OPERAZIONE Y

By DarkRafflesia

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Dave Morrison, Capitano del Navy SEAL, è un uomo determinato, autorevole, ma sconsiderato e fiscale. Noah Fin... More

⭐RICONOSCIMENTI
Presentazione
Cast
Dedica
Prologo
PARTE PRIMA
Capitolo 1: Bravo (Parte 1)
Capitolo 1: Bravo (Parte 2)
Capitolo 2: Coinquilini
Capitolo 3: Demoni del passato
Capitolo 4: Una semplice giornata di lavoro
Capitolo 5: Insieme
Capitolo 6: Prima Tappa
Capitolo 7: Presenza
Capitolo 8: Sconosciuto
Capitolo 9: Ricordi bruciati
Capitolo 10: Il prossimo
Capitolo 11: Vacanza (Parte 1)
Capitolo 12: Dolore lontano
Capitolo 13: Turbolenze
Capitolo 14: Scontro
Capitolo 15: Notizia
Capitolo 16: Lettere reali
Capitolo 17: Firmato...
Capitolo 18: Sui tetti
Capitolo 19: In mezzo alla folla...
Capitolo 20: Rientro
PARTE SECONDA
Capitolo 21: Adunata
Capitolo 22: Sorpresa?
Capitolo 23: Toc-Toc
Capitolo 24: Legami scomodi
Capitolo 25: Nuovi ospiti
Capitolo 26: La spia
Capitolo 27: Tocca a me
Capitolo 28: Il mondo continua a girare
Capitolo 29: Prurito ed ematomi
Capitolo 30: Fede
Capitolo 31: Rimorsi
Capitolo 32: Torna a letto
Capitolo 33: Fiamme
Capitolo 34: Scuse e incertezze
Capitolo 35: Analista per caso
Capitolo 36: Non puoi dimenticare
Capitolo 37: Bersagli
Capitolo 38: Ostacoli
Capitolo 39: Ho trovato Jake e...
Capitolo 40: La bomba
Capitolo 41: Shakalaka
PARTE TERZA
Capitolo 42: Scampagnata
Capitolo 43: Pausa?
Capitolo 44: Nuove conoscenze
Capitolo 45: Mercato finanziario
Capitolo 46: Linea
Capitolo 47: Safe International Hawk
Capitolo 48: Fregati
Capitolo 49: In trappola
Capitolo 50: Dimitri Malokov
Capitolo 51: Rancore
Capitolo 52: Portare via tutto
Capitolo 53: Insofferenza
Capitolo 54: Colpe
Capitolo 55: Operazione Y
Capitolo 56: Amicizia
Capitolo 57: Risposta inaspettata
Capitolo 58: Rivelazione
Capitolo 59: Con onore
Capitolo 60: Rottura
Capitolo 61: Solitudine
PARTE QUARTA
Dimitri Malokov & Iari Staniv
Capitolo 62: Egoismo
Capitolo 63: Apnea
Capitolo 64: Il prezzo da pagare
Capitolo 65: Anonimato
Capitolo 66: Saluto
Capitolo 67: Benvenuto nella squadra
Capitolo 68: Giuramento
Capitolo 69: Decisione
Capitolo 70: L'impegno che non serve
Capitolo 71: Lontanamente vicini
Capitolo 72: Vecchie amicizie
Capitolo 73: Vigilia
Capitolo 74: L'inizio
Capitolo 75: Le squadre
Capitolo 76: Patente?
Capitolo 77: La tana del lupo
Capitolo 78: Boom...
Capitolo 79: Maledetta emotività
Capitolo 80: Svantaggio?
Capitolo 81: Iari Staniv
Capitolo 82: Luccichio
Capitolo 83: La pace
Capitolo 84: Caduti
Capitolo 85: Respirare

Capitolo 11: Vacanza (Parte 2)

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By DarkRafflesia


Noah parcheggiò all'altro lato della strada, poiché quella principale era colma di vetture della polizia e dall'ambulanza. Che bel modo di non richiamare l'attenzione del vicinato. Pensò, indossando il cappuccio mentre attraversava la strada; adocchiò la vettura di Dave, sollevando un sopracciglio. Quando si presentò all'entrata dell'hotel non lo vollero far passare. Non gli piaceva farlo, ma fu costretto a tirare fuori il distintivo della CIA che portava nel portafoglio per guadagnarsi il permesso di poter varcare le porte di un lusso a cui lui non era abituato; sebbene la quantità esorbitante di soldi che aveva sul conto, non aveva mai avuto la brillante idea di prendersi una vacanza di lusso dove poter godere di tutti i privilegi che un comune ragazzo della sua età avrebbe sì e no visto da lontano. Non gli interessavano e preferiva spendere i suoi soldi in tutt'altro. Mani in tasca e sguardo chino, si incontrò con la figura di Dave Morrison, davanti all'ascensore, a compiere una chiacchierata con un agente di polizia. Vi erano ancora persone che stavano abbandonando la struttura per isolare il luogo dai civili e intraprendere le indagini; da come si stavano muovendo tutti, in fretta e in furia, travolti dal dinamismo di chi stava lavorando in maniera del tutto improvvisata, intuì che l'omicidio era avvenuto da poco, molto poco. Eppure perché nessuno era stato in grado di fermare il secondo assassino prima che uccidesse Gonzales e andasse via? I camerieri e i presenti non erano stati testimoni dell'avvenimento? Sembrava che li stessero portando via, privandoli di un interrogatorio, come se fossero ignari. Annullò le distanze con il soldato, il quale si accorse della sua presenza con la coda dell'occhio.

«Oh, eccoti qua. Ti stavo aspettando prima di salire sull'attico.» esordì, il tono abbastanza nervoso e impaziente.

«Ho fatto più in fretta che potevo. Non abitiamo di certo a due passi da Downtown da arrivarci in soli dieci minuti.» si giustificò Noah, il tono basso e appena udibile.

«Lo so. Non preoccuparti. – disse distrattamente Dave, gli occhi sull'ascensore – Andiamo, muoviamoci. La squadra di investigatori non vuole toccare la scena per lasciare fare a noi.»

Noah annuì, seguendolo dentro le porte scorrevoli. Il soldato premette il pulsante, avviando la salita.

«Cosa ti hanno detto?» il ragazzo osservò i numeri illuminarsi ad ogni piano raggiunto: l'attico era situato al ventesimo.

«Un signore del palazzo accanto era affacciato per prendere una boccata d'aria, al balcone del suo appartamento.» Dave si strofinava le mani in continuazione, travolto da una valanga di pensieri. «Ha visto un uomo alzarsi in piedi, tirare fuori una pistola e sparare a quello che in teoria sarebbe dovuto essere Gonzales. Ha subito chiamato la polizia. Quando hanno riconosciuto il volto della vittima, hanno contattato l'ispettore Wright, il quale mi ha contattato a sua volta. Non so nient'altro.»

Noah corrugò la fronte. «Un uomo che uccide Gonzales...subito dopo che noi scopriamo dove si trova.»

«We got caught

«You got caught.»

Dave si voltò verso di lui. «Io? Se non sbaglio siamo andati insieme a raccogliere informazioni.»

«E chi è andato al nascondiglio? Io non di certo.» ribatté annoiato il giovane, sollevando il mento con aria arrogante.

Adesso i due erano faccia a faccia ad affrontarsi.

«La zona era libera. Non c'era nessuno nei paraggi.»

«Non credo che chi abbia voglia di pedinarti o di tenere sott'occhio un magazzino precedentemente abitato da un mercenario si faccia vedere apertamente per accoglierti con un sorriso.»

«Cristo Santo, Noah! Vuoi buttarmi addosso il peso della responsabilità solo perché non sei venuto con me? – Dave scrollò la testa, esasperato. – Il caso è di entrambi, ficcatelo bene in testa: se sbaglia uno, sbaglia anche l'altro.»

«Io non mi farò prendere per incompetente solo perché lavoro a fianco di un completo idiota che ha fatto irruzione in un cazzo di nascondiglio perché con la mente fissa sull'obbiettivo. – Noah alzò un po' il tono di voce, serrando i pugni dalla stizza – Stavo per dirti che molto probabilmente Gonzales era scappato, ma mi hai chiuso la comunicazione in faccia, convinto di poter fare il paladino della giustizia.» replicò con un sarcasmo irritante.

«Avevo già i miei sospetti sul non trovarlo lì, ma questo non poteva impedirmi di tornare indietro. Le foto trovate nella spazzatura sono importanti.» sibilò Dave, puntando il dito verso il basso per sottolineare l'importanza delle sue parole.

«Ho capito che c'è qualcuno dietro tutto questo anche senza quelle stramaledette foto.»

«Era solo una supposizione che poi si è rivelata vera, con le foto.»

«Certo. Quindi hai voluto assicurarti che la supposizione fosse vera, portando Gonzales alla morte. Adesso non potremo mai interrogarlo per capire chi lo abbia assoldato.» evidenziò Noah.

«Troveremo un modo per andare avanti in qualunque caso. Non m'importa.» replicò determinato il soldato.

La diatriba avrebbe potuto protrarsi per le lunghe, ma l'ascensore aveva deciso di interromperli con il suono indicante l'arrivo al piano scelto; Noah, non appena udì il tintinnio, serrò la bocca, folgorando con il solo sguardo chi aveva di fronte, stizzito quanto lui. Dopodiché si voltarono entrambi verso le porte, come se non avessero mai parlato. Era snervante. Girare attorno a quel maledetto argomento non avrebbe risolto magicamente le cose, lo sapeva, ma quanto odiava avere a che fare con quel soldato da quattro soldi era impossibile da quantificare; che almeno ammettesse di aver sbagliato, anziché ribadire di essere una squadra e di avere entrambi lo stesso peso della responsabilità. Si era impuntato sui gemelli Spencer da non guardare in faccia nessuno; erano stati suoi commilitoni, ok, ma la rabbia che stava manifestando ogni qual volta avevano compiuto un passo avanti era strana. In quell'anno aveva impresso ben chiaro l'atteggiamento disciplinato e onorevole di Dave. Che fosse determinato ad andare avanti, non aveva bisogno di sentirselo dire; anche lui non si sarebbe arreso, ma erano con le spalle al muro. Avevano perso Gonzales, maledizione. Per una giornata intera si erano fatti il culo per ottenere il più in fretta possibile le informazioni che li avrebbero condotti da Barney e quelle stesse informazioni erano tramutate in polvere. Avrebbero dovuto aspettarselo che non era solo, che il mandante lo avrebbe tenuto d'occhio in ogni sua singola azione per assicurarsi che il lavoro venisse compiuto alla perfezione. L'essere stato smascherato lo aveva reso una chiave fondamentale che li avrebbe condotti al nucleo centrale, dalla mente dalla quale era partita una tale iniziativa empia. Se quest'ultima aveva scoperto che la CIA si era messa in moto, avrebbe aumentato la discrezione e la sicurezza; ottenere qualcosa, d'ora in poi, sarebbe stato una faticaccia. Sbarazzarsi di lui li aveva bloccati in un ulteriore vicolo cieco, e Noah non lo tollerava; sembrava che l'uscita da quel labirinto fosse sempre più vicina al colpevole, eppure pareva che chi vi fosse dietro tutto questo gioco sapesse il fatto suo, il che restringeva ancora di più la lista dei potenziali criminali. Le porte si aprirono, rivelando il ristorante sull'attico, transennato lungo un percorso che dava ad una zona bloccata da un separé. Vi erano degli investigatori che stavano fotografando la scena, altri che stavano parlando con i camerieri e il personale addetto al locale, inorridito e impressionato da quello che era successo. Il capo della squadra, James Bell, li accolse con formalità e garbo.

«Lei deve essere il Capitano Morrison, dico bene?» domandò, porgendogli la mano.

«Proprio io, agente Bell. I suoi uomini mi hanno spiegato parte della testimonianza di chi vi ha chiamati.» Dave gliela strinse di rimando, serioso.

James incrociò le mani davanti al petto, facendo una smorfia. «Purtroppo non siamo riusciti ad ottenere altre informazioni: i clienti sostengono di non aver sentito e visto nulla. Il personale ha ammesso che il lavoro era stato talmente immersivo da ignorare che dietro il separé fosse avvenuto un omicidio. – incominciò a camminare lungo il piccolo sentiero, facendo cenno ai due agenti di seguirlo. – Pare che l'assassino abbia scelto quel tavolo proprio per non essere visto.»

Dave intirizzì la mascella. Paradossalmente, commettere un omicidio in un luogo affollato risultava più semplice che commetterne uno in una zona disabitata. Focalizzarsi sull'osservarsi attorno per non dare nell'occhio poteva distrarre dal perno fondamentale del piano organizzato per compiere il reato; invece, avere la sicurezza che i presenti fossero immersi in tutt'altro, come la cena, il lavoro o uno spettacolo, poteva essere l'occasione imperdibile per colpire e andare via. Proprio come un mago fuorvia il pubblico a guardare dove vuole lui per fare in modo che le manette possano aprirsi con un trucco che non ha nulla a che vedere con la magia, l'assassino approfitta della distrazione delle persone per eliminare il suo bersaglio. L'unico che in quel momento non era distratto in qualche operazione, tuttavia, era il povero civile al balcone che aveva voluto banalmente prendersi una boccata d'aria a causa del caldo estivo. I migliori omicidi, i quali avevano segnato la storia, erano avvenuti in momenti di furore collettivo, eventi o manifestazioni che avevano visto come protagonisti le vittime, e il pubblico era stato esattamente lo spettatore di quel teatro dal colpevole ignoto.

«Non abbiamo toccato nulla. La scena è rimasta invariata in attesa del vostro arrivo: ha la mia parola.» James afferrò con i guanti il separé e lo spostò per aprire la via.

Quando le iridi grigie di Noah si sollevarono dal pavimento per guardare al di là del mobile, il suo naso si arricciò inorridito, costringendosi a portare la mano davanti alle labbra e a distogliere per un battito di ciglio lo sguardo da quello che si rivelò essere il cadavere di Barney Gonzales, seduto – per non dire spalmato – sulla sedia sulla quale era morto, testa rovesciata all'indietro, occhi spalancati, vacui a fissare il cielo, e petto decorato da quattro fori di proiettile, sporco di sangue fresco. Schiuse le palpebre, cacciando via la nausea che il suo stomaco provò per quel breve istane; non aveva mai visto un cadavere in tutta la sua vita. Quella fu la prima volta che i suoi occhi ebbero l'onore di incontrare un essere umano privato dalla vita in maniera atroce; oltre alle foto dei gemelli Spencer, non aveva mai vissuto in prima persona il ritrovamento di una vittima. Fece qualche passo in avanti, recuperando le distanze con Dave e l'agente Bell; la pelle di Gonzales era diventata pallida e smorta, le labbra cianotiche, sporche da un rosso quasi raffermo, più scuro del normale. Gli occhi vuoti erano la parte peggiore; il colore era diventato opaco, e avevano perso qualsiasi traccia di vitalità. Dave si era avvicinato molto al corpo, come se non fosse affatto impressionato. Che domande: quell'energumeno era un soldato. Uccideva terroristi e criminali all'ordine del giorno da arrivare a diventare insensibile; doveva farci il callo, era il suo mestiere, e lui avrebbe dovuto fare lo stesso. Lo vide analizzare i fori di proiettile, come se avesse potuto trovare qualcosa di rilevanti in essi.

«È stato sparato a neanche un metro di distanza. – affermò, mettendosi alle spalle di Gonzales per analizzare la sedia. – Infatti, anche se i colpi sono stati silenziati, hanno quasi oltrepassato del tutto il corpo.» notò delle tracce di sangue ungere il retro della felpa. «Un po' violento il colpevole, sebbene uno dei proiettili gli abbia preso il cuore.»

Noah ascoltò il suo ragionamento, imbambolato. Non era in grado di distrarsi quando si trovava a pochi centimetri da un fottuto cadavere. Eppure non poté che seguirlo con attenzione, specialmente quando azzeccò la distanza dei colpi adocchiando semplicemente i fori in petto.

«Il testimone ha affermato di aver visto i due in piedi, Barney Gonzales e il presunto assassino; da lontano ha solo notato che indossava un completo blu e i guanti. E ha intravisto qualcosa simile ad una valigetta. Poi ha teso la pistola, ha sparato ed è andato via.» raccontò Bell, ricostruendo la situazione. «I camerieri hanno visto il cadavere quasi contemporaneamente a lui, nel momento in cui avrebbero dovuto ritirare il piatto che avevano servito all'assassino.»

Dave si portò una mano sul mento, accarezzandosi la mascella. «Indossava i guanti, quindi niente impronte digitali.»

«Esatto. Con i neon non abbiamo rilevato tracce.»

«Va bene. Può andare. Ci pensiamo noi.»

James annuì e si allontanò, ordinando ai suoi uomini di lasciare lo spazio fino a quando non avrebbero ricevuto delle nuove direttive su come agire, sul ripulire la scena e portare il cadavere a fare un'autopsia. Dave si avviò attorno al tavolo, cercando di ricostruire al meglio quanto successo.

«Una valigetta? – domandò Noah, perplesso – Quei due stavano per concludere un accordo.» disse, lo sguardo sulla sedia vuota, poi su quella dove vi era Gonzales; la puzza di sangue era molto forte, senza alcun odore pungente di alcol che la nascondesse.

«Mi hai tolto le parole di bocca. Il mandante deve avergli promesso dei soldi per uccidere i gemelli. Si erano riuniti per mantenere i patti.» proseguì Dave.

«Ma a quanto pare gli sarà giunta la notizia che Gonzales è stato scoperto e che la sua copertura è saltata.»

«Quindi niente soldi e...morte immediata.»

Noah camminò oltre il tavolo, saltando il piccolo torrente per appoggiare le mani sui bordi in vetro dell'attico. Adocchiò il palazzo di chi aveva osservato erroneamente la scena e fu certo che da quella distanza era impossibile distinguere nitidamente le figure per creare un identikit che potesse fornirgli un accenno di fisionomia dell'assassino. Dave lo raggiunse, appoggiandosi con i gomiti sulla ringhiera per fronteggiare il tavolo.

«Deve essere una persona di rilievo, di un certo ceto sociale, per permettersi l'evasione di un mercenario dalla ottima reputazione e un sacco di soldi da consegnargli a lavoro finito.» proseguì «Sembra che abbiamo a che fare con un uomo d'affari.»

«Americano?»

«Può essere. Bisogna godere di un grande potere per cambiare l'identità di un ricercato e farlo entrare negli Stati Uniti, superando i controlli. Molti usano il Messico come escamotage per passare i confini più facilmente.» spiegò Dave, le iridi color nocciola che guizzavano da ogni parte in cerca di indizi. «Videocamere?»

Noah espirò esasperato, abbassando le spalle. «Sto incominciando a stufarmi di controllare solo e soltanto videocamere. È un lavoro che potresti fare anche tu: non c'è niente da violare quando i proprietari ti concedono liberamente di usarle.»

«Non sono stato io colui che ha riconosciuto Gonzales, né colui che ha reso le immagini più nitide per una corretta analisi.» Dave ghignò, incrociando le braccia davanti al petto. «Forza, muovi quelle gambine smilze che ti ritrovi.»

Il ragazzo si staccò dai bordi, sbuffando. «Che palle.»

Ritornò in ascensore, senza guardare in faccia nessuno per il troppo nervosismo. Nell'attico non vi erano videocamere, di questo ne era perfettamente sicuro; aveva esaminato la zona da cima a fondo e non aveva visto nulla che assomigliasse ad una di esse. Significava che l'uomo d'affari aveva scelto un locale sprovvisto per potersi muovere liberamente, eppure non poteva nascondersi da quelle alla reception o da quella all'interno dell'ascensore stesso. Sì. Quella che Noah stava fissando assiduamente con uno sguardo torvo. Il piede batteva imperterrito sul parquet, in attesa di arrivare nuovamente al piano terra; gli era stato detto che la sala delle videocamere era situata al piano terra, vicino al magazzino. La tipica zona riservata al personale da non dover varcare. Dave avrebbe voluto che fosse più efficace e responsivo alle indagini, ma come poteva essere efficiente se gli lasciava solo ed esclusivamente violare videocamere? Per questa volta avrebbe chiuso un occhio, ma alla prossima avrebbe mollato tutto e si sarebbe fatto sostituire da Timothy. Uscì dall'ascensore e si diresse proprio lì, in quella porta munita di divieto d'accesso. Era stata svuotata, affinché tutti i dipendenti venissero interrogati. Si era risparmiato la fatica di dover uscire il distintivo e di dover parlare con qualcuno per invitarlo cordialmente ad uscire per farlo lavorare in pace. Due sedie vuote ed una sessantina di schermi adibivano lo stanzino poco ventilato, dotato di un piccolissimo ventilatore. Noah non ci pensò due volte a sedersi proprio davanti ad esso, incominciando a smanettare con i comandi delle registrazioni. Le videocamere catturavano ogni cosa in tempo reale e memorizzavano gradualmente ogni secondo su un hard disk; nonostante avesse il portatile, non ne aveva bisogno. Usufruì del pc dell'hotel per controllare quello che avevano ripreso le videocamere. Riavvolse dal presunto arrivo di Gonzales, le venti, successivamente premette invio ed aumentò la velocità, notando l'orario avanzare velocemente. Curvò la schiena in avanti, facendo vibrare la gamba per mezzo della punta del piede.
Tuttavia Gonzales non compariva. Non solo Gonzales, ma anche l'uomo che avrebbe dovuto prendere quell'ascensore per poter raggiungere il ristorante. Le sopracciglia di Noah si sollevarono lentamente. Le persone fluivano sullo schermo come se niente fosse. Eppure non vi erano inquadrature che rivelassero la presenza dei due protagonisti di quella sera; in nessun ascensore, in nessun atrio, in nessuna scala.
Era come se non fossero mai stati lì. Noah contrasse le dita agganciate ai bordi della scrivania.
Ci fu un salto che ai suoi occhi meticolosi non sfuggì.
Una donna con un abito blu era entrata in ascensore, ma quella stessa donna non era uscita all'arrivo della polizia.
Qualcuno ha cancellato le registrazioni. Realizzò. Ripristinò il sistema per ottenere i file che erano stati eliminati nelle ultime ventiquattro ore; nulla. Neanche una registrazione era stata eliminata. Il cestino era anch'esso vuoto. Non erano wireless, perché non poteva essere stato un problema di connessione di rete. Si inoltrò nel sistema principale che teneva collegate le videocamere le une con le altre; nessuno aveva disattivato da là dentro il loro funzionamento per quelle tre ore. I codici parlavano chiaro; non c'era stato un momento in cui il loro programma aveva smesso di funzionare. Figlio di puttana. Piantò le mani sulla scrivania con un tonfo energico, alzandosi di scatto per uscire da lì e correre verso la reception. Avevano previsto anche questo. Avevano giocato in anticipo per lasciarli a mani vuote ancora una volta. Avevano voluto attirarli lì di proposito, cosicché da passare alla parte successiva del piano, mentre loro si scervellano su supposizioni campate in aria?
Il plurale usato da Noah nelle sue deduzioni non era un caso. Per fare tutto questo non poteva esserci lo zampino di una sola persona. Uomo d'affari o meno, quel tizio aveva assoldato un bel po' di gente che gli parasse il culo.

«Dove cazzo è il pannello elettrico?!» domandò al receptionist, intento a rispondere alle domande di un poliziotto, il fiato ansante per la corsa.

L'uomo trasalì, sussultando dallo spavento. «In una stanza sul retro...accanto al parcheggio sotterraneo.»

«Le chiavi. Adesso.» ordinò Noah, tendendo la mano.

Non appena il mazzo di chiavi si posò sul suo palmo non aspettò altre domande. Corse sul retro. Svoltò l'angolo, scivolando con le scarpe per non sbattere contro il muro per la troppa accelerazione; fece irruzione nella sala della centralina, cercando con gli occhi il quadro inerente alle videocamere. Anche se vi era la sala di controllo, la quantità di videocamere doveva essere tenuta stabile da un ottimo generatore elettrico, dotato di un voltaggio resistente ai sovraccarichi. La videosorveglianza funzionava anche in caso di blackout; si veniva a creare una sorta di cablaggio salvavita che manteneva attive le registrazioni per un paio di ore. E Noah era convinto che qualcuno aveva usufruito di quel pannello, non potendo entrare direttamente nella sala principale. Trovò lo sportello; frenò con le suole, puntellandosi lì. Si inginocchiò ed attivò la torcia del cellulare per controllare la serratura. Non era stata forzata, eppure...Aguzzò la vista, assottigliando gli occhi; c'erano delle piccole incrinature e levigature sulla serratura dove avrebbe dovuto essere inserita l'apposita chiave.

«Qualcuno l'ha scassinata.» disse fra sé e sé, aprendo lo sportello con l'apposita chiave.

Davanti al pannello attaccò il cavo USB, usando il portatile per controllare i codici di archiviazione e di programmazione delle videocamere. Nei computer veniva solamente calcolato il loro collegamento, la funzione e il luogo in cui venivano memorizzate le riprese, mentre in quel cablaggio risiedeva il loro corretto programma, affinché ciò che era stato sopracitato potesse compiersi. Proprio mentre scorreva con il dito sul trackpad lungo le linee di codice, Noah scovò qualcosa di nuovo. Vi era stato un trasferimento. Zoomò, allargando la scritta per leggere le diciture. Avevano immesso un nuovo file. Non c'era stato alcun salto, nessuna cancellazione; chi aveva fatto irruzione nel sistema, aveva furbescamente sovrapposto le registrazioni con delle riprese riciclate dei giorni precedenti per fare in modo che né Gonzales né l'uomo d'affari avessero potuto comparire in esse. Quelle effettive erano state sovrascritte e, quindi, irrecuperabili. Questo lavoro era stato fatto dopo l'omicidio, quando l'uomo era andato via; doveva aver approfittato del caos generale per sostituire le riprese senza che nessuno se ne accorgesse. Scaltro. Aveva presupposto, tuttavia, che l'intelligence non avrebbe mai potuto individuare un simile giochetto; peccato per lui che Noah non era uno sprovveduto hacker. Nulla poteva scappare dai suoi occhi informatici, benché meno delle stupide videocamere di sorveglianza: aveva iniziato la sua carriera violando proprio queste ultime. Eppure quel che è fatto è fatto. Non c'erano prove che potessero rivelare il colpevole. Sospirò dalle narici; ripose tutto quanto e tornò sull'attico da Dave per informarlo.


«Credevo che, impiegando tutto questo tempo, avessi trovato qualcosa.» rispose il soldato, dopo che aveva ascoltato per filo e per segno il racconto del giovane, con una punta di delusione evidente, seppur non riferita all'operato di quest'ultimo. «Invece siamo ancora a mani vuote.»

«Fa sempre bene conoscere meglio con chi abbiamo a che fare, tuttavia. – Noah stava ancora controllando i codici che erano stati immessi nel programma. Aveva copiato tutto nel suo cellulare, leggendoli ripetutamente. – Tramite il tipo di lessico utilizzato nel codice si può classificare bene il tipo di hacker, e questo non lo è. Si tratta di un informatico abbastanza esperto.»

«Qualunque sia il tipo, non esclude che dietro tutti questo ci sia un gruppo di persone che hanno strutturato bene un piano d'azione. Per agire in maniera così impeccabile devono averci ragionato da molto tempo.» ammise senza dubbio Dave, camminando lungo il piccolo torrente che attraversava l'attico. «Agiscono allo stesso livello di un agente sotto copertura.»

«Scherzi? – Noah sollevò lo sguardo dal cellulare, incredulo. – Sono dei traditori?»

«Non ne sono certo, Noah. Ma pensaci bene: avevano dato a Gonzales delle foto personali, possono permettersi l'evasione e una paga proficua per un mercenario alla quale hanno cambiato l'identità, hanno un informatico abile da creare un trucchetto che non preveda l'arresto temporaneo delle videocamere e i passanti hanno visto l'uomo arrivare da una macchina lussuosa dotata di autista. Sai bene quanto guadagnano questo tipo di persone, ne facciamo parte anche noi.»

«Potrebbe essere chiunque: gli Stati Uniti sono colmi di intelligence, non possiamo metterci a seguire ogni fottuto agente fino a trovare il colpevole, ci serve quantomeno una fottuta pista.» ribadì il giovane, posando il cellulare per smuoversi sul posto spazientito.

«Lo so, ma dobbiamo costruire passo dopo passo un'identità.» Dave scoccò un'occhiata al cadavere di Gonzales, circondato dai paramedici. Aveva dato l'ordine di portarlo via: non c'era più niente da fare lì. Strinse i pugni con celata stizza.

«E adesso che si fa? – Noah sbatté energicamente le braccia sui fianchi – Se prima avevamo un nome e un cognome, adesso non abbiamo niente.»

«Non è tutto perduto. Non possiamo arrenderci proprio adesso.» lo troncò il soldato, analizzando la scena.

«Non mi sto arrendendo, sono solo realista.»

«Giusto. Se Gonzales è morto, significa che abbiamo messo i bastoni fra le ruote a questo bastardo, il che è un passo avanti. Se continuiamo a pressarlo, sarà costretto a farsi avanti.»

«Ma non potremo mai capire dove sia o quali siano le sue intenzioni, così!» sospirò il ragazzo con un ringhio esasperato. «Vedi qualcosa di utile? Perché oltre a quel cazzo di cadavere dalle tasche vuote non c'è niente!»

Dave si girò verso di lui, interdetto. «Cosa hai detto?»

Noah sollevò un sopracciglio, il volto tinto da una smorfia. «Sai bene cos'ho detto.»

Il soldato ritornò su Gonzales, ormai coperto da un telo e sopra una barella per essere trasportato in ambulanza. «Tasche vuote. Gonzales aveva le tasche vuote. – il giovane si insospettì. – Aveva la mano sopra la tasca, tuttavia.»

«Che stai farneticando?»

Dave si catapultò dalla sedia adesso vuota e la indicò con fomento. «Gonzales aveva la mano sinistra sopra la tasca, la destra a penzoloni qui, sul bordo del ruscello.»

«Ha fatto cadere qualcosa di proposito?» domandò Noah, incrociando le mani davanti al petto.

«Esatto! – ghignò senza essere felice, bensì determinato. – Ha preso qualcosa dalla tasca, ma ho controllato mentre tu eri giù: erano vuote. Quindi...» abbassò lo sguardo, notando quanto vicina fosse l'acqua corrente dal tavolo. Il flusso conduceva alla fontana all'angolo dell'attico. Dopo tutto questo tempo doveva essere giunto fin lì, se l'oggetto in questione fosse stato leggero abbastanza da non sprofondare. «Seguimi.»

Noah fece spallucce, seguendolo annoiato, seppur lievemente incuriosito da quel cambiamento improvviso. Dave non tolse gli occhi dall'acqua; era cristallina e pulita, priva di sporcizia o residui di cibo. L'unica cosa che la rendeva particolare erano i faretti ai bordi delle piastrelle, i quali la coloravano con tinte che passavano dal blu al verde e al viola con una sfumatura leggiadra e tenue. La fontana era moderna, sebbene il design rispecchiasse molto fedelmente le tipiche costruzioni in bambù giapponesi; la base era in un verde elegante, molto appariscente. Fu proprio lì che nelle iridi di Dave si riflesse qualcosa che stonava con la pulizia della piscina. Vi era un foglio di carta, rettangolare e dalle piccole dimensioni, galleggiare sulla superficie, nascosto a qualunque essere umano, specialmente se con la mente fissa su un omicidio.

«Bingo.» pronunciò Dave con un peso in meno sul petto. Si curvò con la schiena per immergere la mano dentro la piscina, destando le attenzioni di Noah.

«Che stai...?» volle dire, ma si zittì nel momento in cui vide il pezzo di carta tra le dita del soldato.

Il tipo di carta era spesso, non sottile come se fosse un foglio di stampa; l'acqua lo aveva reso morbido al tatto, ma non fragile a tal punto da spezzarsi al primo tocco. La scritta era sbiadita, ma non ci volle un genio per riconoscere un biglietto aereo, soprattutto quando il logo della compagnia era l'unica stampa rimasta intatta, nonostante l'acqua.

«È un cazzo di biglietto aereo. – Dave si rimise in piedi, mostrandolo a Noah. – Gonzales sarebbe dovuto partire domani mattina per...la Spagna, a Siviglia.» disse, di pari passo con i suoi occhi in fase di lettura.

«Il nome...guarda.» Noah indicò il titolare. «Ernesto...Gar...Garcia.»

«Aveva cambiato di nuovo identità. Lo stava lasciando andare? O stava per affidargli un nuovo incarico?»

«Se ha prenotato in un posto con quel nome, sarà facile scoprirlo.»

«Se non dovesse comparire nulla, avrà trovato qualche costruzione abbandonata per nascondersi, il che confermerebbe il suo coinvolgimento in un futuro omicidio.»

Noah si sedette ai bordi della fontana ed aprì il pc per mettersi subito all'opera. «Trovato. Sarebbe andato a Cadice, una città marittima e turistica. – incupì il tono, umettandosi le labbra secche – Non credo, però, che fosse una vacanza. Ha prenotato in un locale scadente.» rivelò, voltando lo schermo per mostrare il tipo di locale a Dave.

«Con i soldi che avrebbe guadagnato stasera, non avrebbe avuto motivo di rinunciare al lusso. A meno che non avesse voluto farsi notare e rimanere nell'anonimato ancora un po'. – il soldato guardò il biglietto: era di prima classe. Diretto. Sarebbe partito alle prime luci dell'alba. – Se avesse dovuto compiere un altro omicidio, un locale poco raccomandabile se ne sarebbe fregato di chi fosse e dei movimenti, a differenza di un hotel stellato e attaccato alla propria reputazione. E soprattutto sorvegliato da videocamere.» a quell'affermazione scoccò un'occhiata a Noah, il quale schioccò la lingua dal fastidio. «Dunque lo ha fatto per pedinare il suo prossimo bersaglio, in Spagna...Ma chi-» trasalì, spalancando gli occhi dalla realizzazione. «Oh mio Dio...»

Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, perplesso da quel cambiamento e quel tono esitante. «Cosa?»

Dave lo scrutò, prendendo coscienza di quello che stava per uscire dalle sue labbra. «Kevin...Kevin Carter è in congedo...In Spagna.»

Al ragazzo andò di traverso la sua stessa saliva. «Are you fucking serious?! Un altro soldato?!»

«Un altro Navy SEAL...Porca puttana... – si massaggiò l'incavo degli occhi dallo stress – Il prossimo bersaglio è lui.»

________________________________________________________________________________

Angolo autrice:

Dave e Noah hanno appena costruito un piccolo profilo psicologico del loro presunto avversario; chi sarà mai?
Siete pronti per entrare nel vivo della trama adesso? 

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