Capitolo 31

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L'auto guidata dell'agente dell'fbi Fornell sfrecciava per le strade di Washington. Il pensiero di quella tragedia non l'aveva abbandonato un solo istante. Come era potuto succedere? Avevano preso tutte le precauzioni del caso, erano stati attenti eppure quel pomeriggio erano morti in cinque: due poliziotti, due agenti penitenziari e un agente dell'Fbi.
Sospirò al ricordo del giovane: "Questo lavoro a volte è un vero schifo!" mormorò fra se e se.

Un furbone lo stava inseguendo, era da due isolati che non si spostava dal suo sedere e la cosa iniziava a puzzargli. Deviò dirigendosi verso la periferia, ma il mezzo era ancora dietro di lui.

Sorrise divertito.

Sterzò verso una strada sterrata alzando un nuvolone di polvere, ma il furgone era sempre alle sue calcagna. "Non molli, eh?" ringhiò.

Il cellulare trillò: "Jethro non ora, sono impegnato!".

"Tobias, potresti essere in pericolo! Uno degli evasi è il fratello genetico di Malice" rispose Gibbs con voce allarmata.

"Dev'essere quello che mi sta seguendo fino in capo al mondo" ghignò.

"Di che diavolo parli?".

"C'è un furgone che mi segue da quando ho lasciato l'ncis, ma ora..." un rumore e uno scossone bloccarono la conversazione.

"Tobias?" lo chiamò Jethro, poi guardò McGee, "Tim rintraccia il cellulare di Fornell e passami le coordinate, io vado da lui. Bishop con me".

"Lo sto già facendo capo" rispose l'agente assorto davanti al pc.

Seguendo le direttive date dal suo agente, Gibbs raggiunse il posto da cui trasmetteva il cellulare di Fornell, ma dell'uomo non vi era alcuna traccia. L'auto dell'agente dell'fbi era stata speronata e buttata fuori strada, c'erano segni di lotta e tracce di sangue sia nell'abitacolo che nella zona circostante. Jethro analizzò attentamente la scena, guardandosi intorno con circospezione. Notò delle impronte di scarpe, bossoli e infine una scia di sangue come quelle che si produce strascinando un corpo ferito. Decise di seguire la scia che lo portò a un centinaio di metri da lì, poi un altro groviglio di impronte e infine il nulla.
Prese il cellulare: "McGee, hanno preso Fornell, raggiungetemi per i rilievi. Io vado da Tony, ho un brutto presentimento" concluse rientrando in auto e partendo in direzione dell'ospedale.

La strada tra il luogo del ritrovamento dell'auto di Fornell e l'ospedale dove era ricoverato Tony era di una ventina di chilometri, che Gibbs percosse col cuore in gola. Tobias era sparito e a giudicare dalle tracce lasciate in giro, non poteva neanche essere sicuro che fosse ancora vivo. Doveva assicurarsi che almeno DiNozzo fosse al sicuro. Lasciò l'auto in doppia fila correndo per il corridoio principale. Salì le quattro rampe di scale che portavano al reparto e entrò nella stanza trafelato. Aprì la porta di scatto sorprendendo un'infermiera intenta a cambiare la flebo al paziente, che era disteso con lo sguardo assorto.
"Mi ha spaventata!" scattò pallida in viso, "l'orario di visite è passato da un pezzo, lei non può stare qui".
"Gibbs?" mormorò Tony sorpreso.
"Lo conosce?" gli chiese la donna indispettita dall'atteggiamento dell'uomo.
"Si è..." si fermò per trovare il termine più esatto, "è un amico" concluse con un sorriso.
"Mi spiace ma non può restare, signore".
DiNozzo le prese la mano iniziando a giocare con le dita, poi la guardò da basso: "Suvvia infermiera..." si sporse per leggere il tesserino affisso sul seno, "infermiera Sullivan, non può proprio fare un'eccezione?" concluse sfoderando tutto il suo fascino.
La donna rimase imbambolata alcuni secondi, il suo viso era diventato improvvisamente rosso peperone e continuava a aprire e chiudere la bocca senza emettere suoni.
"Ma la B sta per cosa?" ammiccò Tony, "per Bellissima per caso?".
La donna rise emozionata, poi si voltò verso Gibbs che aveva assistito alla scena con sguardo perplesso: "Non lo faccia affaticare troppo, mi raccomando" concluse avviandosi.
DiNozzo sorrise divertito delle sue doti da seduttore: "Sono stato bravo, eh?" gongolò davanti a un Gibbs visibilmente turbato. "Tutto ok?" si allarmò.

"Sembravi così tu" si lasciò sfuggire Jethro. Era affascinato da tutti quei piccoli frammenti di Tony che apparivano dal nulla per poi dissolversi.
"Davvero?" scattò, "cioè io faccio di queste cose regolarmente di solito? Forte! Devo essere un tipo davvero interessante" rise compiaciuto, "certo non voglio dire che tu non sia interessante solo perché non sei riuscito a convincerla col tuo fascino, ma cavolo! Sono davvero sconvolto da me stesso!" continuò a parlare a macchinetta finché d'istinto Gibbs non lo colpì con uno scappellotto.
Tony si ammutolì improvvisamente con gli occhi sgranati sotto lo sguardo perplesso di Jethro.
"Ero venuto a vedere se stavi bene, ma direi che sei quello messo meglio in questo momento" sbraitò con un sospiro.
"Quella cosa che hai appena fatto..." sussurrò DiNozzo con aria assente, "mi ricorda qualcosa. Dammene un altro per favore!".
"Cosa?".
"Per favore Gibbs, sento che mi sfugge qualcosa".
"Che sei un masochista per caso? Tony non ho tempo ora per queste cose!".
"Per favore!"
L'uomo sospirò dandogli un secondo scappellotto questa volta più forte del precedente e qualcosa nella mente di DiNozzo prese a muoversi. Un ricordo sfocato, tanti ricordi sfocati legati a quel gesto che lui catalogava come affettuoso. L'interno di una prigione, nel laboratorio di Abby, nell'ufficio... continuava a vedersi davanti agli occhi le innumerevoli volte in cui Gibbs l'aveva colpito a quel modo e una fortissima emicrania lo fece piegare dal dolore.
"Tony!" accorse Jethro sentendolo urlare, "che ti prende?".
"La testa!" ansimò tenendosi il capo tra le mani tremanti, "più aumentano i ricordi e più aumenta il dolore".
L'agente dell'ncis sentì la porta aprirsi alle spalle, ma non se ne curò.
"Per fortuna è arrivata, infermiera faccia qualcosa!" disse Gibbs senza neanche voltarsi. Sentì un forte dolore al capo e vide la stanza vorticare in modo distorto, qualcuno l'aveva colpito alla testa con forza. Provò a aprire gli occhi, ma il dolore era troppo forte e, dopo aver visto una mano afferrare il polso di Tony, perse completamente i sensi.
L'ultima sua percezione è la voce di DiNozzo che chiama il suo nome invano, poi il nulla.

"Agente Gibbs riesce a sentirmi? Agente Gibbs!".
Jethro aprì lentamente gli occhi, faceva fatica a mettere a fuoco, quando notò il volto del dottor Cale chino su di lui che sembrava dirgli qualcosa che non riusciva ad afferrare.
"Tony" sussurrò appena in quello stato di trance. "dov'è Tony?".
"Speravo potesse dirmelo lei agente, il letto è vuoto e ci sono tracce di sangue, deve di nuovo essersi strappato gli innesti venosi da solo" mormorò il dottore aiutandolo a mettersi in piedi.
"Mi faccia vedere" riprese prendendo una torcia tascabile e passandola davanti agli occhi color ghiaccio di Gibbs, "sembra non esserci commozioni celebrali" constatò con un sospiro.
Jethro si guardava intorno frastornato, i suoi occhi si soffermarono sulle lenzuola gocciate di sangue e un flash degli ultimi istanti prima che perdesse i sensi lo percossero con forza: "L'hanno preso" mormorò, "hanno preso anche Tony!" scattò toccando il letto vuoto.
"Dannazione!" urlò colmo di ira.

"Agente Gibbs si calmi".
"Calmarmi? Come posso calmarmi?" scattò guardandosi intorno disperato. Sapeva che prendersela con l'uomo che aveva dinnanzi non avrebbe portato a nulla, ma il modo in cui si era fatto fregare l'aveva profondamente umiliato. A cosa era servito precipitarsi lì? Prima Fornell e ora DiNozzo, tutte le persone coinvolte nella morte di Malice erano state prese e portate via, ma perché non lui? Tutta quella storia era incominciata da lui eppure era l'unico testimone impotente di quell'immensa tragedia.
"Cos'è?" chiese il dottore notato qualcosa sul pavimento.
"Fermo! Non lo tocchi!" scattò Gibbs prendendo dei guanti da una tasca interna, "ha un contenitore sterile?" chiese.
"In un ospedale? Sta scherzando? Ovvio!".
Uscì dalla stanza per ritornare dopo pochi secondi con un bicchiere per la raccolta delle urine: "Questo può andare?".
"E' perfetto, grazie". Concluse Gibbs lasciando l'ospedale.

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