𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟾:

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𝙰𝚕𝚕'𝚘𝚋𝚒𝚝𝚘𝚛𝚒𝚘

18 gennaio 2018.
Incheon [인천 광역시, Incheon gwang-yeoksi]

Mingi entrò in centrale quella mattina. Aveva finito di studiare tardi il giorno seguente, arrivando persino a non chiudere occhio, ma per nessun motivo voleva perdersi i nuovi sviluppi del caso. Se Yeosang era arrivato ad Anyang, come era stato previsto, già avrebbero dovuto avere delle notizie. A passo svelto superi l'atrio e vide San alla sua scrivania compilare moduli, cose d'ufficio: noiose, obbligatorie, ma necessarie.
«Heyo Sani!» Mingi disse con il suo solito tono allegro.
«Hey, Mingi-ah!» l'altro gli sorrise, osservandolo in viso, poi disse «Stai bene? Sembri uscito da un film horror. Hai fatto le ore piccole» il ragazzo con gli occhiali sul naso ammiccò verso il più alto.
«In realtà ho studiato per l'esame che ho tra pochi giorni, altro che, non ho chiuso occhio almeno fino alle tre» Mingi si sedette nella sedia vicino al suo amico, sbuffando sonoramente per la stanchezza. Aveva bisogno di un caffè, o due, forse tre o quattro: aveva bisogno di caffè. I suoi occhi piccoli adocchiato o velocemente qualcosa che gli potesse assomigliare e non appena vide il cappuccino di San sulla sua scrivania non ci pensò due volte a berlo.
«Ti dispiace?».
«Veramente...no, fai pure, non preoccuparti» San rispose a sillabe, arrendendosi, ormai conosceva troppo bene Mingi da pensare che avrebbe cambiato certe delle sue abitudini. Quella di rubargli il caffè quando rimaneva sveglio a studiare di notte era la meno peggio, abitando nella stessa identica casa, San era diventato il suo babysitter personale, dovendo limitarsi il più possibile, specialmente quando veniva Wooyoung a cena. Il ragazzo dai capelli biondi, zucchero filato secondo lui, lo aveva conosciuto non molto tempo fa e i due si frequentavano già da qualche mese. San sperava che Mingi fosse fuori casa per invitarlo a restare e per non dover continuamente uscire; ma erano dettagli.
«Comunque, stavo per chiamarti al telefono se non fossi venuto in centrale» informò il moro, i suoi occhi non si erano spostati dal foglio pieno di spazi bianchi da riempire, come una sorta di gioco dove si dovevano inserire i tasselli mancanti.
«Perché?».
«Yunho ti cerca, ha bisogno di te in obitorio. Sa che teoricamente devi finire gli studi, ma ha bisogno di una mano e come dice lui "tu hai da imparare". Dovresti raggiungerlo al piano di sotto».
«Quando mai Yunho non ha bisogno di me?» il rosso sbuffò «Sto andando da lui, spera che rimanga in piedi oggi».
Mingi si dileguò.
Prese l'ascensore e scese al piano -1 e aprì le porte dell'obitorio. La strada la conosceva bene, ormai l'aveva percorsa talmente tante volte che aveva presto imparato a muoversi da solo, tra poco l'avrebbe percorsa ogni giorno. L'idea di lavorare in un posto come quello a Mingi piaceva molto, si vedeva già col camice bianco con la sua tasca laterale dove mettere una penna a scatto; con quella penna a sfera avrebbe appuntato tutto quello che aveva notato ad una prima e meticolosa occhiata. «Medico legale Song» si disse fiero di se stesso; in sé la frase suonava bene. L'unica cosa che poteva davvero spaventare Mingi, che più spaventare lo inquietava un poco, era l'idea di avere come tutor Jeong Yunho, con cui non aveva esattamente un buon rapporto. Non vi era astio tra i due, ma neanche un rapporto così intimo. Mingi sapeva che Yunho fosse una persona simpatica, gentile e premurosa, ma che sul lavoro era preciso, serio, non ammetteva parole di troppo e delle volte restava in silenzio mentre osservava qualche cadavere. Era lo stesso Jeong Yunho che il rosso trovò subito dopo il suo ingresso in quella sorta di cella frigorifero.
Yunho stava compilando un fascicolo, girato di spalle verso la scrivania metallica a sinistra, di fronte la vasta quantità di celle per conservare le vittime da osservare e quelle che avevano già fornito ogni tipo di indizio. Quello schedario era perfettamente in ordine e tutto era diviso per tipo e per data: Yunho teneva all'ordine, non quanto Seonghwa, ma nel suo campo doveva essere per forza così, non aveva molta scelta.
«Era ora che arrivassi?» il maggiore parlò senza voltarsi. Aveva intuito che era arrivato il tuo assistente.
«Sono passato poco fa per vedere se ci fossero novità. A quanto pare nulla di ché, dato che aspettiamo notizie da Yeosang e Jongho» nel sentire quel nome, Yunho scosse leggermente la testa come se avesse un tic nervoso, ma continuò ad ascoltare finché il rosso non concluse «Dopo San mi ha detto che mi cercavi, che ti serve?».
Il ragazzo si avvicinò velocemente alla scrivania, aspettando che Yunho gli desse una risposta, il quale si voltò e, posando la sua cartella, tiro Mingi per il colletto della camicia e gli posò un bacio sulle labbra.
Mingi rimase allibito, piacevolmente sorpreso.
«Questo per cosa era? Ti sono forse mancato?» disse il rosso.
«No, ma mi serve una scusa per poter capire delle cose».
«Come lasciare Yeosang entro fine mese per quel ragazzino?».
«Le cose sono molto più complicate Mingi, io e Yeosang stiamo insieme ma non abbiamo avuto più rapporti o momenti nostri né ne sentiamo la necessità. Probabilmente entro fine mese è finita, non farti ingannare. In ogni caso, ti ho chiamato qui per dare un'occhiata ai nostri ospiti; di là ci sono il camice e i guanti, non voglio che tocchi i corpi con quelle zampe».
Alle parole di Yunho, Mingi sorrise ampiamente e corse verso lo spogliatoio.

Nel frattempo, Seonghwa uscì dal suo ufficio e come sempre, verso l'ora di pranzo andò da Mary's.
Stesso tavolo di sempre, stesso piatto di sempre e stessi pensieri. Tagliò per bene la bistecca e ne prese un boccone dopo l'altro. Quel pasto sembrò più piacevole degli altri, forse perché aveva dormito di più e perché le sorti dell'indagine per adesso erano nelle mani di Yeosang, che ad Anyang stava cercando quei ragazzini o chi ne era rimasto.
«Detective!» all'impero una voce gli fece andare di traverso il bicchiere con l'acqua frizzante; mentre una piccola figura prendeva posto di fronte a lui sorridente. Era Kim Hongjoong, il ragazzo strano, interessante ed estremamente affascinante.
«Hongjoong, quale piacere vederti» l'altro disse, accennando ad un sorriso, quasi come una smorfia. Hongjoong rise rumorosamente nel vedere l'espressione del detective Park, avvicinandosi sempre di più al tavolo, arrivando quasi a fissarlo.
«Non lavori oggi?» chiese il biondo platino.
«Sarei in pausa pranzo, sai, non sono un'artista che può prendersi il suo tempo per fare quello che vuole. Ho dei turni».
«E hai un turno anche questo pomeriggio per caso?».
«Come mai, vuoi percaso invitarmi ad uscire, sono molto impegnato. Noi della polizia lo siamo sempre e...».
Seonghwa sicuramente avrebbe continuato a farfugliare per molto ancora, forse sperando di annoiare Hongjoong finché quello non lo avesse creduto l'essere più noioso della terra. Perché Seonghwa sapeva bene che essere in sua compagnia avrebbe potuto creare qualche problema, anche se di poco conto, almeno lui credeva. Quel ragazzo gli faceva una brutta sensazione. Ma Hongjoong non era dello stesso parere, a lui stare con Seonghwa nonostante il suo comportamento distaccato piaceva e avrebbe continuato ad insistere fino a quando avrebbe potuto.
«Esci con me Seonghwa, non farti pregare» disse il bassino avvicinando il pollice alle labbra del ragazzo per togliere un pò di salsa che era rimasta, rovinando quel quadro tanto affascinante che era Park Seonghwa.
«Va bene,» disse Seonghwa lievemente rosso in viso «Uscirò con te».

◯  Tinto di rossoWhere stories live. Discover now