Missing Brother [Completa]

Por Toffee_Lin

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Dopo essere stato separato per quattro anni dai suoi fratelli, Charlie ha la possibilità di riavvicinarsi a l... Más

1 - Charlie
2 - Charlie
3 - Elijah
4 - Charlie
5 - James
6 - Charlie
7 - Elijah
8 - Charlie
9 - Charlie
10 - James
11 - Charlie
12 - Charlie
13 - Elijah
14 - Charlie
15 - James
16 - Charlie
17 - Charlie
18 - James
19 - Elijah
20 - Charlie
21 - James
22 - Charlie
23 - Elijah
24 - Charlie
25 - Charlie
26 - James
27 - Charlie
28 - Charlie
29 - Elijah
30 - James
31 - Elijah
32 - James
33 - Elijah
34 - Charlie
35 - James
36 - Charlie
37 - Elijah
38 - Charlie
39 - Charlie
40 - James
41 - Charlie
42 - Elijah
43 - Charlie
PARTE 2
44 - Charlie
45 - James
46 - Charlie
47 - Charlie
48 - Elijah
49 - Charlie
50 - Charlie
52 - Charlie
53 - Elijah
54 - Charlie
55 - Charlie
56 - James
57 - Charlie
58 - Elijah
59 - Charlie
60 - Charlie
61 - James
62 - Charlie
63 - Elijah
64 - James
65 - Charlie
66 - Charlie
67 - Elijah
68 - James
69 - Charlie
70 - Charlie
71 - Elijah
72 - Charlie
73 - Charlie
74 - James
Epilogo - Charlie
Extra - Jefferson Russo

51 - James

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Por Toffee_Lin

Charlie è contentissimo di venire a una stupida festa insieme a noi. Credevo che si sarebbe dimenticato o sarebbe stato troppo stanco di venire dopo il pomeriggio passato con papà. Insieme sono andati al centro commerciale, e Charlie è tornato a casa con un nuovo libro di una saga fantasy di cui non smette di parlare da giorni, una busta con alcuni nuovi vestiti, cancelleria varia e un mal di pancia per aver mangiato troppo gelato. Era stremato ed euforico per il pomeriggio tra padre e figlio, ed è crollato dal sonno appena ha toccato il divano.

Ora è davanti a me. Si è svegliato, lavato, profumato e indossa una felpa verde con il logo di una qualche strana band sopra. Sono sicuro che sia la maglia di Elijah, gli va enorme. - V-va bene?

- È solo una festa, Charlie, non c'è bisogno di tanti preparativi.

Elijah esce da camera e gli mette un berretto in testa. - La sua prima festa da liceale, è normale che sia in ansia - gli sorride - ma non preoccuparti, fratellino, ti divertirai un mondo.

Charlie annuisce allegro e starnutisce. È da stamattina che lo fa e ho paura che possa essersi ammalato. È ancora debole e deve stare attento alla salute. Mi acciglio e voglio toccarlo per vedere se scotta, ma lui si porta improvvisamente le mani alla pancia. - Va-vado un attimo i-in bagno.

Sospiro. - Ti aspettiamo giù.

Lui corre per il corridoio ed Elijah ride. - Non si può lasciare papà solo con Charlie, lo riempie di dolci.

- È da irresponsabili - dico scendendo le scale.

- Parli di papà o Charlie? - chiede Elijah seguendomi.

- Entrambi - troviamo papà sul divano, la tv è accesa, ma lui sorride mentre digita al telefono. So cos'è quel sorriso e vedo Elijah scurirsi in volto quando capisce anche lui.

- State andando? - ci domanda papà, si alza e mette a posto la roba dal tavolino. Poi va in cucina e la sistema anche.

- Sì, tu? - Elijah si appoggia al bancone. - Esci o aspetti visite?

Papà si congela. - Forse è meglio che esca.

- Forse non dovresti.

Papà sospira. - Eli, vuoi davvero affrontare questa conversazione ora?

- E tu vuoi davvero continuare con questa farsa adesso? - ribatte mio fratello. - Non è il momento, papà, di pensare alla tua vita sentimentale.

Papà posa degli avanzi in frigo. - Non lo è mai per te.

- Dovresti pensare a Charlie - sbotta Elijah e io guardo dietro per controllare che Charlie non sia già sceso di sotto.

- Lo sto facendo - si acciglia papà. - Si può sapere perché ti dà così tanto fastidio il fatto che mi veda con qualcuno?

- Non mi dà fastidio - controbatte Elijah - è solo inopportuno vista la situazione. Diglielo, James! - si volta verso di me.

Faccio spallucce. - A me non dà fastidio. - Elijah mi guarda esterrefatto, come se lo avessi tradito sparandogli un colpo dritto alla schiena. Mi siedo. - Non vedo quale sia il problema, Eli, se lui è serio e... quella donna anche, perché no?

Elijah si acciglia. - Per Charlie è troppo presto.

Papà alza le mani e si avvicina a lui in modo pacifico, poi gliele appoggia sulle spalle. - Lo so, per questo non voglio ancora dirgli nulla, voglio che la situazione si stabilizzi di più, e se sarete tutti d'accordo, ve la farò incontrare.

- Come si chiama? - domanda Elijah.

- Emily - risponde papà e lo dice con un leggero sorriso in volto, come se anche solo pronunciare il suo nome fosse bellissimo.

Si sente Charlie scendere di fretta le scale e in un secondo è in cucina. - M-mi dispiace - si sistema il berretto in testa - ho fa-fatto tardi.

- Non importa - Elijah sorride e sembra essere ritornato improvvisamente quello di sempre - non c'è orario tanto a queste feste.

Papà lascia il fianco di Elijah e si accovaccia di fronte a Charlie. - Ti senti bene, Charlie?

Charlie annuisce più volte, poi papà si volta verso di me. - Fate attenzione e non rientrate molto tardi - lo so che lo dice per Charlie, perché oggi non sembra molto in forma, anche se è da quell'incubo tremendo di due notti fa che sembra più stanco e senza energie. Sento spesso Charlie avere gli incubi, di solito quando vado a controllare, Elijah è già entrato nel suo letto e cerca di tranquillizzarlo. Charlie gli piange addosso e trema, poi, dopo ore, riesce finalmente a calmarsi.

Il sogno dell'ultima volta, però, è stato terribile, Charlie non smetteva di urlare terrorizzato, implorava perdono e non è più riuscito ad addormentarsi, troppo spaventato. Si è ammutolito e non smetteva di tremare. Mi chiedo se e quando ricapiterà una cosa simile, cosa possiamo fare per evitare che accada. Ammetto che anche io ho difficoltà a dormire la notte, non come Charlie. A me non sono gli incubi a tenere sveglio, ma i pensieri: mia madre che non si trova, l'asma di Elijah che potrebbe fargli venire una crisi in qualsiasi momento, la nostra famiglia che è così incasinata. Penso sempre che basterebbe un nonnulla per distruggerla. Un giorno potrei tornare a casa e non trovare più Charlie come accadde cinque anni fa. E ogni volta che chiudo gli occhi, lo rivedo in quello sgabuzzino, coperto di sangue e lividi. Charlie non si fa mai vedere quando si veste, anche se in ospedale lo abbiamo aiutato spesso a lavarsi e cambiarsi, e sappiamo delle cicatrici e i segni. Ma, nonostante ciò, si cambia solo in bagno o in stanza velocemente quando Elijah non c'è. Mi chiedo se troverà mai il coraggio di farsi vedere, poi mi chiedo se io mi farei mai vedere, se riuscirei a superare tutto quello che il mio fratellino sta attraversando. Lui lo sta facendo in un modo incredibile. Continua a essere gentile, a fidarsi delle persone, ridere ed essere contento delle piccole cose. Non sembra dimostrare la sua età, a volte sembra un vecchio saggio che nel corso della sua lunga vita ne ha attraversate troppe. Poi, ci sono le altre volte, quelle dove piange per un qualcosa di stupido, non ti guarda in faccia perché è terrorizzato da qualcosa, non parla, fa i capricci perché non vuole andare a dormire e si accoccola nelle braccia di qualcuno contento fino ad addormentarsi. E lì capisco che è ancora un bambino, così tanto affamato di affetto e attenzione perché per anni ne è rimasto senza. Quando ci penso mi viene un nodo allo stomaco e penso che sarebbe stato peggio se lo avessimo trovato privo di ciò, arreso all'idea di riceverne, magari schivo anche su una singola carezza.

Papà lo abbraccia, e lui lo stringe di rimando. - Fai il bravo, figliolo, non perdere mai di vista i tuoi fratelli e fa sempre come ti dicono - Charlie annuisce, un sorriso che gli dipinge la faccia. Papà gli sistema il berretto, fiero di lui. - E, soprattutto, divertiti.

Charlie annuisce ancora, a volte si dimentica di usare le parole, altre volte quando è contento gli escono come un fiume in piena. - T-ti racconterò c-cosa ho fa-fatto. James ha-ha detto che c-ci saranno a-anche gli altri, m-ma mi ha p-proibito di b-bere a-alcool.

- Di questo farò finta di non aver sentito - dice papà e mi lancia un'occhiataccia - visto che so che non dovrebbe esserci proprio.

Charlie si copre la bocca con le mani. - Assolutamente - rispondo io prendendo le chiavi dell'auto, ed Elijah spinge Charlie fuori la cucina ridendo.

——

La musica è altissima, una marea di adolescenti riempie l'intera casa e ovunque ti giri c'è qualcuno che ti viene addosso. Quando siamo arrivati non c'era molta gente, Ben e Zack dovevano ancora arrivare, ma Donny e Chloe erano già qui. Li abbiamo salutati e siamo stati un po' col loro, poi hanno alzato la musica, dei vecchi amici mi hanno chiamato per andare a parlare con alcuni tizi che non vedevo da tempo, ho detto a Elijah di guardare Charlie, e il tempo è volato quando al gruppo si sono aggiunte delle ragazze e sono passati bicchieri di birra.

Non ho bevuto molto, il giusto per sentirmi abbastanza brillo, ma sono ancora in grado di guidare. Mi arriva un messaggio di Donny, dice che lui e Chloe hanno avuto un problema in famiglia e stanno andando via, poi aggiunge che Ben non si è fatto vedere. Mi acciglio e controllo i messaggi. Ben di solito avvisa o è il primo ad arrivare, ma non ha detto a nessuno di noi niente. È da un po' che ha iniziato a prendere un po' di distanze, non mi piace la cosa. So che si sta di nuovo vedendo e frequentando con gente poco raccomandabile e la cosa mi mette ansia. Sono stato troppo impegnato con i miei di problemi e non ho dato il giusto peso a Ben. Lo chiamo, non mi risponde. Gli mando un messaggio, ma non gli arriva.

- Va tutto bene? - una ragazza mi tocca il braccio e mi si avvicina con altra birra. Basta, questo posto è troppo caotico ed è già tardi. Meglio prendere Charlie ed Elijah e andare via. Vado in cucina dove li ho lasciati, spero che Charlie sia rimasto con Zack o Elijah, ma non trovo nessuno lì, o meglio, c'è una baraonda di ragazzi, alcuni bevono dalla fontana, altri sono sul bancone, alcuni si spostano in veranda verso il giardino, ma nessuno è chi sto cercando. Mi guardo ancora attorno e vado in salotto. Troppa gente, mi passo una mano nei capelli e qualche ragazzo mi ferma per parlare e una ragazza mi si avvicina e mi dice di unirmi a qualche stupido gioco. Li ignoro, dico loro che vado di fretta. Fermo un tizio che dovrebbe essere in classe con Elijah e gli urlo se lo ha visto. Lui fa un sorriso furbo e indica un angolo in fondo la sala. Lo sapevo, mio fratello è su una sedia con Zoe che gli sta addosso, sono attaccati come cozze e non voglio neanche sapere se ogni tanto prendono aria per respirare.

Gli vado vicino e lo tiro per una spalla. - Ehi! - si lamenta, poi riconosce chi sono. - Fratello, che mi racconti? - mi indica la ragazza ancora sulle sue gambe. - Ti ricordi di Zoe?

Lei ridacchia alzando una mano ma non la guardo neanche. - Dov'è Charlie? Dovevi tenerlo d'occhio.

- Rilassati - dice lui e ho voglia di picchiarlo - sarà con Chloe e gli altri ancora di là in cucina.

- No, non ci sono, Donny e Chloe sono andati via, e Zack non ho idea di dove sia.

Finalmente Elijah smette di sorridere e capisce la situazione. - Dov'è Charlie? Lo hai chiamato?

- Mi ha risposto papà - gli mostro il cellulare - indovina? Lo ha dimenticato di nuovo a casa.

Elijah si passa una mano in faccia. - Che novità - mi accorgo che ha le guance rosse e quando si alza traballa un po'.

- Quanto hai bevuto?

- Non lo so - risponde agitato - che facciamo?

Faccio schioccare la lingua e mi avvicino per farmi sentire meglio in quel caos pazzesco. - Tu cercalo dentro, io andrò a vedere fuori.

Lui mi guarda, ansima un po' e poi annuisce. Nel giro di pochi istanti viene mangiato dalla folla e lo perdo di vista, e io mi affretto ad andare in veranda. Controllo in piscina, chiedo ai ragazzi di basket che sono in giardino, ma nessuno lo ha visto, nessuno si porta dietro un dodicenne a una festa liceale. Sono sul punto di dare di matto. Era un'idea di Elijah quella di portarsi dietro Charlie, doveva tenerlo d'occhio lui. Poi mi maledico per essermi subito fatto trasportare dalla festa, dalle ragazze. Mi è piaciuto non preoccuparmi per un po' di nulla, essere senza responsabilità, e mi sono dimenticato delle cose più importanti. Cosa se Charlie si è perso, si sente solo e sta piangendo? Cosa se qualcuno ha iniziato a prenderlo in giro o a fare il gradasso con lui? Ha dodici anni, è timido e tremendamente ingenuo, avrei dovuto tenerlo sempre sott'occhio. Se qualcuno ha osato fargli qualcosa dovrà vedersela con me.

Attraverso la casa da dietro, Elijah mi messaggia chiedendomi se l'ho trovato e l'ansia mi cresce. Dov'è finito? Devo chiamare papà? Poi mi blocco quando esco sul davanti della casa. Sono ancora nella parte buia del giardino, ma intravedo una piccola testa bionda sotto un berretto sul portico seduto a un tavolino esterno. Subito riconosco che è Charlie. Mi prende un sollievo immenso e sento i muscoli irrigiditi rilassarsi. Mi avvicino per farmi vedere, ma mi fermo di nuovo quando mi accorgo che non è solo. Charlie sta giocando a carte con qualcuno. Il davanti è più tranquillo, la musica si sente di meno e con loro c'è solo una coppia seduta lontana sul dondolo.

- Com'è possibile che tu abbia di nuovo vinto, mini James? - esplode la voce seduta di fronte a lui, e anche se è di spalle riconosco a chi appartiene. È Jeremy, il mio compagno di basket, il ragazzo che ha sempre voglia di litigare con me e che mi provoca per qualsiasi cosa. - Dillo che bari.

Charlie ride. - M-mi ricordo l-le carte.

- Che abilità mostruosa è mai questa? Per me è barare, ora ridistribuisci che voglio la rivincita, mini James.

Charlie fa come Jeremy gli dice e riprendono di nuovo a giocare. Mi appoggio a una vecchia bici abbandonata in quest'angolo morto della casa e caccio una sigaretta mentre messaggio Elijah dicendogli di averlo trovato. È da un po' che non fumo in tranquillità, ed è bello vedere Charlie con qualcuno, che non siamo noi, parlare e ridere addirittura. Significa che non ha ancora perso completamente fede nell'umanità. Jeremy impreca ancora per aver perso altre carte, ha il tono rabbioso, ma Charlie sa che la sua rabbia non è diretta a lui.

- P-perché co-continui a c-chiamarmi m-mini James? - noto che con gli altri balbetta di più e ha il tono di voce più basso. Forse gli ci vuole un po' per aprirsi con chi non conosce. Lo era anche da piccolo. Quando c'era qualcuno che non conosceva, si nascondeva dietro le gambe di papà, ma dopo dieci minuti lo vedevi importunare quella persona con tantissime domande. Espiro con le narici il fumo e alzo la testa verso il cielo notturno.

- Che domande - risponde Jeremy - sei la sua copia sputata di quando andavamo alle elementari assieme, per la cronaca anche allora era insopportabile. Se avessi avuto anche i capelli scuri come i suoi ti avrei preso per un suo clone in miniatura.

- Da-davvero? - domanda Charlie tutto eccitato, come se gli avesse detto la cosa più bella di questo mondo.

- Certo - Jeremy pesca un'altra carta e mormora che questa volta la partita è sua - ovviamente ti manca il broncio da orso cattivo e quell'aria da saputello, ma quella è prerogativa sua.

Sorrido, sono stato etichettato in modi ben più peggiori di questi. - James n-non è ca-cattivo, è gentile - la voce di Charlie è ferma e mi scosto per vedergli un viso accigliato sulla faccia - è fa-fantastico.

Arrossisco anche se so che non possono vedermi. È troppo buio qui e sono nascosto anche se non è mia intenzione ficcanasare. Sto solo assaporando questo momento di tranquillità e allo stesso tempo sto tenendo d'occhio Charlie, perché di Jeremy non mi fido per nulla.

- Lo dici perché è tuo fratello - si giustifica Jeremy - ma se lo vedessi per la prima volta vedresti quanto in realtà sia un bastardo senza cuore.

- N-non è vero! - replica Charlie, con un tono che non gli avevo mai sentito prima. Sembra così deciso, sembra davvero crederci alle parole che dice. - P-perché dici q-questo?

- Perché lo odio - sbotta Jeremy, e non sono per nulla sorpreso dalla sua affermazione che ho già sentito miliardi di volte sul campo da gioco. - Quel tizio è presuntuoso. Solo perché sa giocare bene a basket, e cavolo, se non è il più forte che conosca, sfoggia quella sua aria da signorotto e... - prende fiato - mi ha rubato la ragazza! - Gli ho rubato la ragazza? Charlie deve guardarlo stranito come sto facendo io perché non dice nulla e Jeremy si calma. - Sì, insomma - dice impacciato - non credo neanche che lo sappia e la cosa mi fa ancora di più irritare.

- T-te l'ha rubata a-allora? - chiede confuso Charlie e, diamine, se lo sono anch'io.

Vedo Jeremy grattarsi la nuca, sembra che non sappia più come continuare la conversazione. - La ragazza con cui uscivo si prese una fissa per tuo fratello - come dargli torto? - e un giorno la beccai a flirtare apertamente con lui. - Il tono di Jeremy si scalda di nuovo. - Ricordo il modo in cui alzò lo sguardo su di me e mi fissò con quel suo sorrisetto idiota, sapeva che era la mia ragazza.

- E-e poi? - domanda Charlie curioso, lo sono anch'io perché non la ricordo proprio questa storia.

- Lì per lì non accadde nulla, tuo fratello la liquidò come se nulla fosse, ma in seguito a quell'episodio io e la mia ragazza litigammo di brutto e ci lasciammo.

- La-la picchiasti? - domanda timoroso Charlie, e mi sorprende la sua domanda.

Sorprende anche Jeremy perché subito lo risponde. - No, no, certo che no. Urlammo e ci dicemmo cose non proprio belle, ma non siamo mai arrivati alle mani.

- Oh - dice solo Charlie e riprendono a giocare.

Ci sono alcuni istanti di silenzio. - Tuo padre lo fa? - chiede Jeremy e mi irrigidisco alla sua domanda. Ci stiamo troppo avvicinando a un terreno scoperto. - Quando litiga con tua madre la colpisce?

Sposto lo sguardo su Charlie e lo vedo scuotere la testa fortissimo. - P-papà n-non lo ha m-mai fatto... mai!

- Bene - scrolla le spalle Jeremy - cool... insomma, è normale, non sarebbe normale se lo facesse, mi... mi capisci, no?

Vedo Charlie confuso e mi chiedo cosa lo confonda ancora, mi sale un po' d'ansia. - M-ma tu e J-James vi-vi siete p-picchiati.

- Lì è diverso, mini James - dice Jeremy - tuo fratello è una testa... - guarda Charlie e cambia il corso dell'espressione successiva - calda che vuole sempre litigare, e anche io lo sono, quindi c'è consenso. - Poi si rende conto di aver detto una cosa idiota e cerca di correggersi. - Ma sbagliamo, ok? Non prendere esempio da noi, non ci si picchia tra compagni.

- O-ok - risponde Charlie e Jeremy impreca quando pesca una carta che sembra gli abbia incasinato il gioco.

- Anche se ora lo capisco un po' tuo fratello, sai - dice improvvisamente. - Durante il periodo in cui si diceva che eri in ospedale, andava in giro per la scuola ancora più nero del solito e non gli si poteva dire una parola che ti aggrediva. Era sempre scorbutico e ha mancato ai suoi doveri di squadra.

Non mi piace che racconti di questo a Charlie, lui non deve sapere quanto sia incasinato anche io. - P-per colpa mia? - chiede, e ho voglia di spaccare la faccia a Jeremy che sta solamente alimentando le insicurezze di Charlie con le sue chiacchiere inutile.

- Certo - risponde tranquillo lui - era preoccupato per te, anche io sarei stato intrattabile se fosse successo che la mia sorellina fosse stata in ospedale, anche lei fa le elementari - mette una carta a terra. - Ora stai meglio?

Charlie annuisce. - M-molto.

Sospiro e getto a terra il mozzicone di sigaretta, lo calpesto e penso che sia meglio andare via. Non voglio ascoltare altro, mi imbarazza che parlino di me, poi sento Charlie tossire e mi rendo conto che qua fuori fa freddo ed è tardi, meglio prenderlo e andarcene proprio.

- Charlie - lo chiamo uscendo da dietro la casa. Lui si volta un po' allarmato per la voce improvvisa e poi sorride contento. Credo sia l'unica persona su questo pianeta a essere così felice di vedermi.

- James! - si alza e mi viene incontro. Prima che possa accorgermene mi si attacca alla vita. Sta diventando sempre più un moccioso. Lo accarezzo in testa e lui mi stringe di più.

Jeremy si alza torvo. - Cosa!? Credevi che me lo potessi mangiare? - è sprezzante e ha un tono completamente diverso rispetto a quello che stava usando con Charlie un secondo fa, ma ora non mi dà più tanto fastidio. - Tranquillo, non sono ancora arrivato ad assaggiare carne umana - si gratta in testa. - Meglio che vada a casa, tanto la festa è uno schifo perché qualcuno ha avuto la brillante idea di invitare la mia ex.

Scende le scale del portico e ci supera. - Jeremy - lui si ferma quando lo chiamo e si volta appena verso di me - Charlie fa la seconda media.

Sbarra tanto d'occhi. - Davvero? - guarda lui da cima a fondo e io lo fulmino perché così è troppo palese. - O-ok, insomma, deve ancora crescere, lo sviluppo ai ragazzi arriva molto dopo, giusto?

Non aspetta risposta e va via. Charlie si stacca da me e io lo esamino meglio. Si strofina gli occhi stanchi e ha il naso rosso, chissà da quanto è qui fuori. - Perché non eri dentro, Charlie? - domando, e per un attimo ricordo come si sia aperto con Jeremy che ha conosciuto appena e a me non dice neanche come vanno le cose a scuola.

- S-soffocante - abbassa lo sguardo - c'era t-troppa gente d-dentro.

- Avresti dovuto dirlo a me o Elijah e saremmo andati via.

- M-ma voi vi-vi stavate d-divertendo - risponde toccandosi il berretto.

- Non importa - e mi chiedo quanto io mi apra con lui, tanto da farlo fidare a fare altrettanto - tu sei più importante.

- E-eri preoccupato? - chiede.

Lo fisso. - Ovvio, e se qualcuno ha osato darti fastidio devi solo farmi il nome o dirmi com'era il suo aspetto e lo sistemerò per bene.

Charlie ride pensando che scherzi. - N-nessuno m-mi ha dato fa-fastidio, s-sono stati t-tutti gentili.

- Davvero? - annuisce e io lo fisso intenso. La strada è silenziosa di notte, dalla casa viene la musica alta, ma almeno non c'è bisogno di urlare per parlare qui fuori. - A scuola, invece? Ti danno fastidio? - Charlie abbassa lo sguardo, si ammutolisce e non mi dice più niente. Mi si stringe lo stomaco. Mi siedo sull'ultimo gradino del portico e gli prendo la mano. - Puoi dirmelo, Charlie. Io, papà ed Elijah siamo molto preoccupati. Se le cose sono difficili vorremmo aiutarti. - La mano di Charlie è piccola, sembra davvero quella di un bambino delle elementari. Il dottore dice che è a causa di stress e malnutrizione se Charlie è in ritardo sulla crescita, e il fatto che mangi ancora così poco mi preoccupa.

Charlie guarda la mano che gli sto tenendo, poi abbassa di nuovo lo sguardo mortificato. - A-Alan mi ignora.

- Il fratellino di Cooper? - annuisce. Elijah mi ha fermato quella volta quando stavo per rivelare la verità a Charlie. Ho pensato che dovesse saperlo, ma poi Elijah a casa mi ha detto che già per lui è difficile ambientarsi, dargli anche brutte notizie sarebbe stato peggio. Sono stato d'accordo con lui e non gli ho detto nulla pensando che lo facesse Alan, ma sembra che non sia stato così. - Perché?

Charlie fa spallucce, poi apre bocca. - L'ho fa-fatto arrabbiare e-e lui ora m-mi odia - sembra sul punto di piangere e detesto vederlo così, anche perché ricordo quanto fu contento di dirmi che lo aveva incontrato e stavano in classe insieme.

- Sono sicuro che non è così, Charlie, lui non ti odia - da piccoli erano una seccatura. Lui, Alan e un altro ragazzino, una volta assieme, diventavano ingestibili. Giocavano sempre ai ranger o correvano e facevano scherzi da bambini che ti facevano irritare.

- T-tu non l-lo sai - si asciuga gli occhi umidi con una mano.

- E tu cosa ne sai? - chiedo tranquillo. - Te lo ha detto lui che ti odia?

- N-non proprio.

- Allora parlaci - gli stringo la mano fredda, sta congelando - sono sicuro che è tutto un malinteso - lui mi guarda ancora incerto. - Lo farai, Charlie?

Non mi risponde, non mi fa neanche un gesto. Se ne sta fermo con la faccia dipinta di emozioni. Paura, tristezza, ansia. Sto per dirgli altro, ma Elijah ci compare dietro come una tempesta. Lascia la porta aperta e la musica diventa forte. - Puoi anche dirmi dove lo hai trovato, James. Ho dovuto cercare due persone dopo. - Qualcuno gli dovrebbe dire che ha un pessimo tempismo. Finalmente ero riuscito a farmi dire qualcosa e lui viene e rovina tutto. Elijah guarda Charlie sul punto di piangere, la mano che gli tengo e poi me che lo fulmino con lo sguardo. Alla fine capisce di aver interrotto qualcosa. Chiude perlomeno la porta. - Va tutto bene?

Charlie annuisce e ritorna quello di sempre. Poi starnutisce e io mi alzo sospirando. - Andiamo a casa - sto per lasciargli la mano, ma lui me la stringe. Forse non è andata così male la conversazione. È bastato rivelargli un po' dei miei sentimenti per farlo aprire e farlo fidare di più. Scherzo dandogli fastidio, spingendogli di più il berretto in testa con la mano libera e lui ride.

Elijah ci è affianco mentre attraversiamo il cortile. - Ti sei divertito, fratellino?

Charlie annuisce con nuovo vigore. - H-ho giocato a-a carte con J-Jeremy.

- Fai sempre cose noio... - si blocca - un momento, Jeremy? - mi guarda. - Quel Jeremy?

- Quel Jeremy - confermo.

Elijah ci guarda scioccati, poi ride a gran voce. - Certo, Charlie, che ti fai come amici le persone più spaventose.

Vorrei dire che è la gentilezza e il buon cuore di Charlie ad attirare la gente, a farle ammorbidire. Il suo cuore dovrebbe essere chiuso e irrigidito, e invece, nonostante i tagli e le ferite, batte, pompa come un pazzo e non smette mai di portare felicità a chiunque incontri.

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