9 - Casa dolce casa

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Sarah

Molti staranno pensando che sia una stupida, che non ragiono, che forse sono anche un'autolesionista.

Vi direi che ogni cosa è vera ma se siete nati in un mondo normale: dove vostro padre tornava da lavoro e vostra madre vi prepara biscotti caldi per le riunioni scolastiche, non capireste.

Ma se come me, avete vissuto in un mondo a parte, allora vi dico che è solo una questione personale, di sopravvivenza.

Ed è proprio per questo che mi trovo di fronte alla mia vecchia casa. Che strano eh?! Chi se lo sarebbe immaginato che dopo anni mi sarei ritrovata qui, a cercar di scappare ancora una volta. Guardo per un paio di minuti quel cancello, fisso senza distogliere lo sguardo. Dopo mezz'ora, scendo dalla moto e mi dirigo verso il citofono, che si trova sulla colonna di sinistra.

Suono e una voce femminile ma così fastidiosa mi risponde dall'altro capo.
«Siiiii, chi è?»

Sicuramente è una delle solite puttane di mio padre. Avvicino ancora di più il viso al citofono e con sorriso gli rispondo «Tredici» solo una parola.
Nessuna risposta, niente di niente e credo che sia corsa ad avvisarlo.
Salgo in moto mentre il cancello si sta aprendo, prendo il casco e percorro un lungo vialetto affiancato da grandi alberi di quercia,per poi arrivare in fondo e vederla,Casa dolce casa, una gabbia dorata.

È una grande casa di campagna, rustica ma grande. Papà l'ha comprata con i soldi che ho vinto all'età di 13 anni. Che strano vero?

Parcheggio la mia moto affianco ad una berlina nera, scendo e mi dirigo verso il portone principale.
Senza neanche bussare entro, in fin dei conti è casa mia.
Come pensavo è tutto come prima, il corridoio con difronte la porta che da sul terrazzino,la sala da pranzo sempre in perfetto ordine... tutto è rimasto immutabile,come se il tempo si fosse fermato. Come se ci fosse ancora la mamma che cammina tra le varie stanze.

Un uomo massiccio scende dalle scale e si avvicina. Dietro di lui vedo Trevor che si appoggia alla ringhiera del primo piano.

«Signorina la devo perquisire» mi dice l'uomo in giacca e cravatta nera ovviamente. Come se stesse in divisa e in effetti, lo è.
Guardo Trevor e poi l'uomo di fronte a me.

«No» gli rispondo seria. Non è per la pistola che nascondo sotto al giubbotto ma non voglio che qualcuno mi tocchi. E poi sono così stupida da entrare nella tana del lupo e ammazzare o far del male a mio padre? Lo odio ma non sono stupida e neanche così crudele.

«Come prego?Sono le regole signorina, non può passare» mi dice con tono freddo ma non m'importa. In realtà inizio a ridere...

«Sinceramente non me ne fotte un cazzo delle vostre squallide regole. Ho detto di no, vai a palpare il culo a qualcun'altro».
Lo so alcune volte la mia finezza lascia posto al rozzo che vive in me.

Trevor inizia a ridere di buon gusto e questo mi fa ancor di più arrabbiare. Supero la guardia del corpo e salgo le scale dritta a dargli uno schiaffo.

La mia mano lo colpisce forte che gli rimane il segno. Ed è li che inizio a divertirmi io.
«Che c'è Trevor? Non ti diverti più?» ma proprio in quel momento dalla stanza difronte dove siamo esce mio padre.

Rimango immobile, non l'avevo mai visto così. Ha la barba curata ed è vestito con un abito molto elegante. Il suo viso è più riposato, tranne per le rughe ma quello fa parte dell'invecchiamento. E dopo tanto tempo sento la sua voce...

«Sei sempre la solita» mi dice con un sorriso divertito.

«A quanto pare qualcuno è rimasto ciò che è veramente» gli sputo con tono freddo e poi i suoi occhi verdi si illuminano come se avessero visto il diamante più prezioso e per mio padre sono questo ma non per affetto ma per guadagno.

SCOMMESSA MORTALE(IN REVISIONE)Where stories live. Discover now