Capitolo 16 - Jo

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Nicole
Gli allenamenti si era intensificati, tanto che ogni sera mi faceva male un muscolo diverso. Eravamo passati a spade vere, non toccavamo più quelle non affilate, create apposta per evitare di ferirci.
Alicia ci voleva pronti, non le interessava se qualcuno non si fosse più rialzato da terra. In molti erano morti, ormai non importava neanche più chi era un Kristaldo, chi era un Ginteredo o chi era un Telomano. Ormai tutti avevano un unico obbiettivo: uccidere le Fiamme Bianche.
Quella sera, dopo l'ennesimo allenamento, uno di loro mi aveva ferito alla coscia, facendomi un taglio profondo. Se non fosse stato per una donna, ora probabilmente sarebbe infettata e avrei rischiato di perdere la gamba.
Si erano uniti a noi migliaia di persone. Alicia mi aveva accennato che erano persone che le dovevano qualcosa. Li aveva definiti vecchi alleati, ma i loro visi sembravano più dire che erano lì contro la loro volontà.
Avevo provato a parlare con qualcuno di loro, ma non avevo ricevuto una risposta. Erano rimasti muti dal primo minuto in cui avevano varcato la debole cupola di protezione, e solo Alicia sembrava avere il potere di fargli funzionare la voce.
Entrai zoppicando nella Fortezza, la gamba ferita pulsava e la mano stringeva le bende bianche. Vidi Alicia ai piani alti, dove c'erano le porte per entrare nelle sue cinque torri. Camminava avanti e indietro, sembrava nervosa.
Cercai di ignorarla, andando nella mia stanza. La guardai un secondo di troppo e feci un passo sbagliato, andando a picchiare la ferita contro il muro. Un dolore lanciante mi riempì la gamba, facendomi salire un sapore di sangue in bocca, oltre a un'improvvisa voglia di vomitare. Mi afferrai la gamba con entrambe le mani e la stritolai, mentre cercavo di trattenere gli urli.
"Nicole!" La voce dura di Alicia mi riempì le orecchie. Con grande sforzo alzai la testa verso di lei, mentre ancora il dolore mi tranciava in due la gamba. Lei era serenamente appoggiata con le mani alla ringhiera, ignorava il mio dolore e i suoi occhi erano furenti. "Vieni su!" Sbuffai. Il dolore alla gamba era allucinante, i punti si erano aperti e la mano era impregnata di sangue. Sentivo il fluido caldo scivolarmi sulle dita e fare dei piccoli e acuti suoni sul pavimento. Aggrappai la ringhiera della scala e mi trascinai al piano delle cinque porte.
Alicia era ancora ferma, a guardare le guardie passare di corsa, pronti a iniziare il primo turno di guardia della notte. La guardai e cercai di mantenere un respiro normale, mentre mi sentivo come se un lanciafiamme fosse puntato sulla mia gamba e sparasse fiamme a raffica.
"Sei ferita?!" Disse Alicia.
"Siete perspicace questa sera." Risposi con sarcasmo. Finalmente mi guardò. Aveva un'aria tesa, sembrava preoccupata. Era ragionevole. Aveva mandato il ragazzo con la tuta d'argento al Palazzo due settimane fa, e non era ancora tornato. Il suo piano era quello di farlo agire per due giorni, poi doveva tornare qui e fare tutti gli aggiornamenti possibili. La mattina dopo, sarebbe dovuto tornare ai Palazzi e sarebbe iniziato il suo piano di attacco: avrebbe convinto Mirabilia Stone ad abbassare le difese, a darle il permesso di entrare. Avrebbe preso il controllo dei Palazzi con la manipolazione: era la cosa che le riusciva meglio, in fondo.
Era sempre stata brava a manipolare, aveva convinto pure me. Ma in fondo, era una cosa che aveva dovuto imparare a fare sin da bambina. Dopo che sua madre si era tolta la vita, lei era rimasta sola, aveva dovuto trovarsi da sola da mangiare, o mettersi un tetto sulla testa.
C'erano molte storie che giravano su quel suo periodo. Coloro che la consideravano una "donna onesta" dicevano che si era trovata una casa dopo che aveva lavorato per mesi e mesi in un piccolo locale nel distretto di Brooklyn. Altri, quelli che invece la consideravano una vigliacca, dicevano che si era comprata un posto alla Death Academy, dicevano che Luna Piena le avesse dato alloggio, cibo, e tutto quello di cui aveva bisogno solo grazie alla sua dote della manipolazione. Molti altri, invece, dicevano che fosse stata accolta dalla famiglia Grough, che fosse lei il motivo per cui i genitori di Sebastian erano morti.
Erano così tante voci, ma solo una era vera e l'unica persona che sarebbe stata in grado di dirla, era proprio Alicia.
Ma lei non aveva mai detto, ufficialmente, niente.
Aveva lasciato la sua vita nel mistero, così come i motivi per cui stava causando così tanto dolore. Nessuno la capiva, gli unici che sapevano dei suoi piani erano morti e lei era pronta a lasciarsi cadaveri su cadaveri alle spalle, piuttosto che vedere i suoi piani fallire.
Questa ideologia me la faceva odiare, ma allo stesso tempo provavo pena. La odiavo perché la vita non va sempre come vuoi te, non sei al centro dell'universo, bisogna accettare ciò che ci succede attorno e reagire di conseguenza. Ma mi faceva anche pena, perché provavo e riprovavo a immedesimarmi in quella piccola Alicia Scarlet di nove anni, che si svegliava di notte dalle urla delle guardie del Palazzo delle Autorità dei Vampiri, che li guardava mentre trascinavano via suo padre, provavo a immaginare cosa avesse provato, cosa avesse pensato. E quando sua madre era impazzita, che non riusciva più a ragionare, tutte le cure di casa erano ricadute su una bambina di nove anni. Provai a immedesimarmi in lei, il giorno del suo dodicesimo compleanno, mentre si prendeva cura di sua madre e lei andava a scuola. Riley non le avrebbe mai fatto gli auguri, era troppo occupata a pensare al marito. Ma una sorpresa ad Alicia la fece: la polizia davanti a casa sua mentre portavano via il cadavere della madre. Alicia era arrivata proprio mentre stavano portando via il sacco nero.
Il dolore della perdita di una madre lo avevo provato, sapevo cosa voleva dire perdere la donna che ti aveva donato la vita, che ti aveva insegnato a sorridere e a rialzarti dalle cadute. Mia madre mi era morta davanti agli occhi, dopo che mi aveva avvisata della scatole.
Quanto dolore.
Mi ricordo che Lucas aveva dovuto staccarmi di forza da lei, mentre io continuavo a scrollarla per cercare di risvegliarla. Non volevo credere che non ci fosse più. Lei era la mia ragione di vita, senza di lei non ero niente, non ero ancora pronta a diventare Suprema, a cavarmela da sola nel mondo. Adesso, invece, capivo che se non ti fidavi prima di te stesso, in quel mondo di doppie facce, rimanevi solo che fregato.
Anche Alicia se l'era dovuta cavare da sola. Da una certo punto di vista era anche da ammirare: si era costruita tutto da sola, con le sue mani. Si era trovata degli alleati, aveva creato il suo esercito e le sue armi.
Ora sembrava pronta a marciare contro l'esercito più potente del secondo mondo. Le Fiamme Bianche non hanno mai perso una battaglia, mai. Se in più ora, da come stavano accadendo i fatti, il ragazzo l'avesse tradita e si fosse alleato con il Palazzo dei Lupi, l'intero esercito di Stone e Burlond non avrebbe avuto problemi a schierarsi accanto a Walter.
Tutti avrebbero acconsentito alla sua chiamata, chiunque.
Alicia quasi rischiava di non avere possibilità, di non avere futuro. Ma, in fondo, il suo unico obbiettivo era ciò che si celava dietro alle montagne. Non pensava ad altro, quasi me la immaginavo parlare nel sonno mentre urlava di voler raggiungere quel posto. Oltretutto, quella sua ossessione mi aveva fatto crescere un'enorme curiosità e anch'io ora sentivo la voglia di arrivarci: per capire cosa ci fosse di così esaltante.
"Vieni, lascia che ti aiuti!" Disse Alicia. Si avvicinò alla mia ferita e ci passò una mano sopra, pronunciando parole a me incomprensibili.
Un'altra cosa sua inquietante, era che pronunciava parole senza senso. Non era la lingua degli incantesimi che conoscevo, e quasi sembrava se ne fosse creata una tutta sua. Se fosse stato vero, l'avrebbe resa ancora più pericolosa: se non sapevo con che incantesimi stavo combattendo, non avrei saputo come difendermi. Da una parte, anche quella sua idea era geniale.
Sentii la carne tornare come prima. I brandelli di pelle squarciata che si riunivano tra loro, il sangue che ritornava a scorrere nelle vene.
Alicia mi tolse delicatamente le bende, rivelando un pezzo di gamba intatta, senza neanche la cicatrice.
"Grazie?" Dissi mentre lei si tirava in piedi e mi osservava con sguardo neutro.
"Non credere che sia felice di vedere i miei soldati feriti, o addirittura morti." Rispose lei. Andò poi verso la prima porta a destra. "Come stanno andando? Sono ben allenati? Le nuove reclute, dico." Le mille collane che aveva al collo suonavano a ritmo della sua voce. Il suo vestito argentato brillava sui riflessi delle pareti e i suoi tacchi a spillo echeggiavano sul pavimento. Le labbra erano sempre rosse, il suo simbolo ormai, oltre alla A scritta con la spada. Simbolo che si trovava sempre sulle nostre spalle sinistre.
"I nuovi arrivati si stanno adattando bene alla situazione, ma non sono per niente allo stesso livello di un Ginteredo, o un Kristaldo o un Telomano." dissi. Alicia si voltò e mi fece cenno di avvicinarmi e così feci. Cercavo di essere il più cauta possibile, non aveva mai fatto salire nessuno su quel piano.
Solo il velocista.
"Quanto tempo? Di quanto tempo hai bisogno prima di poter andare in battaglia?" Mi chiese.
"Settimane, forse mesi. Non è possibile dirlo con precisione, alcuni sono più avanti di altri. Alcuni muoiono dopo cinque minuti di allenamento, altri ancora non si rialzano più da terra. Se solo potessimo allenarci con le spade non affilate, quelle da gioco, forse..."
"No! Devono abituarsi al peso, a come fare determinate mosse, a come uccidere!" La guardai accigliata. Non poteva pretendere che dei ragazzini imparassero ad ammazzare i propri simili. Per loro era già stato difficile venire lì, alcuni, come minimo, erano stati costretti dai genitori perché avevano sostenuto Alicia.
C'era un ragazzino, di nome Taddeus, che aveva tredici anni. I suoi genitori erano ricercatori del  Palazzo dei Lupi e per colpa di una decisione sbagliata si erano ritrovati lì. Lo avevo notato subito, quando era arrivato con la massa di gente dondolante, aveva uno sguardo di puro terrore. Piangeva e la prima sera mi aveva chiesto di farlo rimandare a casa. "Tu sei la Suprema della Notte." Mi aveva detto. "Non ci credo che non puoi fare qualcosa. Mandami a casa, per favore, te ne supplico. Non voglio morire così!"
Non avevo potuto fare niente, non avevo potuto aiutarlo. Quel ragazzo ora era là fuori che si contorceva dai dolori che gli provocavano i soldati, l'unica cosa positiva era che era cresciuto in altezza e muscolatura, facendolo diventare un vero e proprio armadio. Ma per Alicia, era solo un'ennesima macchina da guerra ed era pronta a mandarlo al suicidio.
"Non posso fare altrimenti." Dissi e poi con grande sforzo aggiunsi: "Mia signora." Chiamarla così, per me, sembrava quasi stessi ingerendo del veleno. Era un titolo che mi irritava, che non pensavo meritasse.
"Mi hai detto che alcuni sono più bravi, giusto?" Chiese lei portando la mano sul pomello nero della porta. Lo girò e la serratura scattò, ma non aprì la porta.
"Si, alcuni sono già in grado di combattere." Dissi e lei aprì la porta. "Ma non sono pronti per una guerra, sono troppo stanchi."
"Sai quanto me ne frega se sono stanchi. Mi hanno giurato fedeltà, mi hanno detto che credevano nella mia causa, che stavano dalla mia parte. Se ora sono stanchi, o vogliono andarsene, per loro sarà morte certa." Mi squarciò la mente con gli occhi. "E tu glielo comunicherai! Parole semplici, dirette, i politici non vogliono rigiri di parole. Digli che se qualcuno di loro non rispetterà il patto che ha stretto con me, si ritroverà una pallottola nella testa prima che riesca a dire 'ma'. Hai capito?" Annuii spaventata e lei sorrise. "Voglio mostrarti una cosa!" Entrò nella stanza. Era piccola e stretta, di un colore giallo sporco e spento. Era completamente vuota, le pareti erano di un metallo strano, liscio. Davanti a noi c'era un cerchio di sabbia, i granelli volteggiavano in aria ed erano fermi come pietre.
Alicia andò verso il cerchio con passo sicuro, io invece camminai lenta, impaurita da cosa fosse quel posto e la guardai posare una mano sui granelli di sabbia e solo allora mi accorsi che erano avvolti da un cerchio di vetro, perfettamente trasparente. Alicia spinse quel cerchio, che iniziò a girare. All'inizio lentamente, poi sempre più velocemente, i granelli di sabbia iniziarono a brillare di una luce gialla, per poi scurirsi su un rosso vivo. Al centro del cerchio, dei filamenti rossi andarono verso il centro, quasi si toccarono. Il colore rosso riempì il cerchio e divenne trasparente, rivelando un trono color pece con delle pietre rosso fuoco incastonate. Ne mancava una, quella che doveva stare al centro del trono, al livello della testa.
"Sai che cos'è?" Chiese Alicia. Rimasi a guardare il trono mentre i punti iniziavano a unirsi, ma cercai di rimanere nell'ignoranza.
"No." dissi.
"È il trono di rubini. La pietra che manca è quella che mi serve per costruire la corona. Però ho anche bisogno del trono, senza di lui il potere della pietra sarebbe incontrollabile. A meno che non sia il guardiano stesso a donartela, la pietra del guardiano non può stare da sola, ha bisogno di una fonte dove rilasciare la sua energia."  Gli occhi iniziavano a bruciare e le lacrime salivano, la vista si offuscava, ma non riuscivo a staccare gli occhi da quel maledetto trono.
"E perché non lo prendi? È proprio lì." Appena finii di dire la frase, un uomo alto con la pelle color delle olive, comparve davanti al portale e la guardò con rabbia. Aveva uno scettro in mano, raffigurava un'aquila che afferrava la preda e aveva un occhio brillante di un rosso porpora, l'altro era solo un foro nero.
L'uomo guardò oltre il portale, come se potesse vederci e si sedette sul trono. Rimase fermo e Alicia fece fermare il cerchio, spegnendo il portale. Ci fu un suono come di un macchinario che smette di funzionare e finalmente riuscii a sbattere gli occhi. Mi bruciavano ancora e mi tolsi alcune lacrime.
"Quello era il guardiano del Trono di Rubini." Disse Alicia. "Non posso prendere quel trono, così come tutti gli altri, perché i loro guardiani li difendono con la vita, e sono troppo potenti. Potrei lanciargli addosso un esercito di cento mila persona che uno schiocco di dita li renderebbero tutti cenere. Vieni." Uscì dalla stanza e la porta si chiuse con lo scattare della serratura.
Tornò a guardare le guardie che controllavano la strada sul portone. Andai accanto a lei, la osservai attentamente mentre i suoi pensieri si incrociavano nella sua testa.
"Perché mi hai fatto vedere il portale?" Chiesi e lei mi guardò.
"Clare aveva trovato le pietre, ne sono sicura. Non sono da nessuna parte, le mie guardie hanno perlustrato l'intera città e di loro non c'era traccia. Ovviamente avrebbe potuto scoprire anche che, con i guardiani, le pietre sarebbero state al sicuro. Voleva mettere tutti al sicuro quindi le Fiamme verranno qui, verranno a chiamare i guardiani e noi dovremmo accoglierle. Ed è qui che entri in gioco te. Ci servirà una distrazione, un qualcosa con cui le Fiamme Bianche dovranno perdere tempo, quindi domani, all'alba, aiuterai Marguerite a selezionare gli uomini e donne che ritieni migliori dell'intero esercito. Dopo di che, loro marceranno verso la Villa, in questo modo Sebastian e Walter saranno costretti a scappare, a correre qui a chiamare i loro benamati guardiani." Tornò a guardare le guardie sotto di lei e un brivido mi scese lungo la schiena.
"Perciò io devo solo selezionare i soldati?" Chiesi speranzosa. Non volevo essere coinvolta in quella situazione, non volevo far del male ai miei amici, avevo già perso Clare...
Io volevo solo tornare da loro.
"Tu partirai assieme a Marguerite, ma prenderai una strada diversa. Assieme a due uomini che sceglierai, andrai al Palazzo e mi riporterai qui il velocista. Dovrai tornare prima del tramonto, la strada da qui alla Villa non è lunghissima ed entro domattina Sebastian arriverà, magari anche da solo, se siamo fortunati."
"Perché vuoi così tanto il ragazzo?" Vedendo che non rispondeva le feci un'altra domanda. "Come farò a convincerlo a tornare?" Alicia portò il palmo di una mano verso di se, mentre con le dita dell'altra fece dei movimenti casuali formando dei filamenti grigi. Si formò una fotografia e me la passò. Nella foto c'era una donna che dei lunghissimi capelli neri e gli occhi a mandorla. Erano verdi e assomigliava tantissimo ad Elizabeth, sembravano quasi sorelle. La donna guardava davanti a se con sguardo teso e, alla base della foto, c'era una pistola che la puntava dritta alla testa.
"Quel ragazzo sa troppi segreti. Se dovesse dire una parola di troppo, il mio piano andrebbe in fumo. Mostragli la foto, lui sa chi è quella donna e non ci sarà bisogno di aggiungere altro. Ora va a riposarti, ti voglio in forma per accogliere il nostro ospite domani." Fece una pausa e sospirò. "I guardiani hanno preparato i portali."

Clarissa Sangue e il Velocista d'Argento || VOLUME 3Où les histoires vivent. Découvrez maintenant