Capitolo 9 - La luce in fondo al nero

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Nicole
"Nicole corri!" quella voce mi era tornata in sogno dopo che non si era più fatta sentire dalla prima volta. Ero riuscita a dimenticarla, ad evitare che Alicia mi frugasse di nuovo nella testa per minacciarmi e costringermi a parlare "Nicole sbrigati!" la lucina bianca in fondo al nero brillava alle sue parole. Si espandeva mentre parlava e poi si spegneva, rimanendo solo un puntino nel nero silenzioso.
L'ultima volta Alicia mi aveva beccata perché avevo parlato nel sonno, questa volta decisi che non sarebbe successo. La mia bocca sarebbe rimasta serrata come se avesse un lucchetto, la chiave gettata nel vuoto di quel posto buio e nero.
"Corri!" l'ascoltai e corsi verso la luce bianca. Mi spinsi fino a vederla grande quanto me, solo allora mi fermai. Mi appoggiai le mani alle ginocchia e ripresi fiato. Guardai di nuovo la luce, ora splendeva sempre di più come se continuasse a chiamarmi e dovetti portarmi una mano davanti agli occhi per non accecarmi. "Non fermarti, non c'è tempo!" volevo risponderle, dirle che avevo bisogno di un minuto per riprendere fiato: non essere più un vampiro aveva portato solo debolezza e il doppio degli sforzi per fare qualunque cosa.
Per paura, comunque, non dissi niente e marciai verso la luce. Questa volta si espanse velocemente sopra di me. La guardai crescere fino a quando non prese la forma di un cancello bianco e splendente. Le punte brillavano e sembravano tappezzate di piccoli diamanti per via delle numerose piccole luci che brillavano.
Abbassai lo sguardo quando un cigolio fece aprire il cancello. Indietreggiai per permettergli di aprirsi completamente e una figura slanciata apparve. Contro luce si poteva vedere la sua forma sottile, i vestiti leggiadri fluttuavano in aria, così come i suoi capelli. Si avvicinò sempre di più e aguzzai la vista per capire chi fosse, lentamente i capelli assunsero i color dell'oro e gli occhi erano grandi e luccicanti. Attorno alla fronte aveva un cerchio dorato che le metteva in risalto il marrone degli occhi.
"Ciao figlia mia." Mia madre era lì davanti a me e dallo stupore aprii la bocca, sentendo le lacrime salire agli occhi. Mi tappai la bocca con entrambe le mani sentendo che dei versi striduli volevano uscire, la strinsi forte bloccando ogni suono e le ginocchia cedettero facendomi cadere a terra. "Puoi parlare figlia mia, lei non può più sentirti." Mi portò le mani alle spalle e gliele strinsi, liberando la bocca che non perse tempo e iniziò a far uscire parole.
"Mamma." Dissi con entusiasmo. Lei mi sorrise, dolce e sincera come sempre. "Sei davvero tu?"
"È bello rivederti, mostricciattola." Mi tirai su e la strinsi fortissimo. Quel soprannome me l'aveva dato quando avevo cinque anni, mentre stavamo giocando a prendere nella villa e avevo fatto cadere un vecchio dipinto di uno dei tanti nostri antenati. Il dipinto raffigurava una donna vecchia e piena di rughe, da piccola mi faceva paura tanto che con mia mamma la chiamavamo "il mostro del dipinto", e visto che l'avevo distrutto da lì era nato il mio soprannome.
Crescendo aveva smesso di usarlo, ma ogni situazione per lei era buona per tirarlo fuori, facendomi arrabbiare perché mi consideravo troppo grande per quei nomignoli. Ma ora, nel vederla davanti a me che mi sorrideva come una volta, mi sarei fatta chiamare in qualunque modo per non farmi credere che fosse solo un sogno.
"È un sogno? Perché se lo è non voglio più svegliarmi!" Dissi piangendo dalla gioia. Mia madre mi pulì le guance dalle lacrime e sorrise ancora.
"Non è un sogno, ma non è neanche realtà." Il sorriso si spense, facendole assumere uno sguardo teso, neutro. "Ma dobbiamo fare in fretta."
Mi prese un polso, stringendolo delicatamente e mi tirò verso l'interno del cancello, verso la luce. Mi lasciai trasportare, tranquilla del fatto che con mia madre di nuovo accanto non poteva succedere niente di male.
Attraversammo la luce e ci ritrovammo in un giardino. Tutto era luminoso e circondato dalla luce bianca, il verde dei prati si estendeva all'infinito tra colline e pianura. Degli uccellini cinguettavano e dei conigli saltellavano qua e là, mordendo un po' di cibo che trovavano per terra. Dei fiori profumavano ovunque sul prato, e poco lontano da noi c'era una foresta luminosa, senza una traccia d'ombra, dove alcuni cervi erano impegnati a mangiare l'erba.
"Wow." Fu l'unica parola che dissi per descrivere quel posto. Non c'era un'ombra, o un accento di oscurità, solo e soltanto luce e ciò trasmetteva una gran pace.
"Ti piace?" Mi madre aveva incrociato le sue dita tra le mie. Si girò a guardarmi con un altro dei suoi sorrisi e non potei fare a meno di notare che il cerchio intorno alla sua fronte aveva cominciato a brillare.
Una voce proveniva dalla mia testa e mi portai una mano alla fronte, tastando un filo duro che mi avvolgeva il capo. Abbassai la testa trovando i vestiti cambiati, ora erano uguali a quelli di mia madre: lungo vestito bianco e soffice, abbinato a una giacchetta marrone. Tornai a guardarla e sorrisi ancora e ancora, ero così felice che una voglia di restare lì mi pervase il corpo.
"Mamma è bellissimo." Dissi e il suo sorriso si spense leggermente, rimanendo solo sulle labbra.
"Sei bellissima mostricciattola. Vieni, c'è una persona che devi vedere." Mi tirò leggiadra verso la foresta, i cervi alzarono i musi nel vederci arrivare ma non scapparono. Delle farfalle volarono attorno a me e seguii il loro percorso con lo sguardo fino a che non sparirono dietro a una roccia.
Guardai il collo di mia madre, i capelli erano tenuti tutti davanti, lasciando scoperto un piccolo triangolo di pelle. Lì, al centro di quel tratto scoperto c'era un livido viola che si estendeva verso sinistra e spariva tra i capelli. Corrugai le sopracciglia, chiedendomi che cosa fosse.
Entrammo nella foresta, i raggi della luce bianca penetravano tra le foglie dando l'idea di trovarsi in una favola. C'erano animali di ogni tipo, tutti erbivori; uno scoiattolo si avvicinò su un ramo allungandomi una noce. La rifiutai, ma in compenso allungai una mano grattandogli delicatamente dietro le orecchie ed egli gradì molto. Tuttavia, la mano di mia madre continuava a trascinarmi e non potei fermarmi a giocare, lasciando un minimo di delusione negli occhi nel cucciolo.
Camminammo abbastanza per capire che ci stavamo dirigendo verso il centro della foresta. Quando mia madre si fermò mi indicò una pietra davanti a noi, arrotondata. Lì c'erano due donne, una era di spalle e aveva i capelli rosso scuri, l'altra aveva dei capelli bianchi e due occhi verdi come il prato. Stavano raccogliendo dei fiori e la bionda li passava alla ragazza di spalle, sorridendo ed ella li prendeva, incastrandoseli tra i capelli.
"Minerva?" Sussurrai a mia madre. Lei mi rispose con un lieve sorriso, annuendo lentamente. Tornai a guardare le due donne e delle ipotesi mi si crearono in testa. Sia mia madre che Minerva erano morte, e se quel posto non era un sogno ma neanche una realtà, c'era solo una persona con quella tonalità di capelli che conoscevo.
"Mamma dove mi trovo?" La guardai con ansia. Lei non rispose, si limitò abbassando lo sguardo, affermando il mio pensiero più cupo: ero nel mondo dei morti e quella ragazza la conoscevo. Chiusi gli occhi sperando che non fosse lei.
"Luna! Sei arrivata!" La voce acuta di Minerva ci chiamò e la guardai mentre la salutava con una mano e si alzava.
Ti prego fa che non sia lei! Ti prego fa che non sia lei!, non sapevo esattamente a chi stessi parlando, ma in cuor mio sentivo che la mia paura era vera.
La ragazza coi capelli rosso scuro si girò mentre Minerva camminava verso di noi, sollevandosi la gonna bianca. I miei occhi si fissarono su due verdi smeraldo, incantevoli. Il respiro mi si mozzò quando riconobbi il volto dolce di Clare. Anche lei rimase stupita di vedermi lì, ma poi le sue gioie si spensero e si alzò, correndo verso di me.
Minerva fu la prima a raggiungerci ed abbracciò mia madre. Me la ritrovai con le braccia attorno alle spalle, avvolta in un abbraccio stritolante che mi fece mancare il respiro per qualche secondo. Quando si staccò notai un livido che le attraversava la gola, tagliandola a metà.
"E hai portato Nicole! Che bello rivederti cara!" Disse Minerva entusiasta stringendomi un'ultima volta i pugni. Io non riuscii a rispondere, mi limitai a tirare un sorriso, confusa da tutto quello che stava succedendo.
"Nicole." La voce di Clare era lieve, rilassata. Stava stendendo lentamente un sorriso appena i miei occhi si appoggiarono sui suoi. Al collo aveva dei tagli piccoli, troppo piccoli per essere stati considerati ferite da pugnale.
La guardai ancora negli occhi, sentii il respiro farsi pesante e gli occhi che si riempivano di lacrime. Mia madre portò una mano sulla mia schiena, dandomi una lieve spinta verso di lei. Accolsi la spinta e lanciai le braccia al collo di Clare, stringendola con tutta la forza che avevo in corpo, e lei ricambiò ogni sforzo. Quando mi staccai guardai ancora una volta le sue ferite, cercando di capire cosa fossero. Quella di Minerva era familiare: quando era morta la sua gola era tagliata e Lucas si era riempito le mani del suo sangue nel cercare di salvarla, fallendo completamente.
"Sei arrivata anche te?" Mi chiese con dolcezza.
"Arrivata? Arrivata dove? Cos'è questo posto?" Chiesi corrugando le sopracciglia. Le guardai entrambe e tutte rivolsero lo sguardo a mia madre.
"Non è ancora arrivato il suo momento." Disse lei calma.
"Ma i vestiti? Come hai fatto?" Chiese Minerva indicandomi il corpo con una mano, facendo su e giù. "Voglio dire, solo i morti possono arrivare qui."
"I morti?" Chiesi spaventata, ma non ricevetti risposta.
"Lei è tecnicamente morta. Nel sonno, per questo non ha lividi e presto se ne andrà, prima che inizino a formarsi sulla fronte." Disse mia madre piatta.
"Qualcuno mi dia subito una spiegazione!" Dissi secca, attirando lo sguardo di Minerva.
"Nicole." Fu Clare a parlare, prendendomi il braccio delicatamente. "Facciamo una passeggiata." Guardai mia madre che annuì lievemente e seguii Clare verso l'uscita della foresta. Mi girai per vedere dove fossero mia madre e Minerva e le vidi intente a discutere a pochi passi da noi.
"Cos'è questo posto?" Chiesi spaventata mentre attraversavamo gli ultimi alberi. Non lontano da lì si estendeva una città in pietra, tutte piccole case di due piani ricoprivano una collina e in cima ad essa si reggeva un palazzo più grande con una cupola d'oro come soffitto.
Clare mi portò verso la città, seguendo una strada di mattoni color crema. Tutto era tranquillo intorno a noi e gli animali facevano la loro vita felici. Sentii delle voci in lontananza e vidi delle persone, due ragazze e tre ragazzi, uscire da un altro punto della foresta, chiacchierando allegramente mentre si dirigevano sulla strada e poi diretti verso la città, il passo spedito.
"Clare?" La richiamai notando che si era persa a guardare i ragazzi.
"Comunemente viene chiamato paradiso." Disse lei continuando a guardare i ragazzi. "Su ogni libro sacro è descritto come un paese tra le nuvole, pieno di angeli che cantano. Ma in realtà è questo e si chiama Tharvar, qui consideriamo noi stessi come delle divinità e man mano che arrivano persone nuove, altre case si formano sulla collina, attorno al tempio del Tharvar. Nel tempio ci riuniamo ogni settimana, per vedere chi sarebbero i nuovi arrivati."
"Clare..." feci una pausa prima di chiedere, anche se conoscevo già la risposta avevo paura. "Sei morta?" Lei si fermò in mezzo alla strada, staccando il volto dal gruppo di amici le cui voci sfumarono man mano che sparivano verso la collina. I suoi occhi erano vuoti nonostante la loro lucentezza e il suo viso era rilassato, neutro, come se non provasse niente.
"Si." Disse lei con un accento di tristezza. "Tutto quello che vedi è morto sulla terra, ed è arrivato qui. Non c'è niente di vivo, solo te a quanto pare."
"E i segni sul collo, cosa sono?" Clare si portò una mano alla gola, massaggiandosi delicatamente i lividi.
"È il modo in cui sono morta." Mise le mani ad artiglio: le sue unghie coincidevano alla perfezione con le ferite e mi salì un nodo alla gola.
"Ti sei uccisa?" Chiesi con voce tremante. Lei abbassò la mano e riprese a camminare.
"Un attacco di panico." Spiegò. "Non riuscivo più a respirare e mi portai le mani alla gola, stringendo così tanto, - pensavo che in quel modo l'aria sarebbe potuta entrare e uscire - che mi distrussi una vena. Sono morta per dissanguamento."
"Clare è terribile."
"Non ho sofferto!" Mi disse per tranquillizzarmi, mi guardò e scosse la testa, poi tornò a guardare la strada. "Luna si è materializzata davanti a me, mi incitava a restare laggiù, ma poi è arrivata Minerva e ho iniziato a sentire tutta la pace di questo posto. Stavo così bene che ho deciso di seguirla, di andare con lei e ora ho ritrovato mia madre e non sono mai stata così tanto felice." mi fermai e la guardai sorpresa, lei si fermò e mi guardò confusa.
"Clare, Minerva non è tua madre!" Dissi secca, facendole spegnere quella piccola gioia. "Alicia è tua madre! Lo hai dimenticato?" Lei mi guardò spenta e fece dei lunghi sospiri prima di rispondere.
"Non voglio più sentire il suo nome." Disse con terrore puntandomi il dito tremante contro. "Quella donna è il male e mi ha causato solo dolore!"
"Ed è per questo che devi sconfiggerla!"
"E come?" Stava per urlare e mi guardai attorno, sperando che non comparisse nessuno, ma vidi solo Luna e Minerva che si erano fermate con l'orecchio teso. "Sono morta. E tu stai dalla sua parte."
"Clare..."
"Eri la mia migliore amica! E mi hai tradita per cosa? Per orgoglio? Ha promesso anche a te il futuro pieno di gloria e il mondo ai tuoi piedi? So da quanto stai con lei, sono andata a prendere Kendrick e mi ha detto tutto quello che sapeva, mi ha detto della corona, dei troni e dei portali: so cosa vuole fare quella donna!" Le lacrime le riempivano gli occhi e il respiro era pesante. Aveva paura a parlare di cose del passato, di cose di quando era viva.
"Sto combattendo anch'io contro i miei scheletri nell'armadio." Dissi secca.
"Allora avrai un esercito intero da quante persone hai pugnalato alle spalle."
"Sarei tornata da te!"
"E quando?" Ora urlava e Minerva e Luna comparvero velocemente davanti a me. Mia madre mi mise una mano sulla spalla e Minerva avvolse lo stomaco di Clare mentre lei andava avanti. "Quando saresti tornata? Te lo dico io, mai! Una volta che giuri fedeltà ad Alicia diventi un suo burattino per sempre." Non risposi. Era vero, ero arrabbiata con lei, tanto da giurare fedeltà ad Alicia e chiedendole di farmi combattere in prima linea. Ma vederla lì, morta, con quei lividi sul collo mi fece ricordare di quanto fossi stata fortunata ad avere un'amica come lei, la mia unica vera amica.
"Sinceramente non capisco neanche perché sei qui!" Disse calma e Minerva la lasciò andare. "Torna dalla tua "regina", è finita tra noi due!" Aveva disegnato le virgolette nell'aria inesistente e mi aveva causato un'ulteriore dolore.
Non aspettò di sentire la mia risposta, tanto non c'era e non ci sarebbe mai stata. Continuò per la sua strada, diretta verso la città. Minerva mi guardò per un secondo, assumendo un espressione consumata, come se non sapesse cosa fare. Tuttavia poi la rincorse e la fermò, sussurrandole qualcosa all'orecchio. Clare si fermò e la guardò arrabbiata mentre continuava a parlarle.
"Me li ha tolti anche a me." Dissi con tono alto, attirando l'attenzione di Clare che tornò a guardarmi. "Me li ha tolti tutti. La prima notte, dopo cinque minuti che la neve aveva iniziato a scendere. Mi ha spinta nella bufera e sarei potuta anche morire se mi avesse riportata al coperto cinque minuti dopo." Clare si riavvicinò lentamente, ascoltando attentamente. "Ha provato ad uccidermi, sempre con la neve. Se non ci fosse stata..." mi fermai. Se avessi detto il nome cosa sarebbe successo? Anche se Alicia non poteva sentirmi avevo paura: il giuramento valeva comunque e ogni cosa che succedesse dentro la Fortezza doveva rimanere nella Fortezza.
"Marguerite?" Chiese lei alzando le sopracciglia. La guardai stupita, confusa su come facesse a saperlo, e prima di chiederlo, come se mi avesse letto nella mente, rispose. "Me lo ha detto Kendrick. So anche del ragazzo, il velocista d'argento, è lui che ha fatto scatenare la bufera. Tuttavia non ho ancora capito cosa ci fosse nella tuta." Mi guardò con occhi penetranti: voleva la risposta e non avrei potuto non dargliela.
"C'era la sostanza che attivava il veleno." Sussurrai tremando, inquietata da quali conseguenze stavo andando incontro. "Si trasmetteva per via aerea, e sembrava che rilasciasse un leggero vapore verde dietro di se. Il velocista correva, e il vapore faceva da calamita con il veleno facendo scendere la neve nei luoghi in cui lui aveva corso."
"E chi è? Chi è questo velocista?"
"Non lo so."
"Menti!" La sua voce era secca, tagliente. Aveva i denti serrati e gli occhi ridotti a due fessure. Abbassai lo sguardo e vidi che aveva i pugni stretti, avesse potuto non avrebbe dubitato due volte nel tirarmi un pugno.
"Non lo so, te lo giuro. Nessuno sa il nome del ragazzo, né da dove l'abbia preso. Forse giusto Marguerite potrebbe sapere qualcosa."
"E i troni?" I pugni si erano aperti e la sua voce si era rilassata. La mandibola non era più tirata e i lineamenti erano tornati dolci come quelli di sempre.
"Clare mi chiedi troppo..." dissi supplicandola.
"Ti chiedo risposte. Non me ne hai mai date, ora che sono morta potresti per piacere collaborare?" Il tono era tornato serio e duro.
"E anche se te lo dicessi che differenza farebbe? Tu sei qui, sei morta. Non puoi tornare tra i vivi!" Avevo assunto un tono serio, la rabbia iniziava a salire mentre lei continuava a insistere e sentii le unghie iniziare a infilarsi nei palmi delle mani mentre le stringevo a pugno.
"Allora fai in modo che la mia morte non sia stata invano!" La guardai mentre i miei pugni si aprivano e lei faceva dei respiri profondi.
"Non può dirti quello che sa. Sta già rischiando, il giuramento la vincola!" Entrò in mia difesa Luna e Clare accennò a una risata, come se la stessimo prendendo in giro.
"Pure da mezza morta devi avere la mammina che ti difende!" Disse secca. Non ci vidi più dalla rabbia. Strinsi un pugno e saltai su di lei, prendendola per il colletto del vestito. La spinsi mentre Minerva mi richiamava terrorizzata e Luna provava a prendermi le spalle, Clare stringeva le mani intorno al mio polso, cercando di liberarsi. Gli allenamenti erano serviti a qualcosa: i miei muscoli si erano sviluppati ed ero molto più forte di lei, un senso di soddisfazione mi crebbe in corpo.
La spinsi verso una roccia e lei ci picchiò i fianchi, finendo con la schiena incurvata sulla pietra dura e fredda. Fece una smorfia di dolore quando i fianchi colpirono, ma cercò di trattenersi e mi guardò con la bocca serrata. Alzai il pugno sulla sua faccia. "Colpiscimi!" Sussurrò con tono basso. "Avanti. Non puoi farmi niente tanto, sarebbero solo pugni a vuoto. Sono morta ricordi?" La guardai arrabbiata, qualcosa mi bloccava e cercai di mandarla via. "Colpiscimi!" Urlò a squarciagola, ma non ci riuscii. Sobbalzai e la lasciai andare, indietreggiando. Mi guardai le mani, quasi impaurita per ciò che avevo fatto, per ciò che ero diventata.
"Sai cosa mi ha offerto?" Le urlai contro. Clare aveva sguardo serio quando tornai a guardarla. Si stava tirando su senza lamentarsi dalla roccia e Minerva le era corsa subito accanto e le continuava a chiedere se stesse bene, ma senza ricevere risposta. "Mi ha offerto tutto il potere dell'universo. Tale potere che i tuoi si sarebbero andati a nascondere. Con uno schiocco di dita avrei potuto sterminare una galassia intera, ma io rifiutai. Rifiutai perché quello che avevo già mi bastava e non volevo cambiarlo. Allora lei mi ha minacciata, mi ha detto che avrebbe mandato Kendrick a ucciderti, e credimi non vedeva l'ora di farlo. Mi proposi io come assassina, ho fatto in modo che il giorno del tuo giudizio venisse continuamente rimandato e feci credere a tutti di aver fallito, quando in realtà ti stavo proteggendo. Tu dici che ti ho tradita, io dico di averti protetta! Perché io ti..." Mi fermai, forse avevo detto troppo? Clare aveva capito? Aveva intuito cosa provassi per lei? Cercai di sviare la conversazione, lei non doveva capirlo. Per ora. "Ma a quanto pare inutilmente, visto che sei qui!" Clare non rispose, mi guardò con occhi lucidi e Minerva aveva una mano alla bocca mentre cercava di bloccare il respiro pesante tra le lacrime. Mi girai verso mia madre. "Perché mi hai portata qui?" Le chiesi seria, senza alzare lo sguardo da terra.
"Perché so che avevi bisogno di rivederla." Rispose con tono dolce. "So cosa provi quando non hai Clare attorno. E so invece cosa provi quando lei è con te." Il sangue mi si gelò e il cuore mi saltò un battito.
Alzai lo sguardo, sorpresa dalle sue parole. "Non sei mai stata la sua ombra, bambina mia. Eravate entrambe le Supreme e ora che lei non c'è più toccherebbe a te prendere il comando." Con la coda dell'occhio vidi Clare avvicinarsi assieme a Minerva.
"Io? Non sono nelle condizioni di prendere il comando. Alicia non me lo permetterebbe mai." Dissi.
"No se non gli dici che sono morta." Era stata Clare a parlare e aveva un tono calmo. "Lasciale credere che io sia ancora viva e che non vedo l'ora di affrontarla, continuerà con il suo piano, continuerà a cercare di arrivare dall'altra parte delle montagne."
"Così non farà altro che incitarla a costruire la corona più velocemente." Disse mia madre. Anche lei sapeva della corona, per quanto tempo mi aveva osservato dal regno dei morti? "Lasciamo che scopra che sei morta, la notizia si diffonderà velocemente se arriverà alle orecchie giuste."
"Non deve accadere!" Dissi secca guardando mia madre con paura. "Se arriva alle orecchie di terzi non lasceranno la villa in pace. Papà, Sebastian, l'intero esercito non avrà pace, saranno circondati da giornalisti affamati di notizia. Non potranno allenarsi per sconfiggere l'esercito di Alicia e sono già un numero chiaramente inferiore."
"State dicendo cose completamente incoerenti!" Intervenne Minerva. "Non volete che la gente lo sappia perché Nicole non deve salire al trono, ma allo stesso tempo Alicia lo deve sapere. Come fate a farlo sapere alle persone giuste, evitando che arrivi alle orecchie sbagliate?"
"Glielo dirò io!" Dissi secca. Clare mi guardò con occhi sgranati.
"Nicole no!" Disse dolce. "Ti farà delle domande, cercherà di capire come fai a saperlo e allora dovrai dirgli che sei venuta qui e tutto il resto."
"Glielo dirò infatti, starà lei a decidere se credere che sono andata nel mondo dei morti o meno." La guardai sorridendo e lei ricambiò. Eccola la mia Clare, quella che avevo conosciuto tre anni prima e aveva fatto nascere l'amicizia più spettacolare che avessi mai voluto.
Ma era solo un'amicizia per me?
"Il livido!" Esclamò Minerva indicandomi la fronte con l'indice. "Si sta formando!" Mi portai una mano sulla fronte massaggiandomela. Sentii un fiume scorrere poco lontano dalla strada, mi girai e corsi seguendo il suono. Arrivai sulle sponde rocciose e guardai il rilesso nell'acqua bianca. Una macchia giallastra si stava allargando lentamente al centro della mia fronte, assumendo delle sfumature marroni man mano che rimanevo ad osservarlo.
"Devi tornare là!" Disse mia madre prendendomi per un braccio. Mi fece mettere diritta e mi girai verso di lei, confusa: non aveva mai usato una stretta così forte su di me. "Prima che sia troppo tardi." Il mio sguardo vagava dalla sua stretta ai suoi occhi e lei se ne accorse di stringere troppo dopo che feci una smorfia di dolore. Mi lasciò andare assumendo uno sguardo dispiaciuto e non aggiunse nulla.
"Andiamo Nicole, prima che sia troppo tardi!" Disse Clare allungando una mano. Gliela presi delicatamente e le nostre dita s'intrecciarono.
Lasciai che mi trascinasse verso la strada di mattoni e mi girai verso la città. La cupola d'oro risplendeva nel cielo bianco, un'aria leggiadra si alzò scompigliandomi i capelli.
"Stanno iniziando a capire che c'è una persona in più!" Disse Minerva con preoccupazione mentre, assieme a mia madre, cercavano di starci alle costole. Guardai mia madre, aveva uno sguardo pauroso e continuava a guardare verso la città, la cupola brillava sempre di più.
"Vai figlia mia, vai!" Mi disse notando il mio sguardo preoccupato. "Ma non correre, attireresti l'attenzione!"
L'aria si alzava lentamente e diventava un vento forte e freddo. Sentivo il solletico dell'aria sulle mie guance che iniziava a pizzicare e le sentii arrossarsi dall'irritazione. Mi guardai attorno, senza vedere nessuno, gli animali ora scappavano al nostro passaggio. "Non c'è nessuno." Dissi a mia madre confusa dalle sue parole.
"Qui pure gli alberi hanno le orecchie!" Disse Luna. Clare girò verso la foresta, togliendosi dalla strada. "Clare, lontana dalla foresta, resta sulla strada."
Camminammo velocemente verso dei confini che sembravano inesistenti. Davanti a noi c'era un prato infinito e l'aria continuava ad alzarsi, scompigliando l'erba e alcuni petali di fiori si staccavano dalle loro piante, volteggiando velocemente nell'aria.
Mi girai a guardare ancora la città, la cupola splendeva di un bianco accecante e molte voci si alzarono intorno a noi, incomprensibili alle mie orecchie. Nessuna delle tre sembrò sentirle e vidi che Minerva mi guardava terrorizzata, teneva gli occhi fissi sulla mia fronte. "Sta peggiorando?" Le chiesi con voce tesa mentre continuavamo a camminare nella pianura verde scompigliata.
"Se dovesse diventare nero rimarrai bloccata qui." Disse senza dare la risposta che effettivamente volevo, quindi chiesi ancora.
"E ora di che colore è?"
"Marrone scuro, si sfuma sul viola e al centro è nero." Disse triste.
"Non vuol dire che sia tardi!" Disse Clare a voce alta, mentre cercava di sovrastare le voci. "Tutta la fronte deve diventare nera, il marrone è un buon segno: sei ancora lontana dalla morte effettiva."
"Ma dobbiamo fare presto, non so quanto possa durare ancora!" Aggiunse mia madre.
Le voci si facevano sempre più vicine e continuavano ad essere incomprensibili. Era una lingua a me sconosciuta e mentre cercavo di analizzare le loro parole i miei capelli combattevano contro il vento, andando a sbattermi davanti alla faccia.
"Ma chi sono?" Chiesi mentre mi lanciavo via dagli occhi una ciocca bionda arrotolata in un boccolo scompigliato. "Chi sta parlando?"
"Sono i conservatori del tempio. Hanno il compito di accogliere i morti, ma quando ne trovano uno vivo, cercano di trattenerlo. Non vogliono che le persone tornino nel regno dei vivi dopo aver visto cosa gli aspetta, una volta morti andrebbero..." mia madre s'interruppe bruscamente mentre il vento si era alzato così tanto da sembrare una tempesta d'aria.
"Vanno dove?" Urlai per fami sentire. Il vento andava contro di noi e dovemmo chinarci in avanti per continuare a camminare. La luce bianca di quel posto si era tramutata in grigio, l'aria stessa aveva perso colore e cercava di avvolgermi.
"Vanno nel Regno della Notte." Disse mia madre. Ci dovemmo fermare e continuare poi più lentamente, una mano davanti alla faccia per evitare che qualcosa mi finisse negli occhi. Davanti a me, dietro alla collina, un cancello nero cresceva lentamente man mano che ci avvicinavamo.
Il vento mi spinse il volto di lato, verso la foresta. Tra gli alberi c'erano delle figure vestite di bianco e con un mantello beige. Avevano delle grosse maniche e tenevano le mani unite, nascondendole nel tessuto. Nascosta era anche la loro faccia: sulla testa avevano un cappuccio a punta e tenevano la testa bassa mentre continuavano a parlare.
"È greco!" Esclamai riconoscendo l'unica parola che avevo imparato della lingua. "Parlano in greco!"
"Pensa a camminare, ci siamo quasi!" Urlò mia madre spingendomi.
Guardai ancora le figure, avevano iniziato ad avvicinarsi e non sembrava che il vento li toccasse. Continuavano a mormorare qualcosa mentre noi continuavamo ad avvicinarci lentamente al cancello. Lo guardai mentre la base compariva in cima alla collina. Ci arrampicammo per la strada di mattoni e l'aria continuava a tirarci indietro. Clare dovette trascinarmi per il braccio per l'ultimo pezzo per via della forza del vento che continuava a tirarmi indietro.
"Tocca il cancello Nicole!" Urlò Minerva. Le voci dietro di me continuavano a crescere di volume e il vento stava per trasformarsi in un tornado.
Usai tutte le forze che mi erano rimaste e Clare mi spinse, aiutandomi a raggiungere il cancello. Allungai una mano e quando lo stetti per afferrare una ventata spinse indietro sia me che Clare. Finimmo tra le braccia delle nostre madri; esse ci aiutarono a rimetterci in piedi e in tre mi spinsero verso il cancello. Allungai di nuovo una mano e sentii le voci alzarsi sempre più quando fui a pochi centimetri dalla sbarra nera. Allungai le dita e urlai per lo sforzo, ma alla fine riuscii ad avvolgere la mano intorno al nero cancello.

Clarissa Sangue e il Velocista d'Argento || VOLUME 3Waar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu