Capitolo 24 - Il Portale del Nord

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Sebastian
"Stai bene?" Fu tutto quello che mi sentivo di chiederle mentre attraversavamo la stanza. Era di un colore blu pastello, con delle sfumature più scure. Era piena zeppa di giacche pesanti, con la pelliccia. C'era freddo, tanto che del fumo bianco mi usciva dalla bocca mentre parlavo, eppure nessuno dei due ne sembrava soffrire.
Jennifer camminava con lo sguardo fisso sul fondo della sala. C'erano tanti appendiabiti, uno sopra l'altro che coprivano la parete: là dietro c'era il portale, entrambi lo sentivamo.
Mia figlia non mi guardò neanche, mentre mi rispondeva: "Sì!" Ma dal tono sentivo che invece era tutto il contrario. Non sapevo se si fosse resa conto di ciò che era successo quando eravamo scappati dalla Villa. Quel suo tono poteva stare a significare che le tenebre erano ancora dentro di lei e stavano parlando al posto suo, come tutto il contrario, che se ne fosse resa conto e ne sia rimasta scossa. Decisi quindi di non aggiungere altro, continuando a camminare verso i vestiti, convinto di trovare il portale.
Jennifer afferrò un appendiabiti e lo spinse via con forza e furia. Passò poi a quello vicino, finché il muro non fu libero. Ma davanti a noi non c'era un portale, c'erano due giacche pesanti, imbottite e con la pelliccia intorno al cappuccio. Guardai mia figlia confuso, anche lei aveva le sopracciglia corrugate.
Il muro a cui erano appese le giacche brillò di una luce bianca e azzurra, come se fossero delle vene e la luce andò dagli angoli verso le giacche, come per indicarcele. Senza pensare ad altro afferrai quella davanti a me, color celeste, mentre Clare indossava quella color crema. La liberai dall'attaccapanni, ma notai un'etichetta appesa al colletto, come quella dei prezzi. La afferrai mentre sentivo Jennifer tirare su la zip della giacca.
"Guarda." Le dissi, attirando le sua attenzione. Strappai via l'etichetta e gliela porsi mentre io mi infilavo la giacca. Sopra non c'era scritto un prezzo, ma una frase e la lessi ad alta voce appena finii di abbottonarmi il capotto. "Condividete voi che amate."
Davanti a noi il muro fece un rumore simile al vetro che si rompe. Alzammo gli sguardi all'unisono per vedere la parete di pietra diventare ghiaccio. Il ghiaccio ci rifletté alla perfezione e poi iniziò a creparsi, fino a distruggersi. A quel punto si, il portale apparve. Un cerchio color bianco latte, incastonato di zaffiri. Era bellissimo.
"E adesso?" Chiese Jennifer dopo un po'. La stanza era calata nel silenzio. Uno zaffiro si illuminò nel cerchio bianco. Allungai una mano e lo premetti delicatamente. La pietra emise un suono metallico e il portale iniziò a girare, gli zaffiri ormai erano filamenti azzurri. Una nube bianca e fredda uscì dal portale, riempiendoci di freddo fino alle ossa: ringraziai di avere la giacca.
Jen irrigidì le spalle, mentre il cerchio del portale si riempiva di colori azzurri e bianchi e blu pastello. Non perdemmo tempo, un secondo ci stavamo guardando, quello dopo ci stavamo buttando nel portale.
Ci ritrovammo nel ghiaccio perenne, in mezzo a quella che poteva essere l'inizio di una tempesta di neve. Camminammo con le mani davanti ai nostri visi per ripararci gli occhi dalla neve, finché non ci ritrovammo davanti a un vero e proprio castello di ghiaccio. Era largo e con tante punte affilate che arrivavano a graffiare il cielo e il colore era simile a quello del mare calmo durante le prime luci dell'alba.
Guardai Jennifer per un secondo. Lei ricambiò e con uno sguardo capii che dovevamo andare all'interno. Quel posto non mi metteva ansia o paura, anzi tutt'altro, mi sentivo quasi come se fossi a casa mia, come se appartenessi a quel posto.
Il cancello era di un ghiaccio gelido e le dita mi rimasero attaccate mentre lo spingevo delicatamente per aprirlo. Si aprii da solo ed entrammo lentamente nel castello, il cancello che cigolò dietro di noi mentre si chiudeva. La stanza all'interno era un'enorme navata con pareti di ghiaccio spoglio, lunga almeno cento metri. In fondo, c'era una sfera che sembrava fluttuare in aria. Avvicinandoci, una figura mezza umana e mezza pesce si formò all'interno e, avvicinandoci ancora di più, capii che si trattava di una donna sirena... Alexa, la guardiana degli zaffiri.
Negli ultimi venti metri, prima di arrivare a lei, il pavimento diventava di mattonelle molto larghe, quasi non ci feci caso. Jennifer si era fermata, invece, fissando curiosa quell'improvviso cambiamento d'arredamento, io continuai a camminare e sentii sprofondare un piede. Guardai giù e vidi la mattonella abbassarsi di qualche centimetro, poi uno schiocco di freccia. Jennifer mi afferrò per la giacca e mi trascinò indietro, facendomi scampare una freccia nera, che si andò a conficcare nel muro. Una sostanza densa e nera iniziò a colare dal foro che la punta della freccia aveva causato: veleno.
Le frecce erano avvelenate.
Guardai ancora Jennifer e lei corrugò le sopracciglia, probabilmente aveva capito, perché allungò lentamente un piede sulla mattonella davanti a lei, schiacciandola leggermente. Vedendo che era stabile, ci andò completamente sopra e la mattonella rimase ferma. Poi passò a una poco distante da lei, facendo esattamente lo stesso movimento; decisi allora di seguire i suoi stessi passi, andando sulle sue stesse mattonelle.
Lentamente, evitando per puro miracolo almeno sette frecce, arrivammo finalmente dall'altra parte e mi stupii di ciò che avevo davanti. Alexa era in una sfera d'acqua in posizione che sembrava seduta, la tiara sulla sua testa fatta di diamanti bianchi e piccoli splendeva, ma c'era un foro al centro, lì ci sarebbe dovuto essere il tredicesimo zaffiro. Infine, i suoi occhi, non avevano colore, non avevano pupilla. Erano semplicemente due spazi bianchi, innaturali, effetto di qualche incantesimo di controllo.
"Alexa!" Disse secca Jennifer, arrivando alla base di una piccola scaletta. La guardiana sembrò come svegliarsi da un sogno e alzò di scatto il mento.
"Nessuno mi chiamava per nome da tanto tempo." La sua voce era tenera, sembrava quasi che stesse cantando da quanto risuonava melodiosa in quella sfera. "Chi siete?"
"Mi chiamo Sebastian Grough. E questa è mia figlia, Jennifer. Siamo venuti a chiamarti Alexa, abbiamo bisogno del tuo aiuto!"
"Jennifer Grough? La Suprema?" Iniziò a vagare con lo sguardo, come se ci stesse cercando. In quel momento capii... capii che non ci poteva vedere per l'incantesimo. Alicia l'aveva incantata per prenderle il trono.
"Si, si sono la Suprema del Giorno." Jen abbassò il capo, ma gli occhi rimanevano su Alexa. Dovevamo trovare il modo per rompere l'incantesimo, ma come? Come si poteva sconfiggere un incantesimo di cui non si conosceva la formula? Poteva essere un qualunque tipo di incantesimo, ce n'erano a centinaia di quelli che ti facevano controllare la mente delle persone. In più, stavamo parlando di Alicia, una donna che aveva creato incantesimi in una lingua sconosciuta, che era arrivata a creare incantesimi tutti suoi. Era impossibile stabilire come liberare Alexa. "Siamo venuti a chiamarti, la gente dall'altra parte del portale ha bisogno di te!"
"Di me? Perché mai avrebbero bisogno di me?" Corrugò le sopracciglia e continuò. "La mia identità è stata nascosta al mondo per secoli, alcuni non sanno ancora che io esisto. Perché dovrebbero aver bisogno di me? Sarebbe chiedere aiuto al nulla. Se non sanno che esisto, non possono chiamarmi."
"Ti chiamo io, Alexa. Ti chiamo come Suprema e come combattente. La gente ha bisogno che tu metta in salvo il tredicesimo zaffiro, la tua pietra più potente, poiché Alicia ha intenzione di creare la corona del potere."
"Quell'arma non esiste." La sua voce iniziò ad alzarsi e capii che dovevamo fare in fretta. Dovevo trovare un modo per svegliarla, per ridarle la vista. Mi domandai cosa potesse vedere con quegli occhi, mi chiesi che aspetto avessimo per lei. "La corona del potere è solo una leggenda, nessuno è così potente da poterla creare!"
"Alicia si!" Dissi secco facendo un passo avanti. "Ha già preso il trono di diamanti, ma per fortuna non la pietra. E sappiamo entrambi che non ha rubato solo quel trono."
"Ha rubato il trono di diamanti? Come? Luna mi aveva promesso che l'avrebbe tenuto al sicuro, al Palazzo, come ha fatto?" Ora iniziava ad urlare e continuai ad osservarla. Sedeva in una posizione strana, quasi scomposta, la coda formava un angolo retto davanti a lei e le braccia erano appoggiate al nulla.
"Non lo sappiamo, nessuno lo ha ancora scoperto." Continuai.
"E qual è l'altro trono che ha rubato?" Quella domanda mi mandò in confusione totale, ma poi capii e capii e capii. Le aveva modificato la memoria, lei non vedeva noi in modo diverso, ma lei si riteneva in una situazione diversa. Credeva di essere seduta sul trono, con il zaffiro sulla testa. E quella bolla d'acqua, quella era la sua prigione. Dovevamo distruggere la bolla, dovevamo convincerla che non era così.
"Ha rubato il tuo trono." Esclamò Jennifer arrabbiata.
Un'idea mi venne in mente. Dovevo prepararmi bene, forse al peggio, ma avrebbe potuto funzionare. "Lo vedi che non ci sei seduta sopra?" Esclamò ancora Jen.
"Io vedo due insignificanti creature senza poteri, che sono venute da me a chiedere aiuto." La rabbia crebbe anche nella voce di Alexa. "Siete venuti qui insinuando una cosa non vera, creando una storia solo per costringermi a seguirvi. Alicia non ha il mio trono, come non ha il mio zaffiro, e non creerà mai la corona del potere, questo è poco, ma sicuro!"
"Lo zaffiro lo abbiamo noi." Dissi calmo, cercando di calmarla. Era Jen quella che doveva scaldarsi, non Alexa, e quando si sarebbe arrabbiata abbastanza... "Credi che sia nella tua tiara, ma non è così! In questo momento è nelle mani di Walter Zanna Rossa."
"Walter Zanna Rossa." Quel nome quasi lo sputò. "Quell'uomo mi ha portato via un'amica, colei che credeva di più in me! Luna era speciale per me e lui me l'ha portata lontano, affinché non potei più ritrovarla. Io rispondo solo a lei: volete il mio aiuto, chiamate Luna e fatele dire cosa devo fare. Ma io non mi muoverò dal mio trono."
"Luna è morta!" Urlò Jen e la guardai, i suoi occhi stavano iniziando a diventare rossi. Stava iniziando, ora dovevo solo preoccuparmi a buttare più benzina sul fuoco, ma anche poi fare attenzione a non scatenare un incendio ed essere pronto a spegnerlo. "La tua amica non c'è più e io sono la tua Suprema adesso, perciò obbedirai ai miei ordini e verrai con me, prenderai il tuo zaffiro e lo terrai al sicuro. È un ordine!"
"Io non prendo ordini da una bugiarda!" Urlò Alexa.
"Io? Bugiarda?" Spalancò gli occhi, il rosso che risplendeva sulla sua carnagione pallida. Quando aveva finito di urlare, un'ombra nera le era cresciuta dietro la schiena, avvolgendola. Stava iniziando e dovevo prepararmi. Aveva ancora bisogno di una piccola spinta e poi sarebbe esplosa. L'unico problema sarebbe stato farla tornare in se. "Non osare darmi della bugiarda."
"E tu non darmi ordini!" Urlò Alexa e Jennifer esplose.
Tirò un urlo verso Alexa, liberando una nebbia nera che si trasformarono in due frecce. Il nero si fracassò nell'azzurro e Alexa scomparve in una nebbia nera pece. Clare is inginocchiò e la nebbia sparì dietro di lei lentamente. La guardai mentre... mentre tornava ad essere la sua ombra, le tenebre erano la sua ombra, qualcosa che si sarebbe portata dietro a vita.
Per colpa mia.
Cercai di non pensarci e mi accucciai accanto a lei e le afferrai una spalla. "Jennifer..." Lei alzò lo sguardo e vidi gli occhi che passavano dal rosso al verde smeraldo: stava combattendo. "Combatti figlia mia! Non smettere mai di farlo. Andrà tutto bene, starai bene, qualunque cosa ti succederà. Io sono qui e ci sarò finché il mio cuore non smetterà di battere." Continuai a guardarla mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime. Chiuse le palpebre e si accasciò lentamente a terra, urlando dal dolore. Non seppi più cosa fare, senza la mia mia magia non potevo aiutarla... cosa avevo fatto?
"Clare... ti prego, non andare." Sussurrai.
Le presi il viso il grembo mentre sentivo un verso di dolore e guardai in direzione di Alexa. Ora era accasciata a terra, addosso aveva dei pantaloni larghi color azzurro pastello e una giacca del medesimo colore. Un corsetto di pizzo bianco spuntava da sotto il capo e ai piedi aveva delle décolleté bianche. Si alzò lentamente mentre io continuavo a chiamare Jennifer, a cercare di farla tornare in se, ma lei non smetteva di urlare e ogni volta che riapriva gli occhi erano di un colore diverso.
"Alexa aiutami!" Urlai disperato verso la guardiana. I suoi occhi erano tornati normali, di un azzurro mare, i capelli color della neve, e non appena vide le condizioni di Jen, si precipitò su di lei. Mi spinse via delicatamente, notai che anche i suoi capelli bianchi ora erano legati in uno chignon basso, fermato da una stecca sottile che sembrava ghiaccio, la tiara era sparita. La continuai ad osservare mentre posava le mani sulla schiena di mia figlia e iniziava ad urlare anche lei.

Jennifer
Era tutto così buio.
Era tutto così doloroso.
Tutto era nero davanti a me, ero in mezzo a una nebbia nera che continuava a vorticarmi attorno, mentre sentivo qualcuno infilzarmi ogni parte del mio corpo. Sentivo una lama trapassarmi lo stomaco, poi la spalla, poi il ginocchio, ma ogni volta che tastavo la ferita, credendo di trovarci del sangue, trovavo solo l'indumento della divisa intatto. Cercavo di guardarmi attorno, di capire se potevo fare qualcosa, ma tutto quello che vedevo era una nube nera che si raddensava davanti a me, finché non assunse le forme di un uomo alto e snello, lo stesso che avevo visto nella foresta. Lo riconobbi dai suoi occhi rossi come il sangue.
Sentii altro dolore e continuai a combattere, volevo andarmene da lì, tornare da mio padre. Dovevo andare a ricordargli che ora il mio nome è Jennifer Grough e non avevo intenzione di farmelo portar via, non più ormai. Quel nome era mio, mi era stato donato alla mia nascita e me lo avevano portato via.
Ma adesso me lo ero ripreso.
Perciò combattei, combattei finché non sentii una lama di nube nera trafiggermi il cuore, ma resistetti. Non lo avrei fatto entrare, anzi, lo avrei cacciato via a calci. Non potevo permettermi che quella cosa si impossessasse di me. Perché era quello che voleva, lo avevo sentito anche prima, quando stavo cavalcando in direzione della Fortezza.
Era entrato nella mia testa, costringendomi a fermarmi e ad ascoltare la gente che moriva mentre la battaglia alla Villa continuava. Avevo urlato, nella mia testa, per quello, ma nessuno mi aveva sentita e come era arrivato se n'era andato.
Eppure sapevo che era rimasto nascosto, in un angolo, ansioso di balzare di nuovo fuori. E aveva trovato il momento perfetto. Uno scatto d'ira mentre mi veniva data della bugiarda, l'unico insulto che non riuscivo a sopportare perché mi ricongiungeva a mia madre. Alicia era una bugiarda, non io. Aveva ripreso il controllo di me stessa, scaraventando un potere non mio contro la guardiana. Era sopravvissuta? Non lo sapevo, ma avevo sentito mio padre mentre ricominciavo a combattere contro l'uomo in nero e le sue tenebre. Lo avevo sentito mentre mi convinceva a combatter e mi diceva le parole più belle che avessi mai sentito: sarebbe restato fino alla fine. Mio padre. Il mio padre perduto e ritrovato. Gli ero così grata.
Continuai a combattere anche per lui, perché volevo regalargli quel lieto fine che non aveva ancora ricevuto. Quello che si meritava.
L'uomo in nero avanzò verso di me, continuando a infilzarmi con le sue lame, ma io rimasi dritta immobile, urlando dal dolore si, ma non gli permisi di prendermi e mai glielo avrei permesso. Ci fu un'esplosione di luce bianca e un'altra donna urlò. Accanto a me comparve Alexa, vestita elegante e bella. Urlava assieme a me, le tenebre che la trafiggevano, ma combatteva con me.
Non perse tempo e lanciò un incantesimo contro l'uomo in nero e il buio esplose in una luce bianca, poi mi afferrò per un braccio e mi trascinò via, facendomi tornare sul pavimento freddo di ghiaccio.
Spalancai gli occhi e ansimai alla ricerca d'aria pulita. Sentii delle mani lasciarmi la schiena e un piccolo tonfo. Mi voltai appena in tempo per vedere mio padre che afferrava al volo Alexa per evitare di farla cadere a terra, mentre lei si riprendeva prima di svenire. Era davvero forte e potente. La guardiana aprii gli occhi e appena vide che io cercavo di alzarmi si lanciò su di me, aiutandomi ad alzarmi con l'aiuto di mio padre.
"Grazie." Fu tutto quello che riuscii a dire mentre ritrovavo l'equilibrio sui piedi. "Mi hai salvata." Alexa sorrise e scosse la testa leggermente.
"No, grazie a te. Tu mi hai salvata dall'incantesimo che Alicia ha usato contro di me. Mi hai liberata, io ho solo ricambiato il favore." Guardò poi mio padre. "Ho sentito nella tua testa che ci avevi pensato, a scatenare le tenebre di tua figlia Jennifer. Non fartene una colpa, senza la tua idea a quest'ora non avreste un alleata in più." Tornò a guardarmi.
"Ditemi, dove sono i miei amici guardiani?" Era così dolce e mio padre non poteva toglierle gli occhi di dosso. Nonostante un po' di nervosismo nei suoi confronti per aver usato una mia debolezza, ero felice per lui, magari Alexa poteva essere il suo lieto fine.
"I nostri amici se ne stanno occupando. Il tuo zaffiro lo ha Walter... ma la tua tiara?" risposi. Alexa portò le mani a conca davanti a sé. Dei filamenti che sembravano neve azzurra le avvolsero le dita e la tiara apparve. La osservai mentre se le metteva in testa e sospirava con gli occhi chiusi, sentendone il potere.
Infine, riaprii gli occhi e l'ultima frase la rivolse a mio padre: "Andiamo a fermare Alicia."

Clarissa Sangue e il Velocista d'Argento || VOLUME 3Место, где живут истории. Откройте их для себя