Capitolo 21 - Il Portale d'Oriente

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Emma
La stanza era immersa in una luce strana. Non si poteva definire illuminata, ma neanche immersa nel buio.
Era una penombra illuminata...?
Forse quell'effetto strano era dato per via di tutti quei mobili. La stanza, infatti, ne era sommersa. Era piena di oggetti di antiquariato. Sul soffitto erano appesi vecchi candelabri ricoperti di ragnatele e polvere, sulle pareti c'erano appesi degli specchi e dei quadri. Uno specchio enorme, con le decorazioni in oro massiccio, era stato posizionato in un angolo ed era talmente grande da prendere l'intero corpo mio e di Elizabeth. Entrambe ci fermammo di colpo quando ci vedemmo riflesse: ricoperte di lividi e il sangue che cominciava a seccarsi, dava una sensazione di prurito.
Mai avrei pensato di vedermi vestita con una divisa da combattimento: la camicia, di un tessuto morbido e comodo, bianca, anche se ormai era più tendente al nero e al marrone, era senza maniche e il colletto era mezzo strappato. I pantaloni erano marroni scuri ed erano attillati, mentre le scarpe erano semplici stivaletti neri in pelle.
Elizabeth si osservò nello specchio e poi tirò dritto, come se non le importasse del suo aspetto trasandato. Continuò a camminare tra i mobili, facendo molta attenzione e non scontrare niente, come se bruciassero.
La seguii lentamente, mentre continuavo a guardarmi attorno. C'era veramente di tutto in quella stanza: valigie, mobili di vetro, di legno, dipinti, candelabri, poltrone. E poi, in fondo alla sala, sopra una pila di quelli che smembravano piatti d'argento, c'era una macchina da scrivere. Era di un colore verde scuro, simile a quello delle melma. Elizabeth ci si era fermata davanti e quasi ero andata a sbattere contro di lei. Ero concentrata a guardarmi attorno, non avevo visto che si era fermata, tantomeno avevo notato che il suo respiro si era fatto pesante e le spalle si alzavano e abbassavano a un ritmo frenetico: si era agitata.
Allungai il collo oltre la sua spalla, per capire cosa potesse darle così tanta ansia di botto. Guardai la macchina da scrivere. Sopra, incastrato in malo modo, c'era un foglio color cera. Aveva della muffa agli angoli, chissà da quanto tempo si trovava lì. C'era una scritta sul foglio, nera come la notte.
Affiancai Elizabeth e mi avvicinai alla carta, facendo attenzione a non toccare niente. I miei occhi scorsero le parole e un brivido mi scese lungo la schiena.

Tremate voi che bramate

Nero era l'inchiostro, orrore e tenebre era quello che emanava la frase. Iniziavo a capire come mai Elizabeth ne fosse spaventata. Chi mai aveva scritto quel biglietto? Alicia? Uno dei suoi scagnozzi? Ma soprattutto, chi ci saremmo trovate davanti una volta attraversato il portale? E dov'era il portale?
Capii che Elizabeth si stava facendo le mie stesse domande, tanto che mi guardò in cerca di aiuto. Io, però, non ero come lei. Non mi sentivo coraggiosa, non mi sentivo bella, o atletica o generosa. Io mi sentivo solo egoista e sola.
Mi sentivo una debole: non ero neanche riuscita a dire a Clare che io avevo visto Luna. L'avevo vista quella notte, quando avevo dormito nella sua stanza l'anno prima. Quando avevo parlato nel sonno: "Lei non deve sapere chi è S.G.,..." me lo aveva detto Luna, me lo aveva detto lei.
Era sempre stata lei.
Eravamo in molti ora ad aver visto quel posto, il Tharvar. Ma quanti di noi avrebbero dovuto rinunciare al paradiso per questa causa? Io non voglio finire nel Regno della Notte, così come non voglio ci finiscano Seamus, o Axel, o Elizabeth. O Anthony. Oh Anthony... così gentile e dolce, quanto vorrei poter ricambiare tutto quello che ha fatto per me. Ma non posso, non posso farci niente: non riesco a provare sentimenti.
Da quando il velocista mi ha portato via mio padre, tutte le emozioni si sono come spente. Non riesco più a provare niente, per nessuno. E mi fa star male, molto male. Perché non voglio passare per quella senza cuore a cui non frega niente di nessuno. Perché a me importa di loro, m'importa di tutti loro. Il problema è che, proprio perché mi ritengo il problema, sarei pronta a mettere gli altri prima di me.
Elizabeth continuava a fissare quel foglio, eppure il respiro si stava placando, così come le sue spalle. La osservai mentre i suoi occhi si muovevano e leggevano la scritta, ancora e ancora e ancora. "Tremate voi che bramate." Disse, infine. In un sussurro, però allo stesso tempo duro come una pietra.
Ci fu un tonfo e la pila di piatti si spostò verso il muro in fondo alla sala. I piatti tremarono mentre si muoveva, il foglio nella macchina da scrivere sibilò. Mi guardai indietro per vedere se quel suono fosse stato notato da qualcuno di indesiderato nella Fortezza. Elizabeth mi colpì dolcemente un braccio, facendomi voltare.
Al posto della pila d'argento c'era un cerchio nel pavimento. Era una pietra strana, che non conoscevo. No, sapevo cos'era, e non era una pietra. Era un minerale, era cristallo puro. Trasparente e luccicante; al suo interno, c'erano migliaia e migliaia di piccolissime pietre verdi: smeraldi.
Uno di quelli brillò. Era quello che stava davanti al piede di Elizabeth. Sembrava come emanare dei segnali, come se stesse cercando di attirare l'attenzione di quest'ultima. Lei lo notò. Si accovacciò mentre lo smeraldo non la smetteva di brillare ed Elizabeth lo sfiorò con l'indice. Al tatto, lo smeraldo si spense e il cerchio di cristallo iniziò a girare sempre più velocemente. Gli smeraldi al suo interno ora sembravano dei fili verdi. Elizabeth si rialzò mentre il loro colore diventava sempre più chiaro e ci furono dei lampi verdi, che partivano dagli smeraldi e finivano al centro del cerchio. Una nube verde riempì il cerchio di cristallo e un forte vento che sembrava trascinarci in quella nuvola verde, si alzò, scompigliandoci i capelli.
Io ed Elizabeth ci guardammo. Riconobbi insicurezza nel suo sguardo, e non potevo non potevo fare altro che comprenderla.
Cosa ci aspettava dall'altra parte? Il guardiano? Cosa avremmo fatto o detto una volta raggiunto?
Si, il piano era chiaro: far tornare i guardiani in modo tale che Alicia non avrebbe potuto prendere la tredicesima pietra dai troni. Ma come avremo fatto a convincerli? Erano a conoscenza della gravità della situazione nel nostro mondo?
Continuai a guardare Elizabeth e le strinsi una mano. Cercai di darle quel poco coraggio che mi scorreva tra le vene. Guardammo la nube verde e saltammo.

Clarissa Sangue e il Velocista d'Argento || VOLUME 3Where stories live. Discover now