OPERAZIONE Y

DarkRafflesia

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Dave Morrison, Capitano del Navy SEAL, è un uomo determinato, autorevole, ma sconsiderato e fiscale. Noah Fin... Еще

⭐RICONOSCIMENTI
Presentazione
Cast
Dedica
Prologo
PARTE PRIMA
Capitolo 1: Bravo (Parte 1)
Capitolo 1: Bravo (Parte 2)
Capitolo 2: Coinquilini
Capitolo 3: Demoni del passato
Capitolo 4: Una semplice giornata di lavoro
Capitolo 5: Insieme
Capitolo 6: Prima Tappa
Capitolo 7: Presenza
Capitolo 8: Sconosciuto
Capitolo 10: Il prossimo
Capitolo 11: Vacanza (Parte 1)
Capitolo 11: Vacanza (Parte 2)
Capitolo 12: Dolore lontano
Capitolo 13: Turbolenze
Capitolo 14: Scontro
Capitolo 15: Notizia
Capitolo 16: Lettere reali
Capitolo 17: Firmato...
Capitolo 18: Sui tetti
Capitolo 19: In mezzo alla folla...
Capitolo 20: Rientro
PARTE SECONDA
Capitolo 21: Adunata
Capitolo 22: Sorpresa?
Capitolo 23: Toc-Toc
Capitolo 24: Legami scomodi
Capitolo 25: Nuovi ospiti
Capitolo 26: La spia
Capitolo 27: Tocca a me
Capitolo 28: Il mondo continua a girare
Capitolo 29: Prurito ed ematomi
Capitolo 30: Fede
Capitolo 31: Rimorsi
Capitolo 32: Torna a letto
Capitolo 33: Fiamme
Capitolo 34: Scuse e incertezze
Capitolo 35: Analista per caso
Capitolo 36: Non puoi dimenticare
Capitolo 37: Bersagli
Capitolo 38: Ostacoli
Capitolo 39: Ho trovato Jake e...
Capitolo 40: La bomba
Capitolo 41: Shakalaka
PARTE TERZA
Capitolo 42: Scampagnata
Capitolo 43: Pausa?
Capitolo 44: Nuove conoscenze
Capitolo 45: Mercato finanziario
Capitolo 46: Linea
Capitolo 47: Safe International Hawk
Capitolo 48: Fregati
Capitolo 49: In trappola
Capitolo 50: Dimitri Malokov
Capitolo 51: Rancore
Capitolo 52: Portare via tutto
Capitolo 53: Insofferenza
Capitolo 54: Colpe
Capitolo 55: Operazione Y
Capitolo 56: Amicizia
Capitolo 57: Risposta inaspettata
Capitolo 58: Rivelazione
Capitolo 59: Con onore
Capitolo 60: Rottura
Capitolo 61: Solitudine
PARTE QUARTA
Dimitri Malokov & Iari Staniv
Capitolo 62: Egoismo
Capitolo 63: Apnea
Capitolo 64: Il prezzo da pagare
Capitolo 65: Anonimato
Capitolo 66: Saluto
Capitolo 67: Benvenuto nella squadra
Capitolo 68: Giuramento
Capitolo 69: Decisione
Capitolo 70: L'impegno che non serve
Capitolo 71: Lontanamente vicini
Capitolo 72: Vecchie amicizie
Capitolo 73: Vigilia
Capitolo 74: L'inizio
Capitolo 75: Le squadre
Capitolo 76: Patente?
Capitolo 77: La tana del lupo
Capitolo 78: Boom...
Capitolo 79: Maledetta emotività
Capitolo 80: Svantaggio?
Capitolo 81: Iari Staniv
Capitolo 82: Luccichio
Capitolo 83: La pace
Capitolo 84: Caduti
Capitolo 85: Respirare

Capitolo 9: Ricordi bruciati

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DarkRafflesia


«Con quel bel visino angelico che si ritrova, non darebbe minimamente l'idea di essere un dannato mercenario.» commentò Morrison, mentre si allacciava il tattico al di sopra della t-shirt nera che aveva sostituito alla camicia: non poteva muoversi liberamente con essa addosso.

Noah distese le gambe sopra la scrivania, sbadigliando. «Mettici una voce spaventata, e voi soldati abboccate come dei pesci lessi.»

«Farò finta di non aver sentito.» tirò il carrello della pistola, attirando l'attenzione del ragazzo.

«Apri bene le orecchie, invece. Se dovessi ritrovarti in mezzo ad una sparatoria, da solo, non contare su di me.»

«Infatti è per questo che tu rimarrai qui. Non è roba tua.» concluse Dave, rinfoderando l'arma nella fondina. «Sarai il tizio dietro la scrivania che mi darà indicazioni sulla zona.»

Noah rimase in silenzio, gli occhi chiusi e la testa sollevata sul cuscinetto della sedia.

«Dai, nei film saresti il tipico hacker dentro il furgone, circondato da apparecchiature ad alta tecnologia che neanche esistono.»

«Non sono un hacker.»

«Da noi quelli che violano la rete e i server sono degli hacker belli e buoni.» scherzò il soldato con un ghigno stampato in viso.

Noah schiuse le palpebre, facendo spiccare due iridi grigie stizzite. «Piantala.»

«E prendila a ridere, jalapeño! Alla tua età io facevo i salti mortali.»

Il giovane espirò dalle narici, intirizzendo la mascella. «Mi stai infastidendo con quel nomignolo di merda: prova a ripeterlo un'altra volta e ti sbatto fuori.»

«Fino a quando non capirai il motivo, continuerò. Ti si addice.» continuò Dave, allacciando le ultime cinghie.

«You're so fucking annoying.»

«And you are so gentle.» canticchiò di rimando con fare smielato. «Sempre così attivo, allegro, ma soprattutto aperto al dialogo.»

Noah non rispose.

«Dai...Sto scherzando.»

Ancora in silenzio, il ragazzo srotolò le cuffie e le mise alle orecchie, attaccandole al cellulare per poi scegliere una playlist.

«Appunto. – Dave scrollò le spalle, sospirando. – Davvero, non ti capisco. Ma tanto neanche mi starai ascoltando.» infatti Noah richiuse gli occhi, dondolandosi con nonchalance.

Avrebbe voluto entrare nella testa di quel giovane e vedere con i propri occhi cosa diavolo accadesse in quei neuroni quando si attivavano. Aveva avuto a che fare con così tante persone, che conosceva ogni virgola della personalità umana, avendo dovuto rasserenare i civili in pericolo e chiunque necessitasse del suo sostegno, ma un carattere burbero quanto enigmatico non lo aveva mai visto; aveva ventisei anni, eppure non si godeva un attimo della sua vita. Distante e riservato, Noah era la rappresentazione di uno scorbutico che non voleva essere mai disturbato, non solo da lui, essendo il suo coinquilino scassa palle, bensì da tutti, dal mondo; non c'era una volta che lo aveva visto fare conversazione, scherzare, o allontanarsi da quei maledetti videogiochi. Programmava, giocava, mangiava e dormiva – se tutto andava bene e si sentiva ispirato a prendere una cazzo di pausa – dopodiché non c'era nient'altro di Noah Finley; un passatempo diverso, un hobby, uno sport, un'ideologia, una morale, un particolare. Niente. Il solo fatto che esistesse era già un passo avanti per tutti coloro che lo avevano conosciuto, altrimenti sarebbe rimasto un'ombra, isolato in chissà quale angolo sperduto. Preferiva prendere le cuffie e chiudersi in sé stesso in quel modo, anche se qualcuno aveva intenzione di parlargli; i suoi dipendenti, appena si accorgevano delle cuffie alle orecchie, capivano, senza che qualcuno glielo dicesse, che dovevano rimangiarsi quell'atto di intraprendenza e ritornare alle loro faccende, pervasi dal dubbio che speravano lui estinguesse con qualche spiegazione assai lontana. Dave strinse le labbra in una linea sottile, camminando verso il giovane, e tese la mano col fine di liberargli le orecchie da quel motivetto che udì sotto forma di brusio sommesso. Tuttavia si bloccò a pochi centimetri dal filo, fissando il viso definito da quel broncio perenne; a quale scopo poi? Per litigare per l'ennesima volta? Chi era lui per intromettersi nei suoi affari e nei suoi modi di fare eccentrici? Abbassò il braccio, mordendosi l'interno della guancia, e gli diede le spalle; era inutile stare lì a dargli consigli, se veniva respinto ogni fottutissima volta. Se ne sarebbe reso conto da solo, che non avrebbe mai e poi mai potuto continuare in quel modo a quell'età così giovane. Adesso non aveva tempo per incaponirsi in un argomento perso in partenza, aveva una missione da compiere; se Barney era rimasto ancora a Washington, forse in procinto di partire per andare chissà dove, gli avrebbe troncato ogni speranza. Come aveva promesso a Cathy, Nicholas e Trevor meritavano giustizia per essere morti in maniera immorale. Aprì la porta dell'ufficio di Noah e la sbatté con veemenza, con lo scopo di farsi sentire al di là delle cuffie. Il ragazzo, infatti, inclinò il capo in direzione dell'uscita, riaprendo gli occhi.

«Non si è neanche accorto che avevo solo un'auricolare.» disse, tenendo in mano il suddetto, mentre l'altro era ancora all'orecchio. «Che idiota.»

Timothy Su bussò, entrando appena. «Noah-»

«Fuori.»

«Come non detto.» le spalle dell'orientale si rizzarono dalla paura e scappò letteralmente via.

Noah sospirò, sgonfiando il petto. L'unica speranza che stava nutrendo in quel momento era che Dave trovasse quel cazzo di assassino e che il caso potesse chiudersi definitivamente. Ma non poteva essere tutto così facile, ne era consapevole. Che fosse mai esistita un'occasione che gli avrebbe reso le cose più lineari. Come poteva chiudersi il caso, dopo aver trovato quello che stavano cercando? Poteva chiudersi davvero? Se quel Barney si era spacciato per un altro uomo, doveva nutrire un certo astio nei confronti di Trevor per ucciderlo in quel modo, fingendoglisi amico, mentre con Nicholas aveva usato un approccio diverso, poiché conscio di non dover usare la mano di ferro con un uomo che non poteva camminare bene. Ma se il suo obiettivo era sbarazzarsi di loro, significava che si erano ritrovati insieme in qualche missione del passato? Durante la sua vita da mercenario, Gonzales aveva avuto modo di incontrare Nicholas e Trevor, i quali avevano mandato all'aria i suoi piani, portandolo alla prigionia e alla morte del Ministro panamense? Se così fosse, Trevor, alla vista di Arthur, non avrebbe dovuto... Piegò la testa di lato per il pensiero fugace che gli oltrepassò il cranio; l'immagine di Barney Gonzales era ancora sullo schermo, le informazioni accanto ad essa. Sbatté le palpebre una serie di volte, aguzzando la vista per rileggere le didascalie. Che cosa ha a che fare lui con due soldati del Navy SEAL? Perché prendersela con loro? si domandò, corrugando la fronte incerto. Tolse le gambe dalla scrivania e ritornò a battere le dita sulla tastiera, aprendo i fascicoli riguardo i gemelli Spencer, su tutte le missioni che avevano compiuto fino a quando Nicholas non si fosse ritirato. Mise a confronto gli anni delle spedizioni cui erano andati incontro i tre personaggi, ma non trovò alcuna corrispondenza con i viaggi degli uni e dell'altro.

«Gli Spencer non sono mai stati a Panama. E Barney non è mai andato negli Stati Uniti, eccetto adesso... – farfugliò, portandosi i capelli indietro per quell'odioso ciuffetto mosso che ogni tanto aveva voglia di fare i capricci e ostacolargli la vista. – Nessuna missione in cui i tre hanno avuto modo di incontrarsi. Nessun punto di convergenza che ha potuto indurre all'omicidio.» sostenne la guancia lentigginosa con la mano, aiutando gli occhiali a non scivolare. «Questa storia non mi convince. Perché Barney avrebbe dovuto prendersela con due soldati americani? Non ha senso...» si portò entrambe le mani in testa, sollevando lo sguardo al soffitto con un grugnito nervoso. «Merda.»

Qualcosa mancava, ne era sicuro. C'era qualcosa che sia a lui che a Dave era sfuggito. Quell'idiota di un patriottico si era tanto impuntato sui suoi vecchi compagni uccisi che il suo unico punto fisso era l'assassino che aveva compiuto una tale scelleratezza, non sapendo che uccidere dei soldati avrebbe messo sull'attenti l'intero Stato, tuttavia non avevano riflettuto sul collegamento tra l'assassino e le vittime, bensì sul come avesse preparato il tutto e quale fosse la sua identità; solamente adesso, da solo e con la mente libera dalle pressioni di Dave sull'impegnarsi e dare un contributo in quel caso, aveva compreso che dietro si celava qualcosa di più grande, che andava oltre lo spionaggio e le indagini che Simmons aveva voluto assegnare loro. Si tolse l'auricolare, eliminando la musica che, in quel momento, non lo aiutava per niente a distendere la mente e a stimolarne i processi di calcolo; Dave era andato nel luogo in cui si era fermato il segnale telefonico di Barney, ma una volta trovato che cosa avrebbe fatto? Gli avrebbe sparato? Lo avrebbe arrestato? E se avesse opposto resistenza con il fuoco, il soldato sarebbe stato costretto a ricambiare, uccidendolo di conseguenza. Ma se lo avesse ucciso, avrebbero perso delle prove preziose, perché...
Noah sgranò gli occhi, raddrizzando di botto la schiena. Tutto tornò nella sua mente, tanto che prese il cellulare e rindossò entrambe le cuffie, digitando il numero di Dave.


Un magazzino abbandonato. Ecco cosa pensò Dave, quando vide a freddo il luogo in cui Barney si nascondeva. Aveva parcheggiato l'auto a qualche isolato da lì, proseguendo a piedi per non dare nell'occhio; sapeva anch'egli muoversi nei vicoli per non mostrarsi con tattico e arma alla vita. Deanwood non era una zona altamente sicura e girare con un'arma alla cintura non era una novità, bensì un'usanza che i residenti praticavano per difendersi. Tuttavia le forze dell'ordine non erano viste di buon occhio dalle gang che si erano andate a creare nel corso degli anni, gang e movimenti che i poliziotti stessi erano stati costretti a lasciare libere per fare in modo che lo stile di vita rimanesse quanto più nella norma; se lo avessero notato, sarebbe stato un casino, non perché avrebbe potuto rimetterci la pelle, ma perché ciò avrebbe animato la zona e indotto Barney a scappare con la coda tra le gambe. Era meglio che una simile occasione non gli sfuggisse. A quell'ora le strade erano vuote; la via scelta dall'assassino non era stata un caso. Secondo le direttive che si era fatto dare da Gregory durante il viaggio, quel quartiere veniva usato come una sorta di discarica; magazzini vuoti, case abbandonate, negozi chiusi, non erano nient'altro che il rifugio di chi voleva fare uso di sostanze stupefacenti senza essere beccato da chi voleva usufruirne insieme a loro, oppure di ubriaconi o barboni in cerca di una dimora temporanea. Reed gli aveva chiesto se voleva qualcuno che lo accompagnasse, cosicché da non essere lasciato solo se Barney avesse avuto qualcuno in suo aiuto, una risorsa che lo proteggesse, ma si era rifiutato; se doveva girare nell'ombra con circospezione, era meglio che fosse da solo. Lo stesso poteva dirsi di Gonzales; la compagnia avrebbe attirato i curiosi come delle falene attratte da un lampione. Si puntellò al muro, in un vicolo che dava frontalmente al punto in cui il segnale rosso del cellulare si era fermato. Da quanto tempo fosse lì, non ne aveva la più pallida idea, ma probabilmente stava preparando un nuovo omicidio, calcolando le mosse della sua prossima vittima. Avrebbe sventato quei piani seduta stante, non gli avrebbe dato il tempo di aprire bocca. Si accinse a prendere la pistola, ma il telefono lo anticipò, vibrando nella tasca dall'altra parte dell'arma. Alzò un sopracciglio quando lesse il nome di Noah sullo schermo; una rarità unica ricevere una chiamata dal ragazzino.

«Ti sei accorto solo adesso che me ne sono andato?» domandò ironicamente non appena mise il dispositivo all'orecchio.

«Fottiti. È da mezz'ora che ti chiamo.» la voce acuta e arrogante di Noah era inconfondibile. «Se lo avessi fatto io, saresti partito in quinta a lamentarti.»

Dave sospirò una risata. «Punto a te, contento? Ad ogni modo, stavo parlando con Gregory.»

«Yeah. Yeah. Ascoltami bene adesso. Gonzales non ha nulla a che vedere con-»

«Se devi dirmi qualcosa inerente al caso, usa l'auricolare che ti ho lasciato sulla scrivania. È meglio prediligere i canali criptati via radio, anziché le linee telefoniche. Non ci vuole un hacker abile a fare quello che hai potuto fare tu.»

Un minuto di silenzio dall'altro lato della cornetta lo aveva portato a scoccare un'occhiata allo schermo per capire se Noah fosse ancora in linea. Lo era, ma non vi era alcun suono che gli indicasse che il ragazzo fosse presente.

«Va bene così?» udì adesso dall'auricolare collegato alla radio sul tattico; un tono più metallico, ma pur sempre scontroso.

Dave si contenne dal ridere nuovamente, chiudendo la chiamata al cellulare per poter avere le mani libere e ghermire la pistola. «Perfetto. Cosa volevi dirmi?»

Noah si aggiustò l'auricolare sull'orecchio sinistro, irrigidendo la voce. «Ti sei chiesto almeno una volta che collegamento possa esserci tra Gonzales e i gemelli Spencer?»

«Sì, me lo sono chiesto. Ma evidentemente si saranno visti durante qualche-»

«Non si sono mai incontrati. – lo interruppe il giovane con serietà. – Mai. Altrimenti Trevor non avrebbe dovuto riconoscerlo, anche se nei panni di Arthur?»

Dave si fermò, in procinto di attraversare la strada. Con la schiena curva per mostrare una postura da soldato, sollevò le sopracciglia più del dovuto per quella domanda retorica che non esigeva di una risposta, di quanto si spiegasse da sola. Porca... pensò, portando due dita sull'auricolare e guardandosi attorno come se in cerca della soluzione con uno sguardo contratto dal turbamento.

«Noah, stai forse dicendo che...?»

«Non lo dico al cento per cento ma, facendo il quadro della situazione, le probabilità sono alte.» spiegò Noah. «A meno che non abbiano agito all'oscuro di tutti, non c'è alcun collegamento tra l'assassino e le vittime. Non direttamente.»

Dave era profondamente sbigottito; se quello che Noah aveva detto era vero, allora in Barney si celavano tutte le prove che loro stavano ostinatamente cercando.

«Il segnale è ancora lì?»

«Immobile.»

«Fanculo. Io entro e lo farò parlare...anche con le cattive se serve.»

«As-»

Disattivò il collegamento, senza avere la possibilità di udire le parole che Noah avrebbe voluto dirgli. Abbandonò le dita sull'auricolare per ghermire saldamente la pistola, caricando il colpo in canna. Lentamente, camminò lateralmente verso l'entrata del magazzino: un portone arrugginito. Avrebbe emesso del rumore stridulo per aprirlo, il che era un male; non vi erano altre entrate che potessero rendere la sua presenza impercettibile, perciò avrebbe dovuto giocare d'astuzia e non farsi notare. Se quella era l'unica e sola via d'uscita di Barney, l'avrebbe resa invalicabile. Si appoggiò alla porta con la spalla destra, dopodiché con il palmo sinistro la spinse con delicatezza; cigolò soavemente, incastrandosi dopo un po', impedendogli di aprirla del tutto. Aveva creato una fessura di circa trenta gradi; ci passò di striscio, facendosi guidare dal fascio di luce che penetrò all'interno. Tipico di un magazzino abbandonato, per terra c'erano solo polvere, cemento, sassolini e sabbia; qualche pezzo di legno ammuffito era sparso qua e là, e la percentuale di amianto, a causa della ruggine e del metallo totalmente consumato, era decisamente devastante. Come diavolo aveva fatto a sostare e vivere in un posto illegale? Ne valeva specialmente per la sua salute. Dave si coprì il naso e la bocca con il braccio, avanzando. Sul tetto vi erano buchi, dalla quale raggi di sole penetravano per dargli un'idea del luogo in cui si era recato; poteva crollare da un momento all'altro. Si era rifugiato in un edificio che non avrebbe mai potuto richiamare l'interesse dei passanti o di qualche invadente ficcanaso; dal divieto di entrata e di pericolo fissato all'esterno, poteva anche essere una trappola. Voleva fargli cedere l'intero plesso addosso? Se così fosse, lo avrebbe tirato con la forza da fargli compagnia sottoterra. Lo scarpone sprofondò contro una cassa di legno; Dave si arrestò, muovendo la testa in ogni direzione per il frastuono che aveva causato. Dannazione. Camminare in un campo minato sarebbe stato più impercettibile. Eppure non udì alcun suono, nessun smuoversi insolito che potesse dichiarare la presenza di una seconda persona. Vide un topo sgattaiolare via in una fessura; contorse lo sguardo in una smorfia di disgusto. Quel posto era un schifo. Avrebbe dovuto scrivere un mandato per demolirlo: era inutile tenere in piedi una casa infestata. Nella parte principale non trovò nulla di rilevante; vi erano solo cianfrusaglie di chi aveva lavorato in quel deposito. Casse rotte, pezzi di metallo appartenenti a qualche apparecchio ormai irriconoscibile. Poi in fondo c'era una seconda porta, e da quella porta proveniva una luce che il soldato riconobbe; non era naturale, apparteneva ad una lampadina. Ti ho trovato, bastardo. Pensò Morrison, aumentando la velocità dei passi verso l'obiettivo. Si appostò al muro, lateralmente alla porta semi-aperta, e aumentò la pressione sull'arma. Trattenne il fiato, rallentando il battito cardiaco. Sangue freddo. Zero ripensamenti. Partì. Spalancò la porta con un calcio, puntando fulmineo la pistola all'interno di quella che sembrò essere la stanza del direttore del magazzino. Era uno studio vecchiotto, con una sedia arrugginita, una scrivania slavata dalla temperatura alta e le mura dalla vernice spaccata; proprio sul muro dove era appoggiata la scrivania, frontalmente a Dave, si ergeva una bacheca in sughero. Una lampadina impolverata illuminava gli oggetti che erano stati lasciati dall'assassino prima che se ne andasse.
La stanza era vuota: Barney era andato via.

«Cazzo.» borbottò l'uomo, abbassando la pistola per entrare in quei quindici metri quadrati di nulla.

Sulla sedia vi era la felpa che Gonzales aveva indossato la notte degli omicidi, un passamontagna e il cellulare dalla quale proveniva il segnale che aveva rintracciato insieme a Noah; era un modello vecchio, risalente ad una decina di anni fa, non avendo né internet né la capacità di scaricare applicazioni. Non aveva un codice di sblocco, perciò iniziò a spulciare la casella di posta, le chiamate e la rubrica. Era stato ripulito da tutto. Rispristinato da ciò che gli serviva. Aveva utilizzato due cellulari, uno per comunicare con le vittime, l'altro per uso personale. Con rabbia lo scaraventò contro il muro, rompendolo. Maledizione. Volse uno sguardo alla bacheca; vi era una mappa di Washington molto assortita, con la quale aveva segnato il percorso che Noah era stato in grado di ricostruire in neanche un'ora. Aveva studiato le vie senza videocamere, le routine di Nicholas e di Trevor a menadito, organizzando l'omicidio nel fine settimana, c'era un calendario dove aveva segnato con un pennarello rosso il giorno fatidico. Psicopatico killer. Aveva agito fuori dagli schemi di un mercenario. Aveva fotografato i gemelli nei luoghi che più frequentavano, come se fosse uno stalker, aggiungendo una descrizione su quanto tempo rimanevano lì, cosa facevano, con chi interagivano e perché. Dave era esterrefatto; aveva anche programmato di uccidere Dylan se la notte lo avesse scoperto mentre uccideva Trevor, spacciando il tutto per una rapina o un'aggressione finita in tragedia. Aveva compiuto il suo lavoro, e adesso dov'era finito? Già in viaggio per la prossima vittima? Aveva cambiato nascondiglio perché sapeva che lo avrebbero rintracciato? Così vicini, eppure così lontani. Ringhiò nervoso, dando un calcio contro il piede della scrivania. Il cestino della spazzatura, accostato ad essa, cadde a terra per la vibrazione, emettendo un tonfo che sollevò una piccola coltre di fumo. Subito un tanfo di bruciato invase le narici di Dave, sovrastando quello della muffa e della ruggine; il contenuto si rovesciò sul pavimento, mostrando una serie di fogli mezzi bruciati, non del tutto tramutati in cenere. Sollevando un sopracciglio, si chinò, prendendo quelle carte, e le girò per guardare il loro contenuto.
Il respiro gli morì in gola.
Erano foto. Foto dei gemelli Spencer.
Non foto qualsiasi, tuttavia.
Il sangue nelle vene, bollente per la rabbia, si raggelò in un'istante.
Risalivano a quando erano giovani, in servizio nello stesso team. Erano in divisa, abbracciati, felici, rasati entrambi, impossibili da distinguere per il loro essere omozigoti. Una strana sensazione invase lo stomaco di Dave, facendogli stringere la foto che tramutò parzialmente in polvere per quel poco di pressione; quelle foto non avrebbero dovuto essere lì. Quelle foto erano dei ricordi. Ne prese un'altra; i gemelli erano in aereo. Ricordava quel viaggio, stavano andando in Pakistan, fu l'ultima missione di Nicholas. Ma come...Un'altra mostrava le condizioni della gamba di Nicholas dopo l'esplosione; era una documentazione militare, degli archivi del Navy SEAL.

«Come ha fatto ad avere queste foto...?» farfugliò scioccato.

Le altre si erano bruciate interamente, ma queste tre erano le più in superficie, rimaste parzialmente intatte. Le conservò nella tasca. Si alzò e corse via da lì. Barney era fuggito da qualche parte, ma adesso la situazione era chiara e cristallina nella sua mente. Varcò l'uscita del magazzino, pressando le dita sull'auricolare per attivare il collegamento con il ragazzo.

«Non c'è bisogno che tu me lo dica.» lo anticipò Noah per niente colpito.

«Figurati. Non avevo dubbi.» parlò Dave con voce roca e autoritaria.

«Hai trovato qualcosa?»

«Foto. – ansimò il soldato per la corsa verso la macchina – Foto che Gonzales non avrebbe dovuto avere.»

Udì Noah smuoversi, forse cambiare posizione per la notizia assurda. «Il che conferma la mia supposizione.»

«Esattamente.» confermò Dave, la stizza manifesta.

I gemelli non avevano mai interagito con il loro assassino in precedenza, commettendo magari un qualche reato, anche indiretto, che avesse innescato nel panamense uno spirito vendicativo, il quale lo aveva ipnotizzato sino alla loro eliminazione, bensì si erano ritrovati in tre in una scacchiera.

«Qualcuno ha assoldato Gonzales per uno scopo che, in questo modo, sarebbe rimasto ignoto.»

«Quel qualcuno aveva calcolato tutto.» Noah stava battendo il piede contro il pavimento, Dave lo sentiva persino dalla radio. «Siamo di nuovo fermi.»

«Porca troia. Non abbiamo concluso un cazzo di niente. Dannazione!» imprecò, slacciandosi il tattico per non dare nell'occhio.

Dovevano continuare le ricerche, impedire a Barney di muoversi verso il suo prossimo obiettivo. Non avrebbe permesso a quel bastardo di uccidere ancora. No. Non sarebbe rimasto indietro. Non si sarebbe arreso con così poco. Lo avrebbe trovato, catturato e interrogato con tutto ciò che aveva a disposizione per farlo parlare una volta per tutte. Gli era parso di aver compiuto dei passi da gigante, di aver scalato parte di quella montagna insormontabile, quando invece aveva sì e no percorso dieci metri.
Pervaso da quei pensieri, eppure, non si accorse che qualcuno, distante dal viale, lo aveva osservato sin dal suo arrivo al magazzino. 

________________________________________________________________________________

Angolo Autrice:

Buongiorno! Eccoci qua con il nuovo appuntamento settimanale! 
Il mistero si infittisce, eh? 
Oltre ai vari battibecchi e nuove considerazioni che Dave ha mostrato nei confronti di un Noah dal colpo di genio, ci siamo ritrovati davanti ad una rivelazione shock: come faceva Gonzales ad avere quelle foto? E chi stava osservando Dave da lontano? 
Ci vediamo martedì prossimo!

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