Un giorno qualunque, l'innamorameno. LUI.

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Le previsioni per l'innamoramento potrebbero essere cosa facile: basterebbe guardare gli occhi dei diretti interessati e vedere quella scintilla tipica di chi si ama, di solito parte tutto da lì. Forse fu proprio Platone il primo a dire gli occhi sono lo specchio dell'anima, ci aveva visto lungo.
Le emozioni, le bugie e i colori dei nostri sentimenti vengono riflessi proprio dal punto da dove parte il nostro sguardo,
e così vale anche per l'innamoramento.
Forse sarà il brillio o semplicemente il modo in cui guardi la persona che ti fa battere il cuore, ma se davvero bastasse scrutare gli occhi della persone per capirlo, allora saremmo tutti spacciati o forse basterebbe semplicemente chiuderli.

Se Jonathan avesse visto allo specchio quello sguardo, molto probabilmente avrebbe pensato che Platone avesse perso qualche rotella. Come poteva il re dei disillusi innamorarsi ? Con Lula era stato l'amore tra due giovani, finito con una tra le difficoltà più grandi che può metterti davanti la vita, la morte. Strano connubio racchiuso nel loro sentimento che non riuscì a farcela tra le tempeste più difficili. Non era quell'amore maturo in grado di resistere al tempo.
Semplicemente non era l'amore che cercava Jonathan, quello in grado di rialzarsi, quello che sarebbe rimasto comunque nonostante i se e i ma.
Quell'amore che faceva male.

Jonathan però pensò che forse Nina potesse essere quell'amore, quello da abbattere i muri della disillusione e risvegliare quelle tenere paure che provocavano i sentimenti puri.
Jonathan ebbe la conferma di quel sentimento che cresceva nel petto proprio quel giorno, quando Nina a suon di acuti gli fece capire quanto fosse giusto il loro connubio. Quando nonostante la realtà fossero così perfetti insieme.

Dopo i discorsi della colazione Jonathan aveva avuto la conferma che quella spinta che proveniva dal petto non era altri che il suo cuore. Il battito era accelerato come durante le sue crisi, ma quel ritmo risultava essere piacevole.

Nina lo rendeva migliore, lo rendeva vivo. Si sentiva in cima alla montagna più alta, senza sentire la fatica della scalata come se qualcuno lo avesse posizionato lì un po' per il caso, un po' per il destino.
Davvero non capiva come potesse sentirsi così attratto da lei, la bramava come il ferro faceva con il suo magnete.

Le era grato perché nonostante tutto lei non mollava la presa, sarebbe rimasta comunque e d'altro canto lui non sapeva davvero come fare a meno di lei ora che era sua. Il lupo che ululava alla luna, quella era l'immagine che venne in mente a Jonathan pensando a loro due.
Ma poi...
La sua mente fece dietrofront, gli giocò un brutto tiro: gli regalò l'immagine di una Nina triste e spenta dalla fatica dello stargli accanto.
Forse sarebbe stato quello il loro futuro, lui troppo debole da aggrapparsi a lei da soffocarla per le difficoltà delle sue crisi interiori e lei troppo buona da sprofondare con lui.

Chiuse gli occhi per scacciare quel pensiero, non doveva e non poteva permettersi di rifletterci su ancora e scomparve, come le sensazioni tristi che gli lasciarono addosso.

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Era mercoledì pomeriggio e Jonathan aveva preso due giorni dal lavoro. Mark sapeva cosa accadesse in quei periodi e lo lasciava in pace. Si sincerava però con qualche messaggio, se andasse tutto bene. Come quello stesso giorno che gli propose una cena a quattro.

"Che ne dici se tra poco andassimo a cena fuori ?" Jonathan lo domandò come se fosse la cosa più normale di sempre, come se in realtà durante le prime ore del giorno non avesse pensato come la loro storia potesse diventare un incubo.

"Jonathan io dovrei andare a casa, farmi vedere da Adria. Sono tornata dopo un mese e mi sono piazzata in questa casa"

"E vorresti dire che ti dispiaccia ?" Jonathan scrutava l'espressione della ragazza

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