Secondo capitolo.

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Louis tornò a casa tardi, molto tardi, quando i suoi genitori già dormivano; infilò la chiave nella serratura e la fece girare lentamente, entrò in casa in silenzio e stette ben attento a non urtare da nessuna parte, ma prima ancora che potesse richiudersi la porta alle spalle si ritrovò sua sorella davanti e sobbalzò.

"Merda, Lottie", fece a bassa voce, "mi hai spaventato."

"Non parlare così, Lou", rispose lei irritata, "qui puoi anche toglierti quella maschera da duro!"

"Sta' zitta", sbottò lui, "non ne sai niente di maschere, tu."

Lei sospirò, non aveva voglia di litigare, e abbassò il tono di voce cercando anche di addolcirlo. "Dove sei stato? Mamma si è preoccupata un sacco."

"Non credo che ti riguardi", rispose lui levandosi la giacca.

"Papà si arrabbierà", provò a convincerlo.

"Non è neanche il mio vero padre, e poi non gliene frega un cazzo", sibilò il ragazzo in risposta, "e quello reale è anche peggio."

"Dio, Louis, non ce la faccio più!", quasi esclamò la sorella. "Perché devi trattare tutti così male?"

"Chiedilo a lui", rispose Louis, indicando con un cenno della testa la stanza da letto dei genitori.

"Posso capire che ti abbia fatto del male, molto male, davvero, Lou", iniziò lei guardandolo supplice, "ma..."

"Basta!", esclamò il ragazzo, e Lottie trasalì. "Non ne voglio parlare, lasciami in pace!"

Si dileguò in bagno per farsi una doccia. Si sentiva addosso l'odore di alcool e nella bocca quello delle sigarette di Zayn, con il quale era stato ad una festa fino a mezz'ora fa. Aprì l'acqua rifugiandosi sotto al getto senza curarsi del rumore che poteva fare e della voce assonnata di una delle gemelle che si era svegliata per la sua esclamazione poco prima, senza preoccuparsi di far arrabbiare suo padre e coinvolgerlo in una lite senza fine, perché alla fine sarebbe stato perfino meglio litigare con lui e farsi anche cacciare di casa piuttosto del silenzio che aleggiava sempre fra di loro.

****

Harry uscì dalla metropolitana con lo zaino in spalla e un paio di libri in mano, ripetendo sottovoce gli appunti di chimica che aveva preso da Liam. Era intenzionato ad andare all'interrogazione, così continuava a pensare ad atomi, masse e moli, e aveva deciso di continuare a ripetere ad alta voce anche all'interno della sua classe prima che fosse riempita di altri studenti. Guardò l'orologio mentre si incamminava verso la scuola; aveva quasi mezz'ora prima del suono della campanella, era arrivato di pochi minuti in anticipo rispetto al solito. Incontrò lo sguardo di una ragazza che gli sorrise, tentando di far colpo su di lui, ma si limitò a sorridere timidamente per ricambiare e poi a distogliere subito lo sguardo, entrando nell'edificio.

Harry Styles non era affatto interessato alle ragazze...

Si stava chiedendo come mai attirava così tanti sguardi se poi doveva ignorarli, perché madre natura si fosse concentrata tanto su di lui sebbene nella sua mente ci fosse qualcosa che decisamente non funzionava come di dovere, quando mettendo una mano sulla maniglia della sua classe si accorse che la porta era chiusa a chiave.

Forse era arrivato troppo presto e le aule erano ancora chiuse, ma quella spiegazione non lo convinceva molto. Provò ancora ad abbassare la maniglia, con più forza.

"È inutile", una risata cristallina alle sue spalle gli fece venire i brividi, "è chiusa a chiave."

Si girò lentamente, e non si stupì nel vedere quei due frammenti di cielo appartenenti a Louis Tomlinson.

You're every line, you're every word, you're everything. || LarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora