Missing Brother [Completa]

By Toffee_Lin

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Dopo essere stato separato per quattro anni dai suoi fratelli, Charlie ha la possibilità di riavvicinarsi a l... More

1 - Charlie
2 - Charlie
3 - Elijah
4 - Charlie
5 - James
6 - Charlie
7 - Elijah
8 - Charlie
9 - Charlie
10 - James
11 - Charlie
12 - Charlie
13 - Elijah
14 - Charlie
15 - James
16 - Charlie
17 - Charlie
18 - James
19 - Elijah
20 - Charlie
21 - James
22 - Charlie
23 - Elijah
24 - Charlie
25 - Charlie
26 - James
27 - Charlie
28 - Charlie
29 - Elijah
30 - James
31 - Elijah
32 - James
33 - Elijah
34 - Charlie
35 - James
36 - Charlie
37 - Elijah
38 - Charlie
39 - Charlie
40 - James
41 - Charlie
42 - Elijah
43 - Charlie
PARTE 2
44 - Charlie
45 - James
46 - Charlie
47 - Charlie
48 - Elijah
49 - Charlie
50 - Charlie
51 - James
52 - Charlie
53 - Elijah
54 - Charlie
55 - Charlie
56 - James
57 - Charlie
58 - Elijah
59 - Charlie
60 - Charlie
61 - James
63 - Elijah
64 - James
65 - Charlie
66 - Charlie
67 - Elijah
68 - James
69 - Charlie
70 - Charlie
71 - Elijah
72 - Charlie
73 - Charlie
74 - James
Epilogo - Charlie
Extra - Jefferson Russo

62 - Charlie

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By Toffee_Lin

Ho provato a dormire, beh, non proprio, ho chiuso gli occhi e ho aspettato, ma la mia testa non ha mai smesso di correre. Continuo a pensare a oggi, alla chiamata di Ivan, l'uomo che dovrebbe essere mio padre biologico. Se ha chiamato a casa un motivo ci sarà e la mente mi porta a congetture che desidererei tanto non ci avesse mai pensato. Vuole prendermi, vuole conoscermi o vuole rivelare qualcosa che porterà la nostra famiglia a una nuova rottura. Anche solo incontrarmi riporterà a spiattellare sulla faccia di tutti che papà non è il mio papà. E se mi prendesse, io andrei lontano dalla mia famiglia.

Mi rigiro nel letto con il cuore in gola terrorizzato. Non lo avevo più incontrato dopo quel giorno di cinque anni fa, perché richiamare adesso? La sua chiamata potrebbe infastidire la mia famiglia, potrei ritrovarmi senza nessuno. Detesto sentirmi così e mi alzo a sedere nel buio della stanza. Prima Elijah si è sentito male e James è rimasto con lui fino a quando non si è calmato. Ora mio fratello dorme nel suo letto, ha il respiro pesante come ogni notte, forse un po' di più adesso. Lo guardo e mi assicuro che non si svegli. Scendo dal letto in silenzio e apro lentamente la porta socchiusa. Non voglio più rimanere a letto o in stanza, sta diventando un po' soffocante rimanere qui e vorrei un po' d'aria. Magari se scendo in cucina e mi prendo un bicchiere d'acqua starò meglio, smetterò di pensare a Ivan o la mamma.

Dalle scale intravedo della luce che viene da sotto. Qualcuno come me è ancora sveglio a quest'ora della notte. Scendo perché sento il bisogno di dovermi aggrappare a qualcosa del presente, che non mi porti via dalla mia famiglia. Una volta giù in salotto scopro che la luce proviene dal televisore, si trova accesa su un canale dove trasmettono vecchi film, ma il volume è basso. Sul divano di fronte c'è papà, non sta guardando il televisore e sembra che neanche mi abbia sentito scendere. Si sorregge la testa con una mano e non riesco a vedergli la faccia. Forse si è addormentato o non si sente bene.

- P-papà - mi avvicino, ma troppo tardi mi accorgo dell'odore nauseante che avvolge l'intera stanza. Lui alza lo sguardo su di me e la sua espressione conferma i miei sospetti. I miei occhi cadono sul bicchiere mezzo pieno che ha sul tavolino di fronte e una bottiglia vuota che è a terra dall'altra parte del divano. Mi congelo. Papà è ubriaco. Nella mia testa parte la scena che so fin troppo bene, che mi si è ripetuta in passato troppe volte. Conosco bene la prassi. Non mi devo muovere, ma ho il cuore che mi batte fortissimo in petto e devo respirare con la bocca perché l'aria dai polmoni non mi basta più. Non mi muovo, non lo faccio, sono invisibile.

- Charlie - dice papà con voce impastata, come se l'ultima cosa che si aspettasse di dire fosse il mio nome. Si passa una mano in faccia e si alza, ha difficoltà a rimanere in equilibrio e io indietreggio d'istinto. Papà deve essere davvero tanto arrabbiato per la telefonata di oggi di Ivan. Ha fatto finta di nulla davanti Elijah per non farlo preoccupare, ma in realtà è furioso con me, con la mamma. Fa un passo verso di me e le orecchie mi rimbombano assordanti. Non riesco a deglutire. Sta per succedere adesso, qui, in questa casa e con papà. Le gambe mi cedono e cado, ansimo. Il mio corpo è pronto, già sa perché trema e inizia a farmi male. Papà mi dice qualcosa, ma io non mi concentro sulle sue parole ma su di lui. Ha il viso rosso, traballa, ha le mani forte e possono abbattersi su di me in ogni momento.

- N-no - piagnucolo, non voglio che mi colpisca, non voglio che anche con papà succeda la stessa cosa che accadeva con la mamma. Non riesco ad alzarmi in piedi e salire le scale è impossibile, quindi cerco di reggermi quel che basta per andare a nascondermi prima che la situazione precipiti. Inciampo quando raggiungo la cucina perché le gambe mi tremano troppo e decido di trascinarmi sotto il tavolo come facevo quando sapevo che la mamma la stava per prendere, anche se era tutto inutile, perché quella cosa si sarebbe abbattuta su di me a prescindere.

- Charlie... - papà si avvicina al mio nascondiglio e allunga un braccio verso di me. Ho tutti i muscoli irrigiditi e mi fanno male per quanto li senta sensibili.

- N-non mi toccare! - urlo e vorrei non averlo fatto, ma ho così paura di tutto questo. Non volevo rompere anche papà, non volevo portare anche lui a odiarmi e schiacciarlo da questa situazione. Mi nascondo la testa nelle braccia, mi porto le ginocchia al petto e piango. Sento il petto bruciare e sto facendo tanto rumore, i vicini ci sentiranno. La signora Hughes verrà a bussare alla porta tra poco e forse questo fermerà papà prima che tutto inizi. Ma ci ripenso e non c'è la signora Hughes, nessuno potrà fermare papà, è inevitabile quello che sta per accadere.

Sento papà allontanarsi da me e continuo a tremare. La sta andando a prendere, è furioso, piangere peggiora sempre le cose, ma io non imparo mai, non so mai come fermarmi. Ci sono altri rumori adesso attorno a me, ma io singhiozzo ancora tanto e ho paura di vedere cosa succede. Poi qualcuno si accovaccia accanto al tavolo dove sono nascosto e tremo di più. - Charlie - riconosco la voce di James, ma non alzo lo sguardo su di lui, ho ancora il viso rigato dalle lacrime nascosto nelle braccia.

- N-non mi toccare - balbetto con la voce rotta. Non l'ho mai detto ai miei fratelli, a nessuno, neanche alla mamma quando mi puniva, è solo che deve ancora tutto iniziare e non voglio. Inoltre, sento che la pelle mi brucia, è così sensibile che ho paura che un solo tocco mi farà male come quando la mazza calava giù. Piango ancora, mi chiudo quanto più possibile e questo odore di alcool è ancora forte, lo detesto. Odio quando le persone bevono. Perché devono ubriacarsi quando sono arrabbiate? Il problema non si risolve e di solito si è ancora più arrabbiati dopo.

Sento un po' di vento circolare nella stanza e cambiare l'aria. Qualcuno ha aperto le finestre e finalmente l'odore sta passando e riesco a respirare un po' di più. - Charlie, va tutto bene, nessuno vuole farti del male. Sei al sicuro.

Non è vero. È pericoloso essere qui, ma ovunque ci sia io. Sono io che porto guai, distruggo tutto, porto chiunque mi conosca a rompersi. - Avanti, fratellino - sento ora Elijah dall'altra parte del tavolo - fa freddo qui sotto.

Mi allontano un po', ma poi mi ricordo di James a destra e mi chiudo tantissimo. - N-non mi toccate - ripeto.

- Va bene - aggiunge James con tono calmo - puoi rimanere qui se vuoi, va bene.

Sento James alzarsi e allontanarsi mentre credo che Elijah sia ancora fermo dov'è. Non voglio controllare, potrei vedere papà con la mazza o lanciarmi sguardi d'odio. Non voglio che mi dica che gli sto mettendo la famiglia contro. Mi mordo un labbro fortissimo e sono pronto a scoppiare a piangere di nuovo, quando qualcosa di morbido e caldo mi cade lentamente sulle spalle. - Non... - sto per ripetere, ma la voce di James mi interrompe prima.

- Non ti toccheremo se non vuoi, ma tieni almeno la coperta per tenerti al caldo, ok? - allungo una mano e stringo il tessuto nella presa. Poi c'è movimento e sento James sistemarsi sotto il tavolo con me. Mi è affianco, lo sento, ma non c'è contatto e cerco di non pensare a quei pochi centimetri che ci separano. Anche se mi toccasse non dovrebbe farmi male, ma ho già dolore in questo momento e non vuole passarmi.

- È come un fortino - sento dire da Elijah, e anche lui mi si siede accanto. Sono entrambi molto più alti e grandi di me, sono sicuro che staranno scomodissimi, ma sono qui, e mi ricordo per un attimo che voglio tantissimo bene ai miei fratelli.

- Charlie, papà è dispiaciuto di averti spaventato - dice James con voce bassa, come se un tono più alto potesse rompermi e forse potrebbe succedere davvero - non voleva e non ti farà mai del male, lui ti vuole bene.

Anche la mamma mi voleva bene, me lo diceva in passato, poi ha smesso di volermene o ha mentito sin dall'inizio. L'amore finisce comunque, come quello tra lei e papà, e ho paura che finirà anche quello che tiene legato noi quattro e un giorno mi ritroverò senza nessuno. Singhiozzo e piango di nuovo. Voglio bene a papà e anche ai miei fratelli, mi sono però spaventato tanto e mi sono comportato male con papà. Piango ancora fino a quando non mi si esauriscono tutte le lacrime, e alla fine mi sento svuotato, stanco e assonnato.

Mi è passata un po' la paura, non devo averne con i miei fratelli che come colonne sono ancora sotto al tavolo con me. Non sono mai andati via, non mi hanno mai toccato. Gli ho detto io di non farlo, ma ora il dolore è passato e ho freddo e ho sonno. Mi strofino un occhio stanco e la testa mi ondeggia e quando apro gli occhi me la ritrovo su una spalla di James. Sento Elijah coprirmi meglio con la coperta e ho gli occhi che mi si stanno chiudono di nuovo. Lo intravedo dalle palpebre pesanti e lui mi sorride in quel modo che mi è sempre piaciuto vedere, che mi trasmette calore. La mano di James mi accarezza la schiena. Esita all'inizio, ma quando nota che non oppongo resistenza è decisa. Controllo per l'ultima volta di essere al sicuro. Guardo James che ha lo sguardo profondo e pensieroso, ma quando incrocia il mio si rilassa. - Va tutto bene - mima o bisbiglia pianissimo, tanto che non lo sento. Allora questa volta ci credo, non ho più paura, chiudo gli occhi e dormo.

——

Mi sveglio sul divano, dalla finestra il sole è alto, e anche se le giornate hanno iniziato ad aggiustarsi, ho inaspettatamente freddo. Ho due coperte addosso ed Elijah è ancora nel suo pigiama sulla poltrona a guardare il cellulare. Nota che sono sveglio. - Ehi, fratellino - mi sorride - hai dormito tantissimo, lo sai?

Mi alzo a sedere e non riesco a nascondere un brivido che mi percorre addosso. Mi guardo attorno e non trovo papà da nessuna parte. Non voglio pensare a quanto sia arrabbiato con me. Dalla cucina esce James, lo accompagna un odore di cibo che mi scatena un po' di nausea. - Era ora, Charlie - mi dice - è quasi ora di mangiare, pranzerai direttamente mi sa.

Mi si avvicina e quando allunga una mano verso di me, d'istinto chiudo gli occhi in attesa che mi colpisca, ma la sua mano è fredda e delicata sulla mia fronte. - Hai ancora la febbre - si acciglia leggermente. Toglie la sua mano e io lo imito toccandomi la fronte. È caldo ma non capisco quanto, ho freddo e mi gira la testa. - Ti è salita stamattina presto - James mi porge un bicchiere d'acqua che era sul tavolino. - Ricordi che ti abbiamo fatto prendere l'aspirina quando ha iniziato ad alzarsi? - Scuoto la testa. Mi sento stordito e lo stomaco in disordine. Ho ancora tanto sonno. - Vieni, Charlie - mi dice James - devi mangiare qualcosa.

Elijah si alza allegro. - Ho assillato James dicendogli di preparare la pasta che piace a te. Sii orgoglioso di me, fratellino, il suo progetto iniziale era verdura bleah - fa una smorfia, e di solito mi farebbe ridere, ma non mi sento bene e di certo non ho dimenticato quello che è successo ieri notte. Mi sono comportato malissimo con papà e con i miei fratelli. Chissà cosa penseranno loro e papà di me adesso. Sono preoccupato e in ansia. Vorrei che mi dicessero già adesso tutte le cose sbagliate che ho fatto, ma allo stesso tempo sentirglielo dire mi schiaccerebbe.

- Charlie - mi chiama ancora James, mi sono di nuovo distratto - ce la fai ad alzarti?

Abbasso lo sguardo e annuisco. Fa freddo fuori dal divano, ma Elijah mi sistema la coperta addosso come ieri notte. Sussulto un po' perché, anche se non ho più paura che qualcuno mi possa far male, il mio corpo continua a reagire senza che io possa controllarlo. È strano non essere stato colpito dopo che il mio corpo era sicuro che sarebbe successo. Elijah mi sorride, ma mi accorgo come faccia attenzione a non toccarmi come ieri gli ho chiesto di fare. Non me la sento di dire che può farlo adesso perché sarebbe una bugia. Preferisco che oggi nessuno pensasse a me. Mi lasciassero in pace.

Mi siedo a tavola e anche Elijah prende posto. Mi riempie un bicchiere d'acqua ed è disagiante quando sono così gentili con qualcuno come me che non lo merita. James mi posa il piatto davanti e anche se è pasta di maccheroni e formaggio, il mio piatto preferito, non ho tanta voglia di mangiarlo, ma decido di assaggiarne un po' perché James ci ha messo d'impegno nel farla. Al primo boccone però mi risale un'ondata di nausea terribile e devo trattenermi per non vomitare tutto qui e subito.

- Stai bene, Charlie? - mi chiede Elijah e io sto per annuire, poi ci ripenso e non voglio nascondere nulla ai miei fratelli, così scuoto un po' la testa perché mi sento davvero male. I miei fratelli si scambiano uno sguardo indecifrabile.

- Ti faccio qualcosa di più leggero - interviene James avvicinandosi alla cucina - brodo di pollo? - scuoto la testa - del riso in bianco? - scuoto di nuovo la testa. Non voglio davvero nulla, non riuscirei a mangiarlo, ho la nausea e la gola stretta. Me la tocco, non c'è nulla che la blocchi, è nella mia testa, sto respirando, lo sto facendo. - Va bene, Charlie - dice James - prendi la medicina e riposati. Vuoi andare in camera o preferisci rimanere sul divano in soggiorno? - allungo un braccio e indico il soggiorno. So che a James non piace quando non lo rispondo e ho paura che mi urli addosso di farlo, ma non me la sento di parlare. Mi sento un groppo enorme in gola e so che se dicessi qualcosa sbaglierei e incespicherei solamente. - D'accordo - James mi poggia una mano in testa e questa volta non sussulto. - Riposati e chiamaci se non dovessi sentirti bene, più tardi ti porterò qualcosa da mangiare.

Annuisco, bevo la medicina e mi trascino di nuovo sul divano. Mi sento accaldato e tossisco. Non so perché mi sia venuta la febbre, l'ultima cosa che volevo era ammalarmi e dare più fastidio alla mia famiglia. Guardo il sole alto oltre la finestra e noto dall'orologio sulla parete che è l'una e mezza del pomeriggio. È un giorno di scuola, ma nessuno di noi tre è andato e James ed Elijah non mi hanno detto nulla al riguardo. Vorrei chiedere se anche loro l'hanno saltata per causa mia, ma non ho voglia di porre nessuna domanda, non voglio aprire nessun argomento. Ho paura che tutto potrebbe collegarsi a ieri notte, a io che beccavo papà ubriaco in soggiorno e gli ho urlato contro di non toccarmi. Come avrebbe reagito la mamma se avessi fatto una cosa simile con lei? Mi avrebbe probabilmente chiesto come osavo ribellarmi a lei, che non dovevo farlo perché lei è la mamma e poi mi avrebbe punito per questo, tanto, tantissimo.

Mi ritrovo all'improvviso un'altra coperta addosso e noto Elijah che me la sistema con un'espressione preoccupata in volto. - È la febbre, Charlie? Hai tanto freddo? - mi chiede e mi accorgo che sto tremando. Ma non sono i brividi di freddo, è che ho pensato di nuovo alle punizioni che mi dava la mamma. Scuoto la testa ed Elijah mi chiede di misurarmi di nuovo la temperatura. Lo faccio mentre sento James armeggiare in cucina mentre la sistema. Vorrei dargli una mano, ma mi sento debole e senza energie. - È ancora alta - si acciglia Elijah quando controlla il termometro.

- Dagli il tempo che la medicina faccia effetto - James torna dalla cucina e posa un enorme bicchiere d'acqua sul tavolino di legno. - Bevi tanto, ok, Charlie? Così guarirai prima.

Elijah si accorge che non sto più tremando e James ritorna di là. Sto facendo preoccupare la mia famiglia, cosa devo fare? Rimango sdraiato mentre penso a quanto velocemente le cose possano andare male. La chiamata di Ivan di ieri, cosa è successo stanotte con papà e io di nuovo con la febbre. Chissà cosa succederà quando papà tornerà a casa. Quando la mamma tornava da lavoro... Scuoto la testa, papà non è la mamma. Quando lui tornerà a casa non sarà lo stesso come quando la mamma tornava in appartamento. Succede in un attimo. Per un secondo me la risento addosso, le sue mani attorno al mio collo, uno sguardo di puro odio diretto verso di me. Scatto a sedere, mi porto le mani alla gola e tossisco. Il cuore mi batte all'impazzata e non riesco a respirare.

- Charlie, guardami - James mi è subito accanto, una mano sulla mia spalla - respira come faccio io. - Cerco di prendere delle boccate di aria, ma non ce la faccio, mi lacrimano gli occhi e ho la gola che mi brucia. - Come faccio io, Charlie - ripete più severo, mi prende una delle mani che ho ancora alla gola e me la stringe iniziando a fare lunghi respiri profondi. Lo fisso non sapendo cosa fare. Lui mi guarda e prende un altro enorme respiro. Cerco di imitarlo questa volta, ma il primo respiro mi esce troppo corto e affrettato, e anche gli altri, continuo a guardare la finestra e la porta. Ci sono vie d'uscita, non è la claustrofobia. Ancora, respiro, ci provo. La mano di James è calda, enorme e sicura mentre la mia trema e suda. Respiro. - Uno, due - ha iniziato a contare e sto cercando adesso di regolarmi col suo ritmo. Sento ancora le lacrime bagnarmi le guance, ma respirare ha la priorità. Ce la sto facendo, sto respirando. E anche se ora riesco a respirare bene come fa James, lui non si ferma, mi dice di continuare a imitarlo ancora. Passano altri minuti e sento che anche il cuore rallenta.

- Bravo, fratellino - Elijah è seduto sul bracciolo del divano e mi sta accarezzando la schiena - così. - Abbasso lo sguardo, ora sto meglio, ma mi sento in imbarazzo per quello che è successo. James mi tiene ancora la mano e si allunga per prendere il bicchiere di vetro e porgermelo.

- Bevi un po', Charlie - mi dice, il tono autoritario di prima è andato via, ora è tranquillo, come questa casa, come le carezze di Elijah. Bevo e ripasso il bicchiere a James. Mi chiede di sdraiarmi ma io scuoto la testa, non voglio rivivere quella terribile sensazione. - Vuoi parlarne, Charlie? - mi domanda e io ansimo un po' e mi agito di nuovo. Scuoto la testa. No, che non posso parlarne, non sarei mai in grado di raccontare loro di quel terribile momento.

- James - lo richiama Elijah e lui lo guarda per un attimo.

- D'accordo - dice James - allora parlo io. Non mi piace vederti così, Charlie, e non te ne sto dando una colpa. Sono tuo fratello e sono preoccupato - lo guardo e cerco di cogliere il significato delle sue parole. - Sappiamo quanto è difficile tutto questo per te, ma io, papà ed Elijah vogliamo aiutarti a portare questo peso.

Come si fa a condividere questo peso? Io per primo non so cosa sia questa valanga che mi sento addosso. Come posso dire a qualcun altro di sorreggerlo per me? - Siamo qui per te, fratellino - dice Elijah. Guardo lui e poi James. Adesso non tremo più, non ho più tanta paura. Sono con i miei fratelli, sono al sicuro. Annuisco a loro e James sospira leggermente. Si alza e mi passa una mano nei capelli e dice che mi prenderà dei fazzoletti. Io uso però la manica del pigiama per asciugarmi la faccia ed Elijah ride dicendo che mi sporcherò tutti i vestiti di moccio. Poi mi si siede accanto e accende la tv. - Documentario noioso sui pinguini o una serie da guardare insieme? - Non lo rispondo e appoggio la testa, che mi sento pesante, su di lui. Lui allunga un braccio per sistemarmi meglio la coperta addosso e mi passa una mano sulla fronte. - Sceglierò qualcosa di così brutto allora che perfino James lo troverà bello da vedere.

Sorrido un po' perché James ha gusti diversi dai miei e quelli di Elijah, e dice che siamo noi ad averli orribili. Elijah afferma che è il contrario e che lui non saprebbe cosa sia un buon film neanche se gli si schiantasse addosso. Elijah è caldo e, anche se non è grande come papà, è bello averlo vicino così. Di tanto in tanto mi stringe. Dice sempre che sono un bambino quando mi comporto in questo modo, ma non mi importa. Non lo dice con cattiveria, non vuole davvero che la smetta e io non voglio che succeda. Mi piacciono gli abbracci, è un contatto fisico diverso da quello della mamma e non mi dispiace per nulla. James va e viene per controllarmi diverse volte, fa il bucato, mi porta qualcosa da mangiare e dice che stiamo guardando per una volta tanto un bel film. - Vedi? - mi sussurra Elijah. Rido, James non capisce perché. Mi fa prendere un'altra medicina quando mi sento più accaldato e ritorno ad accoccolarmi a Elijah dopo averla bevuta. Poi mi sento assonnato e i rumori di una casa piena mi accompagnano nel mondo dei sogni.

——

Suona il campanello e spalanco gli occhi pensando che è la signora Hughes che sarà venuta a lamentarsi per la posta di nuovo. Mi sento il corpo pesante e immagino che sia di nuovo venuta dopo che la mamma mi ha punito, per questo sono tutto dolorante. Mi alzo sulle braccia e mi guardo attorno. Non sono nel mio letto nell'appartamento e neanche nello sgabuzzino. I muscoli mi fanno male, ma per un motivo diverso, mi sto ricordando.

- Elijah! - urla James dal piano di sopra e vedo Elijah uscire dalla cucina.

- Ho capito, sto andando - risponde lui con la bocca sporca di briciole. Mi guarda sveglio e mi lancia il sacchetto di patatine aperto che ha in mano. Lo prendo confuso e poi sento delle voci provenire dall'ingresso. La porta si chiude e ritorna Elijah in salotto tutto sorridente. - Fratellino, hai visite.

Scatto in alto con la testa e vedo dietro di lui Alan e Jeff. Jeff si guarda attorno con una mano dietro la nuca, mentre Alan mi sorride e si accomoda sulla poltrona accanto al divano dove ci sono io. Sembra a suo agio come quando da piccolo veniva sempre da me. - Ehi, Charlie, come stai? L'insegnante stamattina ha detto che tuo padre ha chiamato dicendo che eri malato. Ieri eri tutto bello pimpante quindi sono venuto a controllare se non avessi mentito per poter saltare il test di matematica. - Jeff si siede sul tavolino di fronte a me e guarda il sacchetto di patatine che ho in mano. Glielo passo. Lui lo apre e inizia a mangiarlo. Alan lo indica. - Lui mi ha chiesto di te a pranzo e abbiamo deciso di passare a casa tua dopo scuola.

- Stai bene? - mi chiede Jeff, sembra affamato. Immagino che mi avrà aspettato per dividerci il pranzo, e quando avrà saputo che non c'ero, dev'essersi accontentato solo del suo.

Annuisco, ma penso se hanno fatto tanta strada per me forse dovrei dare delle spiegazioni. - S-solo - mi accorgo di avere la gola secca - un p-po' di febbre.

- Già, si vede - risponde Alan - sembri uno zombie.

Jeff si ferma dal mangiare e mi passa il sacchetto ormai quasi vuoto. - Te ne ho lasciate un po'.

Elijah, che era andato in cucina con una busta, ritorna con una confezione appena aperta di dolcetti. Li appoggia sul tavolino accanto a Jeff. - Sembrano davvero invitanti, li ha portato Alan, Charlie.

Guardo Alan sorridermi. - Conosco i miei polli. - Ognuno di noi prende un dolcetto, io ne scelgo uno a cioccolato e al primo morso un sapore dolcissimo mi riempie la bocca di gioia. Prendo il secondo appena finisco il primo e nel frattempo Alan mi aggiorna su cosa è successo oggi in classe. La signorina Vilman ci ha messo in gruppo per un compito, e io sono in quello con lui, George, Sarah e Bethany. Sono contento di essere in gruppo con Alan e che non ci sia Kyle.

James scende dal piano di sopra ed entra in salotto. È senza maglietta, ha un asciugamano attorno al collo e sembra sudato. - Ehi - dice un po' in affanno.

- Amici di Charlie - annuncia in breve Elijah con un sorrisetto divertito. Io mi imbarazzo tantissimo e abbasso la testa sentendo le guance bruciarmi.

- Oh - risponde solamente James e si allunga per prendere anche lui un dolcetto dalla confezione ormai quasi vuota.

- Ciao, James - saluta Alan - ti stavi allenando?

- Sì... - lo guarda confuso mio fratello, poi qualcosa gli si attiva in testa - Alan! - esclama. - Caspita, quanto sei cresciuto.

Probabilmente è così sorpreso perché la differenza con me è allarmante. Lui ha fatto uno sviluppo nella norma, è diventato più grande e alto. Io invece sono cresciuto di pochissimo in cinque anni. Riesco a malapena a mettere su peso.

Alan ride. - Anche tu ed Elijah. Mi ha sorpreso vederlo così alto, mi viene da chiedere chi di voi due faccia basket.

James gli sorride, una nota di irritazione gli fa alzare un sopracciglio. - Vedo che sei spietato come sempre con le parole.

Elijah ride e dice che non è per nulla interessato negli sport, ci si stanca troppo. Alan si trova d'accordo con lui. Jeff si alza e allunga una mano verso James. - Jefferson Russo - si presenta improvvisamente - sono onorato di conoscere il creatore di quei deliziosi pasti.

Alan lo guarda serio. - E questo ora chi è?

- Al riposo, soldato - dice James titubante stringendogli la mano. - Tu saresti Jeff quindi. - Jeff annuisce serio, sembra che abbia appena incontrato una persona famosa.

- Jeff - Elijah lo guarda assottigliando gli occhi - sappi che ti tengo d'occhio.

- E-Eli - lo chiamo, non voglio che tratti male Jeff o gli faccia pensare che abbia parlato male di lui.

- Cosa, Charlie? - cerca di giustificarsi Elijah. - Non posso essere preoccupato per il mio fratellino?

Jeff lo guarda confuso, poi realizza qualcosa. - Mi dispiace per i passati screzi con vostro fratello, sappiate che mi sono lasciato alle spalle la persona che ero.

- Screzi? - domanda perplesso Alan - Charlie, ti giuro che non so chi ti abbia portato a casa, deve esserci stato uno scambio di persona durante il tragitto.

- Sei amico di Charlie? - domanda James.

- Sì - annuisce serio Jeff, e dopo qualche secondo di silenzio James ride mettendogli una mano sulla spalle. Jeff è grande ed è alto già quasi quanto lui.

- E allora ti preparerò qualcosa di buono ogni giorno anche per te.

Un sorriso enorme si mostra sulla faccia di Jeff e poi si volta verso di me. - Baker, tuo fratello è fantastico!

Mi tocco il ciuffo. Ho degli amici a casa, i miei fratelli di buon umore qui con me e sto mangiando dei dolcetti buonissimi. Sorrido a Jeff. - Lo so.

James dice che andrà a prepararsi per il lavoro e va di sopra. Elijah anche ci lascia, va in camera a suonare un po', e in soggiorno rimaniamo solo io, Jeff e Alan. Alan mi dice che è strano rivedere casa mia dopo tutti questi anni e che non è cambiata per nulla. Mi alzo e gli faccio vedere che la crepa nel muro sotto la finestra c'è ancora, ed entrambi scoppiamo a ridere. L'abbiamo fatta a sette anni, c'era anche Carlos all'epoca. Stavamo giocando ai ranger e io mi lanciai contro Alan perché un cattivo lo aveva ipnotizzato e lui ora stava attaccando Carlos che faceva parte della sua squadra. Cademmo tutti e tre contro il muro e facemmo un tonfo pazzesco. Mi manca Carlos, spero che stia bene.

Jeff dice che ha fame e allora andiamo in cucina, apro il frigo e ci prepariamo dei sandwich. Anche io mi sono accorto di essere affamato, così ci ritroviamo a mangiare tutti e tre panini e schifezze. James scende pronto per andare a lavoro e guarda accigliato la cucina in disordine. - Metterò t-tutto in ordine d-dopo - non voglio che si arrabbi per aver fatto casino.

- Aiuterò anche io, signore - dice Jeff.

- Io passo - aggiunge Alan.

James sospira. - Lo so, Charlie - dice aprendo il frigo e prendendosi una bottiglietta d'acqua - sei ordinato a differenza di qualcuno di sopra. Sto solo guardando le cose poco salutari che stai mangiando. Ti avevo messo da parte la cena.

- L-la mangerò p-più tardi.

Mi guarda scettico. - Davvero? - annuisco e mi viene da sorridere perché James è il migliore. Non si è arrabbiato per il disordine in cucina e ha detto che mi ha messo da parte la cena. Gli voglio davvero tanto bene. Si avvicina e mi posa una mano sulla fronte. - Prendi le medicine dopo, ed Elijah è di sopra, se non ti senti bene chiamalo.

Annuisco ancora, James ci dice di stare attenti e va via. Alan mi guarda perplesso. - Da quando è diventato così responsabile quello lì? Ricordi, Charlie? Da piccolo era intrattabile.

Rido, James è diventato una persona fantastica, anche da piccolo credevo lo fosse, giocava a basket e mi faceva da babysitter anche se odiava farlo. È vero, si arrabbiava facilmente e urlava spesso addosso a me ed Elijah, ma non mi ha mai fatto paura. Jeff preme play al suo cellulare appoggiato a un bicchiere e continua a farci vedere un edit che ha creato lui con le scene più belle di alcuni film marvel. - Bellissimo - commento alla fine - e-era fantastico. - La qualità, le scene scelte, il tempismo e la musica che andava a tempo. Era perfetto.

Jeff sorride orgoglioso. - Non ho mai detto a nessuno dei miei lavori.

- P-perché? - domando.

Jeff fa spallucce. - Non lo so - quel video ha tantissimi like e ho visto che il suo profilo ha un sacco di follower, ma non conosco l'app su cui posta. Stasera chiederò a Elijah di aiutarmi a iscrivermi. Jeff ha detto che tutti sono su tik tok.

- Non male - dice Alan - ma se ti dicessi di farmi un edit su World destruction?

Gli occhi di Jeff si illuminano, credo che stiano parlando di un videogioco. - Accetto la sfida.

Si danno la mano e iniziano a parlare delle scene da inserire. Vorrei anche io essere bravo in qualcosa. James gioca a basket, Elijah suona la chitarra, Jeff fa gli edit e Alan è bravissimo ai videogiochi. Ognuno ha un'abilità in cui eccelle, io invece non so fare nulla. Non voglio rimanere indietro, non voglio essere lasciato solo.

- Charlie - mi chiama Alan - guarda il trailer di questo nuovo film. Avevo intenzione di vederlo, se ti piace possiamo andare insieme - mi gira il cellulare e Jeff si avvicina per vederlo con noi. Sembra bellissimo e divertente, ma non nascondo che l'idea di andare a vedere un film insieme ai miei amici è così entusiasmante che potrebbe essere anche il film più noioso del mondo, ma mi divertirei comunque tantissimo.

- Q-questo attore h-ha fatto J-Justin Ferr, ricordi?

Alan fa schioccare le dita. - Ecco dove l'avevo visto, cavolo, da quanti anni non vedo quel film, come hai fatto a ricordartelo?

Faccio spallucce e Jeff prende parola. - Guarda che lui mi tiene il numero dei miei record personali ai videogiochi. Baker, a quanto sono arrivato a Go Goat Barry?

- 1322 - rispondo.

- Per superare quel tizio, Weddyqualcosa, quanto mi manca?

- 125 salti, ed è WeddySmith64.

Jeff annuisce indifferente mentre Alan mi guarda con le sopracciglia alzate. - Sai cosa significa questo, Jeff?

Lo guardiamo curiosi. Alan sorride. - Sarà la nostra cinepresa personale. Ti faremo vedere dei film e dovrai ricordarti i minuti e le scene delle parti più belle che Jeff ritaglierà per gli edit. Farai lo stesso con i videogiochi, e quei video andranno virali e in un attimo saremo famosi.

Jeff si alza carico. - Sì! - mi sento euforico anche io. Significa che posso essere utile.

- Mettiamoci subito all'opera, guardiamo qualcosa su cui puoi iniziare - dice Alan.

Jeff prende il cellulare con un ghigno stampato in faccia. - Ho una lista!

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