte quelle avventure. Fa male il più delle volte, perché sei consapevole che non sei veramente tu a viverle, ma è così bello quando vivi avventure e emozioni che altrimenti non avresti occasione di provare. Comunque, mio padre ha raccolto tutte le storie inventate in un libro di cui io ho disegnato la copertina. Venne fuori una cosa orrenda perché non so disegnare. Ho cercato di disegnare la mia versione manga ma ho fallito miseramente. Sembra che mi abbiano fatto a pezzi e ricomposto, ma mio padre dice sempre che rimarrà il libro migliore che abbia mai scritto».

Mi voltai verso di lei e i nostri sguardi finirono per intralciarsi a vicenda.

«Come si intitola?».

«Le mille e una storia di Emma, la principessa dalle lenzuola di seta». Sorrise mentre pronunciò quelle parole.

«Non eri una guerriera?».

«Sì, ma alla fine di ogni storia Emma scopre di essere una principessa o ci diventa perché salva il principe. Avevo otto anni e tutto il diritto di essere una principessa».

«Hai il diritto di essere tutto quello che vuoi, Emma».

«E tu chi vorresti essere?».

«Un bambino». Risposi senza pensarci troppo.

«Un bambino?».

Distolsi lo sguardo. «Un bambino che gioca tranquillo con i lego senza che nessuno lo disturbi finché è pronta la cena». Risposi fissando lo schermo della tv dentro cui Leonardo di Caprio stava cercando di farsi Giulietta in piscina.

«Le mille e una storia di Ollie, il principe nella fortezza lego. Chissà, magari troviamo anche un sonetto adatto».

«Ne hai uno che ti piace particolarmente?».

«Sì».

«Quale?».

Non appena cominciò a recitare quelle parole che in altre occasioni mi sarebbero sembrate spropositatamente ridicole, il mio sguardò tornò inevitabilmente su di lei.

Stava diventando uno di quegli spettacoli per cui vale la pena fare la fila per aggiudicarsi la poltronissima, e io mi stavo pentendo di sentirmi lo spettatore fortunato di esserci riuscito.

«Amore non è amore, se muta quando scopre un mutamento. O tende a svanire quando l'altro a allontana. Amore è un faro sempre fisso che sovrastata la tempesta e non vacilla mai. È la stella guida di ogni sperduta barca, il cui valore è sconosciuto benché nota è la distanza. Amore non è soggetto al tempo, pur se rosee labbra e gote dovranno cadere sotto la sua curva lama. Amore non muta in poche ore o settimane ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio. Se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto e nessuno avrà mai amato».

Seguì una pausa riempita sola dal grigio dei suoi occhi e dal rumore dei miei respiri.

«Sonetto 116. Ti piace?».

Mi limitai ad annuire perché non sarei riuscito a fare altro.

«La storia raccontava di Emma - una strafica di altri tempi, ovviamente - che aveva il potere di trasformarsi in farfalla. Un giorno, volando tra i giardini reali scopre che il re cattivo vuole fregare suo figlio, il principe. Anche lui uno strafico da paura. Lei alla fine lo salva e si innamorano. Ma i due non riescono a stare insieme perché lei rimane una farfalla e lui un principe».

«Non dovrebbe esserci sempre il lieto fine?»

«È quello che ho detto a mio padre ma lui mi ha spiegato che il lieto fine non è solo "e vissero per sempre felice e contenti", che ci può essere anche se il finale fa piangere. Perché se è in grado di far versare lacrime per qualcosa che neanche è mai accaduto, allora la storia funziona. E in quella storia Emma finisce per trasformarsi in farfalla per sempre. È una storia avvincente, comunque. La mia preferita, sicuramente».

Emma si sistemò sul divano, rannicchiandosi ancora di più nella seduta. A separarci, solo uno dei tanti cuscini che erano sbucati fuori da quando il perverso narratore della sua vita aveva deciso di trasformare i giardini reali in cui Emma, la principessa guerriera che dormiva in lenzuola di seta, era solita svolazzare nella sua storia nelle strade malfamate delle Palafitte.

Solo che qua non c'era nessun principe da salvare. Al limite, solo uno delle Tenebre da cui tenersi a distanza...

Continuammo a guardare il film in silenzio ma nessuno dei due arrivò al finale.

Quando mi svegliai, la situazione si era fatta scomoda, fisicamente e mentalmente.

Emma si era addormentata e aveva deciso di farlo sopra di me.

Il suo viso sprofondava nell'incavo tra il mio collo e la mia spalla e il suo braccio era ancorato al mio addome. La sua mano, poi, era audacemente infilata sotto la mia maglietta, facendomi percepire una sensazione di calore mista a formicolio nel punto in cui le sue dita sfioravano la pelle del mio ventre. I suoi capelli, invece, ricadevano a cascata sopra al mio braccio che le cingeva le spalle.

Come eravamo finiti a dormire abbracciati sul divano?

Buttai un'occhio alla tv, era spenta.

Sospirai e cercai di tirarmi su ma Emma non aveva intenzione di muoversi, tantomeno svegliarsi. Provai anche a tossire, ma niente.

«Emma?». La chiamai, scuotendola delicatamente per la spalla.

Per evitare di dover spiegare alla polizia perché un cadavere mi stesse dormendo addosso, portai un dito sotto il suo naso. Il calore che usciva dalle sue narici comandato dai respiri regolari che stava facendo mi diede la conferma che Emma fosse ancora viva. Tramortita dal miglior sonnifero in commercio per animali selvatici, ma pur sempre viva.

Guardai l'ora sul telefono. Era solo mezzanotte passata, eppure non riuscivo a tenere gli occhi aperti. Avevo sonno, tanto. Cosa che capitava molto raramente. Dormivo una media di cinque ore a notte e l'ultima volta che avevo preso sonno a mezzanotte avevo forse dieci anni.

La sonnolenza ebbe la meglio su di me. Le palpebre cominciarono a farsi pesanti e, dopo aver poggiato la guancia sopra la testa di Emma, ricaddi vittima del sonno.

Ebbi l'impressione di aver appena chiuso gli occhi quando mi resi conto che nel soggiorno, insieme a me ed Emma che ancora dormiva beatamente ancorata al mio corpo, c'era qualcun altro.

Cercai con tutte le forze di aprire gli occhi ma non ci riuscivo.

Risolini e bisbigli si aggiravano intorno a me. Forse stavo sognando ed ero capitato in un tremendo girotondo caotico.

«Io chiamerei la polizia! Magari lo hanno drogato».

«Fa' la foto e sta' zitto, prima che si svegli!».

«Avete visto la sua mano? Con questa lo possiamo ricattare a vita! Secondo me, sono una bella coppia».

La voce di Ben mista a quelle parole mi allarmò a dal punto da sbarrare gli occhi e, quando le mie palpebre furono ben aperte, ebbi la certezza di avere tre coglioni come amici.

«Andate a fanculo». Dissi loro mentre riprendevo contatto con la realtà.

«Per questo non sei venuto con noi? Avevi da fare, eh». Mi canzonò Ben che ancora trafficava con il suo telefono.

Probabilmente, ci aveva fatto uno shooting.

«Ti spacco il telefono, per davvero». Lo minacciai.

«Non sei più credibile, Ollie. Non dopo questo». Ben indicò i nostri corpi avvinghiati.

Avrei voluto tirarmi su ma Emma ancora continuava a dormire.

«Non si sveglia». Mi giustificai. «Che ore sono?».

«Quasi le tre». Rispose David mentre mi guardava divertito.

«Mi aiutate oppure devo rimanere così in eterno?». Brontolai indispettito di essere diventato un fenomeno da baraccone.

«Come? La prendiamo di peso e la portiamo in camera tua?». Suggerì Noah, facendo scoppiare a ridere David e Ben. «Dovrebbe essere un tuo compito».

«Emma?». Anche David provò a svegliare Emma, chiamandola e scuotendola per il braccio ma lei non si mosse di un millimetro.

«Non è che prende dei sonniferi?». Domandò Noah ancora estremamente divertito dalla situazione.

Sbuffai. Cominciavo a spazientirmi ma non volevo svegliarla.

«Va bene. Ci penso io». Propose Ben. «Peserà quaranta chili da bagnata. Più o meno quello che alzo con un braccio». Poi si avvicinò al divano.

Liberai il collo di Emma dal mio braccio affinché Ben potesse procedere con la sua manovra e, dopo aver infilato un braccio intorno alla sua vita e uno sotto le sue ginocchia piegate, la sollevò come se niente fosse.

Stavo per ordinargli di rimetterla subito giù ma per fortuna bloccai le parole poco prima che uscissero e mi mettessero ancora di più in ridicolo.

«È leggerissima». Ci informò Ben mentre Emma si sistemava tra le sue braccia. «E profuma». Sprofondò con il naso nel suo collo.

«La vuoi portare in camera sua, cazzo?». Ringhiai.

Ben obbedì e si avviò verso le scale, mentre io finalmente riuscii a tirarmi su a sedere. Mi si era addormentato un braccio e avevo perso la sensibilità della gamba.

«Smettetela di guardarmi così».

Noah si girò verso David. Entrambi avevano preso posto sull'altro divano.

«Te l'ho detto che presto li vedremo correre in mezzo a prati verdi e farfalline svolazzanti».

David rise. «A Natale, li troveremo vestiti con uno di quei maglioni natalizi di coppia, con Rudolf in primo piano e un nasone rosso in rilievo». Disse facendo ridere a sua volta Noah, poi si voltò nuovamente verso di me. «La prossima volta specifica il motivo per cui non puoi raggiungerci. Pensavamo avesse a che fare con Max e invece... Non saremmo venuti a disturbarvi».

Lo ignorai e mi accesi una sigaretta prendendola dal pacchetto che era sul tavolino.

Ben fece presto ritorno in soggiorno con la grazia che lo contraddistingueva: quella di un bisonte.

«Cavolo, quella stanza è irriconoscibile. L'avete vista?». Ci domandò mentre scendeva le scale.

«No, Emma non mi ha fatto entrare l'altra volta. Ha detto che nessuno deve vederla prima che sia finita». Gli rispose David.

«Ops». Esclamò Ben sprofondando nel posto occupato prima da Emma.

«Quando sei venuto?». Domandai a David dissimulando la sgradevole sensazione di fastidio facendo un altro tiro.

«Il giorno dopo il mio arrivo, come ti avevo detto. Ma sarebbe stato meglio se mi fossi fatto gli affari miei».

«Perché?».

«Emma mi ha battuto a tutti i giochi della play che avevamo a disposizione».

Ben si portò una mano alla bocca costernato. «No, amico. Anche tu?».

David alzò un sopracciglio interdetto. «Ha battuto anche te?».

«Mi ha battuto a Call of Duty, Fortnite, Drangonball e GTA 5». Ammise sconfitto.

«Anche a Dragonball?».

«Soprattutto a Dragonball. È un cazzo di genio del joystick quella ragazza».

«Già... a quanto pare, l'unico in grado di batterla è il fratello». Aggiunse David.

Guardavo i miei amici parlare di Emma con lo stesso animo di uno spettatore capitato per caso davanti a un documentario sulla riproduzione delle locuste, che finisce a chiedersi perché sta costringendo le sue retine a quel supplizio ma che rimane comunque là perché non riesce a smettere.

«Quel ragazzino ha tipo trecentomila followers, avete visto?».

Ora anche Noah si era messo a parlare di Emma e della sua famiglia e io ero sempre più attonito.

Feci l'ultimo tiro e spensi la sigaretta nel posacenere. «Sono le tre di notte. Non avete niente di meglio da fare?».

«No». Rispose subito Ben.

«No». Si accodò Noah.

«Decisamente no». Rimarcò David.

«La tua futura moglie non ti aspetta nel talamo nuziale?». Chiesi a David cercando di cambiare argomento di conversazione.

David scrollò le spalle. «È uscita con Sutton. Ma, tranquillo, appena arriva a casa mi precipito da lei per allenarmi a espletare i mie doveri coniugali».

«Cioè?». Gli domandò Ben sinceramente interessato.

Da quando David gli aveva comunicato di essere passato al lato oscuro della forza - quello del matrimonio -, Ben pensava di aver ancora meno tempo a disposizione per trovare la genitrice dei suoi futuri mini Ben.

La candidata ideale l'aveva individuata, ma Hannah scrivo solo per me stessa sembrava essere immune alle sue tecniche di corteggiamento e ai suoi rituali di accoppiamento da pavone nella stagione della riproduzione.

«Farle fare una lunga e impegnativa partita alla play». Gli rispose David facendogli l'occhiolino, a cui Ben e Noah scoppiarono a ridere. Poi, tirò fuori il telefono dalla tasca e i suoi occhi blu si abbassarono alle svelta sullo schermo. «Appunto: il dovere mi chiama. Torno a casa a giocare un po' alla play. Anche tu dovresti, Ollie, visto che hai una campionessa che dorme nella stanza accanto alla tua».

Ancora una volta, Ben e Noah scoppiarono a ridere.

«Andate via, cazzo».

Finalmente, tutti e tre si alzarono dal divano con le bocche ancora impegnate a sogghignare e prendersi gioco di me. Io mi limitai a  seguirli fino alla porta.

«'Notte anche te, Ollie, e attento alla farfalline che ti svolazzano intorno e ti dormono sopra...». Si raccomandò Noah mentre chiudevo loro la porta in faccia.

Potevo ancora sentirli ridere dietro il legno spesso.

Sospirai esasperato e mi avviai verso le scale. Dovetti fare un grande sforzo per non cedere al pensiero perverso di aprire la porta della camera in cui dormiva Emma.

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