capitolo 19 - voglio tornare

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Stavo uscendo dall'ospedale dopo una delle successive sedute del gruppo. Come al solito non parlavo mai con nessuno. Non volevo avere contatti con quella gente. Volevo mantenerli distanti, avvertivo questa specie di bisogno. E non pensavo di farcela. Non volevo condividere nulla con loro, anche se mi obbligavano. E non avevo voglia di tornare a pensare al passato.

-Ciao! Teresa giusto? - dietro di me c'erano due ragazzi, Viola e Marco. Li guardai male. 

-Che volete? - cercavo di restare fredda.

-Boh parlare. Io sono Viola e lui Marco. Facciamo il gruppo di supporto.

-Sì so chi siete. 

-Come stai? - mi chiese Marco. Era un ragazzo alto e magro, capelli corti e neri, dello stesso colore degli occhi. 

-Come ti pare che possa stare? Mi hai visto in faccia!

-Siamo tutti nella stessa situazione qua, ti pare? Oppure non ci hai visto in faccia? - ribatte Viola.

Li guardai. Forse in loro vedevo altre persone simili a me. Altre persone intrappolate dalla parte sbagliata dello specchio. Altre persone che sono solo un riflesso. Sì, forse aveva ragione.

-Siete anche voi dalla mia stessa parte dello specchio... - mormorai.

-Come? Non ho capito. - Marco sembrava perplesso.

-Lascia stare... stavo solo pensando.

-L'altra parte dello specchio? Cos'è, tipo una metafora? - in Viola vidi che forse capiva quello che intendeva. - Come un riflesso... - mormorò anche lei.

-Si esatto, un riflesso. é questo che siamo ora. - risposi.

-Potete spiegare? - chiese Marco.

-Allora è come se noi non fossimo noi stessi, con tutta quella roba che ci danno. è come se fossimo solo il riflesso di noi stessi, quello che sta dall'altra parte dello specchio quando ci guardiamo. Solo che ora noi siamo dentro lo specchio. E là fuori c'è tutto il resto. Il mondo vero. Quello che ci stiamo perdendo. - per la prima volta, parlando di quella sensazione, provai qualcosa di diverso. Era come se fossi infervorata. Io parlavo, e loro capivano quello che intendevo. Non mi prendevano come se fossi solo... pazza e malata. 

-Hai ragione. è... è vero. Anche io mi sento così, non sono mai riuscito a spiegarlo meglio. - Marco aveva capito. E anche Viola annuì. 

-E come ne usciamo? - chiese lei. Avevamo iniziato la conversazione distanti metri, nel corridoio, e inspiegabilmente ora eravamo vicini.  

-Non lo so. - risposi.

-Insieme...? - propose Marco. 

-Forse. 

-Almeno non siamo da soli da questa parte dello specchio.

Alla fine ci scambiammo i numeri di telefono, creammo un gruppo su WhatsApp. 

-Prendiamo una pizza domani?

-Va bene.

Per qualche strano motivo anche io accettai. In fondo, tutto questo poteva portare a qualcosa di positivo.

Pensai che dopo quello che era successo, era la prima volta che parlavo direttamente con qualcuno che non fosse della famiglia o un medico. La prima volta che mi relazionavo con qualcuno. Forse dopo tutto quel tempo, avrei ricominciato a stare meglio? 

Non lo sapevo. Non mi importava di nulla in quel periodo. L'unica cosa che volevo era tornare a vivere. Tornare a poter sentire la vita. Tornare dall'altra parte dello specchio, smettere di essere un riflesso. Non mi importava davvero di quei ragazzi, non mi importava nemmeno di me, sapevo solo che dovevo tornare alla vita vera. Perché non sopportavo di essere intrappolata lì. E quei ragazzi erano solo lo strumento di cui mi sarei potuta servire per raggiungere i miei obiettivi. 

Solo che sarebbe stato più complicato del previsto. 

Se mi avevano messo dentro lo specchio c'era un motivo. Solo che forse io non me ne rendevo conto, perché non mi rendevo conto di nulla in quel periodo. E c'erano tante cose che non avevo considerato, perché tornare nel mondo reale significava altre responsabilità, altri pensieri, tutte cose che nello specchio non esistevano, e forse per quelle cose non ero pronta. Ma non me ne rendevo conto. 

voglio solo te // LGBTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora