OPERAZIONE Y

由 DarkRafflesia

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Dave Morrison, Capitano del Navy SEAL, è un uomo determinato, autorevole, ma sconsiderato e fiscale. Noah Fin... 更多

⭐RICONOSCIMENTI
Presentazione
Cast
Dedica
Prologo
PARTE PRIMA
Capitolo 1: Bravo (Parte 1)
Capitolo 1: Bravo (Parte 2)
Capitolo 2: Coinquilini
Capitolo 3: Demoni del passato
Capitolo 4: Una semplice giornata di lavoro
Capitolo 5: Insieme
Capitolo 6: Prima Tappa
Capitolo 7: Presenza
Capitolo 8: Sconosciuto
Capitolo 9: Ricordi bruciati
Capitolo 10: Il prossimo
Capitolo 11: Vacanza (Parte 1)
Capitolo 11: Vacanza (Parte 2)
Capitolo 12: Dolore lontano
Capitolo 13: Turbolenze
Capitolo 14: Scontro
Capitolo 15: Notizia
Capitolo 16: Lettere reali
Capitolo 17: Firmato...
Capitolo 18: Sui tetti
Capitolo 19: In mezzo alla folla...
Capitolo 20: Rientro
PARTE SECONDA
Capitolo 21: Adunata
Capitolo 22: Sorpresa?
Capitolo 23: Toc-Toc
Capitolo 24: Legami scomodi
Capitolo 25: Nuovi ospiti
Capitolo 26: La spia
Capitolo 27: Tocca a me
Capitolo 28: Il mondo continua a girare
Capitolo 29: Prurito ed ematomi
Capitolo 30: Fede
Capitolo 31: Rimorsi
Capitolo 32: Torna a letto
Capitolo 33: Fiamme
Capitolo 34: Scuse e incertezze
Capitolo 35: Analista per caso
Capitolo 36: Non puoi dimenticare
Capitolo 37: Bersagli
Capitolo 38: Ostacoli
Capitolo 39: Ho trovato Jake e...
Capitolo 40: La bomba
Capitolo 41: Shakalaka
PARTE TERZA
Capitolo 42: Scampagnata
Capitolo 43: Pausa?
Capitolo 44: Nuove conoscenze
Capitolo 45: Mercato finanziario
Capitolo 46: Linea
Capitolo 47: Safe International Hawk
Capitolo 48: Fregati
Capitolo 50: Dimitri Malokov
Capitolo 51: Rancore
Capitolo 52: Portare via tutto
Capitolo 53: Insofferenza
Capitolo 54: Colpe
Capitolo 55: Operazione Y
Capitolo 56: Amicizia
Capitolo 57: Risposta inaspettata
Capitolo 58: Rivelazione
Capitolo 59: Con onore
Capitolo 60: Rottura
Capitolo 61: Solitudine
PARTE QUARTA
Dimitri Malokov & Iari Staniv
Capitolo 62: Egoismo
Capitolo 63: Apnea
Capitolo 64: Il prezzo da pagare
Capitolo 65: Anonimato
Capitolo 66: Saluto
Capitolo 67: Benvenuto nella squadra
Capitolo 68: Giuramento
Capitolo 69: Decisione
Capitolo 70: L'impegno che non serve
Capitolo 71: Lontanamente vicini
Capitolo 72: Vecchie amicizie
Capitolo 73: Vigilia
Capitolo 74: L'inizio
Capitolo 75: Le squadre
Capitolo 76: Patente?
Capitolo 77: La tana del lupo
Capitolo 78: Boom...
Capitolo 79: Maledetta emotività
Capitolo 80: Svantaggio?
Capitolo 81: Iari Staniv
Capitolo 82: Luccichio
Capitolo 83: La pace
Capitolo 84: Caduti
Capitolo 85: Respirare
Capitolo 86: Un'ultima cosa da fare

Capitolo 49: In trappola

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由 DarkRafflesia


«...ati...»

Un brusio lontano gli accarezzò l'udito.

«...oviti...»

Era una voce acuta, eppure sussurrata, la quale non toccò le solite note assordanti che avrebbero davvero potuto spaccare un bicchiere di cristallo. Nonostante avesse dovuto provare un certo odio per quella voce, irritazione più che altro, si sentì quasi allietato nell'udirla vicina, molto vicina. Cosa c'era di rassicurante in quella voce, rimaneva un mistero. Ma che poteva farci? Il suo corpo era un blocco di marmo, appoggiato a qualcosa di freddo e sporco; non capiva dove fossero le mani, le gambe, le braccia, persino la testa. Ah, sì. La testa. Un blocco di cemento che se ne stava rivolto verso il basso, a rompergli l'osso del collo con la sua pesantezza. Non ricordava l'ultima volta che il suo corpo era stato così sconnesso dalla mente da provare un senso di vuoto allucinante. Per i suoi occhi era tutto nero; non c'era niente che potesse guidarlo se non quella maledetta voce che, se solo fosse stata più controllata e diretta, sarebbe risultata un tantino più dolce.

«...Cazzo...!»

Uno strattone deciso gli colpì la schiena, spingendolo in avanti.
Fu utile a fargli capire, finalmente, che fosse seduto a terra, simile ad una scarica che invogliò i suoi sensi a dirgli di riprendersi. Stava rischiando di sbilanciarsi troppo in avanti, allora un'altra spinta, accompagnata da un ringhio nervoso, lo tirò indietro, raddrizzandogli di poco la schiena. Le sue braccia andarono a contatto con un tessuto, una felpa. Ma era solido, piegato allo stesso modo con la quale lo erano i suoi arti; erano dietro la schiena, comprese. Aveva le braccia dietro la schiena e le sue mani erano vicine, solleticate in continuazione da una pelle fredda e morbida, assurdamente delicata e liscia al tatto dei suoi polpastrelli. Non stava indossando più i guanti.
Strinse le palpebre, avendo più coscienza della sua autonomia.
Una vibrazione gli fece captare un continuo dimenarsi che stava giungendo sino a lui, soprattutto a partire dai polsi.

«Apri gli occhi, fottuto energumeno. Mi stai spezzando la schiena!» aumentò il tono quell'ostinata voce, accompagnata di pari passo con dei movimenti repentini e impulsivi.

Strinse le mani, formicolanti e indolenzite, portando ad una fine quell'agitazione senza senso. Corrugò la fronte, riuscendo a sollevare le palpebre. Le sbatté una volta, poi un'altra, fino a quando non fu in grado di vedere le sue gambe; era seduto su un pavimento cementato. Si umettò le labbra secche e sollevò la testa, guardandosi intorno. Era in una stanza vuota, dalle pareti grigie e uno stupido neon sopra la testa.

«Ma che diavolo...?» mugugnò Dave, ancora confuso.

Provò a muovere le braccia, e fu lì che si accorse del perché fossero dietro la schiena. I suoi polsi erano immobilizzati, eppure – come già accennato – toccava altra pelle, oltre ai filamenti spessi; inclinò il capo da un lato per osservare per mezzo della vista periferica chi avesse alle spalle.
Quel chi fece lo stesso.
Il suo broncio era riconoscibile a chilometri di stanza.

«Noah?» realizzò, ricordando quello cui erano andati incontro non appena la sua immagine priva di sensi, a terra e nel tunnel, balzò alla sua mente come il flash di una macchina fotografica. Sgranò appena gli occhi, non riuscendo a vederlo bene in quella posizione. «Stai bene? Ti hanno fatto qualcosa?»

Noah scrollò le spalle, spazientito. «Era ora, cazzo. Spostati.»

Lo strattonò nuovamente con il busto per avere più spazio; Dave si mise meglio con la postura, facendo in modo che i due fossero schiena contro schiena, seppur le loro braccia fossero in mezzo da permettere solo alle spalle di toccarsi.

«Sto bene.» continuò il giovane, ritornando a fronteggiare il muro asettico di fronte ai suoi occhi. «Mi sono svegliato qualche minuto fa, piegato in due a causa del tuo peso del cazzo.» costrinse la sua colonna vertebrale a raddrizzarsi. Scricchiolò in maniera piacevole, tanto che sospirò dal sollievo.

Essendo cambiato l'ultimo piano dell'edificio, avrebbe dovuto prevedere che quei tunnel non erano affatto sicuri, ma muniti da qualche entrata segreta che nessuno dei due era stato in grado di scovare. In effetti gli era sembrato tutto troppo facile per essere vero. Non era stato veloce abbastanza da poter andare via prima che venisse messo fuori gioco; una volta udito quel rumore avrebbe dovuto avvisare Dave e staccare tutto, lasciando il computer. In un modo o nell'altro lo aveva comunque perso.
Scosse la testa, scostando i ciuffi riccioli da davanti al viso; lo avevano usato come una cazzo di esca per attirare Dave nella loro trappola. Che pezzi di...

«Per quale cazzo di motivo sei sceso dopo che le comunicazioni si sono interrotte? Saresti dovuto andare via, invece ti sei fatto catturate come un imbecille!» piegò le gambe distese sul pavimento, il piede colto da numerose vibrazioni stizzite.

Il sopracciglio di Dave tremò dalla rabbia. Aprì la bocca, poi la richiuse. Infine la riaprì, allibito.

«Excuse me? Quello che è sparito, qui, sei tu, perciò sono andato al tunnel per cercarti!»

«Adesso è colpa mia?! Era palese che fossi nella merda!»

«Quindi mi stai dicendo che avrei dovuto lasciare che Y ti usasse come ostaggio? Renditi conto di quello che è appena uscito dalla tua bocca!» con incredulità lampante, Dave incominciò a muovere le mani per tentare invano di liberarsi.

«Fanculo te e il tuo animo da eroe del cazzo. Pensa con la fottuta testa, anziché agire d'istinto solo per compiacere il tuo ego!»

«Ma quale cazzo di ego, you damn idiot

Noah diede un colpo secco con le braccia per arrestare quegli inutili tentativi di liberazione che gli stavano facendo salire il nervoso. Odiava già di suo essere toccato, ma essere obbligato a percepire tutti quei movimenti senza senso di Dave, intenti ad eliminare quella posizione nella quale si erano ritrovati, stava soffiando via l'ultima piuma delicata all'interno sul cervello, quale era il raziocinio.

«Avrei saputo cavarmela benissimo anche senza di te! – portò la testa indietro, cercandolo con occhi incolleriti. – Porca troia!»

«Cristo Santo, Noah! Non potevo andarmene senza di te e le informazio-» le parole gli morirono in gola nel momento esatto in cui nacquero nella sua mente. Abbassò lo sguardo, metabolizzando solo adesso il motivo per il quale fosse senza guanti, senza fondina e soprattutto senza il tattico addosso. «Mi hanno tolto tutto... La pistola, il pugnale. Non ho più niente.» poi si rivolse a lui, inquieto. «La chiavetta con le cartelle... Merda! Non posso crederci, siamo stati fregati.»

«Non proprio.» interruppe il suo turbamento Noah. «È qui con me.»

«Cosa? Come hai fatto?»

«Ho sentito un rumore, prima che saltassero le comunicazioni. Avevo già capito che eravamo bruciati, perciò ho staccato la chiavetta e l'ho infilata dentro il calzino.» piegò di poco la gamba per mostrare la caviglia sinistra a Dave. «È piccola abbastanza da poter passare inosservata; sento che è ancora dentro la scarpa.»

Morrison si rilassò.

«Giusto, non controllerebbero mai la caviglia di un normale agente senza armi.» ammise. «A quanto era arrivato il download?»

«Quarantadue percento.»

«Manca ancora un bel po' di roba... Dobbiamo uscire da qui. Una volta fatto, tu torni alla CIA, mentre io mi dirigo all'ufficio di Y per recuperare i file mancanti.»

«Con quale miracolo spereresti di violare da solo il computer?» chiese con retorica ironizzante Noah.

Dave abbassò le spalle con un gesto esasperato, gli occhi sul soffitto scialbo. Doveva davvero portarselo dietro?

«A quest'ora Y avrà capito che stavamo scorrazzando tra i suoi archivi e avrà attivato la sicurezza informatica. Non possiamo usare il trucchetto delle due chiavette; devo irrompere direttamente nel suo sistema.» continuò il ragazzo al silenzio ricevuto come risposta.

«Ok. Ecco il piano: troviamo un modo per tagliare queste cazzo di corde e uscire da qui. Cerchiamo di capire in che piano siamo e proseguiamo verso l'ufficio di Y.»

«Ci saranno persone armate che ci aspettano?»

«Probabile. Anche se, quando ho corso per scendere da te, mi è sembrato di capire che non tutti sono sotto la guida di Y.»

«E se fosse andato via, scappando di nuovo con la coda tra le gambe?» domandò Noah, prendendo in considerazione qualunque ipotesi.

«Lo scopriremo una volta usciti da qui. La nostra priorità è prendere le informazioni e tornare a casa.» Dave digrignò i denti dalla rabbia, opponendo resistenza a quel nodo irremovibile.

«Vuoi stare fermo un fottuto secondo?!» Noah tirò i polsi, ottenendo il controllo. «Faccio io.»

«Come potresti rompere le corde? A meno che tu non abbia un pugnale a portata di mano-»

«Stai. Zitto!» gli parlò sopra il ragazzo, scoccandogli un'occhiataccia di sbieco con aria irritata. «Zitto e fermo.»

Dave serrò le labbra in una linea sottile, obbedendo controvoglia. Cosa avrebbe potuto fare un ragazzino come lui con delle corde dalla quale non potevano liberarsi, non ne aveva la minima idea. Ma gli dava sui nervi quell'atteggiamento di genio so tutto io che aveva sempre una soluzione a portata di mano e nessuno avrebbe mai potuto comprenderla. Sarebbe dovuto andare via, lasciandolo tra le grinfie degli uomini di Y? Certo. Come no. Dopo aver salvato Jake ci mancava solo un tracollo del genere e tornare di nuovo punto a capo con le indagini. Aveva pur sempre un distintivo della CIA; non aveva nulla a che vedere con il Navy SEAL, ma era comunque un'ottima pedina da utilizzare per avanzare di una casella in quella guerra.
Le palpebre si aprirono di più non appena sentì le dita di Noah armeggiare con la corda. Parlare era una tentazione enorme, tuttavia si focalizzò sui suoi sensi e provò ad immaginarsi i movimenti che queste stavano compiendo ogni qual volta la tensione della canapa veniva meno; aggrottò le sopracciglia, ricostruendo perfettamente le mani di Noah passare di volta in volta tra uno strato e un altro, finché questi non allargò le braccia, portando con sé l'intera corda, slegata e sciolta.

«Fatto.» annunciò, gettando via il filamento per poi massaggiarsi i polsi arrossati dal materiale ruvido e pizzicante.

Dave guardò prima la corda, poi i suoi polsi liberi, dopodiché si voltò verso di lui, il quale stava frugando dentro il calzino sinistro per avere la certezza che la chiavetta USB non fosse stata sostituita da qualche altro oggetto futile. Si mise in piedi, scrutandolo scioccato.

«Si può sapere dove cazzo hai imparato a farlo?» la domanda sorse spontanea; tenersela dentro era fuori questione.

Noah fece lo stesso, ricambiando finalmente lo sguardo. «Ho appurato che i video sui social su come liberarsi da un ipotetico rapimento non sono una cazzata.»

Il soldato inarcò un sopracciglio, perplesso. «Da quando in qua tu sei sui social?»

«Non lo sono. Ci navigo con i miei metodi.»

«Ah...Infatti.» sospirò Dave, guardandosi intorno per avere una visuale a trecentosessanta gradi dell'ambiente. Stanza quadrata, molto piccola e soffusa. Scorse una porta in metallo, avvicinandocisi per analizzarla meglio. Pressò la maniglia, dura come il titanio. «Perfetto. Porta blindata e bloccata dall'altro lato. Avevano messo in considerazioni che tu ti saresti improvvisato un mago delle corde?»

Noah si avvicinò, poggiando entrambe le mani sulla superficie fredda dell'uscita e spingendo appena.

«È elettronica anche questa. Forse all'esterno c'è un pulsante di apertura.»

«E come dovremmo... – la parola scemò gradualmente dalle labbra dell'altro non appena sollevò di poco gli occhi alla sua destra. Con la bocca a pesciolino, fece uscire un piccolo fischio beffardo. – Credo di avere un'idea.» ammise, lanciando al ragazzo uno sguardo tinto da un ghigno che questi colse alla perfezione.

I suoi occhi chiari, infatti, fissarono quello che adocchiò il soldato.
C'era una finestrella rettangolare che dava all'altro lato.
Scosse la testa.

«Non pensarci neanche.» sottolineò minaccioso.

«Vuoi per caso farmi salire sulle tue spalle di cartapesta? Mi basta solo appoggiare il piede per romperti.» scherzò Dave con fare saccente.

«C'ho ripensato.» ribatté arreso il giovane, sorpassandolo per puntellarsi nei pressi di quella piccola uscita. «Qualunque cosa pur di starti lontano.»

«Good. Sbrighiamoci.»

Morrison intrecciò le dita, come a creare una coppa con le mani, e tese le braccia verso il basso. Noah vi salì con la scarpa e con una spinta da parte di entrambi fu in grado di aggrapparsi i bordi della finestrella. Distese le braccia sul davanzale ristretto per sorreggere il corpo e dare un'occhiata dall'altra parte; una stanza a mo' di sgabuzzino; spoglia, con solo degli armadietti in metallo alla sua destra e l'uscita che li avrebbe diretti verso il corridoio.

«Vedi qualcosa?» domandò Dave.

«Sembra essere vuoto.» rispose, togliendo il gancio di chiusura per spingere il vetro e aprire un varco.

Il soldato sollevò le braccia per consentirgli di appoggiare i piedi sulle sue spalle; Noah le usò come base ed iniziò a spingere il suo corpo oltre la finestra. Con difficoltà, calciò più e più volte lo zigomo di Dave, non riuscendo ad incanalare bene la coordinazione degli arti per passare armoniosamente oltre la fessura. Inutile dire che il più grande aggrottò le sopracciglia con rassegnazione, indignato nel vedere un giovane di quell'età faticare persino nell'arrampicarsi.

«Hai finito?» innalzò la testa, circondando le caviglie del ragazzo per spingerlo ulteriormente verso l'alto.

«Molla la presa, ci sono.» ringhiò questi strisciando con il busto per far passare totalmente il suo corpo dall'altro lato.

«Attento, così-!»

Non fu in tempo a finire la frase che Noah oltrepassò di netto la finestrella e cadde. Udì il suo urlo sommesso, accompagnato da un tonfo poco rassicurante, un po' ligneo, e un secondo un po' più sordo, condito con imprecazioni di vario genere, anche alcune che non aveva mai sentito in vita sua, di quanto fossero di un americano marcato e stizzito.

«Tutto bene?» chiese preoccupato, aumentando di poco il tono di voce per essere udito.

Noah, spalmato a terra, balzò seduto, massaggiandosi le braccia con un broncio frustrato. Aveva dovuto tenderle in avanti per bloccare quantomeno la caduta, capitombolando prima in un tavolino vecchio e usurato e poi a terra, dove aveva sbattuto il fondoschiena; il tutto proteggendosi da qualunque urto che avrebbe intaccato la sua nuca, salvaguardandola.

«Fucking peachy.» borbottò in risposta, mettendosi in piedi e strofinando una mano sulla schiena.

«Apri la porta. Mi sento un topo in gabbia.»

Il giovane sbuffò. Accanto alla maniglia c'era un piccolo pannello di controllo, munito di schermo e pulsante. Non c'era alcuna luce né una scritta che indicasse che fosse chiusa. Non pareva esserci la necessità di chiave o codice d'accesso, perciò si concesse un minimo di relax, tendendo la mano.
Mai tale scelta fu più sbagliata.
I suoi riflessi si attivarono svelti non appena alle sue orecchie giunse un accennato rumore di passi alle sue spalle. L'intenzione di voltarsi venne spazzata via; un uomo gli circondò il collo, tirandolo via dall'interruttore che avrebbe permesso alla porta di aprirsi e di far uscire Dave.

«Sei furbo, ragazzino. Troppo furbo.» bisbigliò questi al suo orecchio con ira e delusione.

Noah fu costretto ad indietreggiare, mentre la sua gola veniva pressata, le vie aeree sigillate.
Aveva fatto troppo rumore quando era caduto sul tavolo? Come diamine si erano accorti della sua scappatoia? Gli bastò alzare di poco gli occhi verso l'angolo tra due pareti per avere la risposta:
Una videocamera.
Doppiamente fregati.
Ringhiò, serrando gli occhi, ed afferrò il braccio dell'assalitore con entrambe le mani per liberarsi dal quella presa. Non si allentava. Dietro di lui, quel tizio non aveva intenzione di lasciarlo andare; lo spingeva indietro sempre di più, comprimendogli il collo.

**

Dave sentì dei suoni offuscati, passi e lamenti sommessi che non gli davano una situazione chiara di quello che stava accadendo al di là della porta.

«Noah!? Noah, che succede!?» tuonò, sbattendo i pugni contro il metallo blindato.

Ma niente. Noah non rispondeva. E ciò non fece altro che alimentare l'ansia nel suo cuore. Che avessero... Spalancò gli occhi, la costernazione attiva nel suo cervello.

«Chiunque tu sia, fottuto bastardo, lascialo andare!» diede altri colpi sulla porta, con l'intenzione di buttarla giù con tutte le sue energie, i muscoli delle braccia gonfi dalla furia. Andò indietro e caricò una spallata. Alla collisione, la porta vibrò con un boato frastornante, ma non cedette. «Fuck!»

**

Noah le sentì, le urla di Dave; doveva trovare un modo per farlo uscire da lì, e in fretta. Il volto stava diventando roseo, le lentiggini più evidenti; tentò di dare gomitate all'aggressore, ma questi non si muoveva di un muscolo, aumentando la pressione contro il suo collo. Stava incominciando a non respirare bene, anzi, non respirava affatto, poiché dai denti serrati per lo sforzo non stava riuscendo ad immagazzinare un briciolo di aria. Stava soffocando. Il battito cardiaco, veloce e martellante contro la sua gabbia toracica non faceva che rammentarglielo con una tachicardia incalzante e poco rassicurante.
Doveva raggiungere il pulsante sul muro. Il petto si alzava ed abbassava esageratamente senza alcun risultato. Schiuse le palpebre; le iridi grigie, lucide e assonnate, fissarono il bottone. Tese una mano verso di esso, opponendo resistenza a quel bastardo che tirava il suo busto all'indietro, inclinandogli il corpo quasi a volergli fare perdere l'equilibrio.
Merda. Merda! Urlò la sua mente priva di ossigeno. Provò a fare qualche passo, sollevando una gamba, la quale non era in grado di muoversi in avanti. Eppure la scarpa sembrava vicina al pulsante. O erano i pallini neri a dargli false speranze? No. Essendo il corpo inclinato, le gambe erano le più vicine all'interruttore. Aggrottò le sopracciglia e digrignò i denti, determinato.

«Fo..ttuto..pezzo...di merda..» biascicò in preda al panico. «La...sciami.»

Buttò le braccia all'indietro e si ancorò al viso dell'uomo.
Tentoni, le dita riuscirono a beccargli un occhio. Questi sibilò infastidito, bloccandogli i polsi con una mano per abbassarglieli forzatamente e cingere il busto con l'altro braccio per immobilizzarlo completamente da qualunque vano tentativo di fuga. Tuttavia la presa sul suo collo si allentò e ciò permise a Noah di poter sporgersi di più con la gamba per dare un calcio al muro.
Mancò l'interruttore.
Cazzo!
Riprovò, ma questa volta neanche ci arrivò.
Dimenò le braccia invano, perciò decise di scuotere il busto a destra e a manca. Le palpebre stavano diventando troppo pesanti per tenerle alzate. Diede un ultimo calcio contro il muro.
La scarpa colpì l'interruttore.
Un tintinnio diede il via a Dave di poter uscire dalla prigione; diede una seconda spallata contro la porta, varcandola e potendo osservare finalmente quello che stava accedendo in sua assenza.

«Let him go!» tuonò.

Eppure gli si mozzò il fiato.
Vide l'uomo.
Vide Noah immobilizzato dall'uomo.
Tuttavia la presa sul collo del ragazzo venne meno per spostarsi sulla nuca; le braccia gli vennero liberate, ma era troppo intento a riprendere fiato – avendo il collo privo di impedimenti – per poter impedire ciò che venne dopo. Per toglierselo dai piedi, il nemico portò indietro il busto di Noah per spingerlo prepotentemente contro il mobile accanto.
In questo modo, la sua faccia collise contro il bordo in metallo.
Ci fu un rimbombo intenso.
Dave impallidì, trafitto da una scossa che percosse la sua schiena, al vedere gli occhiali di Noah rompersi in due parti in coincidenza del naso e all'udire un suo gemito di dolore; successivamente, senza nessuno che lo tenesse, il giovane cadde a terra, il volto contro il braccio disteso sul pavimento.
Rimase lì, immobile.

«Pezzo di merda!» Dave contrasse la mascella, in preda all'ira. «Fatti sotto, bastardo!» si buttò a capofitto contro l'aggressore, il quale indietreggiò intimorito.

Non gli diede neanche il tempo di reagire che le braccia si agganciarono alla vita dell'uomo e lo spinsero contro il muro con un impeto talmente irruento da fargli battere violentemente la nuca e il corpo contro il muro. Il nemico grugnì dal dolore, intontito, ma a Morrison non importò; lo fronteggiò, scaricandogli due pugni, un destro e un sinistro, i quali gli fecero girare di novanta gradi la testa, in entrambi i lati. Dopodiché lo tirò per la camicia, unta dal sangue che incominciò a colare dalle narici e dal labbro, per avere lo spazio per sgusciare dietro di lui, più basso, e circondargli il collo con un'intensità tale da strozzarlo di netto.

«Ti piace? – soffiò al suo orecchio con imperturbabilità. – La prossima volta, prenditela con uno della tua taglia, codardo.»

Un colpo deciso. E il collo dell'aggressore venne spezzato con un crack raccapricciante. Pesante fra le sue braccia, Dave lo lasciò andare contro il pavimento e si pulì le mani sui pantaloni.
Un suono roco alle sue spalle lo fece voltare di scatto con accorgimento; Noah si era smosso e stava provando a sollevare il busto da terra, sebbene lo sentisse imprecare dal dolore e tossire.
Non capì come, ma gli era già accanto.

«Piano. Fammi vedere.» mormorò, abbassandosi ulteriormente per potergli esaminare il viso.

Tuttavia il ragazzo si era coperto il naso con la mano sinistra, aggrottando le sopracciglia in un'espressione dolorante.

«Fuck...» sibilò. «Quel bastar-» non finì a causa di una fitta al naso.

Tirò su con un sniffo, facendo insospettire Dave.

«Togli la mano.» gli disse, osando a toccarlo per fare da sé.

«S-Sto bene.» replicò Noah, nascondendosi ancora.

Eppure qualcosa di denso gli colò sino alle labbra, facendogli tastare un aroma ferroso. Senza alcuna scelta, tolse spontaneamente la mano dal naso, facendo sbiancare Dave dall'orrore.
Il palmo era sporco di sangue.
Mettendosi seduto in maniera più composta, mise in mostra non solo il rossore e il rivolo di sangue che gli stava colando dalla narice sinistra, ma anche un taglio sulla fronte, anch'esso unto di sangue, seppur in minime quantità.

«Merda.» cercò di pulirsi, usufruendo della manica che già si era sporcata quando era caduto a terra di faccia.

Tuttavia gemette dal dolore a metà dell'impresa e serrò gli occhi.
Dave si attivò in un battito di ciglio. Afferrò di getto il viso stizzito di Noah per innalzarlo ed analizzare le narici. E ciò non comportò di certo una reazione tanto gentile.

«Che cazzo fai!? Sto bene, lasciami!»

«Stai fermo. Devo controllare se è rotto.» lo zittì il soldato concentrato.

«Non è rotto.» sbuffò Noah, il tono nasale.

«Come fai ad esserne così sicuro?»

«Perché so qual è la sensazione. E, adesso, non è rotto.»

Dave arrestò la sua analisi meticolosa per osservare di stucco il ragazzo. Cosa significava che sapeva la sensazione? Per caso si era già rotto il naso in precedenza? E quando? Come? Ma soprattutto, perché? In che guaio si era cacciato per avere il naso rotto?
Quello sprazzo di stupore bastò a Noah per dimenarsi lesto dalla presa di Dave, pulendosi quando una goccia di sangue collise sul pavimento. Poi si rimise in piedi, non potendo non usufruire del mobile come sostegno per ritrovare l'equilibrio. Cazzo se era stata una bella botta, le orecchie ancora gli fischiavano. La testa stava vagando verso una galassia diversa dalla Via Lattea; non solo si era risvegliato dal sedativo in maniera stralunata e poco reattiva, ma il cervello si era spento per qualche secondo.
Il problema maggiore, tuttavia, si trovava a terra ed era stato diviso a metà.

«Fanculo.» bisbigliò, dando un calcio alla metà degli occhiali che aveva più vicino. «Non vedo un cazzo.»

«Riesci quantomeno a distinguere le figure?» domandò Dave, intento a perquisire il cadavere.

«Vagamente.» ammise, appoggiandosi del tutto sul tavolo alle sue spalle per riprendersi.

Lo sguardo penalizzato dalla poca vista non trovava nulla su cui focalizzarsi, inducendolo a traballare anche da fermo; si passò nuovamente la manica sporca sul naso quando il sapore del sangue invase le sue papille gustative dalle labbra semichiuse, e si toccò successivamente il collo arrossato, tossicchiando.

«Lo stronzo era armato. Ironia della sorte: una Type-54. – lo rinsavì Dave, sollevatesi dal cadavere con una pistola in mano; tirò il carrello per osservarne l'interno e poi sganciò il caricatore per notarne i proiettili. – Aveva mille motivi per farti fuori, ma non l'ha fatto.»

«Fortuna nella sfortuna...» mugugnò, staccandosi dal tavolo per accostarsi a lui.

«Te la senti di raggiungere l'ufficio? Senza occhiali riuscirai a fare qualcosa?» Morrison l'osservò preoccupato; non era messo benissimo in faccia. Quei lividi erano peggio dei pugni ricevuti in precedenza.

«Ce la faccio. So già quello che devo fare e come comportarmi: conosco il sistema.»

«Uh...Uh...Su questo ti credo.» ironizzò l'altro, proseguendo verso l'uscita.

I due uscirono dalla stanza. Un lungo corridoio li accolse, abbellito da un lusso che il ragazzo aveva già visto in tutti i piani che aveva analizzato con la visuale delle telecamere; c'erano porte di uffici, sale conferenza e stampa da entrambi i lati. Alcune erano aperte, altre invece chiuse. I muri non erano del tutto coperti; vi erano ampie vetrate che impedivano agli interni di risultare sconosciuti e inesplorati. Dave camminava in avanti, un braccio di poco indietro per dire implicitamente a Noah di non esporsi troppo; non aveva gli occhiali, perciò non poteva dargli indicazioni sbagliate e farlo correre alla cieca. Da quello che gli aveva detto, presuppose che sapesse a memoria come fossero suddivisi e realizzati gli ambienti; era dotato di un'eccellente memoria fotografica, forse proprio per colmare il vuoto degli occhiali – se in passato gli si erano rotti ed era rimasto senza per un periodo di tempo indeterminato – o forse perché nella programmazione era in grado di immaginare l'oggetto da analizzare e sviscerare per poi riscriverlo sotto forma di codice passo dopo passo.
Accovacciati e accorti, proseguirono per arrivare all'incrocio che avrebbe detto loro in che piano fossero; le stanze erano sospettosamente vuote, l'aria piatta e immobile.
Dave sollevò impercettibilmente gli occhi per incontrarsi con una videocamera; era rivolta verso di loro. Non disse a Noah di rallentare, né di camminare lungo i bordi per essere invisibile alla loro visuale. Doveva solo aprire la strada al ragazzo per recuperare le informazioni mancanti e andare via tutti interi; nel farlo, avrebbe eliminato chiunque gli si fosse presentato davanti.
Se avessero fallito, avrebbero dovuto ricominciare tutto daccapo.
Non potevano perdere una simile chance.
Avrebbero recuperato i file mancanti, sarebbero tornati a casa e, con tutto ciò che avrebbero ottenuto, avrebbero avuto la strada spianata per chiudere la SIH e porla sotto il controllo federale, Y nella merda da non poter più nascondersi sotto false identità.
Entrambi scoccarono un'occhiata torva e intimidatoria all'obiettivo della camera, camminando lungo il corridoio con nonchalance. Stava a Y mostrarsi a loro; a differenza sua, non avevano nulla da nascondere.
Giunsero all'incrocio; proprio di fronte a loro di palesò una targhetta con l'indicazione dell'ufficio del Direttore. La seguirono, fino a quando non arrivarono al lato della portineria, accanto alle famose scale antiincendio. Erano al ventiquattresimo piano. Li avevano portati fin lassù dopo che erano stati sedati.

«Ci vogliono impedire di scappare.» affermò Noah, sbattendo le palpebre un paio di volte per ottenere una nitidezza che si rifiutava di aiutarlo.

«Così pare... Ma mi sembra tutto troppo tranquillo.» osservò Dave, guardandosi intorno.

L'unico rumore che si udiva in quella hall vuota e riverberante era lo scorrere imperterrito dell'acqua della fontana centrale, fuso con quello della pioggia che batteva con intensità incessante sulla cupola in vetro del lucernario; le nuvole si erano fatte più nere, la giornata uggiosa aveva incrementato il buio della sala, illuminata dai lampadari come se fosse pomeriggio inoltrato, quasi sera. La quiete che aleggiava in un piano precedentemente affollato aveva innescato negli animi dei due agenti un'allerta vigile. Con quel poco di vista che Noah aveva a disposizione, non percepì movimenti che avrebbero potuto fargli distinguere esseri umani dalle cose, mentre Dave, con la canna della pistola puntata ovunque si posassero i suoi occhi, non scorse nulla di sospetto aggirarsi tra i corridoi del piano inferiore, rispetto a quello superiore dove risiedeva l'ufficio del Direttore.

«Sembra essere libero.» riferì, proseguendo verso la scalinata del lato destro.

Noah si massaggiò l'incavo degli occhi con l'indice e il pollice, pulendosi nuovamente il naso quando un rivolo di sangue tentò di colargli sino alle labbra. «Non mi fiderò mai di tutta questa calma, ma sono costretto per cause di forze maggiori a farlo.»

«Suvvia, qualunque cosa accada, ti avviserò.» Dave scoccò un'occhiata di sbieco alle sue spalle, facendo un passo indietro quando spiccò il suo prolabio sporco di sangue.

La tentazione di afferrargli il polso per aiutarlo a salire le scale fu forte, ma si contenne non appena Noah stesso posò la mano sul corrimano per guidare i suoi passi a non tradirlo a causa della poca vista. Quanto gli mancava? Se non sbagliava erano quattro gradi per occhio, il che era davvero tanto per uno della sua età. Non ci voleva un genio per giungere alla conclusione che erano stati i fottuti videogiochi a rovinargli la vista; se poi si era anche affascinato al mondo della programmazione, tra computer e televisione non sapeva quale fosse peggio. Non aveva mai pensato di operarsi?
Arrivarono in cima. Mancava davvero poco per ritornare all'ufficio del Direttore. L'intera azienda era stata sgombrata, ad eccezione degli uomini di Y che si aggiravano per il plesso tramite quei passaggi segreti che erano rimasti celati alla piantina che avevano scaricato.

«La serratura dell'ufficio è stata rotta dai miei proiettili. Perciò-»

Una sagoma apparve alla sua destra.
Dave avrebbe dovuto alzare la pistola, ma il suo istinto lo fece muovere in tutt'altro modo; spinse Noah contro la ringhiera, il quale ci si aggrappò per non cadere oltre essa. Il nemico gli deviò la traiettoria del polso, quando la canna dell'arma si fermò su di lui. Esplose un colpo che lo mancò. Allora Dave roteò il braccio per dimenarsi da quella mossa per spararne un secondo, ma l'uomo usufruì dell'altra mano per bloccarlo di nuovo; il proiettile, questa volta, si conficcò sul pavimento. Rimasero immobili. Morrison volle dimenarsi dalla presa sul polso, ma qualcosa non andava. Il suo braccio non si muoveva; le dita che gli avevano circondato l'arto erano talmente irremovibili e solide, che la sua mano vibrò in risposta, soppressa da una pressione impossibile da sciogliere. Dalla mascella intirizzita, sollevò le iridi color nocciola, scombussolate e interdette, per incrociarsi con il suo avversario.
Due occhi azzurri, freddi come l'universo, stoici come un pilastro indistruttibile alle intemperie della vita, lo scrutarono interessati, bramosi di voler vedere fino a che punto si sarebbe spinto. Anche lui stava indossando un passamontagna, ma con quel poco di pelle che fu in grado di scrutare dai fori in coincidenza degli occhi, intravide delle grinze che non avevano nulla a che vedere con le rughe d'espressione o d'età avanzata. In camicia e pantalone, stava aspettando che fosse lui a fare la prima mossa, a differenza degli altri nemici con cui aveva avuto a che fare. Dave sentì una goccia di sudore rigargli lo zigomo marmoreo, una tensione sulle spalle stava convergendo nello stomaco. L'espressione si fece più confusa, esitante. Perché stava provando tali sentimenti in un momento come questo? Che cos'era quella sensazione di... timore che gli stava martellando il cervello?
Non poteva permettersi di tentennare proprio adesso.
Si morse l'interno della guancia, come a volersi ridestare da quell'attimo di pausa inaccettabile. Essendo libera, mosse la mano sinistra per recuperare la pistola e ribaltare la situazione. Eppure parve che al suo nemico non piacque una simile scelta; anche la sua mano si spostò sulla sua, ghermendola con una veemenza tale che Dave venne colto da un'incredulità lampante che gli fece abbassare la guardia. Il suo gomito venne piegato forzatamente per invertire la mira dell'arma. La canna si girò verso il suo petto. Con uno strattone impetuoso, mutò la direzione e, quando la sua mano venne pressata dalle dita nemiche, il proiettile che esplose gli sfiorò la spalla sinistra. Dave guardò attonito la ferita, poi l'arma.
Di nuovo partì un altro colpo, il quale si conficcò contro la ringhiera in vetro su cui era appoggiato Noah. Alle sue vibrazioni, questi si scostò velocemente, cadendo a terra quando non vide il cestino dell'immondizia. Carponi, si strinse nelle spalle, sentendosi un fottuto idiota; senza i suoi dannati occhiali non vedeva niente, solo figure che danzavano davanti al suo campo visivo, immagini che diventavano un tutt'uno con l'ambiente. Assottigliò gli occhi col fine di agevolare la sua ricerca, ma una fitta alla testa glieli fece serrare di netto. Sbatté un pugno contro il parquet, in preda alla rabbia. Questa condizione gli dava sui nervi; non aveva neanche lo zaino per usufruire del paio di riserva che portava sempre con sé.
Ma non sarebbe stato questo ad impedirgli di muovere il culo.
Si mise su in ginocchio, la mano sul viso per portare indietro i ciuffi unti, ed osservò la scena.
C'era una seconda persona, lo aveva compreso, ma tutti quei colpi che Dave stava sparando erano ignoti per lui. Quattro colpi non erano riusciti a far fuori il suo avversario? Chi diavolo si era ritrovato davanti per riscontrare una simile difficoltà? Una domanda che venne spazzata via quando il suo respiro si bloccò a livello della gola. Quell'agglomerato confuso, dalla quale ebbe la facoltà di riconoscere Dave dalla nuca bionda e il vestiario corvino, mentre nell'altro spiccò un certo tono in bianco, si raggomitolò su sé stesso e a mano a mano sparì dalla sua vista. Solo con una serie di tonfi ripetuti, Noah realizzò che i due stavano rotolando giù dalle scale. Tornò in piedi del tutto e si sporse oltre la ringhiera; i due scesero fino alla hall principale. Il nemico, tuttavia, era sopra il corpo di Dave, e lo stava spingendo contro il pavimento per rubargli la pistola. Oppure per... Noah spalancò le iridi grigie.

«Sposta la testa!» urlò, afferrando il corrimano per sporgersi in avanti ed iniziare a scendere le scale con frenesia, facendo attenzione a dove metteva i piedi. Fanculo gli occhiali: non erano importanti, poteva vedere.

Dave udì quell'ordine e lo seguì alla lettera. Non potendo recuperare l'autonomia della sua mano, usufruì di quella che aveva del suo corpo per evitare che un proiettile gli si conficcasse nel cranio. Il colpo gli sfiorò l'orecchio, provocando un fischio prolungato che gli inibì il timpano destro. Strinse gli occhi, opponendo resistenza alla presa sull'arma. Il nemico non ne volle sapere di lasciarlo in pace. Sparò di nuovo, anche se sapeva che lo avrebbe mancato. Ma ciò inveì contro il suo orecchio ancora una volta.

«Argh! Basta!» tuonò, allentando la presa sull'arma.

Rimase nelle mani dell'avversario, il quale lo stupì.
Tirò il carrello per far uscire il proiettile in canna, dopodiché tolse il caricatore e lanciò le due parti lontane. Con le mani libere, si indicò, facendogli poi cenno di affrontarlo a mani nude.
Dave, dal fiatone ansante, gli rivolse un'occhiata torva e stizzita quanto confusa.
Era un uomo di Y? Uno dei suoi più fedeli?
I suoi pensieri rimasero inconclusi.
Un pugno violento lo costrinse a voltare la testa dall'altro lato. Sgranò gli occhi quando gliene arrivò un altro in coincidenza del petto, quasi a bloccargli l'aria nei polmoni. Da dove proveniva quella forza? Quell'uomo non era come tutti gli altri. Dalla corporatura, sembrava abbastanza palestrato, agli stessi livelli di un soldato; la camicia arrotolata ai livelli degli avambracci gli stava attillata, quasi a strapparsi da un momento all'altro. Era un tizio che sapeva il fatto suo, ma non si sarebbe fatto sopraffare. Non era da lui. Parò un terzo colpo con l'avambraccio, mentre con l'altro gli scaricò un pugno dal basso e le nocche collisero in pieno con il mento dell'avversario, il quale grugnì dal dolore. Scostò via l'avambraccio per caricarne un secondo sulla sua sinistra, facendo sbilanciare il nemico sopra di lui. A differenza degli altri uomini con cui aveva avuto a che fare, questo non mostrò alcun sintomo di cedimento, anzi, si riprese talmente in fretta che Dave dovette batterlo in riflessi e velocità. Schivò le nocche che gli sfiorarono di poco il naso dai toni rossastri e si focalizzò sul fianco del nemico, colpendolo più volte per togliere il corpo da sopra il suo. Si ancorò alla camicia e con una spinta vigorosa invertì le posizioni per ritrovarsi sopra di lui. Un calcio sul ginocchio gli fece curvare la schiena dalla sofferenza, ma questo non gli vietò di afferrare il passamontagna per sfilarlo con malagrazia via dalla testa.
Dave si spense di colpo.
Davanti a lui vide i volti di Nicholas, di Trevor, di Kevin. Quei volti che erano stati bruciati, sfregiati da qualcuno che, adesso, aveva perfettamente chiaro nella mente. Nelle sue orecchie, lo stridio causato dai colpi di pistola era stato totalmente sostituito dal vuoto, dalla stasi. Era stato lui a trascinare via il corpo di Nicholas sull'elicottero dopo che era stato tirato fuori dall'acqua all'esplosione. Era stato lui a premere il grilletto quando quel ragazzo lo aveva implorato, supplicato, di essere risparmiato.
Era stato lui ad abbassare la guardia.
Com'era possibile?
Com'è possibile...?
Ripeteva la sua testa.
Credeva di...Credeva di averlo ucciso.
Invece era lì.
Lui era lì.
Quegli occhi azzurri si rilassarono in un viso sfacciato, compatendolo per quella paralisi che si stava godendo con tutto sé stesso, col cuore di pietra che era stato pugnalato più e più volte da chi gli era sopra. Tuttavia sorrise. Gli sorrise con un ghigno soddisfatto e addirittura amichevole. Nonostante il volto contaminato da una scottatura che gli aveva preso metà della faccia, dalla tempia al naso in maniera trasversale, aveva dei tratti del viso rigidi, poco squadrati, adulti per l'età che corrispondeva perfettamente a quella di Dave, e delle labbra sottili. Dai capelli neri, poco lunghi, ma abbastanza da essere portati all'indietro per far penzolare in avanti qualche ciuffo liscio, la mascella era libera dalla barba, una carnagione pallida, ma rosata, tipica delle zone del Nord Europa.
Noah, nel frattempo, aveva sceso le scale e raggiunto col fiatone i corpi dei due uomini nel momento esatto in cui il passamontagna era stato totalmente tolto per rivelare il volto del nemico. Sebbene non vedesse bene, risaltò simile ad un faro in mezzo alla nebbia l'espressione che aveva tinto improvvisamente il volto di Dave. Era diventato pericolosamente pallido, dagli occhi scuri aperti da mostrare più sclera del dovuto. Con il braccio sospeso a mezz'aria, il passamontagna penzolante con la poca solerzia che gli era rimasta in corpo, pareva aver smesso di respirare, seppur le labbra fossero semiaperte. Per un attimo sentì una sensazione estranea invadere il suo cervello, una sorta di allarme che gli indicasse che la situazione stava degenerando e che avrebbe potuto cambiare le sorti di quell'operazione, la quale aveva raggiunto un punto critico. La guancia dal naso ammaccato aveva smesso di pulsare, poiché il cuore aveva subìto un salto che aveva mutato la sua frequenza. Aguzzò la vista, analizzando per bene l'aspetto dell'uomo che aveva paralizzato il soldato in quel modo.
Non lo aveva visto da nessuna parte, eppure sembrava che i due...
Notò il diretto interessato inclinare la testa di lato con una dolcezza instabile, come a volersi assicurare che anche lui fosse presente, dopodiché l'accento russo, marcato e profondo, fece la sua comparsa:

«Ehilà, Morrison. Felice di rivedermi?»

Seppur a distanza di anni, Dave non poté non riconoscerlo.

«Dimitri...» sospirò con voce spezzata dallo shock.

Noah sbiancò, facendo qualche passo indietro, a quella riunione inesplicabile.

«Cosa...?»

________________________________________________________________________________

Angolo autrice:

Bhe. Bhe. Bhe. Bhe. 
Questo è il mio anticipato regalo di Natale, ehehehehe!
Con questo capitolo, vi lascio così...Con questa rivelazione shock nel finale!
Adesso la domanda sorge spontanea, no? 
Chi è Dimitri? E perché Dave sembra conoscerlo? 
Al prossimo sabato!

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