Capitolo 10 - Dove c'è vita c'è speranza

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Lucas
Arrivai all'incrocio della villa la mattina seguente. Avevo camminato per ore, sperando che la mia mente non avesse offuscato la mappa per arrivarci. Decisi che avrei seguito la strada, arrivando prima a Woods City quando la luna si stava alzando nel cielo. La piccola cittadina era mezza vuota, molti se n'erano andati e i negozi erano sbarrati con assi di legno. Per fortuna un piccolo locale che prendeva in affitto delle stanze era rimasto aperto e chiesi una camera singola, possibilmente isolata dalle altre: volevo passare inosservato.
"Una camera? Isolata?" Aveva riso il barista mentre asciugava un bicchiere da birra. Il bar era quasi vuoto, c'era solo una coppia di anziani che stava mangiando lentamente un piatto di zuppa fumante. "Potete stare tranquillo che sarete isolati: siete il primo cliente che vedo dalla fine dell'estate."
"Ma come? Eravate il bar più famoso della città." Risposi posando alcune monete sul bancone. Il prezzo era basso, quasi in regalo.
"La città non esiste più." Spiegò il barista passando a un altro bicchiere, questa volta da acqua. "L'ultima volta che ho avuto il bar pieno era quando gli studenti dell'Accademia qui sopra dovevano partire. Venivano a comprare una bottiglia d'acqua e si fermavano a parlare una mezz'oretta prima di sparire in quel castello abbandonato. Giusto qualche giorno fa li ho rivisti passare con i genitori diretti verso casa."
"Diretti verso casa? Ma la scuola è appena iniziata, siamo a malapena ad ottobre!"
"Non avete saputo?" Scossi la testa come risposta e il barista abbassò lo sguardo. "La scuola è stata chiusa."
"Ma definitivamente? O temporaneamente?" La mia sorpresa si poteva chiaramente sentire nella mia voce. Quella scuola era stata il punto di riferimento per molte persone, e ne aveva cresciute altre. Il solo pensiero che potesse essere stata chiusa mi fece scendere un brivido lungo la schiena.
"Non so dirvi. Però sono dovuti intervenire i due capi dei Palazzi, si parlava di sparizioni, studenti che sparivano durante la notte. Persino i due eredi sono spariti, sa Christine Uman e Brandon Yellow? L'ultima volta che li hanno visti è stato, lui una settimana fa e lei è sparita la sera in cui la bufera si è scatenata."
"Quindi poco più di ventiquattro ore fa!" Sussurrai e il barista mi guardò con due occhi di approvazione. Un pensiero mi venne in mente, non so che risposta avrei ottenuto, neanche ero sicuro che fosse un vampiro, ma avevo bisogno di sapere se ero stato l'unico a perdere ogni potere. "Spero di non sembrarvi inopportuno." Dissi cercando di formulare bene la domanda.
"Inopportuno?" Rise di nuovo il barista. "Vedevo ogni giorno gente inopportuna, credetemi voi siete la persona più gentile con cui abbia mai parlato, dopo quei due signori laggiù!" Indicò i due vecchi a cui lanciò un lungo sorriso assieme a un profondo calo del mento in segno di saluto.
"Mi fa molto piacere." Feci una pausa mentre lui posava il bicchiere e si sfregava le mani, ascoltandomi attentamente. "Voi avete perso qualcosa nella bufera?"
"Vampiro eh?" Esclamò lui, facendomi sobbalzare. "Tranquillo, lo sono anch'io, o perlomeno lo ero. Quando è arrivata, la neve ha sfondato tutti i vetri persino il tetto e qualche punto della parete. Aveva travolto me e alcuni studenti che si erano fermati con le loro famiglie qui per la notte, inutile dire che il giorno dopo ci ritrovammo tutti mortali."
"Tutti? Ne siete certo?"
"Ma voi lo leggete un giornale?" Chiese stupito. Negai scuotendo la testa e lui sparì sotto al bancone, ritornò su con una copia del giornale mattutino in mano e me lo lanciò accanto. In prima pagina c'erano varie foto di varie parti del mondo, tutte che rappresentavano una bufera. C'erano pezzi di case che volavano, palme che stavano per cadere e civili che venivano travolti. Il titolo era in grassetto, scritto grande al centro della pagina.

La neve che cancella
La seconda bufera della settimana, questa volta attacca anche il mortale

Si susseguivano varie testimonianze di chi era stato travolto e si era risvegliato senza poteri. Un ricercatore aveva raccontato al giornalista che quella bufera aveva colpito tutti, sia creature soprannaturali che mondinghi. Tuttavia ogni creature immortale era stata privata dei propri poteri, ma ai mondinghi era capitato qualcosa di peggiore. Seguiva una tabella in cui venivano indicati, appunto, i numeri di morti per ogni stato, e tutti arrivavano almeno al mezzo milione. La popolazione mondiale sembrava essere stata improvvisamente dimezzata.
Restituii il giornale al barista, il quale lo lanciò sotto al bancone e mi guardò esasperato. Aveva la testa calva e la piccola luce fioca gli rifletteva sulla nuca lucida. "Capite ora perché è tutto vuoto?" Chiese il barista nascondendo le labbra nella bocca.
"Alicia." Sussurrai e il barista non rispose.
La conversazione era finita così, come la giornata. Avevo dormito lì e appena sveglio mi ero rimesso in cammino. Avevo attraversato l'autostrada fino ad arrivare ai confini della foresta a sud, dall'altra parte della città. Lì si poteva intravedere un recinto di siepi, alte almeno cinque metri: quello era l'ingresso.
Si poteva arrivare al passaggio sia da est che da ovest. Io arrivavo da ovest, e scesi dalla strada attraverso un piccolo sentiero nascosto tra l'erba alta e arrivato all'inizio del passaggio esitai.
Pensai a Clare, a cosa avrebbe pensato nel vedermi arrivare lì tutto sudato, puzzolente e in cerca di aiuto. L'avevo ferita e da quando l'aveva riportata alla villa l'anno prima, non mi aveva più rivolto la parola. Si era completamente staccata da me e mi sentivo così solo e perduto, ma allo stesso tempo sentivo di meritarmelo. L'avevo strappata ancora in fasce dai suoi genitori e se non fosse stata per quella mia decisione, forse ora Alicia non sarebbe diventata ciò che è adesso. In più c'era ancora qualcosa che doveva sapere, una piccola parte della storia: il motivo per cui la portai via da quella casa. Non sapevo se quel racconto avrebbe collegato gli ultimi puntini dello schema, ma perlomeno mi avrebbe perdonato. Forse. Ci speravo da morire, il suo volto sorridente che mi abbracciava mi fece sorridere e mi fece trovare la forza per iniziare di nuovo a camminare, la mano stretta sul diamante.
Camminai svelto e vidi la siepe girare ad angolo retto. A quell'incrocio, una volta svoltato, ci sarebbe stata una villa. Un'enorme villa in stile gotico che si alzava su due piani, con un cortile circolare che l'avvolgeva e i soldati intenti ad allenarsi.
Mi avvicinai sempre di più e poi, dall'altra parte, un gruppo di ragazzi arrancò verso di me. Li guardai e i loro volti mi furono subito familiari.
"Oh mio Dio! Lucas! Grazie al cielo!" Seamus Breadbeach, a capo del gruppo, fece un balzo verso di me e mi corse incontro. Col ragazzo non avevamo parlato molto, ci eravamo conosciuti due anni prima mentre si frequentava con Clare, era l'unico che effettivamente conoscevo del gruppo.
Si staccò dal mio collo, tremando dalla gioia. I suoi amici zoppicavano verso di noi, una ragazza era agguantata a un braccio di quella che sembrava la copia sputata di Seamus, solo con gli occhi scuri. Il ragazzo in fondo al gruppo, coi capelli rossi e gli occhi verdi lo riconobbi come Anthony. Clare mi aveva parlato ogni tanto di lui, specialmente di quanto fosse timido e intelligente.
C'era un uomo con loro, accanto ad Anthony, era familiare anche lui, l'avevo intravisto da qualche parte e mi venne un colpo nel ricordarmi che era stato il compagno di stanza di un mio qualche parente lontano, ai tempi dell'Accademia, nonché erede del Palazzo delle Autorità dei Vampiri.
"Brandon? Brandon Yellow?!" Dissi sottovoce. Brandon mi guardò con un sorriso ed annuì.
"Caro mio vecchio amico Lucas. È un piacere rivederti, posso presentarti mia figlia Emma?" Mi indicò la ragazza coi capelli color carbone accanto a lui e mi fece un piccolo sorriso, ricambiai. La prima cosa che notai fu la diversità dei colori della pelle. Sapevo che Brandon aveva sposato una donna di origini africane, ma non avevo ancora incontrato né sua moglie, né sua figlia.
"Lucas questi sono Anthony Basic." Disse Seamus indicandoli uno per uno. "Elizabeth Smith, mio fratello gemello Axel, e lei è Isabella Uman."
"Uman?" Guardai la ragazza avvinghiata al braccio di Axel. Tremava e aveva gli occhi sgranati dalla paura. "Sei la figlia di Christine Uman?" Lei mi guardò con occhi lucidi e annuì leggermente, iniziando poi a piangere a dirotto e rumorosamente. "Oh non intendevo..." dissi cercando di calmarla.
"È tutto okay, Lucas!" Disse Seamus mettendomi una mano sulla spalla. "Vedi siamo appena tornati dalla Fortezza, e..."
"Fortezza? Siete voi allora i ragazzi scomparsi!" Esclamai.
"Si siamo noi, la notizia si è sparsa velocemente vedo." Commentò Elizabeth Smith.
"Tanto che la scuola è stata chiusa, mia cara." Calò il silenzio e tutti si guardarono tristi. Io non staccavo gli occhi di dosso da Isabella, piangeva ancora e tremava come una foglia.
"Dov'è tua madre Isabella? Il Palazzo ha bisogno di lei!" Le chiesi calmo. La ragazza mi rivolse due occhi spalancati, terrorizzati.
"È morta!" Esclamò in un tono acuto. "È morta per proteggermi." Nessuno aggiunse niente e passarono alcuni minuti di silenzio.
"Dovremmo andare." Sussurrò Elizabeth ed annuii leggermente. Finimmo di passare nel passaggio di siepe come un gruppo unito, io in testa e tutti i ragazzi dietro. Il cancello grigio era aperto e molti soldati tenevano lo sguardo basso mentre continuavano a portare oggetti da una parte all'atra del cortile. Lo attraversammo e la scena fu alquanto scioccante per tutti: mezzo tetto della casa era andato distrutto e tutta la parte destra, dove stava la sala da pranzo era completamente crollata.
Poco oltre i detriti c'erano due corpi, ricoperti da un velo bianco, da uno spuntavano alcuni ciuffi biondi, dall'altro una mano femminile.
"Lucas?" Una voce maschile attirò la mia attenzione. Guardai la porta principale, quella era rimasta in piedi e la tenevano aperta verso l'esterno. Walter era in piedi con in mano delle travi di legno. "Ma che ci fai qui?"
"Sono venuto in cerca d'aiuto." Dissi in un soffio. "Il mio grattacielo è crollato e non sapevo dove altro andare." Walter scese gli scalini e posò le assi di legno in fondo alle scale. Si avvicinò a me e mi guardò con occhi spenti, lucidi: aveva pianto. Gli occhi scivolarono dietro di me e quando vide la compagnia si accese un sorriso da orecchio a orecchio sul suo volto.
"State tutti bene!" Esclamò andando verso Anthony. Mise una mano sulla spalla di Brandon e i due si strinsero le mani attorno agli avambracci in segno di saluto. "Grazie a Dio sei vivo! Ci servi subito al Palazzo, sappiamo perché Alicia ti ha rapito."
"Lo so anch'io!" S'intromise Emma.
"Tu devi essere Emma." Disse Walter, la ragazza annuì seria. "Sei identica a tua madre, anche se il naso è uguale a quello del papà!"
Vidi Seamus staccarsi dal gruppo. Elizabeth provò a chiamarlo, prendendolo per un braccio, ma il ragazzo si liberò con un movimento rapido e circolare del polso. Lo guardai avvicinarsi ai due corpi con passo lento. Tornai su Walter ed Emma.
"Alicia vuole attaccare dall'interno, vuole il controllo dei Palazzi in modo da avere tutti ai suoi piedi. E il Palazzo dei Lupi Mannari è più in pericolo di quello dei Vampiri. Christine Uman è morta!" Continuò Emma. Isabella sussultò tra le lacrime. Era girata di spalle e Walter non l'aveva vista, Elizabeth l'abbracciò a se.
"E il capo del Palazzo dei Vampiri aveva intenzione di lasciarle il posto presto, si era già stancato di quell'incarico." Concluse Emma.
"No, ha appena fatto chiudere l'Accademia, sarà troppo eccitato dalla sua scelta per lasciare già il posto!" Commentò Walter. "Ma comunque gli manderemo subito un paio di soldati per dirgli ciò che è successo, assieme alle vostre testimonianze. Gli diremo di non eleggere nessun nuovo erede per sicurezza e tu, Brandon, lavorerai da qui. La tua posizione rimarrà ignota e ti daremo le attrezzature che ti servono per comunicare col Palazzo!" Brandon annuì e tornai a guardare Seamus, si era avvicinato ancora ai corpi, ma non sembrava intenzionato a toccarli.
"Seamus?" Lo chiamò Anthony, senza però ricevere risposta. Tornai su Walter, aveva indicato il portone aperto al gruppo e tutti si stavano avviando verso l'entrata. Mi guardai attorno, cercando di vedere un volto familiare, o anche due. Ma le uniche persone che vidi furono soldati dagli sguardi bui, distrutti e spenti. Erano stati feriti da qualcosa, ma non a livello fisico.
"AH!" Urlò Seamus facendoci sobbalzare tutti verso di lui. Si era chinato su un corpo, quello da cui spuntavano i ciuffi biondi e ne aveva scoperto il volto. Alla vista del volto di Kendrick era balzato in piedi indietreggiando. Percy Kendrick giaceva lì, gli occhi chiusi e la pelle violacea da cui si potevano intravedere le vene che partivano dal collo e gli arrivavano alle tempie.
"Ma è..." disse Seamus rivolto verso Walter, l'indice puntato contro il cadavere. Aveva un tono spaventato, spezzato.
"Sì! Lo abbiamo trovato e ci è tornato utile per delle informazioni su Alicia, ora sappiamo cosa sta cercando ed è possibile che abbiamo capito anche chi è il suo nuovo alleato."
"Il ragazzo..." sussurrò Elizabeth. La guardai portarsi una mano al collo, stringendosi un piccolo ciondolo rotondo e dorato. Era una collanina che aveva sempre addosso, ma nessuno ci aveva mai fatto effettivamente caso.
"Cosa hai detto Elizabeth?" Chiese Walter.
"C'era un ragazzo." Continuò lei mantenendo tono e sguardo basso. "Aveva una tuta d'argento, lo ricopriva dalla testa ai piedi. Alicia non gli ha mai permesso di avvicinarsi alle celle o di parlare con noi, a differenza di Nicole o Marguerite."
"Quel ragazzo è il velocista d'argento." Aggiunse Walter. "Ed è proprio lui l'ultima arma di Alicia. Ma ora entrate per favore, sarete stanchi e puzzate, dovete farvi una doccia."
Guardai ancora una volta Kendrick mentre Seamus mi superava ancora leggermente sconvolto dall'averlo scoperto. Guardai l'altro corpo, si capiva che era una ragazza e il fatto che non vedevo Clare in giro mi fece preoccupare. Ma quando un soldato si avvicinò al corpo e lo scoprii vidi che era una ragazza coi capelli rossicci, dalla forma negli occhi sembrava cinese o giapponese, anche lei la pelle era violacea e si potevano intravedere bene le vene. Il soldato la coprii di nuovo e la sollevò, portandola sul retro della casa. Altri due, invece, afferrarono Kendrick e lo misero in una bara, trasportandola poi via dalla villa.
"Si chiamava Li Turli." Walter comparve al mio fianco e fissò assieme a me la bara che andava via. "La ragazza intendo. Sono stati gli unici due morti, per fortuna. Nessuno sapeva che Li non aveva più i poteri e nessuno aveva notato la sua assenza all'inizio. L'ha trovata Ariana, era distesa sopra il mio tavolo nel laboratorio: ha preferito sacrificare la sua vita piuttosto che farmi perdere l'unico campione di neve. Abbiamo il veleno Lucas, è l'unica cosa rimasta di questo disastro, e non so bene cosa farne." Con la coda dell'occhio vidi che Walter si era girato a guardarmi negli occhi, ma io continuavo a tenere gli occhi fissi sulla bara, chiedendomi dove lo stessero portando e da quale buco fosse saltato fuori Kendrick.
"Kendrick era a Lefis, ed è stato molto utile." Guardai Walter, chiedendomi se anziché toglierglieli, la neve gli avesse lasciato il dono di leggere nella mente. "Appena vi sarete lavati venite nel laboratorio, hanno già quasi finito di ricostruirlo, mancano solo alcuni pezzi del soffitto. Vi spiegherò tutto quello che abbiamo trovato." Si girò e andò verso la casa. Guardai un'ultima volta la bara mentre spariva dietro l'angolo del passaggio. Mi girai verso Walter e feci un passo verso di lui.
"Dov'è?" Chiesi serio e severo. Walter si fermò sulla soglia, le mani una dentro l'altra dietro la schiena. Un soldato si avvicinò, prendendo le assi che Walter aveva posato a terra prima e sparì verso la sala distrutta, passando le assi a un collega. "Dov'è?"
"Chi?" Aveva un tono basso, tremante.
"Non prendermi in giro Walter, sai di chi parlo!" Iniziai ad irritarmi e feci un altro passo verso di lui.
"No, non lo so!" I suoi occhi iniziarono a luccicare.
"Dov'è Clarissa? Ti è più chiaro adesso?" Walter non rispose, mi guardò con gli occhi sempre più lucidi e quando una gli rigò la guancia si girò entrando nella villa. Lo rincorsi, prendendolo per le spalle. Avvolsi le dita attorno al tessuto e lo lanciai verso il muro, girandolo di schiena. Gli afferrai di nuovo la giacca all'altezza delle spalle e lo scrollai mentre ripetei la domanda. "Dov'è Clarissa?" Lui non rispose di nuovo, lasciando scendere altre lacrime. Gli occhi vagavano per la stanza e aveva uno sguardo completamente spento, come se non fosse in se.
"Dimmelo!" urlai. Walter mi guardò negli occhi per alcuni secondi, poi i suoi occhi si appoggiarono a qualcosa sul piano di sopra. Seguii il suo sguardo e l'unica cosa che vidi fu la porta della stanza di Clare che spuntava dal corridoio. Tornai a guardarlo, lui teneva gli occhi ancora sulla porta e lo lasciai andare. Confuso, mi precipitai su per le scale, salendo due scalini alla volta. Un nodo alla gola mi stava facendo smettere di respirare e dopo due scalini ero già stanco: la vecchiaia stava arrivando anche per me.
"Non essere troppo duro con lui!" Urlò Walter, ma lo ignorai. Lui? Lui chi? Io volevo vedere Clare e basta, non c'era nessun lui.
Arrivai in cima alle scale e la porta della stanza si aprì. Una donna dai capelli castani e i riflessi biondi ne uscì, ancora piangendo.
"Clare!" Esclamai, sperando con tutto il mio cuore che fosse lei. Ma la gioia si spense all'istante quando Adele Time mi guardò con due occhi rossi come rubini. Le guance erano rigate da lacrime trasparenti e non osò dirmi niente. Era ferita anche lei, spenta e lo sguardo perso. Si limitò a fare dei 'no' con la testa e se ne andò, sorpassandomi. La sentii scendere le scale, non guardai dove andò, una paura improvvisa mi aveva bloccato ogni muscolo. Quasi sentendo il ghiaccio rompersi, mi avvicinai lentamente alla porta.
Guardai la maniglia mentre il respiro si stava facendo pesante. Con mano tremante afferrai il pomello di bronzo della porta grigia e lo girai. Allo scattare della porta il mio cuore sobbalzò, la spinsi lentamente e cigolò mentre io entravo con l'ansia alle stelle.
Davanti a me c'era un letto bianco, le tendine che lo avvolgevano erano state tirate al muro e una ragazza dai capelli rosso scuro giaceva sul piumone grigiastro. Aveva le mani cinte sullo stomaco, la pelle bianca come il latte e i capelli distesi sui cuscini. Clare sembrava addormentata, ma il petto non si alzava.
La testa mi girò velocemente, senza fermarsi. Il corpo di Clare sembrava fissarmi e non potevo crederci. Non aveva gli stessi marchi dei due cadaveri, non si vedevano le vene, tuttavia sul collo aveva dei tagli viola, piccoli. Era morta per qualcos'altro.
La stanza girava e girava e girava. Sentii le ginocchia cedermi e mi appoggiai allo stipite di legno. Le ginocchia si piegarono da sole, facendomi inginocchiare a terra. Tenevo gli occhi spalancati e continuavo a sperare fosse una visione, o che fosse effettivamente addormentata.
"Non è morta, non è morta..." una voca maschile sussurrò qualcosa ai piedi del letto. Guardai ancora Clare, mentre la stanza iniziava a fermarsi e gli occhi si seccavano. Non sentivo il bisogno di piangere, ma ogni mia emozione sembrava sparita assieme a ogni mia forza. La gola, gli occhi, persino il mio cuore era asciutto, privo di ogni emozione, forza, solo debolezza e dolore. "Lei tonerà, lei tornerà, sì, lei tornerà..." ancora quella voce maschile. Girai lo sguardo verso i piedi del letto.
Un uomo era seduto con le ginocchia al petto e si stringeva le tempie, dondolandosi avanti e indietro. Mi trascinai accanto a lui e incrociai due occhi di ghiaccio. Sebastian aveva le mani ricoperte di sangue e anche sulla maglietta si poteva intravedere qualche macchia.
"Sebastian?" Lo chiamai, senza ricevere risposta. Lui si strinse le orecchie con i pugni e si dondolò ancora più velocemente.
"Lei tornerà, lei non è morta. Lei tornerà, lei non è morta." Continuava a sussurrare. Davanti a lui c'era una foto di Clare che sorrideva alla telecamera, accanto c'era una rosa rossa e alla sinistra della foto una candela accesa.
"Sebastian cosa stai facendo?"
"Lei tornerà, lei tornerà, lei tornerà..." non smetteva di ripeterlo, ignorando chiunque avesse intorno. Gli misi una mano sulla spalla, ma lui rimase con lo sguardo sui tre oggetti e il dondolio non si fermava. Teneva gli occhi tremendamente spalancati e continuava a ripetere quelle parole come un disco rotto.
"Lei tornerà, lei tornerà, lei tornerà."
"Parli di Clare?" Gli chiesi avvicinando il volto al suo. Lui balzò verso di me, afferrandomi il colletto della maglietta e mi guardò con due occhi talmente rossi da far risaltare ancora di più l'azzurro dei suoi occhi.
"Non osare pronunciare quel nome!" Urlò come un dannato. Lo guardai terrorizzato e lui tornò a dondolarsi con i pugni sulle tempie, ripetendo le sue parole. "Lei tornerà, lei tornerà, lei tornerà."
"Sebastian, non può tornare." Dissi in un soffio, ma lui non rispose. Fermò il dondolio e alzò lo sguardo verso la luce della finestra. Iniziò a sorridere e le mani iniziarono e tremargli a mezz'aria. Indietreggiai trascinandomi sulle mani dalla paura, e la mia schiena si plasmò sull'armadio.
"Sei tornata!" Esclamò allegro, gli occhi che si facevano sempre più rossi. Una lacrima gli rigò il volto e iniziarono e tremargli le guance dal dolore provocato nel tenere aperti gli occhi troppo a lungo sulla luce. "Sapevo che saresti tornata!" Rimase in silenzio a fissare il vuoto, gli occhi spalancati e il sorriso che rimbalzava dallo spegnersi ad allargarsi da orecchio a orecchio. Le mani gli tremarono ancora e l'inquietudine mi riempì il corpo.
"Sebastian?" Lo chiamai e lui mi guardò sorridendo.
"È tornata. È proprio lì! Sapevo che sarebbe tornata." Mi disse indicando il vuoto. Tornò a guardare la luce e allungò una mano, accarezzando l'aria inesistente. "Ciao bambina mia."
"Non c'è nessuno, Seb..." Lui non sembrò sentirmi e continuò a sorridere ed accarezzare il vuoto.
"Piccola mia, perché non torni?" Continuava a dire lui piangendo. "Sì, certo che sono contento di vederti, ma mi manchi così tanto. Torna da me!"
"Sebastian la stanza è vuota!" Lui mi guardò spegnendo ogni sorriso, ma gli occhi ancora più spalancati. Tornò a guardare il vuoto, ma non aggiunse niente. Abbassò la mano e le strinse di nuovo a pugno, facendole tremare. Se le riportò alle tempie e iniziò a dondolare, ripetendo ancora e ancora le due parole.
"Lei tornerà. Lei tornerà. Lei tornerà."
Un urlo provenne dal corridoio. Alzai lo sguardo di scatto, prendendomi alla sprovvista decisi anche di alzarmi in piedi. Elizabeth stava appoggiata al muro accanto alla porta e fissava il corpo di Clare piangendo, una mano sulla bocca che bloccava ogni suo urlo. Di corsa comparve Axel che rimase a fissare il letto mentre prendeva tra le braccia Elizabeth. Non aveva il coraggio di parlare, nessuno dei due disse una parola.
"Abbiamo sentito qualcuno urlare." Disse Anthony comparendo sulla porta. Posò una mano sullo stipite e si girò verso l'amico che stava per entrare. "Seamus no!"
"State bene?" Chiese preoccupato il ragazzo. Spinse via Anthony entrando. Si fermò di colpo vedendo il corpo di Clare fermo e bianco sul letto. Spalancò anche lui gli occhi, si avvicinò lentamente al letto e si accasciò, inginocchiandosi, le mani delicatamente che scuotevano il braccio di Clare. "Clare? Che stai facendo?" Le stava chiedendo dolcemente, mentre le lacrime cominciavano a scendergli sulle guance. "Non è il momento di scherzare dai, svegliati. Dai forza, apri gli occhi, abbiamo un compito da svolgere te lo ricordi? Dobbiamo sconfiggere Alicia, è la nostra missione. Clare? Perché non... perché non apri gli occhi?" Le lacrime e il respiro affannato gli spezzavano la voce, facendolo fermare sulle ultime parole. Solo allora sentii le lacrime riempirmi gli occhi, quel ragazzo l'aveva amata veramente e ci scommisi l'anima che in quel momento stava pensando al fatto di aver fatto una stupidata a lasciarla.
Seamus appoggiò la testa sulle lenzuola mentre continuava a piangere. Anthony si avvicinò a lui, iniziando a tirarlo via per un braccio, ma Seamus sembrava come rifiutarsi di muoversi. Egli rimaneva col viso tra le coperte, stringendole forti tra le dita e urlava dal dolore e tra le lacrime. Ancora attaccata al muro, Elizabeth si era liberata la bocca e teneva il volto nascosto nel petto di Axel.
Dei passi nel corridoio raggiunsero la camera e gli ultimi tre entrarono nella stanza, rimanendo senza parole. Isabella si fece piccola in un angolo, scivolando a terra e chiudendosi le gambe al petto, piangendo rumorosamente. Emma e Brandon stavano fermi, avevano gli occhi asciutti. Il padre passò un braccio attorno alla figlia e la strinse a se, ma la ragazza sembrava come in trance e non reagì al gesto del padre, la sua pelle olivastra risaltava il pallore del padre.
"Dai Seamus, vieni via. È andata." Sussurrò Anthony. Quest'ultimo decise di alzare la testa e con altre tirate, Anthony riuscì a portarlo via, fermandosi sulla porta. Seamus si voltò verso l'amico e posò la fronte sulla spalla di Anthony. Quest'ultimo all'inizio sembrò confuso, ma poi lo lasciò fare e iniziò a sfregargli una mano sulla schiena in segno di conforto.
Brandon si spostò con Emma da una parte, accanto ad Axel, lasciando spazio ai due. Fu allora che Brandon notò Sebastian sul pavimento.
"Lei tornerà, lei tornerà, lei tornerà..."
"Ma?" Mi chiese l'erede indicandomi Sebastian con un indice. L'unica risposta che riuscii a tirare fuori fu un'alzata di spalle, le mani si sollevarono leggermente e poi le feci ricadere con un piccolo e soffice rumore sui fianchi. La testa si era mossa in una negazione e guardai Sebastian mentre ripeteva ancora quelle parole.
Altri passi arrivarono sulla porta e tutti si spostarono lasciando spazio ad Adele. La donna entrò con sguardo serio, teso: si sforzava di non piangere ancora nel vedere il corpo di Clare. Passò lo sguardo su ognuno di noi e penetrò la mente di tutti. "Fuori!" Ordinò seria. "Tutti!"

Clarissa Sangue e il Velocista d'Argento || VOLUME 3Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ