BORDER (PARTE CINQUE)

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Ginger, Pamela e Keith, di ritorno dal pomeriggio estivo di svago, vennero raggiunti da Jennifer dopo aver varcato il cancelletto della loro abitazione.

La ragazza li raggiunse correndo, trafelata, con il volto paonazzo, balbettando parole apparentemente prive di senso.

"Ginger... Ginger, devi... Devi andare dentro. Subito. Lui... Lui ti sta aspettando... In cucina. Mio dio, mio dio, mio dio... Mio dio, che figura che ho fatto, mommi, non potrò dimenticarla per il resto della mia vita! Gli ho servito il the con il sale al posto dello zucchero, te ne rendi conto, mommi? Gli ho servito il the con il sale al posto dello zucchero!" gemette, mettendosi letteralmente le mani tra i capelli e lasciandosi scappare un verso disperato; Ginger rivolse alla sorella minore uno sguardo perplesso ed entrò per prima in casa, per vedere chi fosse la persona che la stava aspettando e che era arrivata senza alcun preavviso.

Si bloccò sulla soglia della cucina alla vista di Roger e, dopo avergli rivolto uno sguardo impassibile, entrò nella stanza e posò la busta di carta marrone, che aveva in mano, affianco al lavandino, ed iniziò lentamente a tirare fuori la spesa, dandogli le spalle, ignorando apertamente la sua presenza.

"Ehi" disse lui, per attirare la sua attenzione, ma continuò ad essere ignorato.

"Ohh, Roger!" esclamò Pamela con un sorriso, entrando a sua volta in cucina insieme a Keith; Jennifer, invece, rimase un po' più indietro, seminascosta dietro lo stipite della porta, perché si vergognava troppo di stare davanti a Roger dopo la serie infinita di figuracce che aveva fatto, e dopo avergli servito del the col sale al posto dello zucchero "quanto tempo è passato dall'ultima volta che ci siamo visti! Come stai? Sbaglio o i tuoi capelli sono leggermente cresciuti? Ricordo che avevi la frangia ed un caschetto molto corto... Ora sono quasi più lunghi dei miei"

"L'ultimo periodo è stato piuttosto movimentato, signora Anderson. Sistemarmi i capelli non rientrava nelle mie priorità... E poi, devo dire che non mi dispiacciono affatto così lunghi, anche se mia madre non è molto d'accordo. Lei pensa che i maschi debbano portare i capelli corti, mentre le femmine i capelli lunghi e... Ultimamente ha preso l'abitudine di ricordarmi che lei ha due figli maschi, e non un maschio ed una femmina"

"Secondo me non sembri affatto una femmina" intervenne Keith "le femmine non sono così alte"

"Ohh, beh, ti ringrazio, Keith. È da un po' di tempo che neppure noi due ci vediamo, vero? Come sta il tuo riccio George?"

"George adesso non sta molto bene. Credo che abbia preso un brutto raffreddore"

"Ohh, mi dispiace che il tuo riccio abbia preso un brutto raffreddore proprio adesso che è estate... Quindi hai preso quei cioccolatini e quelle caramelle per tirargli un po' su il morale?"

"No, assolutamente no. George è un riccio, ed i ricci mangiano i vermi. Non mangiano la cioccolata e le caramelle gommose. Sono per me"

"Per te?" continuò il bassista sporgendosi in avanti, verso il bambino "e sei proprio sicuro di riuscire a mangiare tutti quei cioccolatini e tutte quelle caramelle completamente da solo? Non hai paura che possa venirti un brutto mal di pancia e poi George non sarebbe più l'unico a stare male? E se tu stai male, chi si prenderà cura del tuo riccio?".

L'espressione di Keith diventò improvvisamente seria e corrucciata, perché le parole di Roger lo avevano fatto riflettere su un quesito che non si era posto: era già stato male per colpa di troppe schifezze ingurgitate in passato, ma era sempre accaduto prima dell'arrivo di George; che cosa avrebbe fatto se avesse avuto di nuovo il mal di pancia e ciò gli avesse impedito di prendersi cura del suo adorato riccio?

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