capitolo 8

14 2 0
                                    


«Non pensi sia un po’ vecchio per lui?» chiese Jungkook sottovoce, in modo che solo Yoongi, che aveva un braccio attorno alle sue spalle, potesse sentirlo.
Yoongi passò lo sguardo da Jungkook a Jimin e Jin, che si tenevano per mano dall’altra parte del falò. Era la sera del secondo giorno di campeggio, sopra le onde, il cielo si stava accendendo di stelle alle loro spalle.
«Sono più vecchio io di te che Jin hyung di Jiminie!» sbottò Yoongi con il suo solito broncio. «E poi se avessi avuto delle remore su di lui avresti dovuto presentarle due anni fa».
«Come sarebbe due anni fa?»
«Sì, saranno due anni ormai che escono insieme. Più o meno quanto noi due» fece l’altro masticando il suo s’more. Ne offrì uno a Jungkook, che si limitò ad aprire la bocca. Yoongi sbuffò e lo imboccò.
«Non pensavo fosse tanto» replicò Jungkook.
Yoongi fece un verso, leccandosi via della cioccolata dal pollice. «Certo che hai la memoria corta in questi giorni».
«E tu hai delle briciole qui». Indicò l’angolo della bocca di Yoongi prima di baciarlo.
Yoongi gli sorrise. «Ci sono cascato».
«Ed io che pensavo di passare un fine settimana con gli amici» fece forte Hoseok, facendo trasalire entrambe le coppie. «Mi trovo circondato da fidanzatini sdolcinati!» Namjoon e Taehyung risero.
«Yah, che mancanza di rispetto! Non ti hanno insegnato a essere gentile con chi è più vecchio di te?» commentò scherzosamente Jin.
«Nah, è solo geloso!» replicò anche Yoongi.
A quelle parole Hoseok fece una faccia a metà fra il confuso e il terrorizzato, le punte delle sue orecchie si arrossarono.
«Hyung, che ti prende?» lo prese in giro Jimin.
«Lasciatelo stare» lo difese Namjoon, ma ottenne solo una risata dagli altri. Il ragazzo alzò le spalle, rassegnato, e passò un marshmallow a Hoseok.

Taehyung era in camera sua. Aveva detto a Jimin che avrebbe riposato un po’, ed era quello che aveva sperato di fare, ma dopo circa mezz’ora di inutili giri fra le lenzuola aveva deciso di rinunciare all’idea.
Si era seduto alla scrivania e aveva iniziato ad analizzare le versione integrale dei documenti tradotti. Jimin gli aveva confessato di aver nascosto delle pagine.
Continuava a rileggere i passaggi su i due soggetti sopravvissuti: 101094 e 123095.
I numeri avevano un significato in quelle pagine. Avevano già identificato le coordinate della Villa Celata, non c’era motivo per credere che anche quelle cifre nascondessero qualcosa di concreto.
Secondo quello che aveva raccontato Yoongi, anche le culle dei neonati sotto la Chiesa dei Santi Arcangeli erano numerate, ma non sapevano in base a cosa. Taehyung aveva escluso l’ipotesi che si riferissero al numero effettivo di bambini trattati.
Delle grida lo fecero sobbalzare. Non distinse le parole, le voci che si stavano dando contro a vicenda non gli suonavano familiari.
Si alzò e mise piede fuori dalla porta. Nel corridoio incontrò gli sguardi di Jimin, Namjoon e Hoseok. Il primo confuso quanto il suo, i secondi più che altro preoccupati.
«Dove le hai messe? Idiota!» La voce di Yoo Inna risuonò a metà fra il furibondo e il disperato. «Suzy-ya! Dove le hai messe?» aveva urlato ancora.
«Non ne ho bisogno, sto bene!» La risposta di Suzy voleva essere sicura, ma si incrinò in un grido strozzato. Come se stesse soffocando.
«No, non stai bene!» strillò Lee Jieun.
Le voci trapassavano la barriera delle pareti e della porta con tale forza da far accapponare la pelle della nuca di Taehyung.
«Non voglio quella roba!» Suzy adesso sembrava implorarla.
«Ne hai bisogno, idiota! Ricordi la crisi che hai avuto l’ultima volta che ti sei rifiutata di prenderla?» ribatté Inna. «Suzy-ya, stai morendo!»
Solo quando Taehyung fu a meno di cinque metri dalla porta della stanza si rese conto di stare correndo. «Onnie, aspetta…» La porta si spalancò e Taehyung si ritrovò ad osservare Inna conficcare una fiala nera nella spalla di Suzy, mentre Jieun la teneva ferma.
La ragazza barcollò un istante mentre il fluido nero penetrava nel suo corpo, placandone il fremito spasmodico.
«Cosa le hai fatto?» urlò Taehyung guardando Suzy accasciarsi impotente sul pavimento e sputare un grumo di sangue denso e scuro. Era pallida, stesa a terra a in canottiera e pantaloni da tuta, con i capelli imperlati di gocce d’acqua, come se si stesse vestendo dopo aver fatto una doccia.
Alle proprie spalle, Taehyung sentì Namjoon e Hoseok raggiungerlo. Il capo dell’Istituto lo prese per una spalla, Taehyung li lasciò passare davanti a sé.
Inna ansimava, con la siringa vuota ancora stretta fra le dita. «Le ho salvato la vita» rispose.
«Forse avremmo dovuto aspettare di più» disse Jieun, seduta accanto a Suzy. Improvvisamente, sembrava dubbiosa. «Avremmo potuto provare a calmarla, forse…»
«Non avevo bisogno del sangue di demone, Jieunie» disse Suzy, ripresasi a stento mentre si metteva a sedere sul pavimento, la voce rauca, il fiato corto. «Era una delle ultime dosi… e tu l’hai sprecata» accusò voltandosi verso Inna. Scattò in piedi e agguantò una maglietta appallottolata ai piedi del letto.
«E cosa dovevo fare? Lasciarti lì a morire?»
«Avevo tutto sotto controllo!»
«A me non è sembrato così!»
«La crisi sarebbe passata, se mi avessi lasciata in pace il tempo necessario per riprendermi!»
«Suzy-ya, dici sempre così e finisci col ridurti…»
«Zitta!» la fermò l’altra, come se Inna stesse per dire una parola che non voleva sentire.
«Perché devi sempre fare così? Perché devi sempre strafare?» sbraitò la donna. «Con gli allenamenti, con questo… Cosa vuoi dimostrare?»
«Se non te ne fossi accorta, di quella roba me ne è rimasta sì e no una dozzina di dosi» rispose Suzy in tono grave. «Mi restano forse sei mesi di vita, se sono fortunata!»
«No, invece!» ribatté Inna. «Ne hanno trovato delle fiale in un laboratorio di Daegu! Se i Fratelli Silenti riescono a ricrearne…»
«Ma non possono, onnie! Lo sappiamo tutte e due che non possono!» gridò Suzy. E la disperazione proruppe dalle sue parole.
«Cos’era quella roba?» domandò ancora Taehyung, ancora immobile sulla soglia spalancata.
«Il mio lasciapassare per l’inferno» soffiò fra i denti Suzy rivolta a Inna.
«Suzy-ya, aspetta! Dove vai?» le urlò dietro Jieun, ma fu inutile.
La ragazza uscì dalla stanza come una scheggia infilandosi la maglietta. Gli Shadowhunters di Seoul la lasciarono passare senza muovere un muscolo. E Inna si lasciò cedere sul letto. Sembrava distrutta.
Hoseok prese un respiro profondo e asserì: «Credo che ci dobbiate delle spiegazioni».
Inna strinse le labbra e annuì. Ansimò un po’ prima di riuscire ad articolare: «Suzy ha fatto parte delle pedine del piccolo chimico dei suoi genitori, fino all’età di due anni». Non sembrava per niente contenta di parlarne, tanto più perché probabilmente sarebbe stato più giusto lasciare a Bae Suzy il diritto di raccontare quella storia, ma in quel momento Yoo Inna era passata dalla posizione di procuratrice contro l’Istituto di Seoul a quella di bugiarda. «Erano degli estremisti, quasi veneravano il Maestro della loro setta…» tirò su col naso e si passò una mano tra i capelli scuri. «Cinquecento fialette» sussurrò poi sollevando gli occhi su Taehyung. «Quando sono morti le hanno lasciato delle fialette. Due dosi al mese… per vent’anni. Vent’anni, ti rendi conto? Hanno calcolato la vita di loro figlia e hanno permesso che vivesse solo per vent’anni…» si morse distrattamente il labbro inferiore, cercando inutilmente di ricacciare le lacrime. «I miei genitori si sono fatti carico di allevarla come figlia loro, perché i nostri padri erano parabatai…» Per quanto le lacrime sgorgassero dagli occhi di Inna, la sua voce non s’incrinò. Sembrava che quella storia le pesasse dentro da troppo tempo perché lei potesse fermarsi per così poco. «All’inizio andava tutto bene. Da bambina, le bastava anche una sola iniezione al mese per stare bene, ma con il tempo… le crisi sono diventate sempre più frequenti. Una sola dose non bastava più a placare il dolore… finché Suzy non ha cominciato a nascondere le crisi sempre più a lungo, a spingersi sempre più oltre, pur di evitare di consumare quelle stupide fiale nere…»
«Non puoi biasimarla» la interruppe Jieun. Era ancora a terra, seduta ai piedi del letto. «È della sua vita che stai parlando. Non può permettersi di buttarla via così velocemente…»
«Le restano solo sei mesi!» urlò Inna improvvisamente. Stava esplodendo. «Sei!» ribadì tremante per il pianto. «Come posso affrontare io questo? Come posso rassegnarmi all’idea di dover perdere la mia sorellina? Suzy ha… ha combattuto tutta la vita e adesso… non posso lasciarla andare».
«Aspetta» la fermò Taehyung. Era così confuso che gli sembrava di non poter respirare. «Hai detto che i suoi genitori facevano parte di una setta? E conducevano esperimenti sul sangue demoniaco?»
«Non ti sfugge niente» fece sarcastica Jieun. Si alzò e si avvicinò all’amica. Estrasse un pacchetto di fazzoletti dalla tasca e glielo passò. «So cosa ti sta passando per il cervello. Non siamo stupide, abbiamo pensato anche noi a un possibile collegamento con il vostro caso, è per questo che Jongsuk ci ha scelto per questo incarico. Eravamo tutti scettici all’inizio, ma più esaminiamo i documenti che ci avete fornito più appare chiaro che manchi qualcosa. Forse questa è una setta diversa…»
«Quando è nata?» la fermò Taehyung.
«Come?» replicò perplessa Jieun.
«Il suo compleanno, quando è nata?» ripeté il ragazzo.
Jimin gli prese la mano. «Taetae… che importanza ha?»
«Il dieci novembre millenovecentonovantaquattro» rispose Inna. «Perché?»
«I documenti» disse semplicemente Taehyung. Adesso avevano senso. «Parlano di due soggetti sopravvissuti».
«Sì, li chiamano 123095 e 101094» confermò Hoseok e nel momento stesso in cui pronunciò le cifre arrivò alla stessa deduzione. «I soggetti sono catalogati per data di nascita».
Inna li guardò con gli occhi rossi spalancati, boccheggiante: «Questo…»
«Qualcuno all’interno dell’Enclave sa molto più di quanto dovrebbe» dichiarò Namjoon. «La setta ha avuto decenni per crescere la propria sfera di influenza ed è stata stroncata proprio come gli Shadowhunters dopo la Guerra Oscura. Significa che qualcuno ha insabbiato la cosa per anni».
«Dobbiamo trovare Bae Suzy» aggiunse Jimin.
Taehyung pensò a Suzy, che si contorceva dal dolore sul pavimento. L’immagine della fiala di sangue nero gli si impresse sulle palpebre come un marchio a fuoco. Era uno degli esperimenti della setta. Sangue demoniaco misto a sangue angelico. Pensavamo che le fiale che hai visto nel sotterraneo non fossero semplici esperimenti, ma dosi. Per qualcosa, per qualcuno… Le parole di fratello Alon gli rimbombarono nella testa insieme all’improvvisa emicrania. Prese un appunto mentale di prendersi l’ennesima aspirina, poi scacciò via quel pensiero. La setta aveva trovato un modo per sfruttare il fatto che nella famiglia Kim ci fosse del sangue del popolo fatato, che le fate fossero ibridi, e per questo la formula aveva avuto su di lui un effetto che su altri non era immaginabile…
Suzy era un esperimento fallito. Aveva vissuto con quella consapevolezza per anni.
«I Fratelli Silenti non sono in grado di ricreare la formula delle fiale che abbiamo trovato» articolò infine Taehyung.
«No, Suzy ha ragione su questo. Nessuno può fare una cosa del genere» provò a tagliar corto Jieun.
«Ma ci non serve qualcuno che lo faccia» realizzò Taehyung. Inna la guardò fisso, come se cercasse nei lineamenti del suo viso il filo conduttore che riportava alla ragione. «È già stato fatto». Strappò con forza il piccolo kit del pronto soccorso attaccato alla parete della stanza, proprio sopra il comodino, e lo scaraventò sul letto, accanto ad Inna. Ne estrasse un laccio emostatico e una siringa sterile. Prima che chiunque di loro realizzasse davvero cosa stava facendo, 10 ml di cremisi erano stati risucchiati dalla vena del suo braccio sinistro.
«Cosa credi di fare?» gli urlò contro Hoseok.
Taehyung sciolse il laccio con la stessa velocità con cui aveva compiuto il resto dell’operazione. «Se ho ragione, questo dovrebbe riuscire a placare gli attacchi di Suzy tanto quanto le sue fiale».
Jieun sembrava quella più intenzionata a fermarlo, a chiudere quella storia una volta per tutte: «È impossibile, lei…»
«Lei è come me. Un esperimento della setta» ribatté Taehyung porgendole la siringa. «Fratello Alon ha detto che quello che abbiamo trovato era un misto di sangue angelico e di demone, come quello che il Maestro sta cercando così disperatamente di ricreare, quello che è stato dato a me».
«Perché?» balbettò Inna. «Perché lei è dannata e tu no? Perché tu stai bene?» La sua voce si era sollevata in un grido stridulo strozzato delle lacrime.
«Sangue di fate, nella famiglia di mio padre… Le fate sono ibridi, quindi…» Non riuscì a finire la frase, gli occhi scuri di Inna sembravano trafiggerlo.
Inna abbassò lo sguardo. Scosse la testa, come per scaccia un brutto pensiero. «Forse può funzionare» sussurrò. Quando sollevò di nuovo gli occhi su di lui, il luccichio delle lacrime che li coprivano era diverso. Speranza. Poi Inna balzò in piedi. «Dobbiamo trovarla».
«Fermi!» li bloccò Jieun. «Non abbiamo idea degli effetti che potrebbe avere una cosa del genere. Non sappiamo neppure se tu sia un donatore compatibile, potrebbe avere un rigetto!»
«Non è una questione che possa essere trattata con impeto» concordò Hoseok.
Jimin strinse le labbra. «Ha ragione, Tae». Taehyung sentì quanto fosse restio a dirlo, ma lo credeva davvero.
«Contatterò Fratello Alon» affermò Namjoon. «Chiederemo la sua onesta opinione medica. Decideremo di conseguenza».
«Nel frattempo,» aggiunse Hoseok, «questa è requisita». Prese la siringa dalle dita di Taehyung con delicatezza, come stesse maneggiando un’arma da fuoco carica. Dopo di che passò lo sguardo su Inna e Taehyung: «La terrò nel laboratorio dell’infermeria, farò in modo che non si deteriori, okay?» La ragazza annuì.
Hoseok fece un paio di passi indietro. Jimin ne approfittò per avvicinarsi a Taehyung: estrasse del cotone dal kit di primo soccorso e lo usò per fermare il sangue che aveva continuato a uscire attorno al segno lasciato dall’ago sul suo braccio. Taehyung lo osservò in silenzio. Una cosa del genere non meritava una iratze.
«Di questo dovrà essere informato in Conclave» asserì Jieun.
«Senza dubbio» replicò Namjoon. «Ma non prima che arriviamo a capo di questa cosa. L’hanno già messa a tacere una volta, non c’è ragione di credere che non possano farlo ancora».
«Cosa suggerisci di fare, hyung?» chiese Taehyung.
«Riposare» rispose semplicemente il capo dell’Istituto. «E intendo riposare davvero. Ne abbiamo tutti bisogno».

blood and memoriesWhere stories live. Discover now