capitolo 18 - non potete cambiarmi

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-...e continuavo a sentirmi sola, e non accettata, e alla fine non ce l'ho fatta più. - la sua voce era bassa, come persa. C'era del dolore, tanto dolore, lo percepivo. Dalla sua voce, dai suoi movimenti stanchi e deboli, dai suoi occhi che fissavano il vuoto.

-Grazie Viola di aver condiviso la tua esperienza con noi. Teresa, vuoi parlare tu?

-Va bene. - la mia voce tremava ancora un po'. La sentivo diversa, più secca, più profonda. - Allora, la mia famiglia non c'è mai stata per me, ho sempre fatto tutto da sola, avevo pochi amici. Poi mi sono innamorata di una ragazza, e per lei ho perso una delle mie amiche a cui ero più legata. E avere lei è stata la cosa migliore della mia vita, era tutta la mia vita, o forse era l'unica cosa che ancora mi permetteva di tenere insieme i pezzi... non lo so. Il fatto è... che quando ci siamo lasciate non avevo più nulla, e ho tentato il suicidio. Per questo sono qua oggi.

-Ne puoi parlare con noi? - ecco. Non ti lasciavano mai un minimo di privacy.

-Perchè volete sempre obbligarci a condividere queste cose? I momenti più bui con perfetti sconosciuti? Vaffanculo. - mi alzai e feci per andarmene. Sapevo che non me lo avrebbero permesso, ma ero così arrabbiata...

Ovviamente c'erano delle infermiere che mi trattennero. Provai a dimenarmi, ma senza successo. Urlavo, e quella fu l'ultima cosa che mi ricordai. Mi risvegliai legata ad un letto. C'era un infermiera.

-Dove cazzo sono? Lasciatemi stare. I miei hanno deciso che non volevano farmi internare. 

-Infatti stiamo solo aspettando che passino loro, così ti riportano a casa. 

-So andarci benissimo da sola, a casa. Vaffanculo. Mi fate schifo, tutti. - l'infermiera non reagì e andò verso la porta.

-Allora, non risponde? - ero intontita dai farmaci, ma tutto questo mi faceva arrabbiare ancora di più. - mi faccia parlare con il dottore.

Quella sembrò non dare segni di avermi capita. Iniziai ad agitarmi nel letto, aspettando che arrivasse. E poi arrivò il dottore.

-Teresa, lo sai che non starai mai meglio se non condividerai quello che hai passato? Ci sono altre cose che possono aiutarti, ma questa è una parte fondamentale. 

-Sono affari miei. Non mi va di parlarne. Allora, mi lascia andare o no?

-Devo aspettare che vengano a prenderti. Cerca di stare tranquilla fino ad allora.

-Mi spieghi un secondo come lei pensa che io possa stare calma in questo posto del cazzo legata al letto. Fate schifo.

-Non lo so. Potresti iniziare raccontandomi cosa è successo quella sera. 

-No. Questo no di sicuro. Non sono pronta. Però potrei parlarle di un'altra cosa... più che altro voglio farle una domanda.

-Dimmi.

-è vero che i miei genitori mi mandano qua perché vogliono farmi "tornare etero"? Perché tutti mi continuate a riempire di frasi tipo "prova a guardare altri ragazzi adesso, è ora di andare avanti". E questa cosa non mi va giù. Sono fottutamente lesbica. Per intenderci, mi fa schifo il cazzo, non c'è la minima possibilità che possiate farci qualcosa. 

-I tuoi genitori non hanno mai accettato il tuo orientamento. Ma noi siamo qua per aiutarti, non facciamo terapia di conversione, va contro i nostri principi morali.

-Proprio lei, in questo momento, mi viene a parlare di principi morali? Mi ha vista in questo momento? Sono i miei genitori che dovrebbero essere qui al mio posto, in questo momento. Qualcosa che non va ce l'hanno loro, che rifiutano di accettarmi per quella che sono.

Non rispose. E se ne andò. Quel posto faceva schifo. Alla fine arrivarono i miei genitori. Mi guardarono male, con un misto di odio, disprezza e pena per quello che ero. 

Il tragitto in macchina fu imbarazzante e silenzioso. Mi odiavano, si vedeva. E io odiavo loro. 

voglio solo te // LGBTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora