Capitolo 9

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- Potremmo cercare di fare qualcosa- argomentava Mel con Lucinda, una sera. Erano di nuovo in buoni rapporti. Mel non aveva tenuto conto dell'avvertimento di Lucinda riguardo a Keith Edwards, ritenendolo dettato dell'invidia. Era semplicemente tropo stupido. Keith era una brava persona. La stava aiutando molto in questo nuovo trimestre con il suo progetto di decorazione, mostrandole come montare correttamente le fotografie ed i campioni di colore, come disegnare delle piantine dell'appartamento e gli schizzi delle modifiche proposte, addirittura come disegnare dei caratteri semplici per le didascalie e i titoli, che davano un aspetto molto professionale alla sua ricerca. Le chiedeva sempre come andassero le cose e aveva un sorriso speciale, solo per lei, che le faceva saltare il cuore in petto.
Mel proseguì: - Potremmo cercare di far ripulire la strada. Tutti paghiamo le tasse. Non è giusto.
- Siamo troppo negri, da queste parti- disse Lucinda. - In Municipio trovano che non abbia senso spazzare queste strade, pensano che le risporcheremo subito.- Ridacchiò della sua stessa battuta, con un suono simile a quello della signora Martin.
Mel non la trovava buffa: - Forse il nipote della signora Martin potrebbe fare qualcosa- suggerì.
Ma la signora Martin disse che la raccolta dei rifiuti ingombranti era una cosa diversa dagli spazzini e che non pensava che suo nipote potesse essere utile.
- Protesterò lo stesso- aveva detto. - Dammi un attimo quel blocco. Scriverò una lettera e voi me la potete spedire.
La lettera della signora Martin non sortì alcun effetto. Passarono parecchie settimane.

Mitch Hamilton passò a trovarla una sera sul tardi. Disse che era venuto a vedere come andavano i lavori e a darle una mano, ma passò tutto il suo tempo, con crescente fastidio di Mel, stravaccato sulla poltroncina ricoperta di cellophane, con una gamba sopra il bracciolo, osservandola mentre dipingeva il soffitto del salotto. Osservando lei piuttosto che il procede del lavoro, scoprì Mel voltandosi. Scese in fretta dalla scala, ripulendosi le braccia dalla vernice.
- Non hai niente di meglio da fare?
- No.
- Dev'esserci qualcosa di più eccitante da fare.
- Ti stai offrendo?
Mel arrossì. Non era brava in questo tipo di chiacchiere. Lui si alzò, ridendo, e le mise un braccio intorno alle spalle. - Dai. Ti faccio una tazza di tè.
Lei si scrollò il suo braccio di dosso, imbarazzata, e sciaquò il pennello sotto il rubinetto, mentre lui se ne stava appoggiato allo scolapiatti aspettando che l'acqua bollisse.
- Questo mobile è bello. Dovresti togliere la vernice. È di legno di pino.
Mel lo guardò incredula. - Non ci credo.
- Pino, con maniglie di ottone. Guarda.- Grattò una delle maniglie con l'unghia del pollice e Mel vide il luccichio del metallo. - Sarebbe bello.
Lei fissò dubbiosa la credenza. - È un lavoro grosso. Ci sono tutti quei dettagli. Ci vorrebbe un sacco di tempo. Sarebbe più facile ridipingerla di bianco.
- Ti dirò una cosa- disse lui, issandosi sul tavolo della cucina - verrò io a fartela.
Lei lo guardò con sospetto. - Ma perché dovresti... Quanto vuoi? Io non posso pagarti.
Lui le sorrise. - Per amore.
Lei sospirò esasperata. - Avrei pensato che avessi già abbastanza da fare al negozio di tuo nonno. Non ti stai cercando un lavoro?
- Ce l'ho già un lavoro. Te l'ho detto, mi sto riposando. Sono un musicista.
- Veramente?- Mel era solo mezza convinta. Non le piaceva il modo in cui le stava sorridendo.
- Beh, allora non ti devi esercitare?
- Provare. Si. Ma ho il tempo di fare la credenza. Mi piace quel genere di lavoro.
- Grazie, Mitch, ma non credo che...
Ma lui venne lo stesso e passò tre giorni a grattare via gli stati di vernice mentre lei era a scuola. Lavorava meticolosamente, attento ad ogni dettaglio, concentrato. Mel, che lavorava nello stesso modo, lo trovava irritante. Non le andava di dirgli che la credenza aveva un aspetto peggiore, non migliore.
- Quando avrò finito con questa, farò un mobile ad incasso uguale per il lavandino e per lo scolapiatti- disse lui. - Ci farebbero comodo degli altri armadi in cucina.
Lei lo fissò. Che voleva dire con "Ci?" - Stai scherzando.
Lui sorrise, non rendendosi conto del lapsus. - Non sono mica soltanto una bella faccia, sai? Ero il primo al corso di falegnameria alla Thomas Conway!
- Ma le tua mani- disse Mel preoccupata. Non dovresti maneggiare quegli attrezzi. Metti che ti capiti un incidente? Pensavo che i musicisti...
Lui rise. - Dai un'occhiata.
Le mise davanti le mani aperte così che lei le prese automaticamente tra le proprie. Erano molto forti, grandi. Le dita erano segnate e all'interno avevano dei calli.
- Tre settimane di tournée e diventano così. Non sono mica un pianista classico.
- Oh.- Mel fece per allontanare le mani, ma le due lunghe dita si strinsero attorno a quelle di lei, intrappolandole.
Lei alzò gli occhi, indignata, e vide che Mitch la stava guardando, serio e assorto, con gli occhi che brillavano. Il suo cuore cominciò a battere in modo irregolare senza che riuscisse a spiegare e il motivo.
Alle sua spalle, Lucinda disse: - Beh, salve colombi! Mano nella mano? Che carini!
Mel di scatto ritrasse le mani da quale di Mitch, con la faccia paonazza.
Lucinda alzò un sopracciglio: - Se ti sta facendo una proposta di matrimonio me ne vado.
Mel l'aggredì: - Non fare la stupida!- e tornò alla sua pittura, lasciando Lucinda e Mitch a sorridere come due idioti.
- Mio Dio, hai proprio perso la testa- disse Lucinda, dopo che Mitch se ne fu andato. - Credevo che avresti fatto giusto un po' di pulizie e avresti dato una mano di vernice. Sembra che tu abbia fatto venire una squadra di demolitori dopo che erano appena usciti i ladri.
Mel aveva staccato tutta la carta dalle pareti del salotto e stava accuratamente rapprezzando l'intonaco sottostante. Si guardò attorno con aria vaga. Tutti quelli che erano entrati di recente erano riamasti sorpresi e meravigliati. Niente tappeto o linoleum sul pavimento. I pochi mobili rimasti coperti con sacchi di cellophane. Niente tende alla finestra. Dappertutto quello strano odore ammuffito di gesso bagnato. Lei sorrise, d'un tratto, ricordandosi come era stato qualche mese prima, pieno di sporcizia e di scatoloni. - Quando avrò finito qui dentro non lo riconoscerai più.
Lucinda rise. - Non lo riconosco nemmeno adesso. Supponi che tua madre torni a casa all'improvviso?
Mel sembrava a disagio. - Presto potrò cominciare a rimettere la carta. Non mi ci vorrà molto, ormai. Forse mi sono lasciata un tantino trasportare. È la preparazione che è lunga e devo mettere della roba speciale sotto le finestre per bloccare l'umidità. Poi dovrò ridipingere la parte in legno e rimettere il tappeto.
Lucinda disse, annoiata: - Ce l'hai la carta da parati?
- Quella roba spessa che sembra zuppa d'avena. Il tizio del negozio ha detto che avrebbe nascosto le imperfezioni delle pareti. Poi la dipingerò di un color verde mela chiaro. Credo che si intonerà con il giallo dell'altra stanza. E adesso che le porte sono aperte...
Lucinda si mise a ridere. - Vorrai dire scomparse!
Il signor Miller era venuto ad aiutarla, aveva svitato i cardini ed aveva rimosso le porte. - Poniamo che tua madre le voglia chiudere?
- E perchè dovrebbe? È tanto meglio senza. Un'unica grande stanza è meglio di due piccole. C'è più spazio.
Lucinda scrollò le spalle. - Mi piacerebbe vedere la sua faccia quando vedrà tutto questo.- La imitò: "Melody, cosa ne hai fatto della mia Bellissima Credenza? E del mio Bellissimo Tappeto e la mia Bellissima Televisione..."
Mel era di nuovo a disagio. - Ma adesso ha una poltrona. E il pavimento di legno è bello. Meglio di quel vecchio tappeto sudicio. Quando sarà tutto finito c'è un tappeto di pecora da mettere davanti al caminetto...
Lucinda rise: - Stavo solo scherzando. Guarda, non devi mica convincermi. Adesso è troppo tardi per preoccuparsi, Mel. Hanno detto qualcosa a proposito di quando la dimetteranno?
- No, ma aveva un aspetto migliore l'ultima volta che l'ho vista. Era piuttosto paffuta. Sapeva chi ero. E indovina cosa? Indossava dei jeans e una camicia.

MEL - Liz BerryWhere stories live. Discover now