XIV

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Maria Maddalena Ivanov, Villa Ivanov, New York.

Calmati.

Calmati.

Calmati.

Continuai a suonare il pianoforte ad Aleksei, che sembrava seriamente impazzire per la musica classica; in quel momento infatti, era sdraiato a pancia in sù e mi fissava con quei due occhioni azzurri adorabili, rapito dalla melodia come la propria madre.

Non vedevo l'ora che iniziasse a parlare e comunicare, per poter udire finalmente la sua voce e poi più in là, anche i suoi pensieri e le sue preoccupazioni.

"Ehi, tesorino, ti piace?" Gli chiesi senza smettere di suonare il motivetto. "Mh?"

Mi rispose inclinando la testa ed agitando le manine.

"Mary?"

La voce di Dimitri fece esplodere una serie di fuochi d'artificio nel mio basso ventre, ma quando entrò nella stanza notai la sua tensione e mi allarmai all'istante.

"Dimitri? Tutto bene?" Staccai le mani dai tasti di colpo e presi in braccio Aleksei. "C'è qualcosa che non va?" Lo scannerizzai e notai l'espressione esausta, il viso tirato, le spalle flosce: vi era decisamente qualcosa che non andava. "Dimitri, parlami."

"Dammi Aleksei." Deglutì pallido come un cencio e tremante. "Dammi nostro figlio." Gli porsi Aleksei senza rimostranze; non potevo negarglielo, non quando il suo stato d'animo era così disperato. "Ho bisogno di sentirlo vicino a me."

Il mio cuore iniziò a battere all'impazzata ed il ronzio alle orecchie si acuì. Non lo avevo mai visto così preoccupato.

"Cosa è successo?" Cercai i suoi occhi, ma Dimitri cullò Aleksei con le palpebre basse, inalando il suo profumo, perso nel proprio mondo rassicurante. "Dim?"

"Hanno preso Andrej, di nuovo."

Il respiro mi si bloccò nella trachea ed in quel momento una bomba avrebbe potuto fare meno rumore. Il mio cervello andò in black out.

"Ma come-come-come è possibile?" Trovai riparo nell'abbraccio di mio marito. "Lui era alla Villa."

"Dovevo andare all'incontro con Chicago, questa mattina." Lo fissai oltraggiata perché non me ne aveva fatto parola e lui si scusò: "non posso dirti tutto, Mary."

"Lo so." Abbassai le palpebre. "Ma era pericoloso... e Andrej?"

Dimitri non rispose per qualche secondo e quando lo fece la mia realizzazione mi scioccò.

"Mi aveva avvertito si trattasse di una imboscata, ma non gli avevo creduto. Sono stato così ottuso, ma lui ha fatto prima di me e quando è arrivato sul posto, la polizia di Chicago lo aveva già accerchiato."

La sua voce si incrinò e blaterai qualcosa di sconclusionato, iniziando a sudare.

"Lui sapeva." Mi portai le mani ai capelli e mi lasciai andare senza vita sulla panca del pianoforte. "Lui sapeva, ha agito così per me." Fissai un punto indistinto oltre le spalle di Dimitri e cominciai a piangere. "Per noi," sussurrai flebile con gli occhi che si riempirono di lacrime. "Lui sapeva tutto."

"Mary? Mary?" Dimitri si affrettò a raggiungermi. "Mary, che diamine sta succedendo? Cosa sapeva Andrej?"

Mi nascosi il volto dietro i palmi e singhiozzai così forte, che a stento non mi ruppi la cassa toracica.

"Oh, mio Dio," ansimai disperata. "Oh, mio Dio." Mi portai la mano al petto e la visuale si annebbiò di colpo. "Non può essere."

"Mary?" Dimitri riuscì appena in tempo ad appoggiare Aleksei sul tappetino e sorreggermi, prima che crollassi sul pavimento di marmo. "Mary?"

Promessa |THE NY RUSSIAN MAFIA #1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora