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بواسطة AppleAnia

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✨🏆WATTYS 2023 WINNER🏆✨ | migliore ambientazione | «... ma furono i nuovi decreti del 391 a inasprire le pr... المزيد

MAPPE
PERSONAGGI
✤ Parte prima • L'OMBRA DELL'EREDE ✤
0 • PROLOGO
1.1 • TIBUR SUPERBUM
1.2 • LA GIURIA
1.3 • IL GENIO
1.4 • DEVON
1.5 • OBUMBRATI
1.6 • PRECIPIZIO
1.7 • INNOMINABILI
1.8 • DEMONE
1.9 • CONTROLLO
1.10 • IL PROCESSO
1.11 • L'AMULETO
1.12 • RADICI
1.13 • LA PROFEZIA
1.14 • CATABASI
1.16 • SACRILEGIO
1.17 • L'ESSENZA STESSA DEL REGNO
1.18 • FIAMMA
1.19 • INIZIAZIONI
1.20 • NESSUNA PAROLA D'ORDINE
1.21 • TRADIMENTO
1.22 • VILLA TECLA
1.23 • LA SETTA
1.24 • CORVO
1.25 • LA VENDETTA NON È GIUSTIZIA
1.26 • SETE
1.27 • SPECCHIO
1.28 • LA FERITA INCANDESCENTE
1.29 • IL POTERE LOGORA IL GENIO
1.30 • LA TERZA REGOLA
1.31 • UNA SETTA NON È UNA DEMOCRAZIA
1.32 • LA PENULTIMA SIBILLA
1.33 • ANIMUS BELLIGERANDI
1.34 • LO SBRACATO
1.35 • LA PIETRA NERA
1.36 • AZOTO LIQUIDO
1.37 • MASCHERA SENZA OCCHI
1.38 • CHI VIOLERÀ QUESTO LUOGO SIA MALEDETTO
1.39 • ENEA
1.40 • VIVERE INSIEME O MORIRE DA SOLI
Extra: riassuntoni
✤ Parte seconda • LA CONDANNA DELLA MEMORIA ✤
2.1 • POIS
2.2 • BLACKOUT
2.3 • COME SE SI ASPETTASSE L'APPLAUSO
2.4 • IL COLLEGIUM
2.5 • UN DETTAGLIO ASSOLUTAMENTE IRRILEVANTE
2.6 • INCONTRI FORTUITI E BRUTTE NOTIZIE ANNUNCIATE
2.7 • GEMELLI
2.8 • TAKESHI WATANABE
2.9 • BIGLIETTO DI SOLA ANDATA PER GLI INFERI
2.10 • TUTTO FUORCHÉ SNELLA
2.11 • QUALCOSA DI VAGAMENTE AZZURRINO
2.12 • DOMINA
2.13 • UN LAVORO DI FINO
2.14 • VISIONE SUPERIORE
2.15 • L'IMPORTANTE È CHE TI PIACCIO ANCORA
2.16 • CANCELLI DISCHIUSI
2.17 • CORVINA
2.18 • RAMI
2.19 • TIZIO, CAIO E HARPASTUM
2.20 • ASSETTO DA GUERRA
2.21 • GRANDE PUFFO BEVE IL GIN
2.22 • UN VERO GENIO
2.23 • TORMENTO E VENDETTA
2.24 • VORAGINE
2.25 • CONTO ALLA ROVESCIA
2.26 • SNEBBIAMENTO
2.27 • REIJIRO
2.28 • IMPRESE ILLEGALI
2.29 • CONDIZIONE NON SODDISFATTA
2.30 • DI DISPERAZIONE E DI SETE
Extra: riassuntone II
PERSONAGGI pt. 2
✤ Parte terza • LE BAMBOLE DI GHIACCIO ✤
3.1 • PARLAMI DI CONSTANTIN
3.2 • MALEDETTE COSCE SECCHE
3.3 • SE TI AVVICINI TROPPO FAI MALE AL NASO
3.4 • RITRATTO DI FAMIGLIA
3.5 • MOLTO AMICHEVOLE
3.6 • IL SIMBOLO DELLA NOSTRA OPPRESSIONE
3.7 • SBAVATO E SBIADITO DAL TEMPO
3.8 • GRAPPA DELL'ACROPOLI
3.9 • PEGGIORE DELLE PIÙ NEFASTE PREVISIONI
3.10 • DI LÀ
3.11 • PUR SEMPRE UN GENIO
3.12 • NOTTE DI LUNA CALANTE
3.13 • QUELLA VOLTA A TOKYO
3.14 • CONTINUAMENTE E PER FUTILI MOTIVI
3.15 • SENZA STARE A FORMALIZZARSI PIÙ DI TANTO
3.16 • INCANTAMENTUM
3.17 • BELLICREPA
3.18 • LA VIGILIA DI NATALE
3.19 • DECISIONI DRAMMATICHE
3.20 • BAMBOLE DI GHIACCIO
3.21 • INFRACTUS
3.22 • E et C
3.23 • URLA CHE INVOCANO VENDETTA
3.24 • UNO PER OGNUNO DEI SETTE
3.25 • ESSERE UN GENIO È BELLISSIMO
3.26 • UN TERZO DELLO SPIRITO
3.27 • L'OMBRA DI ALASTOR
3.28 • MACERIE
3.29 • PER LEI
3.30 • SPREGIUDICATAMENTE FOLLE
3.31 • CENTOVENTOTTO
3.32 • IL RASTRELLATORE MANGIA BAMBINI
3.33 • POLLICE VERSO
3.34 • UN'ULTIMA VOLTA SOLTANTO
3.35 • IL MOMENTO DI METTERE TUTTE LE CARTE IN TAVOLA
3.36 • LA GRANDE CASCATA
3.37 • IL DETENTORE DEL BRACCIO DELLA BILANCIA
3.38 • DISPENSATORI ARBITRARI DI SOFFERENZA E MORTE
3.39 • SED UT NULLO
3.40 • IL SOGNO PIÙ BELLO CHE ABBIA MAI FATTO
EPILOGO
RINGRAZIAMENTI
ALBERO GENEALOGIO

1.15 • CREATURE

447 43 195
بواسطة AppleAnia

Saltai per prima. Chiusi gli occhi e trattenni il respiro. Yumi e Devon saltarono subito dopo e, in men che non si dica, ci trovammo a galleggiare uno vicino all'altro, tossendo e battendo i denti. Il fiato mi si era mozzato nella gola, che sembrava paralizzata. La pelle pizzicava e tirava per il freddo e per la violenza dell'impatto con l'acqua.

«Dobbiamo prendere lo scettro» boccheggiò Devon, poi prese un respiro profondo e si immerse.

Lo scettro giaceva ancora illuminato sul fondale e Devon lo recuperò piuttosto agilmente.

Tutto intorno a noi c'era solo roccia. E una galleria.

«Sembra una fogna» disse Devon.

Lo sembrava davvero. Sia per la struttura che per l'odore. Effettivamente, forse lo era.

«Dei, adoro le fogne» esclamò Yumi che, benché bagnata, congelata e ricoperta di melma sulla cui composizione preferimmo non indagare, sembrava comunque pronta per la passerella. «Imbocchiamo questa galleria, allora».

«Come facciamo a sapere se stiamo andando nella direzione giusta?» domandai, a un certo punto, reggendo lo scettro in mano a mo' di torcia.

«Stiamo andando nella direzione giusta» disse Devon.

«Come fai a saperlo?» domandai, sorpresa.

«C'era anche questo nel sacco della tua professoressa».

Devon stringeva nella mano una bussola di ottone che, anziché indicare i punti cardinali, indicava quattro templi di Vesta. E l'ago di platino puntava dritto verso quello di Tivoli.

Mentre loro due fissavano la bussola con quella stessa aria trasognata che riservavano a qualsiasi anticaglia la Di Pietro avesse infilato nella sacca anche per sbaglio, io mi ritrovai ad alzare lo sguardo sperando di intravedere un qualche spiraglio di luce.

«Devon, guarda là!» urlai.

Sopra le nostre teste si apriva una voragine che, forse, ci avrebbe consentito di raggiungere il passaggio principale.

«Cerchiamo di salire da qui!» disse Yumi. «Ania, sai usare la psicocinesi, per caso? Si dice che alcuni geni sanno farlo».

«Certo» risposi.

«Davvero?» chiese Devon.

«No, ovviamente».

«Come no?» scattò Yumi. «Cosa hai imparato allora da Gilbert? Ad abbinare il nero col marrone?»

«A controllare le mie zanne, per esempio» risposi, offesa.

«Che era la cosa più urgente da fare» mi appoggiò Devon.

«Certo» ammise Yumi, infine. «Quindi che facciamo?»

«Niente» disse Devon. «Continuiamo per di qua e speriamo di trovare presto un altro punto di congiunzione».

E così facemmo. Continuammo a camminare finché la grotta non si divise in tre gallerie, completamente buie e perfettamente identiche. Rimanemmo per qualche secondo in silenzio. All'ingresso di ogni galleria c'era una torcia spenta.

«Molto bene» disse Devon, rompendo finalmente il silenzio.

«La professoressa ti ha detto qualcosa a proposito delle deviazioni, Ania?» chiese Devon.

«Purtroppo no».

«Forse perché non le avremmo trovate, se il pavimento non fosse crollato» disse Yumi, pensierosa.

«Credo che arrivino tutte e tre più o meno nello stesso punto, comunque» disse Devon avvicinandosi a ogni galleria con la bussola in mano. «Perché neanche questa sembra indicare un passaggio rispetto a un altro. E comunque siamo tre persone e abbiamo tre gallerie. Poteva andare peggio».

«Certo» disse Yumi, acida. «Se fossero state cinque gallerie sarebbe stato peggio».

«O se fossimo stati soltanto in due» aggiunse Devon.

«Un momento» dissi incredula, interrompendo il siparietto. «State proponendo... di separarci?»

«Credo che sia l'unica soluzione» rispose Devon. «L'importante è che uno di noi riesca ad arrivare».

«Non credo proprio!» disse Yumi. «La profezia dice che deve essere Ania ad arrivare!»

«Se lo dice la profezia allora vorrà dire che arriverà, no? Io prendo la strada al centro. Ciao» disse Devon, avviandosi.

«Aspetta Devon!» lo chiamai. «È troppo pericoloso!»

«Ma no. Un passaggio arriva sicuramente alla meta. I due che avranno preso la strada sbagliata saranno costretti a tornare indietro, e si rincontreranno qui. Il primo che arriva dovrà aspettare il secondo, mi raccomando. E poi, insieme, prenderanno la terza strada, che sarà senz'altro quella giusta. Non vi sembra geniale? Io vado».

Non ci diede neanche il tempo di rispondere. Entrò nella caverna centrale, afferrò la torcia dal muro, che subito si accese, e sparì.

«Facciamo davvero così?» chiesi a Yumi.

«Per forza» rispose mestamente lei. «Ti pare che abbiamo altra scelta?»

Camminavo da qualche decina di minuti. Le gambe indolenzite mi tremavano e il cuore mi batteva all'impazzata. I vestiti bagnati mi si erano ghiacciati addosso.

La galleria proseguiva abbastanza diritta, ogni tanto curvava di poco a destra o a sinistra, raramente scendeva o saliva leggermente. Camminavo lentamente, le orecchie rizzate a cercare di carpire il minimo rumore.

All'improvviso sentii uno scroscio simile ad un battito d'ali, ma più forte, più ruggente e frastornante.

Poi qualcosa di enorme volò sopra di me e mi urtò alle spalle, facendomi cadere faccia a terra.

Due artigli grossi come le mani di un orco mi graffiarono la schiena, poi mi afferrarono e mi sollevarono. Persi la torcia, urlai con tutto il fiato che avevo in gola; la cosa continuava a trascinarmi sbattendo le ali ripugnanti, emettendo un suono talmente orrendo e feroce che sembrava potesse condurmi alla pazzia.

Mi trascinò per non so quanti metri, prima di lasciarmi cadere, anzi di lanciarmi, in un giaciglio simile a un nido e, solo a quel punto, riuscii a vederla in faccia.

La cosa che stava per divorarmi era un enorme uccello col volto di donna, i capelli lunghi e arruffati, la bocca enorme. Sapevo cos'era. La mia micidiale memoria fotografica non mi aveva abbandonata neanche in un momento del genere: senza ombra di dubbio, la creatura che si trovava davanti ai miei occhi era una strige.

Ma non ebbi neanche il tempo di elaborare quel pensiero che il mostro si avventò su di me con le enormi fauci spalancate. O meglio, tentò di avventarsi su di me. Perché, evidentemente, le mie zanne erano più aguzze delle sue.

Le mie zanne affondarono nella carne della strige che subito si accasciò per terra agonizzante, sbattendo scompostamente le grosse ali e gracchiando come uno stormo di corvi morenti.

Senza fermarmi a pensare un secondo, fuggii tornando sui miei passi più in fretta possibile, praticamente senza fiato e con il cuore che mi martellava nel petto. Avevo davvero visto la morte in faccia. La brutta faccia di un rapace assetato di sangue.

Corsi più veloce possibile. Uscii dalla galleria e mi accasciai per terra senza fiato.

«Ah, ben tornata» mi disse Yumi.

Anche lei era seduta per terra.

«Ho incontrato una strige» rantolai.

«Corna di Bacco! Stai bene? Io credo di aver incontrato un ciclope».

«Cosa?» domandai, cercando di rimettermi in piedi.

«Non sono sicura. Di certo aveva un solo occhio. Ed era molto grosso».

«Ma... come hai fatto a scappare?» domandai, allibita.

«Era lento. Ed è anche rimasto incastrato nella galleria».

«Stupendo» commentai. «Tradito dal suo stesso culone».

«Perché ci sono queste creature, qui sotto?» domandai.

Ci eravamo rimesse in piedi e avevamo imboccato la galleria centrale, con Yumi che canticchiava la sigla di un anime in giapponese, come se stessimo recandoci a fare un picnic e non avessimo appena sfiorato una fine orrenda.

«Perché ci vivono recluse».

«Quindi ce ne saranno chissà quante altre».

«Credo che ce ne siano molte, sì».

«Accidenti. Pensa se gli Obumbrati sapessero...»

«Ma lo sanno» mi interruppe. «Ci sono esponenti Superbi in tutti i principali organi intergovernativi. E questi, quindi, sono a conoscenza dell'esistenza di Tibur e di tutto il resto, creature comprese. Sono loro che si occupano di coprire gli incidenti che ogni tanto si verificano».

«Che incidenti?» domandai, un po' spaventata.

«Di vario tipo. Terremoti, incendi, tornado, e qualche omicidio... spesso sono collegati a qualche abitante di Tibur o a qualche creatura connessa».

«Ma allora se...» provai a dire, ma Yumi mi interruppe.

«Aspetta!» sussurrò. «Mi sembra di aver sentito qualcosa».

Ma non ci fu bisogno di rimanere in ascolto più di tanto per capire di che cosa si trattasse. Infatti l'urlo straziante di Devon risuonò per tutta la galleria, fendendo il silenzio. Senza dire una parola corremmo a perdifiato verso di lui.

Raggiungemmo la fine del tunnel e ciò che ci trovammo davanti ci lasciò sgomente. Devon era malconcio ma in piedi, stringeva lo scettro in mano e, con esso, tentava di allontanare tre donne seminude che ridevano a crepapelle.

Avevano serpenti al posto dei capelli, occhi di fuoco e denti appuntiti e in mano tenevano torce e fruste.

Non appena ci videro lasciarono perdere Devon e si avventarono su di noi, ci cinsero le spalle e ci immobilizzarono, gracchiandoci suoni confusi nelle orecchie.

«Smettetela!» urlò Yumi, portandosi le mani alle orecchie. «Ti prego, basta!»

Non avevo idea di cose stesse succedendo. Una delle tre bruttone stava sussurrando qualcosa anche a me. Solo che, a me, il suo confuso vociare non stava facendo né caldo né freddo. I serpenti che aveva al posto dei capelli, invece... quelli sì che mi facevano ribrezzo.

Yumi, invece, sembrava devastata. Devon, con lo scettro ancora in mano, si scagliò su di loro e la creatura si ritrasse spaventata. I miei amici, quindi, erano in salvo, al riparo dietro lo scudo che lo scettro, a quanto pareva, stava fornendo. Solo io ero ancora sotto attacco.

«Senti, che dici, la facciamo finita?» dissi alla tizia che stava disperatamente cercando di attaccarmi, dimenandomi per sottrarmi dalla sua presa e allontanarmi dai serpenti. «Ti sei accorta che non sta funzionando? Stai facendo una figura barbina».

La creatura si allontanò di qualche passo, incredula. Anche le altre due, che stavano ancora danzando intorno a Yumi e Devon, si voltarono a guardarmi. Poi, con mio sommo sgomento, si prostrarono tutte e tre per terra ai miei piedi.

«Domina» disse una di loro, con una voce melodiosa e surreale, che sembrava provenire da lontano. Pareva impossibile che quella creatura, solo pochi attimi prima, avesse emesso suoni tanto disumani. «Dicci, ti prego, cosa possiamo fare per servirti».

Per servirmi?

«Smettetela di fare casino e lasciateci passare» provai, sospettosa. «E cambiate parrucchiere».

E, nel dirlo, le riconobbi. Erano Furie.

«Sono Vendicatori minori, Ania» sussurrò Yumi, avvicinandosi a me con prudenza. «Per questo rispondono a te».

«Dobbiamo raggiungere Tibur. L'acropoli, precisamente. Potete indicarci la strada?»

«C'è solo un modo, domina» disse una di loro, alzando lo sguardo su di me per una frazione di secondo per poi riabbassarlo in fretta. «Dovete raggiungere il traghettatore».

«Dov'è?» chiesi. «Potete portarci da lui?»

«Certo, domina! Vi porteremo dal traghettatore. E lui vi condurrà fino al tempio».

«Bene» dissi, poi mi voltai verso Yumi e Devon. «Ci fidiamo?»

«Abbiamo pur sempre lo scettro» rispose Devon.

«Va bene, allora» conclusi. «Portateci da questo traghettatore».

Le creature ci avevano condotto attraverso un intricatissimo labirinto di grotte fino alla sponda di un lago sotterraneo, nel quale un vecchio magro e barbuto galleggiava su una specie di zattera.

«Dove dovete andare? Non siete anime in pena, né Creature degli Inferi. A parte tu» disse, indicandomi con una mano scheletrica.

«Dobbiamo raggiungere il tempio di Vesta. Ci manda la Di Pietro» dissi.

«Cara, vecchia Lara!» sospirò lui. Sembrava davvero gli mancasse qualche rotella. «Io non posso trasportarvi da nessuna parte. Le mie mansioni...»

«Non ci importa niente delle tue mansioni, nonno. È l'oracolo a volere così. E poi guarda qua» rispose Devon, agitandogli lo scettro davanti alla faccia.

Il vecchiò trasalì un attimo alla visione di quell'affare ma si riscosse subito.

«La traversata ha un prezzo» disse.

«Fallo di Priamo, nonno, dovresti essere tu a regalare soldini a tuoi nipoti» disse Devon, frugando furiosamente nella sacca della professoressa dalla quale estrasse due monete d'oro che gli lanciò. «Ecco. Va' a comprartici un gelato».

Il vecchio osservò attentamente le monete che aveva in mano, percorrendone tutta la superficie con i polpastrelli.

«Vi manda Lara?» chiese.

«Deve essere un principio di Alzheimer» disse Devon.

«Sì» risposi, imponendomi di non perdere la pazienza. «Puoi portarci sull'acropoli?»

Il vecchio si fece da parte per consentirci di salire a bordo. Ci spostammo di qualche metro dalla riva fino a raggiungere, molto lentamente, il centro del lago.

«Aspetta...» disse Yumi, allungando il collo. «C'è qualcosa che non va. Cos'è quello?»

Al centro esatto del lago sembrava esserci un vortice.

«Aspetta!» urlai, a mia volta. «Dove stai andando? Così ci finiremo dentro!»

«Eh, già» rispose. «È esattamente quello che dobbiamo fare».

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