Capitolo 11

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Mel e Lucinda, con Ben al seguito, la sera dopo andarono in Conway Road. Il numero Due era la casa all'angolo, ma era uguale a tutte le altre case della schiera, tranne che aveva le finestre con i doppi vetri, il giardinetto anteriore era pavimentato e accanto alla porta d'ingresso c'era un tino con un alberello dentro.
Lucinda fece un passo indietro, guardando con sufficienza l'alberello, mentre Mel bussava.
Joe Isaacs era un uomo alto molto più giovane di quanto non avessero immaginato. Era sulla ventina, con una faccia scarna e occhi scuri e penetranti dietro un paio di occhiali dalla montatura spessa.
- Ci ha mandato Lou- disse Mel imbarazzata, mentre gli altri stavano in silenzio. Lui li squadrò attentamente da capo a piedi, senza dire una parola, mentre Mel gli spiegava della loro campagna per l'immondizia. - Lou dice che lei sa cosa fare quando la democrazia fallisce.
Joe cominciò a sorridere.
- È uno spreco di tempo- disse Lucinda. - Io glielo ripeto in continuazione, ma lei non mi dà ascolto. Potremmo stare in discoteca a divertirci, invece di impicciarci di questa storia. In questo immondezzaio qualsiasi tentativo di cambiare le cose è solo tempo sprecato.
Joe la guardò, improvvisamente arrabbiato; il sorriso era sparito. - Sentite, ci sono tre cose che si possono fare se si vive in un posto come questo. Si può accettarlo e scendere al suo stesso livello. Si può andare via. Oppure lo si può cambiare. Ma qui c'è un tranello, perché per cambiarlo bisogna prima cambiare se stessi.
Ci fu un momento di silenzio mentre i ragazzi assorbivano questo concetto.
- Adesso tu, principessa, come ti chiami?
- Lucinda.- Mel sentì l'irritazione nella sua voce. Il cuore le andava sprofondando via via che si rendeva conto del fatto che Lucinda stava già innalzando le barriere nei confronti di Joe. Riusciva effettivamente a sentire la tensione che si stava creando tra loro due.
- Bene. Allora, osservandoti così, principessa Lucinda, direi che la tua soluzione sia andartene. Tu cerchi la Gran Classe. Giusto? La Bella Vita? Allora, cos'é che vuoi? Cosa pensi di riuscire ad ottenere che sia tanto meglio di quello che hai adesso?- Fece un gesto ad indicare le case circostanti.
Restarono tutt'e tre a bocca aperta. Lucinda disse, balbettando, incredula: - Ma stai scherzando? Soldi! Vestiti! Una macchina! Vivere in un bel posto.
- Allora darai in legno la tua vita in cambio di una pelliccia, di qualche divano superimbottito? Pensi che questo ti farà sentire realizzata?
Lucinda era furibonda per il disprezzo che traspariva dalla sua voce.
- Non dei divani. Una casa migliore. Credi che io voglia continuare a vivere in questo buco puzzolente dove tutti si odiano a vicenda? Io voglio vivere in un posto più elegante dove non si mettano in continuazione i piedi nelle cacche dei cani e dove si possa essere liberi di vivere una vita migliore. Cosa c'è di male nel volersene andare?
- Woodford? Chigwell? Epping?- chiese Joe. - Una bella bifamiliare dove non puoi ascoltare lo stereo dopo le dieci di sera senza che i tuoi vicini chiamino la polizia? Dove parlano male di te se non lavi le finestre di casa o non falci il prato? Credi che gente del genere ti farebbe piacere?
- Non parlo mica di un postaccio di periferia come Woodford. Io intendo dire un bel quartiere.
- Highgate? Hampstead? Chelsea? Pensi che avresti dei vicini simpatici, amichevoli in un posto così? Gente che ti viene a trovare per fare due chiacchiere davanti a una tazza di caffè?
Gli occhi di Lucinda ormai lanciavano fulmini di rabbia.
- Stai distorcendo tutto.
- Sei tu quella che è distorta, ragazza. I tuoi valori sono distorti. Per amor di Dio, pensaci bene prima di distruggere la tua vita, prima che sia troppo tardi.
- Ma tu sei fuori di testa! Che c'è di male nel volere dei soldi, una macchina e delle vacanze? Tanta gente...
- Dove te ne andrai con la tua grande macchina, principessa? Non conosci nessun bel posto dove andare. Per te saranno tutti uguali perché non conosci nulla. E che farai quando avrai finito di riempire di vestiti il tuo guardaroba? Che farai quando sarai finalmente "arrivata" e te ne starai seduta sui tuoi bei divani nel tuo elegante appartamento deserto e sarai stufa marcia di essere una macchina del sesso, e non ci sarà nient'altro che vorrai comprare con tutti i tuoi bei soldi? Che te ne farai allora di quel tuoi bel cervellino superattivo in ebollizione, principessa Lucinda? Non mi sembri il tipo della fanatica religiosa. Io direi che prima ti darai agli uomini, poi alla droga o all'alcool, per rilassarti e dimenticare, vorresti fare questo a te stessa?
Lucinda deglutì, fissandolo con aria bellicosa, ma Mel capiva che era molto sconvolta e che non avrebbe potuto reggere ancora a lungo.
- Allora una ragazza negra come me può essere felice solo in una baracca di periferia, sfacchinando in cucina quando non c'è nessuno in giro. Io non dovrei desiderare un bagno!
- Allora quello che vuoi è un bagno!- disse Joe sarcastico.
- Tutti vogliamo dei bagni, signor Isaacs- lo interruppe rabbiosa Mel. - Credi che dovremmo avere qualcosa di meglio delle condizioni che abbiamo in queste case. Lucinda ha ragione. Sono delle baracche.
- E di chi è la colpa? È la gente che costruisce le baracche, non nascono mica da sole. Ma non è detto che debba attrarvisi. Potrebbe cambiarle. Non è necessario trasferirsi a Hampstead per avere un bagno. Venite di sopra.
Lo seguirono lungo il corridoio. La casa di Joe era diversa da tutte quelle in cui erano stati. Prima di tutto c'era della musica classica che proveniva da qualche parte; poi sembrava sgombra e spaziosa. Tutte le pareti erano di un bianco candido. C'era della moquette marrone scuro sui pavimenti ed alle pareti quadri astratti dai colori brillanti.
- Questi sono stupendi- disse Mel, soffermandosi a guardarli. - Chi li ha fatti?
- Io. Non sono un artista, ma mi piaccio e i colori e mi piace dipingere.
Lui fece strada su per le scale ed arrivato un cima spalancò una porta. Si affollarono sulla soglia per guardare.
La terza camera da letto era stata trasformata in un bagno. Una semplice vasca bianca. Un lavandino. Un gabinetto. Le pareti erano ricoperte di mattonelle, il pavimento con la moquette marrone scuro. Molto semplice e classico, ma rifinito con cura.
Restarono a fissare, colpiti. Quasi nessuno in quelle strade aveva un bagno.
- M... ma come?
- L'ho fatto io. Ho fatto domanda per una sovvenzione che mi desse una mano con le spese e ho messo da parte dei soldi. Ho comprato i sanitari in una svendita e ho preso in biblioteca un libro di idraulica. Poi ho fatto fare le parti più difficili a un idraulico. Ho costruito un bagno. Perché avrei dovuto aspettare che qualcuno me lo venisse a costruire? La maggiori parte della gente potrebbe farsi un bagno come questo, se volesse, invece di starsene seduta a sperare e a lamentarsi.
- Io non potrei- interruppe Ben, con un sorrisone. - Non saprei districarmi con le istruzioni, e non sono neanche troppo forte in matematica. Scommetto che la vecchia signora Martin avrebbe anche lei qualche problema a trascinare quella vasca su per le scale.
Ma Joe non rise. - La signora Martin ha mai chiesto al Comune di installare una vasca da bagno o una doccia? Ha mai rotto le scatole ai servizi sociali? Io non ho mai detto che sia facile, ho detto che se si vogliono cambiare le cose prima bisogna cambiare i propri atteggiamenti. Ma questo non è il tuo metodo, vero, ragazzo? Tu non vuoi cambiare nulla. La tua soluzione è quella di stare fermo e annegare. Così non devi pensare, giusto?
Ben rispose, tranquillo: - Io non sono mica un cervellone, amico. Io non so fare nulla.
- Ci hai mai provato? Da quant'è che in classe non stai ad ascoltare seriamente una lezione?- Di nuovo c'era disprezzo nella sua voce. - Chiunque potrebbe farti qualsiasi cosa, e tu glielo lasceresti fare. Potrebbero raccontarti qualsiasi cosa e tu ci crederesti. Basta che sia tutto facile.
- Certo, per lei non è un problema- disse Ben. Era arrabbiato. Mel non riusciva a ricordarsi l'ultima volta che aveva visto Ben arrabbiato. - Ci verrà lei a pagare la cauzione per tirarmi fuori dalla centrale della polizia quando mi metteranno dentro per i prossimi disordini? Ci andrà lei a dirlo a mia madre?
- Ma perché non la pianta, signor Isaacs- disse le con rabbia. - Per lei non c'è nessun problema. A lei nessuno la picchia se sta per casa dopo le undici di sera. La polizia non la ferma per perquisirla in cerca di droga. Ben ha ragione a tenersi lontano dai guai.
- Stai zitta, bianca- disse Ben furibondo, precipitandosi giù per le scale, tre gradini per volta e sbattendo la porta d'ingresso.
Joe sorrise lentamente. - Sono contento di vedere che dopotutto c'è rimasto ancora qualcosa.
Mel disse, malinconica: - Abbiamo cercato di cambiare le cose, signor Isaacs. Ci abbiamo veramente provato, ma non ho notato che abbia avuto qualche effetto. Come ha detto Lucinda, è uno spreco di tempo.
- Ah si? Hai ridipinto le tue finestre e la tua porta d'ingresso, giusto? Una porta rossa?
- Si, ma come fa...
- L'ho notata. Adesso quante persone nella tua casa hanno ridipinto le loro case?
- Io ho fatto quella della signora Martin, accanto a me, perché lei mi ha aiutato e mi ha dato cinque sterline per la mia carta da parati.
- Adesso ci sono cinque case ridipinte. Cinque. È la prima volta da anni che in quella strada sia stato ridipinto qualcosa. Ce ne saranno altre. A volte basta una persona sola. Quando ce n'è più di una si possono spostare le montagne.
Lucinda grungì sprezzante.
- In effetti il tizio che è venuto a riparare le grondaie ha detto che se ci coalizzavamo tutti quanti insieme potevamo diventare un'"area di ricostruzione"- disse Mel lentamente. - Ottenere che venissero fatte le riparazioni essenziali.
- E cosa ve lo impedisce?
Lucinda perse la pazienza: - "Immondezzaio in ricostruzione!" Non riusciamo neanche a far portar via la spazzatura e tu dai retta a tutte queste scemenze che ci sta raccontando. Siamo venute per la spazzatura, te lo ricordi? Non sono settimane che cerchiamo di cambiare questa situazione? Volantini. Lettere agli assessori. E dove siamo arrivati? Da nessuna parte. Non danno ascolto a gente come noi. L'unica soluzione è andarsene il più presto possibile. Quando hai i soldi, allora si che ti danno retta.
- Finora cos'è successo?- chiese Joe.
Gli raccontarono della loro campagna e Joe cominiciò a ghignare. Era un sogghigno molto attraente, accendeva la sua faccia e i suoi occhi così seri. "È simpatico" pensò Mel stupita.
Mel disse depressa: - Continuano ad accampare scuse. Ci scrivono lettere piene di balle. Non sappiamo cos'altro fare.
- Che coincidenza, pare che siate venuto dalla persona giusta. Sono un anarchico. No, non vado un giro a far saltare in aria la gente. L'anarchia è una forma di organizzazione comunitaria. Niente capi. Niente parlamenti. Responsabilità e fiducia reciproca. Azione diretta.- Scoppiò a ridere. - Credo che potremmo risolvere il vostro piccolo problema.
- Rapire il ministro dell'ambiente?- lo schernì Lucinda.
Joe rise di nuovo. - Non ancora. Un pò di azione diretta alla prossima riunione del consiglio comunale sarà abbastanza.

MEL - Liz BerryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora