Capitolo 32

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Quella notte Ninfadora non aveva pace, si era svegliata di soprassalto e non riusciva più a ritrovare il sonno; era come se una forte carica di adrenalina si fosse impossessata di lei e non volesse lasciarla andare. Per non disturbare Remus, dopo essersi preparata una tisana, si era semi sdraiata sul divano.

Non era facile trovare una posizione comoda con un pancione pronto a esplodere da un momento all'altro e si sentiva sempre più insofferente. Era impaziente di conoscere il suo piccolo, di scoprire se sarebbe assomigliato di più a lei o al padre; non che le importasse particolarmente ma di sicuro avrebbe adorato stringere tra le braccia un piccolo Rem.

Quei mesi erano volati, come un treno in corsa, tanto che le pareva impossibile di essere già quasi arrivata alla fine della gravidanza ma, di sicuro, nonostante le preoccupazioni causate dalla guerra, non poteva che ripensare a quel periodo con un grande sorriso sul viso. Lupin era stato amorevole, affettuoso, premuroso, si era mostrato a lei abbassando ogni tipo di muraglia, affossando le paranoie che talvolta lo preoccupavano e permettendo a entrambi di godersi al meglio ogni secondo.

L'unica cosa a causarle un dolore atroce e del tutto nuovo era stata la scomparsa del padre. Sebbene il conflitto le avesse portato già via Sirius, Malocchio e Silente, persone a cui era notevolmente affezionata, non era per niente preparata alla sofferenza provocata dalla morte di Ted.

Suo papà era sempre stato la sua colonna portante, il suo faro fisso, la presenza su cui era certa di poter contare sin da piccola. Con Andromeda capitavano degli screzi, più o meno abituali, dettati dalla sua vecchia educazione più che da una reale assenza di dolcezza di carattere e l'uomo, ogni volta, era pronto a mitigare il carattere impulsivo di entrambe con una battuta o tentando di giustificare la figlia.

Era un porto sicuro e, quando aveva ricevuto la notizia, si era sentita mancare il terreno sotto ai piedi, era quasi svenuta per colpa di quella pugnalata che l'aveva colpita in pieno petto. Non poteva dire di non averlo mai immaginato, non era una sciocca ma conscia dei pericoli a cui lui andava incontro come nato babbano ma aveva continuato a sperare, a cercare di tranquillizzare le proprie paure, sia per il bene del bambino che portava in grembo e che meritava serenità, sia per Lupin che, allo stesso tempo, tentava di non lasciarsi prendere dal panico come in passato.

Solo che tutto ciò non l'aveva resa più forte e pronta a incassare il colpo, aveva pianto per giorni e se non ci fosse stato il compagno a cullarla, consolarla e a costringerla a mangiare non aveva davvero idea di come lo avrebbe superato. Non l'aveva lasciata sola neanche per un istante, aveva atteso con pazienza che lei ritornasse la vera Dora, senza forzarla ma solo incoraggiandola e ascoltandola. Lui, forse più di chiunque altro, sapeva bene che cosa significasse vedere sparire, una dopo l'altra, le persone più care della propria esistenza. Se c'era qualcuno in grado di insegnarle a superare un lutto era lui o, per lo meno, di starle vicino senza assillarla o soffocarla ma con amore e rispetto.

Una mattina poi si era alzata e aveva capito che non poteva permettersi di continuare in quel modo, le era già capitato di arrivare a ridursi al pari di un'ameba ma quello era il momento meno opportuno. Così si era buttata sotto la doccia per quasi un'ora, rammentava perfettamente come in precedenza l'acqua le avesse lavato e scolorito i capelli, stavolta invece l'aveva ripulita da quelle fitte che le mozzavano il fiato e quasi le impedivano di sorreggersi normalmente. L'aveva ricaricata, come se ogni piccola goccia le fosse penetrata dentro e avesse dato origine a tanti punti luce che avevano preso a splendere con forza e a cacciare via le tenebre.

Remus l'aveva trovata in cucina con le padelle in mano, intenta a preparare la colazione, attiva come non era più stata nell'ultimo periodo e le ciocche di nuovo rosa; l'aveva abbracciata e le aveva detto "Bentornata" e lei lo aveva ringraziato, per la pazienza, il sostegno ma soprattutto perché era l'unico artefice della sua felicità, lui e il fagiolino che aveva preso a crescere nel suo ventre e per cui avrebbe lottato fino allo stremo.

Remus e Tonks. Storia della luna e della sua rosea metà.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora