Capitolo 14

39 2 0
                                    

Il sacco schioccava sotto i potenti colpi del mercenario dando sfogo al suo tormento interiore aggredendolo senza pietà, echeggiava per tutta la struttura. Aveva la mente piena di pensieri confusi, si chiedeva come avesse potuto disobbedire a un ordine così importante, ma soprattutto perché quello sguardo di ghiaccio gli era rimasto così impresso. Aveva il fiato corto per lo sforzo e il corpo fradicio di sudore al punto che avrebbe potuto tranquillamente strizzare la canottiera che aveva indosso. Ansimò asciugandosi il viso con un asciugamano per poi mettersi sdraiato supino sul una panca per esercizi iniziando a fare una serie di addominali. Doveva svuotare la mente, non doveva avere incertezze o Malice non sarebbe stato di nuovo così clemente. Sentì la porta aprirsi e, con la coda dell'occhio, notò il suo padrone osservarlo dalla soglia.
"Posso fare qualcosa, signore?" gli chiese.
"No, continua pure" rispose Malice avvicinandolo. Non sembrava più in collera e questo tranquillizzò l'uomo che riprese a fare i suoi esercizi espirando e inspirando al ritmo.

L'ombra della morte fissò intensamente il corpo sotto sforzo del suo uomo: il viso contratto e madido di sudore, grandi gocce che scendevano per il collo possente e gli zigomi impreziosendo i lineamenti delicati. Le labbra sottili ma piene che s'increspavano per lo sforzo, il ventre sodo e contratto che s'intravedeva attraverso il tessuto bagnato.
"Primo sono stato duro con te" prese a parlare Malice.
"Colpa mia, signore!" tagliò corto Roy. Il suo superiore gli infilò una mano sotto la canottiera accarezzandogli il ventre contratto. Sentiva la pelle umida e calda, l'incavo dell'ombelico, l'epidermide leggermente soffice intorno a esso e poi su, attraverso la linea degli addominali. Le dite disegnarono perfettamente le linee di quel corpo per lui perfetto. Sentì l'addome contrarsi al suo passaggio e ne ebbe piacere, sorrise istintivamente cercando le molteplici cicatrici presenti sul corpo dell'altro salendo su verso lo stomaco e l'ampia cassa toracica: "Ormai sei completamente guarito" gli sorrise continuando a perlustrare il tronco da sotto la canottiera.
Roy si destò costringendolo a togliere la mano: "Si, ora sto bene, signore" rispose asciugandosi il viso.
"Faccio io" propose Malice prendendogli l'asciugamano dalle mani e iniziando a passarglielo sul capo accaldato, "tu sei il mio prezioso soldato non avrei voluto umiliarti davanti a tutti, ma non posso permettere che gli altri si facciano un'idea sbagliata di me" continuò ancorandogli il collo con l'asciugamano costringendolo ad alzare il capo per guardarlo in volto.
"Ho capito quanto eri speciale dal primo momento che ho messo gli occhi su di te" mormorò avvicinandosi alle labbra dell'altro che si scostò, "ma tu ancora non sei pronto" continuò guardandolo intensamente nei bellissimi occhi verdi.
"Credo che non lo sarò mai, signore. Mi spiace" mormorò Roy abbassando lo sguardo.
Malice scattò afferrandolo per le mascelle: "Questo non sta a te deciderlo!" tuonò cambiando completamente espressione, "se io volessi, potrei prenderti qui, ora e farti mio con la forza!" ringhiò a fior di labbra, "ma posso ancora aspettare..." sorrise sfiorandogli le labbra con l'indice della mano libera, provocando un brivido di repulsione nell'altro.
"Non affaticarti troppo, domani ti voglio informa!" si raccomandò avviandosi.
"Mi vuoi ancora nella missione?" chiese sorpreso.
"Il tuo pegno l'hai pagato con orgoglio, sappi che se fallirai di nuovo non esiterò a punirti nuovamente e non mi limiterò solo a qualche calcio. Tu sei il mio asso e ti voglio al mio fianco in questa missione e nel mio letto. Ti aspetto in camera" sorrise.
"Allora inizi pure a calciarmi signore, perché io non posso soddisfare le sue aspettative" ribatté l'altro tutto d'un fiato. Temeva una sua reazione, ma non si sarebbe mai abbassato a vendere il suo corpo.
L'altro rise di gusto: "E' per questo che mi piaci! Perché non hai paura di dirmi le cose in faccia" si voltò aprendo la porta, "non ti sfiorerò tranquillo, ma non farmi attendere molto o potrei diventare impaziente" concluse chiudendosi la porta alle spalle.

Rimasto solo, Roy fu sopraffatto dall'ansia: Cosa stava facendo? Perché era ancora lì a subire tutta quella situazione assurda? Ma per quanto se lo chiedesse, sapeva già la risposta: Perché non aveva altro posto dove andare! Non aveva una casa, non aveva una famiglia o degli amici. Malice gli aveva raccontato di averlo trovato mezzo morto per la strada e di essersi preso cura di lui eppure qualcosa dentro il suo cuore continuava a urlargli che non era così, che c'era qualcosa di sbagliato! L'incontro di oggi era stato illuminante da questo punto di vista, non solo aveva avuto la sensazione di conoscere quelle persone, ma quando aveva sparato a quel tizio, quel certo McGee, aveva sentito qualcosa lacerargli il petto. Non era fuggito per il numero di persone presenti su quel terrazzo, ma perché stare tra quelle persone gli aveva provocato un senso di ansia così forte da fargli mancare il respiro. Era qualcosa di ambiguo e inspiegabile. Qualcosa che avrebbe dovuto e voluto appurare. Una fitta lanciante alla testa lo colse impreparato facendolo piegare in due, sentiva qualcosa pulsargli con violenza e risuonare nelle orecchie. Un uomo con volto coperto stava urlando il suo nome, ma lui non riusciva a sentirlo e più lui si disperava, più la voce sembrava non raggiungerlo, poi sangue, tanto sangue, sangue ovunque ed improvvisamente riaprì gli occhi trafelato.
"Hai avuto uno dei tuoi attacchi, vero?" gli chiese Malice sdraiato accanto a lui.
Roy ansimò confuso guardandosi intorno, era a petto nudo con indosso solo i boxer e c'era un segno di iniezione sul suo braccio. Guardò il suo superiore con aria perplessa sbattendo più volte le palpebre.
"Non preoccuparti caro, è stato solo un brutto sogno" lo tranquillizzò posandogli una mano sugli occhi come a invitarlo ad addormentarsi nuovamente, "ti ho iniettato la medicina, vedrai presto starai meglio, ma ora è importante che dormi un po'" sorrise baciandogli la spalla.
"Cosa.... abbiamo... fatto?" chiese confuso.
L'altro rise divertito: "Non mi approfitterei mai di te mentre sei incosciente! Ero stanco di aspettare e sono tornato pronto a prenderti a calci, ma ti ho trovato a terra privo di sensi e così ti ho portato qui" concluse giocando col dito sul suo petto.

"Ora dormi".
"Si", si tranquillizzo, "grazie capo" sussurrò chiudendo nuovamente gli occhi eabbandonandosi a un sonno vuoto e senza immagini.

Remember MeWhere stories live. Discover now