Il volto del padrone

By gsalatiello

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La normalità della vita di Seline verrà presto sconvolta e si troverà rinchiusa in uno stanzino tra le grinfi... More

Introduzione
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Capitolo VII
Capitolo IX
Capitolo X
Capitolo XI
Capitolo XII
Capitolo XIII
Capitolo XIV
Capitolo XV
Capitolo XVI
Capitolo XVII
Capitolo XVIII
Capitolo Conclusivo

Capitolo VIII

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By gsalatiello

Continuavo a fissare la scritta gocciolante sul muro: il mondo è grigio. Come poteva dire quelle cose, parlare come uno che disprezza tanto la gente e l'amore e avere nella voce un grido d'aiuto, come uno che ha sofferto talmente tanto che adesso cerca solo l'ultimo appiglio per non cadere nel fosso?
Come poteva dire che l'amore non esiste e avere una così disperata richiesta d'amore nella voce?

Mi guardai intorno. Le pareti, il soffitto: grigio. Ero circondata da grigio. E di fronte a me c'era una scritta che recitava il mondo è grigio.

Cercai dei ricordi che mi facessero sentire meglio, come un pittore che cerca i colori per dipingere la propria opera, anche io cercavo dei colori per rendere quella stanza un po' meno grigia.

Mi venne in mente il bianco puro di mia madre, che mi pettinava i lunghi capelli e mi stampava un forte bacio sulla guancia prima di mandarmi a scuola.
Mi venne in mente il blu in tutte le sue sfumature, il blu delle vacanze al mare sulla barchetta di mio padre, tra il blu intenso delle infide onde e il celeste del cielo percorso da nuvole e attraversato da gabbiani.
Pensai al verde umido dei prati bagnati di rugiada che calpestavo con il nonno, in montagna e all'arancione caldo del fuoco nei pressi del quale mi scaldavo con la nonna. Pensai ai mille colori delle loro storie.
Pensai al giallo del sole che batteva caldo sui bar nel 2006, quando nel fiore dei miei 17 anni gioivo per la vittoria dei mondiali con Lia senza capire niente di calcio.

Poi venne il nero. Il nero dei vestiti eleganti di persone che piangevano: quel maledetto 8 febbraio del 1995 mi portò via il bianco e il blu.
Il grigio. Il grigio a righe delle giacche appuntate di quei signori che mi chiedevano come stavo e io rispondevo "voglio la mamma e il papà" per poi essere abbracciata dalla nonna, che voleva essere forte ma non riusciva a non singhiozzare.

Da quel giorno persi un po' di colori sulla mia tavolozza. I miei quadri erano sempre più grigi e neri. Il mio mondo era diventato grigio, come diceva quella scritta sul muro.
Non potevo credere di essere stata così cieca, di aver visto colori lì dove era tutto grigio.

Allora il padrone aveva ragione. Il mondo è grigio. Ma aveva ragione anche sull'amore? Era un sentimento reale o qualcosa inventato dall'uomo per colorare il mondo?

Tutti questi pensieri mi facevano impazzire. Un mal di testa lancinante portò qualche lacrima ad uscire dal mio viso. Mi misi i palmi sulle tempie.

Di lì a poco sentii che la strada si popolava. Le voci della sera, dei gruppetti di amici, i passi lenti di chi si gode una serata tranquilla.

Una voce, appartenente ad una ragazza, iniziò a cantare. Doveva essere un'artista di strada. Aveva una voce dolce e melodiosa. Credo che fosse abbastanza giovane, non aveva più di 16 anni.

Cantava in francese. La canzone era stupenda e diceva:

Je vais t'aimer
Comme personne n'a osé t'aimer.
Je vais t'aimer
Comme j'aurai tellement aimé être aimé.
Je vais t'aimer. Je vais t'aimer.

Quelle parole arrivarono al momento giusto, quando enormi dubbi affliggevano i miei pensieri, giunsero le risposte cantate da una voce di angelo. Ti amerò come nessuno ha osato amarti, ti amerò come avrei tanto voluto essere amato. Se qualcuno era in grado di gridare quelle parole, qualcosa di vero nell'amore doveva esserci.

La gente esplose in un applauso e anche io da lì sotto, battei le mani.

La serata andò avanti e la ragazza continuò a cantare. La strada si svuotò lentamente lasciando posto al silenzio della notte.

La ragazza iniziò a prepararsi, a raccogliere tutto per andare via. Intanto continuava a canticchiare quella canzone. Fu allora che decisi.

Mi alzai in piedi, mi avvicinai alla parete con la grata e piano piano iniziai a cantare: «Je vais t'aimer, comme personne n'a osé t'aimer».

«C'è qualcuno?» chiese la ragazza, rivolta verso la strada.

« Je vais t'aimer, comme j'aurai tellement aimé être aimé.» la voce iniziò ad incrinarsi per il pianto.

«C'è qualcuno qui dietro? Chi è che canta?»

«Io, sono io, ci sono io che canto» la mia voce rotta dalle lacrime riempiva la stanza, viaggiando nel silenzio della notte.

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